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Corso Matteotti 15,
Cremona, CR 26100

Appalti di forniture e principio di equivalenza

Avv. Anna Cristina Salzano

Il TAR Campania – Napoli con sentenza n. 2342 del 17 aprile 2023 si è si è occupato dell’applicazione del principio di equivalenza, di cui all’art. 68 del D.Lgs. 50/2016, in un appalto relativo alla fornitura di “guanti sterili e non sterili DM e DPI” rilevando che a fronte dell’estensione del principio di equivalenza ad opera della giurisprudenza amministrativa e della valutazione positiva compiuta dalla Commissione la prova della non equivalenza dei prodotti su deve spostare necessariamente su in piano funzionale e non meramente formale.

Al fine inquadrare la pronuncia in commento appare doveroso ricapitolare brevemente il tema dell’equivalenza negli appalti pubblici ed, in particolare, negli appalti di forniture.

Il principio di equivalenza, previsto dall’art. 68 del Codice Appalti che attua l’art. 42 della direttiva 2014/24/UE, trova generale applicazione, ed è volto a tutelare la libera concorrenza e la par condicio tra i partecipanti alle gare.

Il citato art. 68, al comma 1, prescrive che “Le specifiche tecniche indicate al punto 1 dell’allegato XIII sono inserite nei documenti di gara e definiscono le caratteristiche previste per lavori, servizi o forniture. Tali caratteristiche possono inoltre riferirsi allo specifico processo o metodo di produzione o prestazione dei lavori, delle forniture o dei servizi richiesti, o a uno specifico processo per un’altra fase del loro ciclo di vita anche se questi fattori non sono parte del loro contenuto sostanziale, purché’ siano collegati all’oggetto dell’appalto e proporzionati al suo valore e ai suoi obiettivi” e, al comma 4, che “le specifiche tecniche consentono pari accesso degli operatori economici alla procedura di aggiudicazione e non devono comportare direttamente o indirettamente ostacoli ingiustificati all’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza”.

Il principio di equivalenza permea l’intera disciplina dell’evidenza pubblica e trova applicazione indipendentemente da espressi richiami negli atti di gara, in tutte le fasi della procedura di evidenza pubblica (Consiglio di Stato, sez. III, 14.05.2020 n. 3081).

In base a tale principio, l’offerente può fornire con qualsiasi mezzo appropriato la prova che le soluzioni proposte ottemperano in maniera equivalente ai requisiti definiti dalle specifiche tecniche, fermo restando che la stazione appaltante deve essere messa nelle condizioni di svolgere una verifica effettiva e proficua della dichiarata equivalenza (Corte di giustizia dell’Unione europea, sezione IV, sentenza 12 luglio 2018, C-14/17).

La possibilità di ammettere, a seguito di valutazione della stazione appaltante, prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti a quelle richieste risponde al principio del favor partecipationis e costituisce altresì espressione del legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell’Amministrazione.

Se è vero che la stazione appaltante, per l’immanente applicazione del suddetto principio agli appalti pubblici, non può escludere un’offerta sostanzialmente equivalente alle specifiche tecniche richieste dalla lex specialis, è anche vero che detto principio non può essere utilizzato dalla stessa stazione appaltante per ammettere offerte che snaturano completamente l’oggetto dell’affidamento.

