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Corso Matteotti 15,
Cremona, CR 26100

Forniture di beni e servizi. La revisione prezzi non s’ha da fare

a cura del dott. Marco Boni

Nessuna incostituzionale discriminazione tra categorie di operatori economici. Il Consiglio di Stato considera legittimo il diniego alla revisione prezzi in materia di forniture, mentre per i lavori sono previsti meccanismi di compensazione per il “caro-materiali”.

Alle già espresse ragioni da parte di Collegi giudicanti sulla impossibilità di interpretazioni estensive di norme specificamente riferite ai lavori, il Consiglio di Stato aggiunge una particolare qualificazione delle forniture, tale da non giustificare la revisione prezzi. (Sentenza sez. VI, 23.02.2023 n. 1844).

L’appalto di lavori, caratterizzato da un “facere” in un tempo dilatato, esposto al rischio di sopravvenienze negative, giustifica, in quanto tale, un meccanismo revisionale; a differenza della fornitura, che consisterebbe in un “dare”, ad esecuzione in unica soluzione.  

Viene ulteriormente ribadito che non sono applicabili in via estensiva alle forniture le norme emergenziali rappresentate dal d.l  n. 4/2022  e 17/2022 in materia di compensazione.

Nemmeno va considerato pertinente, per il mero equilibrio contrattuale,  il riferimento alla “variante in corso d’opera” di cui all’ art. 106 d.lgs. n. 50/2016.

L’attuale congiuntura economica, caratterizzata da anomali e imprevedibili rilevanti incrementi dei costi di produzione (materie prime, componentistica ed energia) ha reso di stringente attualità il tema della revisione prezzi. Il governo è intervenuto in soccorso ai costruttori con i provvedimenti sopra richiamati.

I fornitori di beni e servizi chiedono a gran voce una norma che rispristini il sinallagma contrattuale come per i lavori, visto che i rincari colpiscono allo stesso modo tutti gli operatori economici.  Viene quindi anche adombrata una possibile questione di legittimità costituzionale di norme che abbiano effetti discriminanti.

La posizione del Consiglio di Stato sulla qualificazione delle forniture suscita qualche perplessità. 

Se si prescinde dalle norme emergenziali, il quadro regolatorio nella contrattualistica pubblica in materia di revisione prezzi non discrimina tra forniture, servizi e lavori. 

Così il Codice dei Contratti all’art. 106 riferisce la revisione prezzi ai “contratti di appalto” globalmente intesi, mentre quando vuole riferirsi ai soli lavori lo fa espressamente; il D.L n.4/2022  riferisce la revisione prezzi ai “contratti pubblici”; l’ANAC ha aggiornato il “bando-tipo” per forniture e servizi recependo l’art. 29 del d.l. n. 4/2022 ed inserendo una clausola revisione prezzi; lo schema di nuovo Codice dei contratti prevede la revisione dei prezzicome clausola obbligatoria, anche per servizi e forniture: “ “al verificarsi di particolari condizioni di natura oggettiva, non prevedibili al momento della formulazione dell’offerta, che determinano una variazione del costo dell’opera, della fornitura o del servizio, in aumento o in diminuzione”.(art. 60); l’ANAC ha chiesto al Governo e al Parlamento un urgente intervento normativo volto a consentire “la revisione dei prezzi negli appalti per far fronte agli esorbitanti incrementi delle materie prime nei contratti in corso di esecuzione riguardanti servizi e forniture”.

La sentenza del Consiglio di Stato sez. VI, 23.02.2023 n. 1844

(……)

“In via subordinata, la società ricorrente ha, poi, sollecitato “la proposizione di questione di legittimità costituzionale delle previsioni dell’art. 29 del D.L. n. 4/2022 e dell’art. 26 del D.L. n. 50/2022, per contrasto con gli artt. 2, 3 e 97 Cost., nella parte in cui non prevedono un’analoga disciplina anche per gli appalti di servizi e forniture, che invece si vedono preclusa tale possibilità senza giustificato motivo”.

Ciò in quanto le suddette norme realizzerebbero, secondo la difesa dell’appellante, una tipica discriminazione e disparità di trattamento tra gli appaltatori di contratti di lavori, cui è riconosciuto un meccanismo di salvaguardia e adeguamento prezzi, e gli esecutori di contratti di servizi e forniture, che invece si vedono preclusa tale possibilità senza giustificato motivo. In particolare, si osserva che l’aumento dei prezzi avrebbe indifferentemente colpito sia i materiali da costruzione (il cui aumento dei prezzi è stato preso in considerazione dal Legislatore), sia i costi connessi con i trasporti marittimi travolgendo quindi anche lo specifico mercato dei noli marittimi che qui viene in rilievo.

Sul punto il Collegio, infatti, oltre a condividere le considerazioni svolte da T.A.R. per il Lazio, Roma Sez. III, sentenza 3 giugno 2022, n. 7216 nel disattendere analoga questione di costituzionalità portata con riguardo all’art. 1-septies del D.L. n. 73 del 2021 (disposizione dal tenore letterale quasi identico a quello dell’art. 26 comma1 del D.L. n. 50 del 2022), ritiene che la diversità di disciplina riscontrabile, in tema di revisione prezzi, tra appalti di fornitura e appalti di lavori, sia giustificata dalle peculiarità proprie di quest’ultima.

