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Corso Matteotti 15,
Cremona, CR 26100

Le proposte Anac per agevolare la ripresa economica

a cura del dott. Marco Boni, direttore responsabile di News4market

Appalti digitali, verifiche dei requisiti semplificate ed estensione dello stato di emergenza

E se bastasse la Direttiva?

I corposi e approfonditi dossier dell’ANAC su digitalizzazione, semplificazione  e procedure in emergenza, più sotto dettagliati, rappresentano un qualificato contributo dell’Autorità per l’efficientamento degli appalti pubblici, tematica che la grave  crisi economica indotta dalla pandemia rende urgente affrontare,  per il ruolo decisivo che può avere per la ripartenza la leva della spesa pubblica.

Le “ricette” ANAC si muovono sostanzialmente  nell’alveo  del quadro normativo nazionale vigente, che  – secondo l’Autorità – è ancora in qualche caso  da attuare, in altri da integrare, o coordinare, o da sfruttare un po’ più audacemente  in fase applicativa. L’Autorità coglie criticità normative e invia alert al legislatore.

Del resto non si può non condividere il miglioramento all’efficienza  dell’intero  “ciclo dell’appalto” che potrebbe derivare da una compiuta digitalizzazione del medesimo, dall’eliminazione di “doppioni” procedimentali e ridondanze, dalla qualificazione, professionalizzazione e stratificazione delle stazioni appaltanti.  Buoni propositi peraltro non nuovi.

Sembra mancare, però, quella “spallata” decisiva in grado di imporre al sistema degli appalti pubblici un deciso cambio di paradigma. 

Ad esempio,  le proposte non intaccano il principio di indifferenza  con cui vengono trattate tipologie differenziate di fabbisogno e, segnatamente, l’asservimento normativo di forniture e servizi (pur prevalenti nella spesa) alle logiche dei lavori (si può valutare il “pregio tecnico” di un farmaco con valutazioni soggettive del tipo “ottimo”, “buono”, “discreto”, ecc.?). Così come su tutti i comparti di mercato gravano normativamente le stesse cautele formali in tema di legalità, mentre i profili reali di rischio sono significativamente differenziati  (difficile immaginare una multinazionale del farmaco infiltrata dalla camorra). 

Solo sfiorato nei documenti ANAC appare il tema della discrezionalità  decisionale e responsabilità dei funzionari pubblici, da sottrarre alla burocrazia difensiva.  Il tema del superamento della burocrazia difensiva è evocato anche nel Piano  Colao “Iniziative per il rilancio Italia 2020-2022” , come segue:

“a. Intervenire sulla responsabilità dirigenziale, legandola esclusivamente ai risultati della gestione e alla realizzazione degli obiettivi, depurandola da tutte le fattispecie che riguardano singoli adempimenti di norme, per i quali è sufficiente la responsabilità disciplinare, amministrativa e penale (aggiungiamo: ri- perimetrare  l’”abuso d’ufficio”)

  1. Per la responsabilità per danno erariale, prevedere che il premio assicurativo (compreso quello per l’assistenza legale da parte di un professionista scelto dal dirigente) venga (in tutto o in parte) pagato dall’amministrazione di appartenenza.”

Sempre questo Piano evoca un modello normativo “Direttiva + integrazione minima”, da limitate  alle parti non auto-applicative.

 

LE PROPOSTE ANAC

In vista dell’emanazione di un intervento normativo di semplificazione in materia di appalti, l’Autorità nazionale anticorruzione ha elaborato un documento, inviato alla Presidenza del Consiglio e ai Ministri competenti, contenente varie proposte per velocizzare le procedure e favorire la ripresa economica.

Nello specifico, l’Anac reputa necessario in primo luogo realizzare tempestivamente la previsione – contenuta nel Codice – di una piena digitalizzazione delle gare, che in circa un terzo dei casi sono ancora svolte in modalità cartacea. Molteplici i vantaggi che ne deriverebbero: semplificazioni per la trasparenza, maggior controllo, tutela della concorrenza, garanzia dell’inviolabilità e della segretezza delle offerte, tracciabilità delle operazioni di gara e un continuo monitoraggio dell’appalto, riducendo peraltro al minimo gli errori operativi, con una significativa diminuzione del contenzioso. Sarebbe inoltre possibile ottenere consistenti risparmi in termini di tempi e costi (le commissioni di gara potrebbero lavorare a distanza, eliminando la necessità delle sedute pubbliche o limitandone il numero) e si darebbe attuazione al principio dell’invio unico dei dati, espressamente previsto dal Codice, snellendo gli obblighi di comunicazione e rendendo disponibili informazioni sui contratti pubblici per le varie finalità ai soggetti istituzionali e ai cittadini.

Per tali ragioni l’Anac ritiene che un adeguato livello di digitalizzazione e la disponibilità di personale tecnico debbano divenire requisiti fondamentali nel processo di qualificazione delle stazione appaltanti, affinché gli acquisti più complessi vengano svolti soltanto da amministrazioni dotate delle competenze necessarie, favorendo le economie di scala e contenendo i costi amministrativi per le imprese. Per sostenere la diffusione delle piattaforme potrebbe essere utile mettere gratuitamente a disposizione le tecnologie telematiche e il supporto tecnico, prevedere politiche di incentivazione legate ai risultati raggiunti e assumere nuove risorse con competenze specifiche.

L’Anac suggerisce anche di semplificare e ridurre notevolmente i tempi di verifica dei requisiti nei casi in cui l’aggiudicatario di un appalto, entro un intervallo di tempo prestabilito (ad es. 6 mesi), sia già stato esaminato con esito positivo in una procedura di gara.

Infine, per superare la grave situazione economica e fronteggiare i danni subiti dalle attività produttive, l’Autorità suggerisce di introdurre una norma che fino al 31 dicembre permetta alle amministrazioni di ricorrere motivatamente alle procedure di urgenza ed emergenza già consentite dal Codice. I settori che si prestano maggiormente a tali semplificazioni, per dimensione economica o per connessione diretta con attività in grado di far superare la crisi provocata dall’emergenza sanitaria, ad avviso dell’Autorità sono le seguenti: manutenzioni, ristrutturazione/costruzione di ospedali e scuole, interventi sulla rete viaria, approvvigionamenti nel settore sanitario, informatico e dei trasporti.

