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Tutela proconcorrenziale e tutela distributiva: la suddivisione in lotti nel nuovo Codice Appalti

Avv. Anna Cristina Salzano

Il Consiglio di Stato, con sentenza 8127/2023 del 1 settembre 2023, si è pronunciato in merito ai fondamenti del principio della suddivisione in lotti delle gare di appalto, focalizzandosi sulla innovata interpretazione, ora formalizzata, a seguito della entrata in vigore del nuovo Codice degli Appalti.

Nello specifico, si trattava di una procedura ad evidenza pubblica da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa in base al miglior rapporto qualità-prezzo finalizzata all’affidamento, suddiviso in lotti geografici con vincolo quantitativo di aggiudicazione, di servizi di vigilanza armata per il Ministero della Giustizia la cui disciplina veniva impugnata da operatore economico collocatosi in posizione non utile

Impugnando la statuizione del Giudice di prime cure, tale operatore ricorreva in appello censurando, essenzialmente, che la graduatoria di gara fosse da considerarsi illegittima in ragione del fatto che le società vincitrici avessero violato la lex specialis nella parte in cui si imponeva alle imprese offerenti, qualora intendessero partecipare a più lotti, di rispettare il duplice vincolo formalizzato nella presentazione di “un’offerta per un numero di lotti inferiore a tredici” nonché “aventi un valore complessivo inferiore al 40% di quello oggetto di gara”, in quanto era stato adottato un comportamento asseritamente elusivo delle stesse alla luce del fatto che le aggiudicatarie “costituivano, di fatto, un unico centro decisionale”.

Invero, articolate risultano le radici che caratterizzano il principio della suddivisione in lotti così come cristallizzato all’art. 51 del D. Lgs. 50/2016, ponendosi quale fondamentale strumento di congiunzione tra la garanzia di una corretta tutela della concorrenza, diretta a favorire la partecipazione alle gare anche le piccole e medie imprese, e “la (più) discrezionale prospettiva distributiva (propriamente antitrust)” (Cons. Stato, sez. V, 27 settembre 2021, n. 6481)”, focalizzata invece ad una finalità proconcorerenziale. La suddivisione in lotti, ora nella sua accezione a tutela della concorrenza formale ora quale garante della concorrenza sostanziale, appare pertanto qualificarsi come regola di gara inevitabile laddove sia necessario tutelare quel principio del favor partecipationis essenza del buon andamento amministrativo (cfr. C. Stato, Sez. V, n. 8730/2022).

Evidente, infatti, come l’assenza di una tale previsione provocherebbe il non voluto effetto di consolidare quelle naturali barriere economico-qualitative proprie di un mercato nazionale caratterizzato da   microimprese, piccole e medie imprese, impedendo pertanto in radice la partecipazione della maggior parte degli operatori economici “che altrimenti, in presenza di gara a lotto unico o con pochi lotti, vedrebbero progressivamente ridotte le proprie possibilità di partecipazione e quindi di aggiudicarsi commesse pubbliche in considerazione degli stringenti requisiti speciali di partecipazione che l’affidamento di gare di tal genere, c.d. mono-lotto, evidentemente comportano” (ibidem). Ciò purtuttavia con la precisazione che tale principio, sebbene nella sua evidente funzionalità ad un corretto agere amministrativo, non costituisce una regola inderogabile “in quanto la norma consente alla stazione appaltante di derogarvi per giustificati motivi, che devono essere puntualmente espressi nel bando o nella lettera di invito, proprio perché il precetto della ripartizione in lotti è funzionale alla tutela della concorrenza”.