In questo senso, se è vero che la stessa sentenza impugnata auspica una novella normativa ed in disparte da quelle che potranno essere le successive evoluzioni ordinamentali, non può mancarsi di osservare che l’appalto di lavori ha sempre storicamente trovato un suo statuto giuridico specifico a livello di legislazione speciale in ragione delle caratteristiche intrinseche della prestazione qualificante detto tipo contrattuale (id est un “facere” complesso da eseguire lungo un lasso di tempo dilatato e non un “dare” ad esecuzione immediata, meno esposto al rischio di sopravvenienze negative) e che, a conferma della ragionevolezza di questa differenziazione disciplinatoria, pare deporre lo stesso diritto comune. Non è, infatti, un caso che il codice civile si preoccupi di prevedere, all’art. 1664 c.c., un meccanismo legale di revisione solo per il contratto tipico dell’appalto (avente ad oggetto ex art. 1655 c.c. “il compimento di un’opera o di un servizio”) e non anche per quello di somministrazione (relativo a “prestazioni periodiche o continuative di cose” e che costituisce il modello della “fornitura” ex D.lgs. n. 50 del 2016).”

A margine della sentenza, si può osservare che anche la somministrazione (art. 1559 del CC) in quanto relativa, come rammentato, a “prestazioni periodiche o continuative di cose”, si caratterizza come contratto “di durata”, non ad esecuzione immediata in unica soluzione (nel qual caso si tratterebbe di “vendita” (art. 1470 del CC) ed è esposto alle stesse sopravvenienze negative dell’appalto di lavori. 

Addirittura, a ben vedere, proprio l’appalto di lavori, in quanto venga basato su un progetto esecutivo, consente, salvo varianti in corso d’opera,  di quantificare preventivamente le necessità dei materiali, e quindi permetterebbe all’appaltatore di approvvigionarsi in toto ad inizio commessa , magari in previsione di futuri aumenti di prezzo.

(…….)

“Non può, poi, neppure predicarsi l’applicazione al caso in scrutinio delle norme in tema di revisione previste dalla legislazione speciale (e, segnatamente, dal D.L. 27 gennaio 2022, n. 4, convertito nella legge 28 marzo 2022, n. 25 e dal D.L. 1 marzo 2022, n. 17, convertito nella legge 27 aprile 2022, n. 34 e dal D.L. 17 maggio 2022, n. 50, convertito nella legge 15 luglio 2022, n. 91 in tema di emergenza da Covid-19).
Detta operazione ermeneutica si tradurrebbe, infatti, come condivisibilmente statuito in primo grado, in una vera e propria estensione in via analogica della disciplina, vietata ex art. 14 disp. prel. c.c. in ragione della natura eccezionale delle previsioni in parola. Ciò in quanto è fuori di dubbio che queste ultime si riferiscano testualmente ai soli appalti di lavori (così, in particolare, la rubrica dell’art. 26 del D.L. n. 50 del 2022 – “Disposizioni urgenti in materia di appalti pubblici di lavori” – nonché l’inciso di cui al suo comma 1 che specifica che la norma si applica “agli appalti pubblici di lavori” e l’impiego in essa della inequivoca locuzione “materiali di costruzione”) e non anche alla diversa fattispecie, che qui viene in rilievo, della fornitura.

(….)
“In ogni caso preme rilevare che la questione di legittimità costituzionale sollevata dall’appellante per disparità di trattamento e violazione del principio di uguaglianza formale ex art. 3 comma 1 Cost. appare manifestamente infondata.
Sul punto il Collegio, infatti, oltre a condividere le considerazioni svolte da T.A.R. per il Lazio, Roma Sez. III, sentenza 3 giugno 2022, n. 7216 nel disattendere analoga questione di costituzionalità portata con riguardo all’art. 1-septies del D.L. n. 73 del 2021 (disposizione dal tenore letterale quasi identico a quello dell’art. 26 comma1 del D.L. n. 50 del 2022), ritiene che la diversità di disciplina riscontrabile, in tema di revisione prezzi, tra appalti di fornitura e appalti di lavori, sia giustificata dalle peculiarità proprie di quest’ultima.”

[…]

“Ebbene, dette richieste variazioni, tutte connesse al lamentato squilibrio contrattuale dovuto all’aumento dei costi di approvvigionamento del sale, non sono, neppure in astratto, in grado di determinare il mutamento del tipo contrattuale o della sua struttura. Esse, infatti non incidono in alcun modo sullo schema di base del negozio (che resta quello proprio dell’appalto di forniture costituito dallo scambio di una prestazione di dare verso il corrispettivo di un prezzo monetario) né del suo oggetto (con ciò intendendosi la prestazione corrispettiva qualificante il tipo contrattuale, nel caso di specie, trattandosi di fornitura, quella di “dare”).
Da ciò consegue l’inapplicabilità al caso che occupa anche dell’art. 106, comma 1, lett. c), D.lgs. 50/2016 il quale, per costante insegnamento pretorio, si riferisce, invece, alle sole varianti in corso d’opera che si sostanziano “in modifiche del progetto dal punto di vista tipologico, strutturale e funzionale” (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, Sez. V, 7 gennaio 2022, n. 48; id: Sez. III, 7 dicembre 2021, n. 8180; Sez. V, 15 novembre 2021, n. 7602 e Sez. V, 2 agosto 2019, n. 5505).
Nel medesimo solco si è espresso con riguardo ad analoga censura, di recente, il Consiglio di Stato con la sentenza n. 9426 del 31/10/2022 chiarendo che “Le modifiche dell’oggetto del contratto sul versante del corrispettivo che l’appaltatore va a trarre dall’esecuzione del contratto vanno invece sussunte nell’ambito della fattispecie di cui alla lettera a) [dell’art. 106, comma 1, del D.Lgs. n. 50 del 2016 – n.d.r.], che disciplina gli aspetti economici del contratto con testuale riferimento alle «variazioni dei prezzi e dei costi standard»”.