In un documento di dettaglio, sono indicate le “Strategie e azioni per l’effettiva semplificazione e trasparenza nei contratti pubblici attraverso la completa digitalizzazione: le proposte dell’Autorità”

-27 Maggio 2020

 Il documento si pone l’obiettivo di esaminare i rapporti tra semplificazione, digitalizzazione e trasparenza nell’ottica di promuovere l’innovazione e l’efficienza nella gestione dei processi di acquisto pubblici. In particolare, vengono affrontati i temi dello stato di attuazione della digitalizzazione degli appalti e del suo rafforzamento come leva per la semplificazione dei processi di procurement, dell’attuazione della trasparenza amministrativa nel settore e più in generale della disponibilità e accessibilità dei dati alle istituzioni e ai cittadini. Il documento fornisce un quadro ricognitivo della normativa e delle problematiche in essere, individuando possibili strategie, azioni e strumenti in grado di semplificare la gestione degli appalti, rimuovendo gli ostacoli che oggi impediscono la piena digitalizzazione e una trasparenza semplificata ed efficace. Tra i fatttori determinanti per il raggiungimento degli obiettivi che il documento affronta, si segnalano l’importanza strategica di porre in essere politiche pubbliche per il rispetto di importanti scadenze previste dal legislatore europeo, la standardizzazione, l’interoperabilità, l’attuazione di norme già presenti in materia di digitalizzazione dei contratti pubblici e la modifica di altre, il processo di qualificazione delle stazioni appaltanti, la professionalizzazione e la formazione dei rup e più in generale dei buyer pubblici.

La semplificazione dei processi di procurement è sempre di più al centro del dibattito pubblico e all’attenzione degli operatori del settore, ancor di più in questa fase di emergenza sanitaria che ha fortemente rallentato l’attività economica e produttiva del Paese. Con l’obiettivo di snellire il sistema degli appalti pubblici, vengono periodicamente adottati provvedimenti e misure che intervengono sulla disciplina di settore, con riferimento alle diverse norme che ne regolano l’affidamento, l’esecuzione, la trasparenza e la prevenzione della corruzione. Si tratta di numerose disposizioni, anche in recepimento delle direttive comunitarie o di superamento di procedure di infrazione, non sempre fra loro adeguatamente coordinate, che mettono in evidenza una continua oscillazione del legislatore, ora nel tentativo di ridurre le regole da applicare, ora di bilanciare la maggiore discrezionalità concessa imponendo ulteriori vincoli all’attività amministrativa o più stringenti obblighi di trasparenza. Basti pensare che dall’approvazione del d.lgs. 50 del 2016 (Codice o Codice dei contratti pubblici) sono stati adottati diversi corposi provvedimenti, alcuni dei quali rappresentano delle vere e proprie riforme. Fra questi, si segnalano il “correttivo” al Codice (d.lgs. 56/2017), le modifiche agli appalti di importo inferiore alla soglia comunitaria apportate dalla legge di bilancio per il 2019 (l. 145/2018) e il robusto intervento del decreto c.d. “sblocca-cantieri” (d.l. 32/2019). Nuovi interventi sono attesi, quali ulteriori modifiche del Codice e il varo del Regolamento unico, che si prospetta come un corpus normativo consistente. Al riguardo si deve rilevare che le continue modifiche alla normativa sugli appalti rischiano di produrre effetti contrari a quelli desiderati, spiazzando gli operatori del settore che devono continuamente adeguare la propra organizzazione e le proprie procedure, con inevitabili oneri che finiscono con il ripercuotersi sulla capacità di affidamento e di realizzazione degli interventi. È opinione dell’Autorità che occorrerebbe inquadrare il problema dei possibili lacci al sistema produttivo presenti nel Codice superando una visione parziale e di breve periodo per muoversi verso una prospettiva organica e di lungo periodo. Al riguardo, in coerenza con gli orientamenti comunitari, i due perni principali su cui occorre muoversi sono la digitalizzazione e la professionalizzazione degli acquirenti pubblici