In questo senso appare quindi rilevante ricordare quella giurisprudenza del Consiglio di Stato che ha individuato i limiti dell’applicazione del principio di equivalenza ponendo in risalto che “nell’ambito dei paesi appartenenti all’Unione Europea, come è evidente dai commi 4, 5 e 6, del cit. articolo [i.e. art. 68 d. lgs. n. 50 del 2016], il predetto presidio [i.e., dell’equivalenza] è diretto ad evitare che le norme obbligatorie, le omologazioni nazionali e le specifiche tecniche potessero essere artatamente utilizzate per operare indebite espulsioni di concorrenti, con il pretesto di una non perfetta corrispondenza delle soluzioni tecniche richieste. Ma il principio non può assolutamente essere invocato per ammettere offerte tecnicamente inappropriate. Il principio di equivalenza delle specifiche tecniche è infatti diretto ad assicurare che la valutazione della congruità tecnica non si risolva in una verifica formalistica, ma nella conformità sostanziale dell’offerta delle specifiche tecniche inserite nella lex specialis (cfr. Consiglio di Stato sez. III 02 marzo 2018 n. 1316) (…). Ma il principio non può essere postumamente invocato nel differente caso che l’offerta comprenda una soluzione la quale, sul piano oggettivo funzionale e strutturale, non rispetta affatto le caratteristiche tecniche obbligatorie, previste nel capitolato di appalto per i beni oggetto di fornitura(Cons. Stato, III, 28 settembre 2018, n. 5568)” (Consiglio di Stato sez. V 25/7/2019 n. 5258; in tal senso anche Consiglio di Stato, n. 1225/2021).

Pertanto il principio di equivalenza non deve avere l’effetto di distorcere l’oggetto del contratto, al punto da consentire ai partecipanti di offrire un bene radicalmente diverso rispetto a quello descritto nella lex specialis, così finendo per rendere sostanzialmente indeterminato l’oggetto dell’appalto e per modificarne surrettiziamente i contenuti in danno della stessa stazione appaltante e dei concorrenti che abbiano puntualmente osservato la disciplina di gara.

Sul punto la giurisprudenza aveva ritenuto, ad esempio, che l’aggiudicatario che aveva offerto un prodotto di dimensione e colore diverso da quello richiesto dal Capitolato avrebbe dovuto essere escluso in quanto il colore e le dimensioni sono posti nel Capitolato come elementi essenziali a descrivere l’oggetto della fornitura, e pertanto il principio di equivalenza non appariva idoneo a superare l’offerta di prodotti diversi in quanto – secondo il Collegio – tale giudizio non ha la funzione di modificare la previsione dei beni da fornire contenute nella lex specialis; la valutazione delle caratteristiche tecniche diverse deve cioè pur sempre avvenire nell’ambito dei beni descritti come oggetto della fornitura. (cfr. TAR Abruzzo – Pescara, sentenza n. 292 del 5 giugno 2021).

Altra parte della giurisprudenza ha specificato, tuttavia, che la verifica delle offerte in gara non deve essere di natura formalistica ma è finalizzata a certificarne non la formale identità ma la sostanziale equivalenza funzionale.

Tale orientamento ha valorizzato il fatto che la  stazione appaltante dovrebbe operare il giudizio di equivalenza sulle specifiche tecniche dei prodotti offerti in gara, non sulla base di riscontri formalistici, ma sulla base di criteri di conformità sostanziale delle soluzioni tecniche offerte; deve in altri termini registrarsi una conformità di tipo funzionale rispetto alle specifiche tecniche indicate dal bando: specifiche che, in questo modo, “vengono in pratica comunque soddisfatte” (cfr. Cons. Stato, sez. III, 2 settembre 2013, n. 4364;cfr. Cons. Stato, sez. III, 29 marzo 2018, n. 2013).

In altri termini, secondo tale giurisprudenza l’equivalenza va ragguagliata alla funzionalità di quanto richiesto dalla pubblica Amministrazione con quanto offerto in sede gara, non alla mera formale descrizione del prodotto in quanto le  specifiche tecniche hanno il compito di rendere intellegibile il bisogno che la stazione appaltante intende soddisfare con la pubblica gara più che quello di descrivere minuziosamente le caratteristiche del prodotto offerto dai concorrenti (cfr. C.G.A.R.S., Sez. Giur., 20.7.2020, n. 634).

In questo ultimo solco si inserisce la sentenza in commento con cui il TAR Campania – Napoli ha respinto il ricorso con cui la seconda classificata lamentava l’aggiudicazione della gara ad un operatore economico che aveva offerto la fornitura di un prodotto costituito da un materiale diverso rispetto a quello individuato dalla disciplina di gara sostenendo che l’operatività del principio di equivalenza incontrerebbe il limite dell’impossibilità di superare i requisiti minimi previsti dalle condizioni di gara, atteso che diversamente si consentirebbe di proporre prodotti non rispondenti alle caratteristiche peculiari indicate dall’Amministrazione.

