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Regolamento IVDR (diagnostici in vitro) una svolta importante

Presentato originariamente nel 2012 e completato nel 2017, il Regolamento europeo sui dispositivi diagnostici in vitro (IVDR) è entrato in piena applicazione lo scorso 26 maggio e alle sue molte note positive fa da contraltare la necessità di confrontarsi con un mondo irrimediabilmente mutato 

Molti e molto attesi sono gli elementi di novità introdotti con l’applicazione definitiva del Regolamento europeo sui dispositivi diagnostici in vitro (IVDR) che è giunta alla luce dopo una gestazione avviata nel 2012 e perfezionatasi poi solo cinque anni orsono. Il rinnovato quadro regolatorio porta con sé un nuovo sistema di classificazione dei rischi e un aggiornamento dei requisiti di evidenza clinica. 

E ancora un inedito sistema di normazione per le fasi successive alla commercializzazione e un database europeo unificato – EUDAMED – che nelle intenzioni deve ergersi a garanzia della maggiore trasparenza del mercato e dell’industria. Si è infine lavorato molto sugli aspetti di tracciabilità della catena di approvvigionamento; quindi, dei dispositivi stessi e delle loro componenti-chiave. 

D’altra parte, così come è stato opportunamente riassunto da Confindustria Dispositivi Medici e in particolare da Assodiagnostici, proprio il controllo specifico sulle attività e dinamiche della supply chain è uno dei presupposti per la nascita del Regolamento. Le imprese della filiera si trovano a fare i conti con un ulteriore carico di obblighi, ma anch’essi contribuiscono ad accrescere sia la sicurezza sia il livello di performance dei dispositivi, a beneficio dei pazienti.  

IVDR in breve 

Dal 26 maggio è in piena applicazione il regolamento europeo sui dispositivi medici diagnostici in vitro (IVDR). Designa un sistema rafforzato di organismi notificati che per la prima volta si trova a valutare circa il 70% dei dispositivi di diagnostica in vitro. 
Introduce un nuovo sistema di classificazione dei rischi, requisiti di evidenza clinica aggiornati, un nuovo sistema post commercializzazione, un nuovo database che garantisce maggiore trasparenza (EUDAMED) e un sistema unico di identificazione del dispositivo che facilita la tracciabilità della catena di approvvigionamento. 

Le criticità del Regolamento 

«Secondo Confindustria Dispositivi Medici e l’associazione europea Medtech Europe in occasione della data di applicazione l’infrastruttura IVDR risulta incompleta presentando criticità che richiedono una risoluzione urgente, nonostante il recente emendamento di gennaio 2022 ha concesso alla maggior parte degli IVD, a seconda della classe di rischio, da tre a cinque anni in più per passare al nuovo regolamento, se soddisfano determinate condizioni. 

Secondo le due associazioni rappresentanti del settore industriale sarebbe pertanto necessario: 

assicurare ai dispositivi innovativi e aggiornati la possibilità di essere certificati ai sensi dell’IVDR e raggiungere il sistema sanitario e i pazienti. 

rendere pienamente operativi i sistemi regolatori per certificare gli IVD a più alto rischio e i test di accompagnamento (cd. companion diagnostic) – tra questi quelli necessari per gestire le malattie infettive e la diagnostica a supporto dei farmaci personalizzati. 

aumentare la capacità degli Organismi Notificati affinché supporti la certificazione di tutti gli IVD e riduca le tempistiche di certificazione, attualmente lunghe e imprevedibili. 

costruire le altre infrastrutture di sistema necessarie per implementare l’IVDR, compresi i requisiti per gli studi sulle prestazioni, il post market e la vigilanza e il database EUDAMED, altro ancora». 

Scacco alla supply chain 

L’intero comparto italiano della diagnostica in vitro, secondo quanto evidenziato dalla presidente di Assodiagnostici Katia Accorsi, ha strenuamente sostenuto e promosso gli obiettivi dell’IVDR. Investimenti importanti sono stati stanziati per l’adeguamento ai suoi requisiti; e per assicurare che i dispositivi in questione possano sempre restare nella piena disponibilità di operatori, laboratori, cittadini. 

«Siamo entusiasti degli importanti progressi compiuti negli ultimi anni», ha detto Accorsi, «ma anche consapevoli dei limiti che a tutt’oggi necessitano di essere superati. Abbiamo oggi compiuto un passo avanti ma non siamo ancora al punto di arrivo e come associazione continueremo a collaborare con le istituzioni competenti e gli stakeholder per trovare soluzioni tali da evitare ogni interruzione nella fornitura di importanti dispositivi medici e diagnostici salvavita». 
Già, perché mentre si era in attesa dell’ufficializzazione del Regolamento, molto è cambiato e non solo nel settore, comunque fra i principali protagonisti di una transizione epocale dettata prima dall’emergenza sanitaria legata alla pandemia da Covid-19 e in seguito dal conflitto russo-ucraino. 
«Rispetto al 2017», ha riferito Accorsi, «si può dire che il mondo stesso sia radicalmente mutato. Durante le fasi più drammatiche della SARS-CoV-2 alcune imprese sono riuscite a supportare il sistema sanitario e dare continuità al loro lavoro, acquisendone vantaggio. 