1 . La digitalizzazione dei contratti, dalla fase di programmazione fino a quella di collaudo e liquidazione delle somme dovute, consente evidenti semplificazioni delle procedure, standardizzazione delle stesse, risparmi in termini di tempi e costi, nonché il continuo monitoraggio dell’evoluzione dei contratti; le stazioni appaltanti più professionalizzate riescono a realizzare affidamenti efficienti, nonostante le possibili limitazioni del Codice, ma soffrono maggiormente le continue modifiche del quadro normativo e regolatorio. Il Regolamento di Esecuzione (UE) 2019/1780 della Commissione del 23 settembre 2019 che stabilisce modelli di formulari per la pubblicazione di avvisi e bandi nel settore degli appalti pubblici e che abroga il regolamento di esecuzione (UE) 2015/1986 («formulari elettronici») prevede, per tutti gli Stati membri, che a far data dal 25 ottobre 2023 tutte le informazioni relative agli affidamenti devono essere veicolate attraverso i formulari contenuti in detto Regolamento (dal 22 novembre 2022 l’uso di detti formulari è facoltativo). I formulari contengono informazioni obbligatorie e altre facoltative, sulle quali gli Stati membri devono pronunciarsi, anche rispetto al loro utilizzo per le operazioni di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, considerate nel Regolamento comunitario come facoltative, in quanto escono dal campo di applicazione delle direttive comunitarie in materia di appalti. Pertanto, almeno per gli affidamenti sopra soglia, dal 2023 non vi saranno alternative alla digitalizzazione delle procedure per gli affidamenti pubblici e il sistema nazionale dovrà adeguarsi al nuovo contesto regolatorio. Non si tratta, quindi, di un se, ma di decidere come arrivare a tale data. In tale prospettiva, lo scopo del presente documento è richiamare l’attenzione sulla necessità di avviare azioni volte a consentire al sistema degli appalti pubblici italiano di arrivare preparato alle scadenze previste dal legislatore europeo, attraverso strategie, azioni e interventi normativi da attuare con diversi step. Sotto questo profilo, occorre anche segnalare come il Codice contenga già diverse norme che spingono verso la digitalizzazione, la cui attuazione comporterebbe un salto di qualità in termini di efficienza e semplificazione dell’intero sistema degli appalti. Tuttavia, in base ai dati in possesso dell’Autorità, pur con differenze significative tra aree territoriali, tipologie di stazioni appaltanti e settori merceologici, circa 1/3 delle gare oggi viene ancora svolto in modalità cartacea, rilevandosi quindi un elevato potenziale per digitalizzare e semplificare il sistema degli appalti anche rispetto alle fasi a monte e a valle della gara (ovvero programmazione ed esecuzione), che ancora sono lontane da una vera digitalizzazione delle procedure. In questa ottica, preme osservare che da una lettura ragionata del Codice traspare un chiaro filo conduttore che lega gli artt. 29, 40, 44, 52, 58, 73, 81, 106 e 213, con la normativa sulla trasparenza e quella sulla tracciabilità verso l’obiettivo della progressiva e completa digitalizzazione del ciclo di vita dei contratti pubblici. Come primo presupposto per il perseguimento dell’obiettivo, il legislatore ha sostenuto che il ricorso a piattaforme telematiche per il governo della grande quantità di dati e informazioni debba avvenire assicurandone l’interoperabilità e l’interscambio, così da garantire le preminenti esigenze di digitalizzazione dei contratti pubblici (art. 44 del Codice), di pubblicità degli atti di gara (art. 73 del Codice) e di trasparenza delle informazioni (art. 29 del Codice e art. 37 del d.lgs. 33/2013). Tali elementi fanno parte di un unico, meritorio, disegno che vede la piena digitalizzazione degli appalti come leva strategica per semplificare la gestione dei contratti pubblici e agevolare l’attuazione della trasparenza, tanto nello svolgimento di ciascuna procedura di affidamento quanto nel soddifacimento degli obblighi di pubblicazione sui siti istituzionali e più in generale della accessibilità delle informazioni ai cittadini. L’interoperabilità delle piattaforme diventa così il fattore chiave per garantire qualità, unicità e certezza dei dati e la loro disponibilità per le diverse finalità di pubblicità, trasparenza e controllo della spesa, in linea con l’obiettivo della qualità nella raccolta dei dati sugli appalti pubblici individuato dalla Commissione Europea nella Comunicazione del 3 ottobre 20172 . Condizione necessaria affinché si avvii un percorso virtuoso tra digitalizzazione, innovazione e semplicazione è che i processi di acquisto siano gestiti da stazioni appaltanti professionalizzate. La Commissione Europea, nella raccomandazione 1805/20173 , ha sostenuto la necessità di incoraggiare e supportare le stazioni appaltanti nell’attuazione di strategie nazionali di professionalizzazione, puntando a un’architettura istituzionale che promuova una cooperazione appropriata, la competenza e il sostegno alla formazione, anche attraverso il ruolo delle centrali di committenza. (…..) Le difficoltà incontrate dalle stazioni appaltanti nel programmare le proprie esigenze si traducono inevitabilmente in scelte non conformi alle proprie esigenze, con il rischio di selezionare fornitori non adeguati, oltre ovviamente a ritardi e maggiori oneri. Si tratta di problematiche tutte che prescindono dalle norme del Codice e, pertanto, non superabili con nuovi interventi sullo stesso. Per superare tali difficoltà è necessario portare a compimento l’attuazione dell’art. 38 del Codice, eventualmente con opportune modifiche, come l’opportunità di rendere obbligatori alcuni requisiti premianti, quali la disponibilità di tecnologie telematiche nella gestione delle procedure di gara, avviando il processo di qualificazione dei buyer pubblici, innalzando il know-how della committenza pubblica, anche assumendo nuove risorse con competenze specifiche e prevedendo forme di incentivazione legate ai risultati raggiunti. Al  fine di digitalizzare e semplificare gli appalti risulta quanto mai necessaria l’attuazione delle disposizioni normative già presenti, soprattutto attraverso un efficace coordinamento dei soggetti preposti, mentre la razionalizzazione di talune norme può essere intrapresa in un’ottica più di breve periodo. (….)

2.La semplificazione e l’efficienza nella gestione dei contratti pubblici passa in gran parte dalla digitalizzazione di tutti gli affidamenti, ivi inclusi quelli in house, nell’intero ciclo di vita, a partire dalla programmazione e progettazione, passando per la fase di selezione delle offerte, per continuare con l’esecuzione e la sua verifica e concludersi con il collaudo finale e il pagamento dei corrispettivi previsti dal contratto. Ciò consentirebbe una gestione unitaria dell’intervento e un maggior controllo, monitoraggio e coordinamento delle varie fasi, evitando tempi morti tra le stesse e attribuendo correttamente le relative responsabilità. Più in particolare, la gestione digitale della fase di programmazione degli acquisti consentirebbe una maggiore razionalizzazione e tracciabilità di tutte le informazioni preliminari, dalla raccolta dei fabbisogni agli atti autorizzativi delle iniziative. Anche la gestione telematica degli albi e/o degli elenchi dei fornitori potrebbe contribuire a snellire i processi di qualificazione e valutazione dei fornitori e consentire di trasformare semplici anagrafiche in informazioni più facilmente utilizzabili per lo svolgimento di procedure in conformità al dettato normativo. Analogamente la digitalizzazione dei progetti posti a base di gara consente, oltre alla semplificazione della stessa, anche indubbi vantaggi nella fase di esecuzione degli affidamenti. Nell’ambito dei lavori una spinta alla digitalizzazione delle procedure arriverà con l’introduzione generalizzata del BIM (building information modeling). (….)

Nella fase di scelta del contraente, l’uso delle piattaforme digitali ai sensi degli artt. 40 e 58 del Codice rappresenta un presidio che garantisce la par condicio, l’effettiva concorrenza, l’inviolabilità e segretezza delle offerte, la trasparenza e tracciabilità delle operazioni di gara, l’imputabilità delle dichiarazioni ai concorrenti. Inoltre, consente il controllo diffuso sull’operato dei soggetti pubblici, grazie alla disponibilità immediata dei dati e alla conoscibilità delle informazioni riguardanti stazioni appaltanti e operatori economici. La ricezione telematica delle domande di partecipazione, l’adeguata conservazione dei documenti, il rispetto di un procedimento con una cronologia prestabilita nelle sue fasi ed azioni permette, altresì, di ridurre al minimo gli errori operativi. Come beneficio diretto dell’utilizzo di strumenti telematici di negoziazione si individua quindi una netta riduzione del contenzioso per criticità di natura operativa nell’ambito del procedimento amministrativo (apertura delle buste, soccorso istruttorio, ecc.). Tale scelta consente anche il lavoro a distanza delle commissioni di gara, con l’eliminazione della necessità (o la riduzione) delle sedute pubbliche, considerato che tutte le operazioni di gara sono tracciate, sia nella fase di esame della documentazione amministrativa che nella fase di valutazione delle offerte. Il lavoro a distanza delle commissioni giudicatrici è espressamente previsto dall’art. 77 del Codice e potrebbe essere incentivato a prescindere dall’avvio dell’Albo dei commissari di gara. La digitalizzazione della fase esecutiva dei contratti comporta indubbi vantaggi, innanzitutto in termini di riduzione degli oneri a carico del direttore dei lavori, di verifica degli adempimenti, di riduzione del contenzioso e delle riserve, nonché in fase di collaudo, permettendo il monitoraggio continuo dello stato di avanzamento dell’esecuzione.

