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Parlamento – Dossier sul subappalto

Camera dei Deputati – Ufficio Rapporti con l’Unione Europea – Dossier n° 41 – 9 novembre 2020 –

Procedura di infrazione n. 2018/2273

Il 24 gennaio 2019, la Commissione europea ha trasmesso al Governo italiano una lettera di costituzione in mora nell’ambito della procedura di infrazione n. 2018/2273, con la quale ha contestato all’Italia l’incompatibilità di alcune disposizioni dell’ordinamento interno (in larga parte contenute nel decreto legislativo n. 50 del 2016)in materia di contratti pubblici rispetto a quanto disposto dalle direttive europee relative alle concessioni (direttiva 2014/23), agli appalti pubblici nei settori ordinari (direttiva 2014/24) e agli appalti pubblici nei settori speciali(direttiva 2014/25).

Successivamente, il 27 novembre 2019, la Commissione europea ha indirizzato all’esecutivo una lettera di costituzione in mora complementare, rilevando che i problemi di conformità sollevati in precedenza non erano ancora risolti e individuando ulteriori disposizioni della legislazione italiana non conformi alle citate direttive.

Il Governo italiano ha comunicato l’intenzione di apportare modificazioni alla legislazione vigente, al fine di adeguare la disciplina nazionale a quella europea, fornendo elementi di informazione e di chiarimento rispetto a taluni profili di incompatibilità che a suo giudizio non necessiterebbero di ulteriori interventi normativi.

Ove non intervenissero ulteriori modifiche legislative ritenute idonee a rendere l’ordinamento nazionale conforme con quello europeo, la Commissione europea potrebbe presentare il ricorso innanzi alla Corte di giustizia dell’UE, al fine di far accertare l’inadempimento da parte dell’Italia degli obblighi previsti dal diritto unionale e, in definitiva, di far emettere una condanna ad una sanzione pecuniaria.

CONTENZIOSO UE IN MATERIA DI SUBAPPALTO  –  DOSSIER N° 41 – 9 NOVEMBRE 2020

Procedura di infrazione n. 2018/2273

Il 24 gennaio 2019, la Commissione europea ha trasmesso al Governo italiano una lettera di costituzione in mora nell’ambito della procedura di infrazione n. 2018/2273, con la quale ha contestato all’Italia l’incompatibilità di alcune disposizioni dell’ordinamento interno (in larga parte contenute nel decreto legislativo n. 50 del 2016)in materia di contratti pubblici rispetto a quanto disposto dalle direttive europee relative alle concessioni (direttiva 2014/23), agli appalti pubblici nei settori ordinari (direttiva 2014/24) e agli appalti pubblici nei settori speciali (direttiva 2014/25).

Successivamente, il 27 novembre 2019, la Commissione europea ha indirizzato all’esecutivo una lettera di costituzione in mora complementare, rilevando che i problemi di conformità sollevati in precedenza non erano ancora risolti e individuando ulteriori disposizioni della legislazione italiana non conformi alle citate direttive. Il Governo italiano ha comunicato l’intenzione di apportare modificazioni alla legislazione vigente, al fine di adeguare la disciplina nazionale a quella europea, fornendo elementi di informazione e di chiarimento rispetto a taluni profili di incompatibilità che a suo giudizio non necessiterebbero di ulteriori interventi normativi.

 Ove non intervenissero ulteriori modifiche legislative ritenute idonee a rendere l’ordinamento nazionale conforme con quello europeo, la Commissione europea potrebbe presentare il ricorso innanzi alla Corte di giustizia dell’UE, al fine di far accertare l’inadempimento da parte dell’Italia degli obblighi previsti dal diritto unionale e, in definitiva, di far emettere una condanna ad una sanzione pecuniaria.

La Commissione europea ha eccepito l’incompatibilità con la normativa europea delle seguenti previsioni nazionali in materia di subappalto:

