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L’affidamento diretto previa richiesta di preventivi configura una procedura di gara?

Il Consiglio di Stato si esprime negativamente, affermando che la mera procedimentalizzazione dell’affidamento diretto, mediante l’acquisizione di una pluralità di preventivi e corredato dalla motivazione di scelta, non lo trasforma in una procedura di gara, né abilita i soggetti che non siano stati selezionati a contestare le valutazioni effettuate dall’amministrazione circa la rispondenza dei prodotti offerti alle proprie esigenze.

Peraltro, secondo il MIT è sempre possibile utilizzare per l’affidamento una procedura ordinaria di gara, in luogo dell’affidamento diretto (Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – Circolare 20 novembre 2023, n. 298)

Il Consiglio di Stato, sez. V, con sentenza n. 503 del 15 gennaio 2024,  ritorna sulla questione se un affidamento diretto, previa richiesta di preventivi e valutazione degli stessi, debba considerarsi alla stregua di una procedura di gara, con applicazione delle regole previste per la stessa.  

La vicenda ha origine da una procedura semplificata di affidamento diretto di cui all’articolo 1, comma 2, lett. a), del Decreto-Legge n. 76 del 2020, convertito in Legge n. 120 del 2020.  Il ricorrente in primo grado lamentava, tra gli altri, la sussistenza di violazioni procedimentali, quali la mancata valutazione in termini comparativi dei preventivi acquisiti dalla stazione appaltante e, quindi, l’omessa formazione di una graduatoria finale.

Il TAR per la Lombardia, sez. IV, con sentenza n. 949/2023 respinge il ricorso. Afferma che  “le semplificazioni procedimentali poste in essere dall’amministrazione (su tutte, l’omessa formazione di una graduatoria finale) trovavano rispondenza (…) anche e soprattutto nelle previsioni del D.L. n. 76 del 2020, come convertito, in base alle quali la procedura posta in essere doveva considerarsi alla stregua di un mero confronto di preventivi, più che di una vera e propria gara, con l’unica imposizione consistente nell’onere di motivazione della scelta dell’operatore in termini di economicità e di rispondenza dell’offerta alle esigenze della PA.

Gli atti posti in essere dall’amministrazione, a giudizio del TAR, sono stati coerenti con le previsioni dell’art. 30 del D.Lgs. n. 50 del 2016 (richiamato dall’art. 1, comma 2, lettera a, del Decreto-Legge n. 76 del 2020, come convertito) e ciò proprio in considerazione della pubblicità della procedura, della predeterminazione dei criteri valutativi e della completezza della motivazione in relazione alla tipologia di procedura espletata.

La soccombente presenta appello al Consiglio di Stato, rimarcando che la selezione avviata dall’Amministrazione doveva essere considerata una vera e propria procedura di gara, prevalendo il “dato sostanziale” consistente nel “procedimento in concreto posto in essere”. 

In particolare, l’appellante afferma che l’Amministrazione, una volta introdotte regole improntate al confronto concorrenziale, avrebbe dovuto applicare i principi generali dell’evidenza pubblica e, quindi, avrebbe dovuto prestabilire i criteri di valutazione delle offerte e valutarle in comparazione tra di loro, redigendo apposita graduatoria. 

Il Consiglio di Stato conferma la sentenza del TAR. L’art. 1, comma 2, lettera a), del D.L. 76/2021, escludeva espressamente una comparazione valutativa dei preventivi. In tale prospettiva, la motivazione finale è del tutto adeguata e sufficiente, in quanto doveva limitarsi ad un giudizio di rispondenza dell’offerta alle esigenze dell’Amministrazione, senza necessità di attribuzione di punteggio e redazione di graduatoria.

“Deve qui ribadirsi che la mera procedimentalizzazione dell’affidamento diretto, mediante l’acquisizione di una pluralità di preventivi e l’indicazione dei criteri per la selezione degli operatori (secondo modalità che corrispondono alle previsioni contenute nelle Linee Guida ANAC n. 4 per gli affidamenti diretti), non trasforma l’affidamento diretto in una procedura di gara, né abilita i soggetti che non siano stati selezionati a contestare le valutazioni effettuate dall’amministrazione circa la rispondenza dei prodotti offerti alle proprie esigenze (cfr. Cons. Stato, sez. IV, sentenza n. 3287 del 2021)”

In conclusione, come già più volte affermato dalla giurisprudenza amministrativa, il Consiglio di Stato afferma che la mera procedimentalizzazione dell’affidamento diretto, mediante l’acquisizione di una pluralità di preventivi e l’indicazione dei criteri per la selezione degli operatori, non trasforma lo stesso in una procedura di gara, né abilita i soggetti che non siano stati selezionati a contestare le valutazioni effettuate dall’Amministrazione circa la rispondenza tra quanto offerto e le proprie esigenze.

Tale connotazione dell’affidamento diretto risulta pertinente anche a quanto previsto in materia dal nuovo Codice, in quanto – in disparte i limiti di importo – il D.lgs. n. 36/2023 non innova le modalità di utilizzo dell’istituto rispetto alla normativa emergenziale del 2020.