Nella pronuncia in esame il Consiglio di Stato, operando una ricognizione degli approdi giurisprudenziali che hanno caratterizzato una varianza interpretativa non indifferente del principio in oggetto, si sofferma sulla logica sottesa così come formalizzata nella innovata veste che assume nel nuovo Codice dei Contratti Pubblici, laddove si acquisiscono e formalizzano all’art. 58 D. Lgs. 58/2023 i più recenti orientamenti giurisprudenziali, evidenziando ancora una volta la duplice natura propria della ratio che soggiace al principio della suddivisione in lotti. Invero, la previsione della necessità di una mera suddivisione in lotti – ora funzionali, ora prestazionali – comporterebbe la tendenziale incompletezza nella tutela del favor partecipationis, sia pur nel pregevole obiettivo di “incrementare il novero dei partecipanti alle gare, elidendo la naturale barriera del sovradimensionamento dei requisiti di capacità tecnica, economica e finanziaria per l’accesso al mercato”. È in quest’ottica che, in funzione di una “limitazione a forme di concentrazione, accaparramento e acquisizione centralizzata delle commesse pubbliche”, si può rendere necessaria l’ulteriore previsione di una “limitazione quantitativa del “numero dei lotti che possono essere aggiudicati a ciascun offerente”, quale disincentivo a quelle forme di concentrazione di potere economico, andando a precludere “l’accaparramento di commesse da parte operatori ‘forti’, strutturati ed organizzati facenti capo ad unico centro decisionale”.

L’art. 58, comma 4, del d.lgs. 36/2023 prevede tuttavia un obbligo di motivazione rinforzato in capo alle stazioni appaltanti che dispongono una limitazione del numero massimo di lotti per i quali è consentita l’aggiudicazione al medesimo concorrente prevedendo che la legge di gara debba contenere “l’indicazione della ragione specifica della scelta e prevedono il criterio non discriminatorio di selezione del lotto o dei lotti da aggiudicare al concorrente utilmente collocato per un numero eccedente tale limite”.

Il caso in esame attinge, seppur nella precisazione dell’applicabilità ratione temporis della disciplina previgente codificata nel 2016, alle conclusioni dapprima delineate, evidenziando come frazionamento e vincolo di aggiudicazione operino necessariamente in sinergia ogniqualvolta si intenda non solamente suddividere gli affidamenti in una pluralità di lotti ma anche limitarne l’eccessiva concentrazione in capo a singoli operatori economici, ora imponendo un vincolo quantitativo ora imponendo un divieto di accaparramento ad opera di una “studiata organizzazione degli assetti societari di gruppo” capace di eludere le regole proconcorrenziali”.

Il Consiglio di Stato nella sentenza in commento ha affermato, seppur sulla scorta delle peculiarità del caso di specie, che il vincolo di aggiudicazione non avrebbe potuto essere interpretato come in danno delle società infragruppo, costituendo ciascun lotto una gara autonoma.

Ed infatti, nel silenzio della legge di gara, la stazione appaltante aveva reso un apposito quesito sul punto, espressamente chiarendo il proprio intendimento nel senso della esclusione del vincolo di aggiudicazione aggravato per i gruppi societari.

D’altro canto, non può che evidenziarsi come il rischio che la previsione sui vincoli di partecipazione/ aggiudicazione intende evitare debba necessariamente leggersi alla luce dell’ipotesi di una procedura di gara da qualificarsi come “unica”, di converso, allorquando i singoli lotti di gara debbano considerarsi ciascuno una gara, cade la limitazione della partecipazione a lotti diversi da parte di società astrattamente riconducibili ad un unico centro decisionale (circostanza da appurarsi comunque in concreto).  

In conclusione, si sottolinea come il principio della suddivisione in lotti, anche così come declinato nel nuovo Codice 2023, sia sorretto da una logica di favor partecipationis articolata su più livelli, ora nella sua ottica proconcorrenziale ora nella sua ottica distributiva, obiettivi perseguibili con la previsione di vincoli di partecipazione e/o di aggiudicazione che, secondo la più recente interpretazione giurisprudenziale, a cui la sentenza in commento aderisce, non determinano di per sé la qualificazione dei singoli lotti comune un’unica gara.