a. il divieto di subappaltare più del 30 per cento di un contratto pubblico; Sulla materia il legislatore nazionale è intervenuto con il decreto legge n. 32/2019 (cosiddetto “sbloccacantieri”) il quale ha innalzato la soglia massima del subappalto dal 30% al 40% fino al 31 dicembre 2020. In sostanza si detta una disciplina transitoria del subappalto nelle more di una complessiva revisione del codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 50/2016). Si prevede in particolare che il subappalto debba essere indicato dalle stazioni appaltanti nel bando di gara e non possa superare la quota del 40 per cento dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture. Tali disposizioni operano in deroga all’articolo 105, comma 2, del codice medesimo, il quale pure prescrive la necessità di indicare il subappalto nel bando di gara, ma fissa la soglia massima del subappalto che non può superare la quota del 30 per cento dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture. Si segnala che nella citata messa in mora complementare la Commissione europea ha osservato che tale modifica non sarebbe sufficiente a rendere l’ordinamento nazionale conforme a quello europeo, sia perché si tratta di una modifica solo temporanea, sia perché un limite al subappalto del 40%, pur essendo meno restrittivo, è comunque incompatibile con la giurisprudenza della Corte di Giustizia europea. Su questo specifico aspetto è già intervenuta anche la Corte di giustizia dell’UE in sede di pronuncia su una questione pregiudiziale sollevata dal TAR Lombardia con la sentenza del 26 settembre 2019 nella causa C-63/18 (Vitali SpA contro Autostrade per l’Italia SpA), per chiarire la portata del diritto dell’UE in materia di appalti pubblici, con particolare riferimento al regime del subappalto. In particolare con ordinanza del 13 dicembre 2017 il Tar Lombardia ha domandato alla Corte se i principi di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui agli articoli 49 e 56 del TFUE, l’articolo 71 della direttiva 2014/24, il quale non contempla limitazioni quantitative al subappalto, e il principio di diritto dell’Unione europea di proporzionalità, ostino all’applicazione di una normativa nazionale in materia di appalti pubblici, quale quella italiana contenuta nell’articolo 105, comma 2, terzo periodo, del decreto legislativo n. 50/2016, secondo la quale il subappalto non può superare la quota del 30 per cento dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture. La Corte di giustizia dell’UE ha accolto la questione pregiudiziale sollevata. In particolare, la Corte ha rilevato come la criticità del limite quantitativo del ricorso al subappalto (come regolato dall’ordinamento italiano) si ricolleghi alla sua applicazione indipendentemente dal settore economico interessato, dall’appalto di cui trattasi, dalla natura dei lavori o dall’identità dei subappaltatori, e al fatto che la disciplina italiana non lasci spazi a valutazioni caso per caso da parte della stazione appaltante, e ciò anche qualora questa sia in grado di verificare l’identità dei subappaltatori interessati e ove accerti che il limite non sia necessario al fine di contrastare le infiltrazioni criminali nell’ambito dell’appalto in questione. La Corte, da un lato, ricorda di aver già dichiarato che il contrasto al fenomeno dell’infiltrazione della criminalità organizzata nel settore degli appalti pubblici costituisce un obiettivo legittimo che può giustificare una restrizione alle regole fondamentali e ai principi generali del TFUE che si applicano nell’ambito delle procedure di aggiudicazione degli appalti; dall’altro –prosegue la Corte – anche supponendo che una restrizione quantitativa al ricorso al subappalto possa essere considerata idonea a contrastare siffatto fenomeno, una restrizione come quella di cui trattasi nel procedimento principale eccede quanto necessario al raggiungimento di tale obiettivo. La Corte precisa che misure meno restrittive sarebbero idonee a raggiungere l’obiettivo perseguito dal legislatore italiano, al pari di quelle previste dall’articolo 71 della direttiva 2014/24, come ad esempio gli obblighi informativi. Alla luce di tali argomenti, la Corte ha statuito che la direttiva 2014/24/UE deve essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che limita al 30 per cento la parte dell’appalto che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi.

b. il divieto generale per i subappaltatori di fare ricorso a loro volta ad altri subappaltatori (subappalto a cascata);