2.1.  (…..)  Per raggiungere lo scopo della digitalizzazione dei contratti occorre un complesso di interventi, anche attuativi delle norme già esistenti, finalizzati a prevedere, incentivare e utilizzare piattaforme telematiche con determinati standard di qualità e interoperabilità.

Tra le prime azioni da intraprendere l’Autorità segnala la necessità di pervenire all’approvazione del decreto ministeriale previsto dall’art. 44 del Codice sulle modalità di digitalizzazione di tutti i contratti pubblici anche attraverso l’interconnessione per interoperabilità dei dati delle pubbliche amministrazioni. Subito dopo l’entrata in vigore del d.lgs. 50/2016, l’ANAC ha supportato il gruppo di lavoro coordinato dall’AGID nella redazione di un documento guida di supporto alla stesura del citato decreto ministeriale, comprensivo, tra l’altro, dei requisiti di sicurezza minimi per le piattaforme telematiche di negoziazione. Tale attività si è conclusa nel maggio del 2017 con la trasmissione degli elaborati al competente Ministero per la semplificazione e la pubblica amministrazione ma, a distanza di 3 anni, il decreto non è ancora stato pubblicato. Il decreto ha anche il compito di definire alcuni aspetti strategici come le migliori pratiche riguardanti le metodologie organizzative e di lavoro, le metodologie di programmazione e pianificazione, riferite altresì all’individuazione dei dati rilevanti, alla loro raccolta, gestione ed elaborazione, alle soluzioni informatiche, telematiche e tecnologiche di supporto. Naturalmente, il decreto non potrà risolvere tutti i problemi. Occorrerà infatti intervenire con provvedimenti volti, da un lato, a incoraggiare e diffondere l’uso di piattaforme validate e, dall’altro, ad armonizzare talune norme. Sotto il primo profilo, la diffusione delle piattaforme potrà essere favorita attraverso misure quali incentivi finanziari, meccanismi per la messa a disposizione gratuita, il supporto tecnico gratuito a livello regionale, ad esempio attraverso le centrali di committenza e i soggetti aggregatori. In tal senso, per gli acquisti in autonomia consentiti dalle norme, il soggetto aggregatore regionale potrebbe fornire agli enti locali la piattaforma, accompagnandola con un supporto tecnico-amministrativo per lo svolgimento delle procedure. Altro intervento chiave, strettamente connesso a quello generale appena enunciato sulle piattaforme, è in capo alla Cabina di regia ex art. 212, comma 1, lett. d), del Codice, istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, che ha il compito, tra l’altro, di «promuovere la realizzazione, in collaborazione con i soggetti competenti, di un piano nazionale in tema di procedure telematiche di acquisto, al fine della diffusione dell’utilizzo degli strumenti informatici e della digitalizzazione delle fasi del processo di acquisto». In particolare, la Cabina dovrebbere definire appropriati standard, quali modelli di rappresentazione dei dati, protocolli di interoperabilità delle piattaforme e di scambio dei flussi informativi, sistemi di validazione/certificazione, e definire architetture di riferimento per evitare una eccessiva proliferazione delle piattaforme. La Cabina dovrebbe inoltre prevedere modalità di adeguamento che tengano conto dello specifico contesto operativo e che consentano l’integrazione con le tecnologie già esistenti.

Come modalità di lavoro, si potrebbe prendere spunto dai progetti per l’interoperabilità a livello internazionale dei sistemi di e-procurement pubblici come PEPPOL (PanEuropean Public Procurement On-Line), che potrebbero sia promuovere l’utilizzo di tali sistemi che armonizzarne gli eventuali sviluppi. In tema di validazione e certificazione è necessario, oltre a fissare standard omogenei di qualità e interoperabilità, individuare anche i soggetti validatori/certificatori e procedure agili di validazione. Ad ogni modo, appare assolutamente necessario che il suddetto piano nazionale in tema di procedure telematiche sia quanto mai coordinato con il decreto ministeriale sulla digitalizzazione dei contratti di cui all’art. 44 del d.lgs. 50/2016. Un ulteriore linea di azione riguarda la pubblicazione degli atti. A tale riguardo, si evidenzia che il sistema di monitoraggio delle gare dell’Autorità (Simog) ha fino ad oggi interagito con le stazioni appaltanti principalmente per il rilascio del CIG e per l’acquisizione ex post dei dati relativi al ciclo di vita dell’appalto che confluiscono nella Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici (BDNCP). Di recente sono state avviate alcune evoluzioni per consentire l’erogazione di servizi avanzati affidando al sistema il ruolo di unico interlocutore verso il TED (Tenders Electronic Daily), per la pubblicazione di bandi e avvisi di procedure al di sopra della soglia europea. Questa evoluzione costituisce già una consistente semplificazione per le stazioni appaltanti che, nell’inserire i dati sul sistema Simog e in BDNCP per acquisire il CIG dell’appalto, ne ottengono anche la pubblicazione. Occorre tuttavia compiere l’ulteriore, decisivo, passo successivo per cui le stazioni appaltanti, operando sulle piattaforme di e-procurement di riferimento, integrate con i sistemi ANAC, come se fossero sistemi interni per la gestione delle gare, inseriscono le informazioni necessarie per l’avvio delle procedure e la loro pubblicità sia a livello nazionale che comunitario, acquisendo contemporaneamente il CIG. Tali informazioni sarebbero immediatamente disponibili in BDNCP pronte per essere utilizzate da tutti i soggetti interessati. Anche mediante il riordino e la semplificazione normativa di cui si parlerà nel prossimo paragrafo, la digitalizzazione sosterrebbe la produzione di schede digitali (eForms), da predisporre per l’inserimento di atti nelle piattaforme di e-procurement, consentendo così l’avvio definitivo della piattaforma digitale ANAC prevista dall’art. 739 del Codice. Per quanto concerne le modalità operative di funzionamento di detta piattaforma, si ritiene che, al fine di evitare la duplicazione di adempimenti, possa essere utilizzato il sistema degli eForm previsto per la pubblicazione degli avvisi e dei bandi a livello europeo. L’ANAC, infatti, ricoprendo il ruolo di eSender, cioè di soggetto abilitato alla trasmissione dei documenti oggetto di pubblicazione al TED, recepirebbe le informazioni previste dagli stessi eForms già in fase di acquisizione dei CIG da parte delle stazioni appaltanti, che, quindi, potrebbero essere utilizzati, senza necessità di ulteriori adempimenti, anche per la pubblicazione nazionale sulla piattaforma digitale. I dati da pubblicare a livello nazionale ed europeo sarebbero coincidenti e potrebbe essere consentita, anche a livello nazionale, la pubblicazione di dati di sintesi, con la previsione di un link di collegamento al profilo di committente della stazione appaltante per garantire l’accesso ai documenti integrali. Ai sensi dell’art. 73, comma 5, dalla pubblicazione degli avvisi e dei bandi di gara sulla piattaforma digitale ANAC decorrono gli effetti legali in ambito nazionale. Per tale motivo, occorre garantire la data certa della pubblicazione, che potrebbe essere offerta mutuando il modello utilizzato in ambito europeo, basato sull’invio della conferma della pubblicazione alla stazione appaltante con indicazione della data di pubblicazione. Il controllo sulla completezza dei dati potrebbe essere garantito dalla piattaforma ANAC, in modalità automatizzata, individuando i campi obbligatori. La responsabilità in ordine alla correttezza dei dati pubblicati (oggi garantita per gli aspetti formali dal Poligrafico per la GURI) potrebbe essere prevista in capo alla stazione appaltante (come attualmente avviene per l’invio al TED), con la possibilità di correggere eventuali errori entro un termine definito e la previsione della necessità, in tali casi, di far decorrere gli effetti della pubblicazione dalla nuova pubblicazione all’esito della rettifica.

