Indirizzo
Corso Matteotti 15,
Cremona, CR 26100
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La preventiva pubblicazione di un avviso di consultazione degli operatori economici in vista di un affidamento diretto costituisce l’avvio di una procedura negoziata, con le implicazioni connesse a tale diversa modalità di affidamento?
Secondo il TAR Lombardia Sez. I n.28/2025 la risposta è affermativa.
Il giudice lombardo ritiene infatti che se l’assegnazione di un appalto viene preceduta da un avviso a manifestare interesse non si è in presenza di un affidamento diretto ma di una procedura negoziata e, in quanto tale, si impone l’applicazione delle regole tipiche delle vere e proprie procedure di gara.
Non si tratta di una pronuncia isolata.
Anche il TAR Calabria, con una recente sentenza (sez. I n.848/2024) sostiene infatti che la predisposizione dell’avviso pubblico a manifestare interesse qualifica la procedura di assegnazione dell’appalto come negoziata e non come affidamento diretto prevedendo un procedimento di selezione che è assente nella modalità alternativa.
In particolare, secondo il giudice “emerge come l’avviso pubblico (…) non abbia integrato un affidamento diretto, essendo in esso prevista una selezione aperta a tutti e basata sul criterio dell’offerta più congrua e conveniente” (da ciò anche l’obbligo di non applicare la rotazione).
Il punto è allora il seguente, vale a dire se l’avviso di consultazione trasformi o meno l’affidamento diretto, caratterizzato da una congenita semplicità, in un qualcosa di più complesso che ne snatura la valenza.
Per meglio comprendere la portata di queste pronunce (e soprattutto capire se siano in linea con la posizione nel frattempo assunta dal Consiglio di Stato su fattispecie analoghe) appare utile esaminare il prezioso Vademecum di ANAC sugli affidamenti diretti in cui, dopo aver richiamato le norme del Codice che inquadrano l’istituto (in particolare l’art. 50 lett. a) e b) e la definizione data all’affidamento diretto all’art. 3.1 lett. d) dell’allegato I.1 (“l’affidamento del contratto senza una procedura di gara, nel quale, anche nel caso di previo interpello di più operatori economici, la scelta è operata discrezionalmente dalla stazione appaltante o dall’ente concedente“) afferma i seguenti principi caratterizzanti l’istituto
– il non necessario ricorso all’effettuazione di preventive indagini di mercato;
– la non necessaria acquisizione di una pluralità di preventivi.
A quello che appare una semplice parafrasi del dettato normativo, ANAC fa però seguire una affermazione categorica che prende spunto dalla posizione nel frattempo assunta dal Consiglio di Stato in 2 diverse pronunce.
“La mera procedimentalizzazione dell’affidamento diretto, mediante l’acquisizione di una pluralità di preventivi e l’indicazione dei criteri per la selezione degli operatori non trasforma l’affidamento diretto in una procedura di gara, né abilita i soggetti che non siano stati selezionati a contestare le valutazioni effettuate dall’amministrazione circa la rispondenza dei prodotti offerti alle proprie esigenze (cfr. Cons. Stato sez. V, sentenza n 503 del 15.01.2024 Cons. Stato, sez. IV, sentenza n. 3287 del 2021)”.
ANAC quindi nega, citando l’autorevole posizione del Consiglio di Stato, che la consultazione preventiva attraverso un avviso trasformi una procedura semplificata in una più complessa.
Ma ciò che induce ad una riflessione è che l’ultima sentenza del Consiglio è confermativa, in realtà, di una decisione di quel TAR Lombardia che ora, con la sentenza in commento, sembra rivedere diametralmente la propria posizione al riguardo sull’argomento.
Il ricorso, su cui si è poi espresso il giudice d’appello, concerneva infatti la sentenza di primo grado del TAR Lombardia (sez. IV n. 949/2023), nella quale erano stati respinti i motivi della ricorrente, che chiedeva una riforma del provvedimento di aggiudicazione a un altro operatore economico per servizi di rassegna stampa-web, audio-video e di analisi semestrale e annuale della rassegna stampa, aggiudicati attraverso la procedura semplificata di affidamento diretto, di cui all’art. 1 comma 2 lett. A) del D.L. n. 76/2020 convertito in legge n. 120/2020 in quanto asseriva alcune violazioni procedimentali.
Il TAR adito della questione, tuttavia, riteneva la valutazione finale compiuta dal RUP, pienamente legittima in quanto specificatamente motivata in ordine ai vari criteri valutativi predeterminati dall’amministrazione; affermando altresì che le semplificazioni procedimentali poste in essere, su tutte la mancata formazione di una graduatoria finale, trovasse la propria causa giustificatrice oltre che nel disciplinare, nel D.L. N. 76/2020, convertito in legge, in base al quale la procedura posta in essere dovesse ritenersi un mero confronto di preventivi e non una vera e propria gara, con l’unico obbligo di motivazione della scelta del contraente in termini di economicità e corrispondenza dell’offerta stessa alle esigenze della pubblica amministrazione.
Il Consiglio di Stato, sul punto si è pronunciato rigettando il ricorso e confermando quanto sostenuto dal TAR.
La ricorrente nell’adire il Consiglio di Stato, aveva proposto pedissequamente gli argomenti di contestazione presentati al TAR, non considerando la risposta motivata dello stesso giudice di primo grado.
In particolare “quella posta in essere dall’amministrazione doveva ritenersi una vera e propria procedura selettiva, dovendo far prevalere il dato sostanziale”, consistente nel procedimento in concreto attuato. In ragione del fatto che “dopo aver deciso di aprire l’affidamento al mercato attraverso l’introduzione di regole improntate al confronto concorrenziale, la stessa amministrazione si sarebbe dovuta far guidare dai principi generali dell’evidenza pubblica, quindi stabilire criteri di valutazione delle offerte, valutandole in comparazione tra di loro, redigendo apposita graduatoria. Ragion per cui la motivazione del RUP, sarebbe stata generica e indeterminata”. (così è riportato al punto 4.3 della sentenza oggetto di tale articolo)
Il Consiglio di Stato, nel ritenere infondato il ricorso, quindi confermando quanto sentenziato dal TAR, ha infatti sostenuto che “la mera procedimentalizzazione dell’affidamento diretto, mediante acquisizione di una pluralità di preventivi e l’indicazione dei criteri per la selezione degli operatori non trasforma lo stesso affidamento diretto in una procedura di gara”.
Se la sentenza fa riferimento alla precedente normativa, quanto in essa sostenuto, è stato ritenuto da ANAC, come si è visto, applicabile anche in vigenza del nuovo Codice dei Contratti Pubblici.
Riassumendo, l’affidamento diretto, proprio per la sua natura non può essere considerato, , come una vera e propria procedura di gara, se dalla stessa stazione appaltante non viene fatto alcun riferimento esplicito alle gare di affidamento propriamente dette, potendo in questo caso dubitare, che siano gare effettive, mascherate da affidamenti diretti.
Nel senso sopra delineato sono anche la recenti decisioni del TAR Campania Sez. III n. 909/2025 nonché del TAR Puglia Sez. II Lecce n.138/2025.
A questo punto solo le prossime pronunce del Consiglio di Stato chiariranno (ci si augura) l’interrogativo di partenza e quindi anche se la giurisprudenza dei TAR rappresenti una svolta rispetto alla posizione sino ad oggi assunta dal giudice di secondo grado.