c. l’obbligo di indicazione di una terna di subappaltatori nei contratti di appalto e di concessione. Con il decreto legge n. 32 del 2019 il legislatore nazionale ha disposto la sospensione transitoria dell’applicazione delle disposizioni che stabiliscono l’obbligatorietà della indicazione della terna di subappaltatori in sede di offerta, qualora gli appalti di lavori, servizi e forniture siano di importo pari o superiore alle soglie comunitarie di cui all’articolo 35 del codice dei contratti pubblici o, indipendentemente dall’importo a base di gara, riguardino le attività maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa. La Commissione europea ha in ogni caso osservato che tale sospensione non può essere considerata una soluzione alla questione sollevata nella lettera di costituzione in mora, in quanto tale sospensione è solo temporanea (fino al 31 dicembre 2020). Da ultimo, l’articolo 8, comma 1, lettere b) e c), del disegno di legge europea 2019- 2020, in corso di esame alla Camera (C. 2670), dispone che il concorrente non è più 2 obbligato ad indicare la terna di subappaltatori in sede di offerta, per appalti di lavori, servizi e forniture di importo pari o superiore alle soglie UE, o, indipendentemente dall’importo a base di gara, per le attività maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa. Viene inoltre stabilito che, a dimostrare l’assenza in capo ai subappaltatori dei motivi di esclusione, sia il medesimo subappaltatore e non già il concorrente che subappalta le attività. Per quanto riguarda la disciplina del subappalto nei contratti di concessione, i “grandi” operatori economici non sarebbero più obbligati ad indicare, in sede di offerta, la terna di nominativi di subappaltatori. Conseguentemente, per effetto delle modifiche prospettate, si dispone la soppressione di parte della disciplina transitoria relativa al subappalto, recata dall’articolo 1, comma 18, del D.L. 32/2019. Sulla materia è intervenuta l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) la quale, il 4 novembre 2020, ha inviato una segnalazione sui limiti di utilizzo del subappalto in cui ritiene opportuna una modifica normativa volta a: eliminare la previsione generale e astratta di una soglia massima di affidamento subappaltabile; prevedere l’obbligo in capo agli offerenti, che intendano ricorrere al subappalto, di indicare in sede di gara la tipologia e la quota parte di lavori in subappalto, oltre all’identità dei subappaltatori; consentire alle stazioni appaltanti di introdurre, tenuto conto dello specifico contesto di gara, eventuali limiti all’utilizzo del subappalto che siano proporzionati rispetto agli obiettivi di interesse generale da perseguite e adeguatamente motivati in considerazione della. struttura del mercato interessato, della natura delle prestazioni o dell’identità dei subappaltatori.

Ulteriori contestazioni della Commissione europea riguardano le disposizioni italiane concernenti:

a. il divieto di sub-avvalimento (il soggetto delle cui capacità l’operatore intende avvalersi non può affidarsi a sua volta alle capacità di un altro soggetto);

b. il divieto per diversi offerenti in una procedura di gara di avvalersi dello stesso soggetto; il divieto per il soggetto di cui un offerente intende avvalersi di presentare un’offerta nella stessa procedura di gara; il divieto per l’offerente in una procedura di gara di essere subappaltatore di un altro offerente nella stessa procedura di gara;

c. il divieto di avvalimento qualora il contratto pubblico comprenda opere super specialistiche, che secondo la Commissione europea sembra non consentire l’avvalimento in relazione all’intero oggetto del contratto e non solo in relazione alle opere super specialistiche in esso comprese;

d. la mancata previsione di escludere un operatore economico (dalla partecipazione a una procedura di appalto o di concessione) che abbia violato gli obblighi relativi al pagamento di imposte o contributi previdenziali qualora tale violazione possa essere adeguatamente dimostrata, pur non essendo stata stabilita da una decisione giudiziaria o amministrativa avente effetto definitivo.

L’articolo 8, comma 1, lettera a), del citato disegno di legge europea 2019-2020 provvede ad eliminare la possibilità che un operatore economico possa essere escluso da una procedura di gara, quando la causa di esclusione riguardi non già l’operatore medesimo, bensì un suo subappaltatore, nei casi di obbligo di indicare la terna di subappaltatori in sede di offerta o, indipendentemente dall’importo a base di gara, che riguardino le attività maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa;

e. le offerte anormalmente basse per gli appalti sotto soglia, con particolare riguardo al numero di minimo di offerte ammesse oltre il quale si prevede l’applicazione dell’esclusione automatica.  

Da ultimo, con la citata messa in mora complementare, la Commissione europea ha individuato ulteriori profili di non conformità dell’ordinamento italiano al regime europeo in materia di appalti e concessioni concernenti: riguardo all’esenzione prevista per tali enti dall’obbligo di indire gare pubbliche per l’aggiudicazione di contratti di gestione dei loro beni immobili, anche nei casi in cui il valore di tali contratti non sia inferiore alla pertinente soglia; le categorie di operatori del settore cui è consentito partecipare alle procedure di aggiudicazione di contratti pubblici relativi a servizi di architettura e ingegneria; secondo la Commissione europea, la normativa italiana non sembrerebbe consentire a un operatore economico, il quale presti tali servizi e abbia una forma giuridica diversa da una di quelle elencate nella disciplina nazionale, di partecipare alle gare per l’affidamento di contratti pubblici relativi a tali medesimi servizi.