2.2. Modifiche a norme in vigore

 In primo luogo, da un punto di vista generale, sarebbe auspicabile uno stretto raccordo, anche di tipo normativo, tra il citato decreto ministeriale di cui all’art. 44 e le attività della Cabina di regia ex art. 212. (….)   Altro aspetto da segnalare riguarda la fase esecutiva dei contratti, per la quale il Codice contiene indicazioni minori in materia di digitalizzazione. (….)

In luogo di numerosi documenti amministrativi contabili, si dovrebbe pervenire alla predisposizione di un unico software di rilevazione delle varie fasi di esecuzione dei contratti, che permetta di fornire in tempo reale tutte le informazioni necessarie per il moinitoraggio e la gestione dell’esecuzione, come ad esempio lo stato di avanzamento dei lavori nell’esatto momento in cui lo stesso è maturato. Ciò vale tanto per i lavori quanto per i servizi e le forniture. Di seguito si riporta un riepilogo delle azioni necessarie al raggiungimento degli obiettivi di digitalizzazione e semplificazione sopra descritti.

  • Attuazione/adeguamento normativo Interventi conseguenti
  • Attuazione dell’art 44 del Codice mediante l’emanazione del testo del D.M. proposto dal Gdl su e-procurement.
  • Razionalizzazione e standardizzazione delle piattaforme telematiche di negoziazione attualmente esistenti. Incentivazione del lavoro a distanza delle commissioni giudicatrici (art. 77).
  • Introduzione di sistemi di digitalizzazione della fase esecutiva.
  • Attuazione dell’art. 212, co. 1, lettera d), del Codice Richiedere alla Cabina di regia la costituzione di un gruppo di lavoro con i soggetti competenti al fine di promuovere la realizzazione di un piano nazionale in tema di procedure telematiche di acquisto, per la diffusione dell’utilizzo degli strumenti informatici e la digitalizzazione delle fasi del processo di acquisto.
  • Raccordo tra il d.m. ex art. 44 e il piano nazionale ex art. 212 del Codice Prevedere il coordinamento del piano nazionale delle procedure telematiche e la digitalizzazione dei contratti pubblici Modifiche agli artt 40 e 52 del Codice
  • Precisare o eliminare le deroghe all’utilizzo dei mezzi di comunicazione elettronica in vista della più ampia diffusione delle piattaforme telematiche Integrazioni all’art. 111 del Codice (e al Regolamento di attuazione del Codice) Integrare la norma con indicazioni più precise sulla digitalizzazione della fase esecutiva dei contratti

3.La trasparenza dei contratti pubblici
Parallelamente all’obiettivo della digitalizzazione, è opinione dell’Autorità che anche la trasparenza nel settore debba in generale riguardare tutti gli atti inerenti gli appalti lungo il loro ciclo di vita, dalla programmazione/progettazione fino al collaudo e al pagamento delle prestazioni. (…..)

Nel suo insieme, il quadro normativo sulla trasparenza si presenta particolarmente complesso con problematiche applicative di diversa natura. Le norme si prestano a interpretazioni non sempre chiare, con possibili duplicazioni di oneri amministrativi e scontano anche l’attitudine del legislatore a interventi progressivi, parziali e non coordinati fra loro per far fronte ad esigenze eterogenee non sempre fra loro coerenti. Anche nella prospettiva dell’auspicato processo di digitalizzazione, risulta quanto mai necessaria la rivisitazione delle norme sulla trasparenza amministrativa nei contratti pubblici per razionalizzare e eliminare duplicazioni e asimmetrie di fonti normative. Per prima cosa, occorre concepire un unico corpus normativo sulla trasparenza, contenente le varie norme oggi vigenti sui contratti sparse in più testi (art. 29, d.lgs. 50/2016; artt. 37 e 42 del d.lgs. 33/2013; art. 1, commi 15-16, 26, 27 e 32, l. 190/2012). Ciò dovrebbe avvenire facendole confluire, possibilmente, all’interno del d.lgs. 33/2013, ovvero in un testo unico sulla trasparenza, con cui chiarire definitivamente quali siano i soggetti che devono assicurare la trasparenza, rispetto a quali contratti (se tutti o solo quelli sopra soglia ovvero con mitigazioni per quelli sotto soglia), a quali fasi del rapporto contrattuale e in ordine a quali dati o atti. (…..)