In particolare – si legge nella relazione illustrativa al D.lgs. n. 36/2023 – si è riproposta la previsione del decreto-legge n. 76 del 2020 secondo cui, nonostante la mancanza di necessario confronto competitivo, deve essere assicurato che siano scelti soggetti in possesso di documentate esperienze pregresse, anche individuati tra coloro che risultano iscritti in elenchi o albi istituiti dalla stazione appaltante. Il testo del decreto-legge n. 76 del 2020 si riferiva a «esperienze analoghe a quelle oggetto di riferimento» mentre il testo della nuova disposizione fa riferimento a «esperienze pregresse idonee all’esecuzione delle prestazioni contrattuali oggetto di affidamento». La preferenza per il richiamo a “esperienze idonee” piuttosto che a “esperienze analoghe” attiene alla scelta di ampliare il margine valutativo della stazione appaltante, che può apprezzare attività precedenti dell’operatore economico in ambiti anche non strettamente analoghi all’oggetto della gara ma tuttavia idonei a garantite la buona riuscita dell’affidamento.

“Attraverso tali disposizioni, il nuovo Codice dei contratti pubblici ha inteso, in continuità con le semplificazioni introdotte dai decreti-legge n. 76 del 2020 e n. 77 del 2021, individuare soglie di affidamenti al di sotto delle quali possono essere utilizzate procedure ritenute idonee a soddisfare le esigenze di celerità e semplificazione nella selezione dell’operatore economico, fermi restando i principi fondamentali del Codice.

Queste disposizioni costituiscono applicazione del principio del risultato di cui all’art. 1 del Codice che impone, tra l’altro, alle stazioni appaltanti e agli enti concedenti di perseguire il risultato dell’affidamento del contratto con la massima tempestività. Tale principio costituisce peraltro attuazione nel settore dei contratti pubblici del principio del buon andamento e dei correlati principi di efficienza, efficacia ed economicità. Esso e perseguito nell’interesse della comunità e per il raggiungimento degli obiettivi dell’Unione europea. (Circ. MIT n. 298/2023)”

Nel vigente ordinamento, da 140.000 euro e sino alla soglia comunitaria va esperita una procedura negoziata senza bando che – per inciso – “rappresenta, a tutti gli effetti, un procedimento selettivo tramite gara (TAR Salerno n. 2725/2021).”

Quindi la gara, nella forma della procedura negoziata senza bando e con le caratteristiche procedimentali definite dalla norma stessa, scatta a partire da 140.000 euro.

Il riferimento alle procedure negoziate senza bando (art. 50 comma 1, lettere c), d) ed e) del D.lgs. n.36/2023) non è stato accompagnato, come invece avveniva nell’art. 1, comma 2 del decreto-legge n. 76 del 2020, dal richiamo all’art. 63 del decreto legislativo n. 50 del 2016; né si è rinviato alla norma che nel nuovo codice disciplina la procedura negoziata senza bando nel sopra soglia (art. 76 D.lgs. n. 36/2023).  Tale richiamo risulterebbe infatti inutile e anche foriero di incertezze, poiché la procedura negoziata sottosoglia è normata dalla disposizione in esame sia con riferimento ai presupposti che alle modalità di svolgimento, così che il richiamo stesso potrebbe ingenerare il dubbio, privo di fondamento, che siano altresì necessarie le ulteriori condizioni legittimanti proprie del sopra soglia.

Se l’affidamento diretto non innesca comunque una procedura di gara, è stato specularmente affermato che è comunque possibile derogare sempre dall’affidamento diretto ed attivare una procedura ordinaria di gara,  in nome dei principi generali degli ordinamenti comunitario e nazionale sulla tutela della concorrenza (Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti: circolare 20 novembre 2023, n. 298).

Ciò nonostante il tenore letterale della norma sembrerebbe escludere tale opzione: “(….) le stazioni appaltanti procedono all’affidamento (…..) con le seguenti modalità:  affidamento diretto  (….)” (art. 50 – D.lgs. n. 36/2023). Le perplessità sono corroborate dalla considerazione che, quando il legislatore ha inteso abilitare l’utilizzo alternativo di procedute ordinarie, lo ha fatto espressamente, come nel caso di lavori di importo pari o superiore a un milione di euro e fino alle soglie europee, ove è previsto che la stazione appaltante, in luogo del ricorso alla procedura negoziata senza bando, possa utilizzare le procedure ordinarie (art. 50 – comma 1 lett. (d)).

La disciplina del sottosoglia di cui al Decreto Legge n. 76 del 2020 (art. 1, comma 2) non contemplava il possibile ricorso alle procedure ordinarie, ciò al fine di imporre l’utilizzo delle procedure semplificate, da cui talvolta le stazioni appaltanti tendono a sfuggire, temendo i maggiori margini di discrezionalità da esse offerti. Al contrario, l’art. 36, comma 2 del Decreto Legislativo n. 50 del 2016, prevedeva l’utilizzo delle procedure ordinarie come facoltà sempre percorribile dalla stazione appaltante («salva la possibilità di ricorrere alle procedure ordinarie»).