Altre sono state invece giocoforza costrette a rallentare. Soprattutto per chi si rivolge ai cronici o all’oncologia il 2022 avrebbe dovuto essere l’anno della definitiva ripresa. Così non è stato, sin qui, per via della carenza di materie prime, semilavorati e chip che la guerra ha esacerbato. Le criticità impattano trasversalmente una molteplicità di settori e materiali. Cartone e acciaio, per esempio». 

Il problema, le soluzioni 

Sommati all’aumento dei costi energetici tutti questi fenomeni mettono a rischio il buon andamento delle aziende e il relativo output: una parte dei test diagnostici che IVDR abbraccia potrebbe a breve non esser più reperibile, proprio a causa dello shortage dei materiali necessari alla loro produzione. 

«I produttori», ha proseguito Accorsi, «potrebbero prendere in considerazione l’idea di reagire all’incertezza sul costo e sulle tempistiche di approvvigionamento di determinate materie prime cercando di sostituire quest’ultime con input omogenei di più facile reperibilità. Tuttavia, nel convertire la produzione, devono rispettare vincoli normativi che limitano a tutti gli effetti questa possibilità. 

Pertanto, il vendor che mette in atto un cambiamento significativo nel suo processo di produzione dovrà provvedere a certificare di nuovo il dispositivo ai sensi dei nuovi regolamenti, facendosi in prima persona carico delle lunghe tempistiche di certificazione causate dalla limitata capacità degli Organismi notificati e il rischio di una momentanea interruzione della fornitura di dispositivi». 

Pochi organismi notificati 

Gli Organismi notificati cui si è fatto cenno poco più su sono uno dei fili scoperti del quadro tracciato con il nuovo Regolamento. Sono sette in Europa, nessuno di essi ha sede in Italia, e il loro compito è quello di verificare la conformità all’IVDR di circa 30 mila dispositivi diagnostici. 

Alla metà di giugno dello scorso anno l’80% delle aziende produttrici aveva segnalato difficoltà di accesso al meccanismo di certificazione della conformità. Il rischio era perciò che qualcosa come 27 mila dispositivi restassero privi del previsto marchio CE. 

«Gli Organismi notificati sono certamente troppo pochi», ha ammesso Accorsi, «e questo rappresenta un ostacolo non solamente per i prodotti nuovi ma anche quelli che necessitano di sostituzione, modifica, aggiornamento, e a loro volta vanno autorizzati. 

Un emendamento recente al Regolamento UE 746/2017 (cioè l’IVDR, ndr) ha offerto la possibilità di dilazionare sino a due-tre anni il completamento dell’iter di certificazione per alcune categorie. 

Se alcuni prodotti rimarranno fuori dalla certificazione sarà poi decisione degli ospedali, dei laboratori o dei centri di ricerca decidere se utilizzarli come Research Use Only, spostando quindi gli oneri di certificazione dai produttori agli utilizzatori. Qualcosa di analogo è non a caso avvenuto durante le prime fasi del Covid». 

Non è d’altronde questa l’unica lacuna che al momento affligge il provvedimento. La banca-dati di EUDAMED potrebbe per esempio entrare a regime solo dal secondo o terzo trimestre del prossimo anno. Ed è urgente, per Confindustria Dispositivi Medici quanto per l’associazione continentale Medtech Europe, «rendere pienamente operativi i sistemi regolatori per certificare gli IVD a più alto rischio e i test di accompagnamento (companion diagnostic)». 
Fra questi si annoverano «quelli necessari per gestire le malattie infettive e la diagnostica a supporto dei farmaci personalizzati». 

Non è un regolamento per piccoli 

Muoversi fra le righe di un regolamento tanto articolato e giustamente ambizioso non è semplice né per gli addetti ai lavori in ambito regulatory né a maggior ragione per le imprese. 

Specie se piccole, come ha ricordato Accorsi, e pertanto difficilmente in possesso di strutture e uffici dedicati alla gestione, all’analisi, al recepimento e all’interpretazione delle linee guida e orientamenti. E come è noto sono proprio le piccole e medie realtà a costituire la parte più importante e preziosa del tessuto produttivo nazionale. Alle criticità e ai dubbi si sta già cercando di dare risposte e soluzioni, in ogni caso. 

«La collaborazione e il confronto fra le istituzioni europee, gli associati e le aziende», ha argomentato la presidente di Assodiagnostici, «è decisiva anche per il solo fatto di poter mettere a fattor comune esperienze e punti di vista diversi. L’Europa ha e deve avere un ruolo centrale e fra i lasciti della pandemia c’è anche la capacità di cooperare in modo fruttuoso. Tenendo sempre presente che dietro a un test c’è sempre un cittadino, un paziente e (perché no?) un contribuente del quale è doveroso prendersi cura garantendogli, oltre alle cure, adeguati strumenti diagnostici». 
Anche il nodo della scarsità degli organismi notificati è stato posto sul tavolo nel dialogo fra gli stakeholder che «spingono naturalmente per scioglierlo». 

In gioco ci sono l’attività e gli interessi di più di 400 imprese, coi loro 30 mila dispositivi. «La semplificazione dei meccanismi di certificazione», ha detto Accorsi, «è senz’altro una chiave di volta e anche questa è una lezione appresa col Covid. Perché a intensificare le difficoltà è anche la necessità che gli stessi Organismi notificati di cui sopra siano abilitati, autorizzati alla certificazione dei dispositivi alla luce del nuovo Regolamento». 

 (fonte: Assodiagnostici – Confindustria Dispositivi Medici)