4. Una proposta per le verifiche rapide post-aggiudicazione

In attesa di avviare la banca dati degli operatori economici di cui all’art. 81 del Codice, si potrebbe rapidamente attuare una proposta che ha l’obiettivo di semplificare e ridurre notevolmente i tempi di verifica dei requisiti generali nelle procedure di gara ove risulti aggiudicatario un operatore economico già verificato positivamente in una procedura di gara antecedente entro un intervallo di tempo prestabilito (ad esempio, 6 mesi), mediante il ricorso alle informazioni e ai documenti disponibili tramite il sistema AVCPass. I dati sull’utilizzo della piattaforma AVCPass negli appalti in settori ordinari di importo superiore a 40.000 euro mostrano infatti una costante crescita nel corso degli anni di impiego da parte delle stazioni appaltanti (il sistema è attivo dal 2013)

Anche nei primi mesi del 2020, nonostante il lockdown e la sensibile riduzione osservata nella quantità di appalti avviati, i numeri sono in crescita: attraverso AVCPass sono acquisite una significativa quantità di informazioni relative alle procedure di gara e, in particolare, agli operatori economici coinvolti. Evidentemente, la semplificazione che il sistema introduce nella fase di verifica dei requisiti mediante la digitalizzazione della documentazione di comprova dei requisiti è sfruttabile in questa fase e si presume lo sarà ancora di più nella fase della “ricostruzione” post-emergenza. Dal 2015 al 2019 sono stati sottoposti a verifica un totale di circa 90.000 operatori economici distinti. Esiste una base di oltre 30.000 operatori economici (già 21.000 nel primo quadrimestre 2020) sottoposti a ripetute verifiche nel corso degli anni, con un incremento di nuovi soggetti pari a circa il 50%. (…..) In pratica l’insieme degli aggiudicatari degli appalti è sottoposto almeno una volta all’anno alla verifica dei requisiti attraverso il sistema AVCPass, quindi il sistema intercetta e conserva temporaneamente i dati sulla quasi totalità degli operatori economici coinvolti in gare pubbliche. Gli unici limiti riguardano l’assenza del DURC per le imprese, inizialmente disponibile ma poi rimosso a seguito di una variazione normativa (d.l. 20 marzo 2014, n. 34, convertito con modificazioni dalla l. 16 maggio 2014, n. 78), in ogni caso facilmente reperibile a cura della stazione appaltante che ha operato l’aggiudicazione, e dell’informativa antimafia, poiché l’accesso alla Banca Dati Nazionale Antimafia attraverso il sistema AVCPass non è disciplinato dal relativo Regolamento ministeriale. Si tratta in ogni caso dell’unico documento non ostativo alla stipula del contratto, atteso che la stazione appaltante può procedere alla stipula del contratto nel caso l’informazione non sia rilasciata entro i termini previsti, salvo risolvere il contratto e liquidare le prestazioni rese in caso di successiva emissione dell’interdittiva antimafia (cfr. art. 94, comma 2, del d.lgs. 159/2011). L’attuazione della proposta richiede una modifica normativa volta a consentire l’utilizzo del sistema nell’ambito delle verifiche di cui all’art. 80 del Codice e un confronto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, cui spetta il compito di implementare la banca dati degli operatori economici di cui al successivo art. 81.

Digitalizzazione e trasparenza nella qualificazione stazioni appaltanti

Particolare valenza assumono i temi della digitalizzazione e della semplificazione in relazione all’attuazione dell’art. 38 del Codice che prevede il sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti, finalizzato a ridurre il numero di amministrazioni abilitate allo svolgimento di procedure di acquisto, specie di quelle più complesse, e aumentare il livello di qualità ed efficienza dell’azione amministrativa. L’anagrafe unica delle stazioni appaltanti (AUSA), realizzata e gestita dall’ANAC dal 2014, conta circa 30.000 diversi soggetti eterogenei con o senza personalità giuridica. Ciascuno di questi è articolato in una media di 3 centri di costo, intesi come unità che, nell’ambito della stazione appaltante, sono autonome nelle decisioni di spesa, per un totale di quasi 100.000 soggetti distinti e virtualmente indipendenti. Inoltre, ogni singolo soggetto può operare, praticamente senza limitazioni, su qualunque ambito merceologico e per qualunque importo. Le soluzioni finora proposte dal legislatore per porre un argine al fenomeno della frammentazione si sono rivelate del tutto inadeguate. In un primo momento si è tentato di limitare la capacità di spesa dei comuni che, unitamente alle proprie società partecipate, rappresentano circa un terzo delle stazioni appaltanti nazionali; ciò si è realizzato introducendo dapprima vincoli di spesa e successivamente attraverso l’obbligo di acquistare mediante l’aggregazione della domanda di altri comuni limitrofi. Questa soluzione ha determinato, nei fatti, un incremento del numero delle stazioni appaltanti: i comuni, infatti, oltre a proseguire con gli affidamenti diretti al di sotto dei 40.000 euro per le proprie singole necessità, hanno iniziato a creare unioni di scopo con altri comuni confinanti, unioni quasi sempre senza personalità giuridica.