Il TAR adito ha ritenuto legittimo il provvedimento di aggiudicazione alla luce dell’applicazione del principio dell’equivalenza funzionale sopra indicato.

Invero, il Collegio ha premesso che l’ambito di applicazione del principio di equivalenza è piuttosto ampio, in quanto: il principio di equivalenza “permea l’intera disciplina dell’evidenza pubblica e la possibilità di ammettere a seguito di valutazione della stazione appaltante prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti a quelle richieste, risponde al principio del favor partecipationis (ampliamento della platea dei concorrenti) e costituisce altresì espressione del legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell’Amministrazione” (cfr. Cons. Stato, III, n. 4364/2013; n. 4541/2013; n. 5259/2017; n. 6561/2018); trova applicazione indipendentemente da espressi richiami negli atti di gara o da parte dei concorrenti in tutte le fasi della procedura di evidenza pubblica e “l’effetto di “escludere” un’offerta, che la norma consente di neutralizzare facendo valere l’equivalenza funzionale del prodotto offerto a quello richiesto, è testualmente riferibile sia all’offerta nel suo complesso sia al punteggio ad essa spettante per taluni aspetti … e la ratio della valutazione di equivalenza è la medesima quali che siano gli effetti che conseguono alla difformità” (cfr. Cons. Stato, III, n. 6721/2018).

Ed è proprio in ragione della detta estensione del principio di equivalenza, che – secondo il TAR – la Commissione è onerata di prendere specificamente posizione, nel merito, sulla conformità sostanziale delle differenti caratteristiche offerte dall’aggiudicatario rispetto a quelle descritte dalla disciplina di gara.

Il Collegio afferma dunque che il giudizio di equivalenza sulle specifiche tecniche dei prodotti offerti in gara deve essere effettuato non sulla base di riscontri formalistici, ma sulla base di criteri di conformità sostanziale delle soluzioni tecniche offerte, affermando testualmente che: “la verifica delle offerte in gara è finalizzata a certificarne non la formale identità ma la sostanziale equivalenza funzionale: l’equivalenza va ragguagliata alla funzionalità di quanto richiesto dalla pubblica Amministrazione con quanto offerto in sede gara, non certo alla mera formale descrizione del prodotto. Ed, invero, le specifiche tecniche hanno il compito di rendere intellegibile il bisogno che la stazione appaltante intende soddisfare con la pubblica gara più che quello di descrivere minuziosamente le caratteristiche del prodotto offerto dai concorrenti (cfr. C.G.A.R.S., Sez. Giur., 20.7.2020, n. 634). … l’irrigidimento della prescrizione capitolare sul materiale indicato, senza ammettere i temperamenti rinvenienti dal principio di equivalenza, costituirebbe, di fatto, una barriera di ingresso che varrebbe ad escludere tutti gli operatori che, pur operando nel medesimo settore, producono e commerciano identici prodotti con i medesimi standard prestazionali con un’irragionevole restrizione della latitudine applicativa dei principi di concorrenza.”.

Facendo applicazione del principio dell’equivalenza funzionale, il TAR ha quindi ritenuto che il prodotto fosse conforme alle richieste della lex specialis ancorché costituito da un materiale diverso da quello in essa indicato. In conclusione, la corretta applicazione del principio di equivalenza da una parte, attiene alla conformità sostanziale delle soluzioni tecniche, ma, dall’altra, ha come limite il rispetto dei requisiti minimi imposti dalla disciplina di gara sicché l’applicazione dello stesso non deve violare la concorrenza snaturando le richieste della lex specialis, ma non può essere neanche meccanica e formalistica, sicché il giudizio della stazione appaltante dovrebbe essere improntato al contemperamento di entrambi gli aspetti indicati.