Successivamente, con il d.l. 66/2014, è stato individuato un modello di aggregazione più “drastico” che prevede, a tendere, un massimo di 35 stazioni appaltanti a livello nazionale; ciò attraverso l’individuazione di soggetti aggregatori nazionali (al momento solo Consip), regionali e provinciali, iscritti in apposito elenco tenuto dall’ANAC. Anche questo modello, al netto dei casi Consip e grandi soggetti aggregatori regionali, si è rivelato non esente da fragilità, sia per le difficoltà di concentrare nel breve periodo la spesa di 100 mila potenziali centri di costo in un numero così esiguo di soggetti aggregatori sia perché non tutte le regioni, in particolare quelle del centro-sud, hanno dato vita ad un soggetto aggregatore strutturato in grado di rispondere alle esigenze del territorio.  Ad oggi le norme del Codice si applicano indiscriminatamente a tutte le stazioni appaltanti indipendentemente dalle dimensioni delle stesse e dalla tipologia di acquisto. Prevedere che gli acquisti più complessi, solitamente di numero notevolmente inferiore rispetto a quelli ripetitivi e standardizzati, vengano svolti soltanto da soggetti dotati delle competenze necessarie, rappresenta un’importante semplificazione del sistema, consentendo di interrompere la rincorsa a continue modifiche normative. La stabilizzazione del quadro regolatorio permette anche di creare moduli standard, bandi e altri documenti contrattuali tipo a supporto delle amministrazioni meno qualificate. La produzione di tali documenti standard è, però, ostacolata dal continuo modificarsi delle norme che impongono ripetuti aggiornamenti agli stessi, spesso anche prima che sia stato possibile emanarli. Peraltro, non si possono trascurare i vantaggi, in termini di economie di scala e di scopo, che possono derivare da acquisti in comune, ciò vale sia per le stazioni appaltanti che vedono ridursi il numero di procedure da avviare che per gli operatori economici che possono partecipare ad un numero ridotto di procedure, eventualmente con più lotti, riducendo i costi amministrativi delle gare. È, quindi, del tutto evidente la necessità di tendere, finalmente, verso modelli di qualificazione delle stazioni appaltanti, che permettano di spendere risorse unicamente in base alle capacità e professionalità disponibili. Non solo, affinché la qualificazione sia efficace e possa anche fungere da volano nel semplificare e digitalizzare gli appalti, è necessario pensare a un sistema che preveda tra i requisiti per la qualificazione alcuni elementi imprescindibili, anche per i soggetti che oggi sono qualificati di diritto. Tra i requisiti obbligatori dovrebbero essere ricompresi la disponibilità e l’utilizzo corrente di piattaforme telematiche, interoperabili con i sistemi dall’Autorità per assicurare l’automatica trasmissione di atti, dati e informazioni alla BDNCP a fini conoscitivi e di trasparenza. Inoltre, la stazione appaltante che aspira alla qualificazione dovrebbe dimostrare di avere a disposizione, oltre al personale tecnico e amministrativo per la gestione dei contratti per i quali intende qualificarsi, specifiche competenze informatiche per la corretta gestione delle piattaforme in uso. Tali condizioni andrebbero accompagnate da politiche di investimento e di incentivazione pubbliche (dello Stato e delle Regioni), graduali e di breve e medio-lungo periodo, prioritariamente volte al rafforzamento di alcune stazioni appaltanti, in modo da assicurare, in attesa della completa diffusione delle piattaforme e della più ampia qualificazione, un primo sicuro presidio che garantisca, nel più breve tempo possibile, la digitalizzazione e la trasparenza. Si tratta, tuttavia, di questioni di carattere politico che vanno lasciate alle indiscutibili prerogative del Governo e del Parlamento.

In un altro documento  l’ANAC ha presentato una “Proposta di intervento normativo al fine di consentire il ricorso alle procedure previste nell’art. 163 e nell’art. 63 del codice dei contratti pubblici fino al 31 dicembre 2020” – 1 giugno 2020 –

Con il Documento illustrativo e il Vademecum (pubblicati in data 9.4.2020) l’ANAC ha inteso chiarire come siano ordinariamente a disposizione delle stazioni appaltanti – in quanto contenute nel Codice dei Contratti – disposizioni che consentono l’accelerazione e la semplificazione nello svolgimento delle procedure di gara. Ciò, ferme restando le indicazioni in quella sede più dettagliatamente fornite, è particolarmente vero per affidamenti di lavori fino ad 1 milione di euro e di sevizi e forniture fino alle soglie europee per i quali in via ordinaria è possibile procedere all’affidamento con procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando. Ulteriori disposizioni di semplificazione sono quelle che fanno riferimento a situazioni di urgenza (art. 63, comma 2, lettera c) d.lgs. 50/2016) e a provvedimenti emergenziali (art. 163 d.lgs. 50/2016). In entrambi i casi è possibile ricorrere alla procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando – se non addirittura ad affidamento diretto (dove la sostanziale differenza rispetto alla procedura negoziata senza bando risiede nella possibilità di procedere ad affidamento evitando anche un minimo confronto tra operatori del mercato) – anche al di fuori dei limiti d’importo ordinariamente previsti, dunque sostanzialmente anche per appalti di lavori di importo superiore ad un milione di euro, purché in presenza di adeguata motivazione in ordine al ricorrere dei presupposti dell’urgenza o dell’emergenza. Nell’attuale contesto si ritiene che possa essere di ausilio per le stazioni appaltanti, anche in un’ottica di impulso ed accelerazione agli approvvigionamenti pubblici come volano per superare lo stato di grave crisi economica e sociale conseguente all’emergenza sanitaria in atto, fornire supporto per l’adeguato ricorso agli strumenti emergenziali sopra richiamati. Tenuto conto che la maggiore criticità nel ricorso agli stessi risiede nell’individuazione, da parte delle stazioni appaltanti, della motivazione sulla base della quale legittimare l’affidamento diretto o la procedura negoziata senza bando, appare possibile fornire alcune indicazioni desumibili dal quadro normativo e dai dati in possesso dell’Autorità. Si ricorda che, ai sensi del combinato disposto dell’art. 163, comma 6, d.lgs. 50/2016 e degli art. 2, comma 7, e art. 7 d.lgs. 224/2018 il (Codice della protezione Civile), il verificarsi di una circostanza di somma urgenza (art. 7 d.lgs. 224/2018) legittima l’adozione di procedure d’urgenza finalizzate al superamento dell’emergenza (art. 163 d.lgs. 50/2016) anche tramite l’attuazione coordinata di misure volte a rimuovere gli ostacoli alla ripresa delle normali condizioni di vita e di lavoro, nonché l’attuazione di prime misure idonee a fronteggiare i danni subiti dalle attività economiche e produttive, così come risultano all’esito di prima ricognizione. Si osserva, altresì, che l’art. 163, comma 3, d.lgs. 50/2016 ammette il ricorso alle procedure di estrema urgenza “finché non risultino eliminate le situazioni dannose o pericolose”, entro un breve termine stabilito dalla stessa disposizione (15 gg), ovvero entro il termine stabilito dalla declaratoria dello stato di emergenza di cui all’articolo 5 della legge n. 225 del 1992. Abrogata tale legge, attualmente le disposizioni sulla dichiarazione dello stato di emergenza per il tramite di Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri sono contenute nell’art. 24 del richiamato d.lgs. 224/2018 che ne prevede la durata massima in 12 mesi, prorogabile per non più di ulteriori 12 mesi. Alla luce di quanto sopra appare, pertanto, compatibile con il sistema il ricorso a procedure d’urgenza (e quindi all’accelerazione delle procedure di affidamento sia ai sensi dell’art. 63, anche per affidamenti di importi superiori alle soglie comunitarie, sia ai sensi dell’art. 163 d.lgs. 50/2016), laddove la motivazione da parte delle stazioni appaltanti possa poggiare su due elementi: uno temporale ed uno sostanziale afferente all’oggetto dell’affidamento

In un’ottica di semplificazione ed anche di migliore coerenza con il quadro normativo riportato, si ritiene necessario che tali elementi vengano predeterminati a mezzo di indicazioni unitarie e certe, tenuto conto di quanto segue.

1) Con riferimento al profilo temporale, la possibilità di motivare il ricorso alle procedure di urgenza deve trovare legittimazione nella transitorietà necessaria al superamento dell’emergenza, da intendersi in un senso più ampio rispetto alla stretta nozione adottata dalla normativa sulla protezione civile, considerando quindi anche il profilo della ripresa economica e produttiva, come sopra chiarito, e nelle more del potenziamento (digitalizzazione e personale tecnico) delle Stazioni appaltanti qualificate. Il periodo entro il quale consentire tale ricorso non dovrebbe superare, quindi, la data del 31 dicembre 2020.

2) Sotto un profilo sostanziale si ritiene necessario che l’oggetto dell’affidamento sia riconducibile ad ambiti individuati a monte. A tal proposito occorre chiarire che tali ambiti non devono necessariamente ritenersi limitati a quelli individuati dalla Comunicazione della Commissione Europea 2020/C 108 I/01 del 1.4.2020 (acquisizione di beni e servizi in ambito sanitario destinati a fronteggiare l’emergenza COVID-19). Ed infatti, poiché, alla luce di tutto quanto sopra rappresentato, le azioni da intraprendere nell’attuale fase sono da intendersi emergenziali in quanto finalizzate a fronteggiare, in prima battuta, i danni subiti dalle attività economiche e produttive, sarà cura del legislatore individuare degli ambiti/settori merceologici nel contesto dei quali gli affidamenti pubblici potranno essere esperiti in urgenza in un’ottica di promozione e sostegno alla ripresa del mercato. Ferma restando la necessità che l’individuazione di tali ambiti sia effettuata attraverso una scelta di politica economica che non compete all’Autorità adottare, appare possibile in questa sede segnalare, sulla base dei dati quantitativi ed economici desumibili dalla BDNCP, i settori che si prestano maggiormente a tale funzione, per dimensione economica e/o per connessione diretta con attività destinate al superamento dell’emergenza propriamente sanitaria: – Manutenzioni (eventualmente valutando forme semplificate di progettazione in analogia a quanto previsto art. 1 co.6 legge 55/2019)

– Lavori di ristrutturazione/costruzione di ospedali e scuole

– Interventi sulla rete viaria

– Approvvigionamenti relativi al sistema dei trasporti

Approvvigionamenti nel settore informatico

Approvvigionamenti nel settore sanitario

3) Con riferimento all’importo si osserva che in ragione delle esigenze emergenziali appare possibile il superamento – tramite apposito provvedimento centralizzato – del limite di 200.000 euro per i lavori indicato al comma 1 dell’art. 163 d.lgs. 50/2016, eventualmente mediante adeguata modifica del primo periodo del comma 8 volto a superare il limite temporale per l’eccezione già prevista

Stabilito che vi sono i presupposti per un’applicazione delle procedure di urgenza e emergenza da parte delle stazioni appaltanti fino al 31 dicembre 2020, si tratta di individuare lo strumento giuridico più adatto, nell’alternativa tra a) il prolungamento dello stato di emergenza già dichiarato, al massimo al 31.12.2020 nel rispetto dei limiti fissati dall’art. 24 d.lgs. 224/2018 e con le modalità ivi indicate (Deliberazione del Consiglio dei Ministri); b) l’approvazione di una specifica norma primaria abilitatrice. La prima ipotesi è di più agevole adozione, ma può presentare il rischio di delimitare troppo il campo di intervento per le stazioni appaltanti, che si troverebbero nel dubbio sulla eventuale impossibilità di spingersi al di là della stretta nozione di interventi di protezione civile.

L’adozione di una specifica norma di legge, che espressamente autorizzi le stazioni appaltanti a motivare il ricorso alle procedure di urgenza e emergenza previste dal codice dei contratti per il protrarsi di una situazione emergenziale che pregiudica la ripresa economica e sociale del Paese, si palesa come la soluzione sicuramente più adatta alle finalità dell’intervento.

Fermo quanto sopra, è compito dell’Autorità parallelamente rammentare che il potere di adottare procedure emergenziali ha natura eccezionale ed è strumentale al superamento della emergenza, pertanto non può espletarsi nei confronti di disposizioni di diretta attuazione di principi comunitari, né nei confronti delle norme riguardanti il controllo e la vigilanza sui contratti pubblici, mancando in tal caso il nesso di strumentalità tra esigenza di tempestivo intervento e deroga al procedimento di controllo.

Il ricorso alle procedure di emergenza secondo quanto sopra delineato non può comunque comportare l’inosservanza delle seguenti condizioni:  la necessaria verifica del possesso dei requisiti da parte dell’operatore economico affidatario del contratto (già prevista);  la verifica antimafia;  la tracciabilità degli atti compiuti (a fini di controlli successivi, a campione);  la tracciabilità dei flussi finanziari;  la necessaria autorizzazione per l’utilizzazione di imprese subappaltatrici;  la possibilità di controlli successivi, a campione, sui prezzi praticati;  la piena trasparenza, attraverso la pubblicazione sul sito dell’amministrazione, di tutti gli atti adottati, anche relativi alla fase di esecuzione del contratto.

Si fa presente, comunque, che nel vademecum già pubblicato dall’ANAC sono già riportate una serie di semplificazioni possibili sugli adempimenti di legge relativi alla fase precedente e successiva alla stipula dei contratti (es. proprio ai sensi dell’art. 163, possibilità di posticipare le verifiche rispetto all’avvio dell’esecuzione) Si ricorda, inoltre, che provvedimenti che consentano modalità più agevoli di affidamento anche nel superamento di qualsiasi confronto concorrenziale possono – ove non adeguatamente disciplinate e circoscritte – avere anche effetti negativi sul mercato. Si ricorda al riguardo quanto evidenziato dal Considerando (50) Direttiva 2014/24/UE: “Tenuto conto degli effetti pregiudizievoli sulla concorrenza, le procedure negoziate senza previa pubblicazione di un bando di gara dovrebbero essere utilizzate soltanto in circostanze del tutto eccezionali”. Anche sotto questo profilo, pertanto, si evidenza la necessità che ogni eventuale misura di semplificazione sia accompagnata – ove possibile- da una parallela attenzione alla garanzia del principio di concorrenza che può essere perseguita sia accompagnando la misura di semplificazione dalla richiesta, comunque, di attuazione di un minimo confronto competitivo prima della selezione o di meccanismi di rotazione, sia prevedendo, in assenza di tali tutele, un lasso temporale predeterminato e compatibilmente breve, per l’intervento in deroga.