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La società italiana di health technology assessment (Sihta) a congresso. Gli insegnamenti della pandemia

Cosa ci ha insegnato la pandemia? Questo il titolo della prima sessione plenaria al centro dei lavori del XIII Congresso nazionale della Società italiana di health technology assessment (Sihta).

Cosa ci ha insegnato la pandemia? Con questa domanda si è aperto il XIII Congresso nazionale della Società italiana di health technology assessment (Sihta). “In Italia – afferma Pietro Derrico, Presidente Sihta durante la apertura dei lavori -, sebbene la prova sia stata dura e prosegua tuttora, questa non ha portato alla rottura del Sistema grazie ai suoi punti di forza ma ne ha evidenziato alcune importanti criticità che possono divenire opportunità per un riposizionamento del tema salute nelle politiche nazionali, in particolare riconsiderando il ruolo strategico delle tecnologie sanitarie”. “Pensiamo – commenta Antonio Gaudioso, segretario generale di Cittadinanzattiva – che l’Hta sia fondamentale, che questa comunità collabori e partecipi ai processi decisionali perché è utile. É necessario arrivare finalmente all’agenzia nazionale di Hta che deve avere due obiettivi: mettere a sistema tutte le agenzie dello Stato per avere delle linee guida uniche ed essere soggetto di consulenza essenziale basata sul competenza e partecipazione, due elementi essenziali per governare le società complesse”. Anche per Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmaindustria partecipazione e  competenza sono importanti. “L’esigenza di diffondere vaccini e farmaci durante la pandemia – afferma – ci deve far pensare a come mettere a frutto le nuove tecnologie, come l’intelligenza artificiale. Dovrebbe essere un impegno per tutti anche per le agenzie regolatorie”. A dover cambiare, secondo il numero uno di Farmaindustria, è il modello di pagamento dei farmaci: “Il modello a silos è una camicia di forza. Chiediamo un confronto continuo e trasparente anche nella conferenza sui prezzi”. Durante la pandemia sono stati fatti dei passi in avanti per Scaccabarozzi: “Soprattutto si è adottato un metodo di lavoro trasparente con le autorità che deve diventare permanente perché ci ha consentito di lavorare insieme per le persone”. “I farmaci – osserva – non sono mai mancati ma sono emerse delle criticità: l’accesso alla salute per i no covid ha subito qualche colpo. Per esempio, un milione di ricoveri sono stati posticipati, questo ci deve far riflettere sull’accesso. É necessario – aggiunge – un confronto per definire i criteri di determinazione del valore, considerando i temi non clinici evitando i confronti del passato. Siamo di fronte a un processo nuovo per avere accesso ai dati. Credo che la via sia quella indicata dalla programmazione del ministero della Salute che abbiamo appoggiato da subito. Qual è la normalità oggi? – conclude – Non è semplice ma è durante questi momenti che nasce l’innovazione. Ha ragione papa Francesco quando dice di non commettere il peccato di sprecare questo periodo drammatico”. Nella sessione plenaria moderata da Giandomenico Nollo, membro del Consiglio direttivo della Sihta, e da Matteo Ritrovato, Segretario del Comitato tecnico scientifico, sono intervenuti docenti e esperti internazionali. Riguardo alle regole seguite durante la pandemia, la Group Lead Medical Devices and In-Vitro Diagnostics World Health Organization, Adriana Velazquez Berumen, ricorda che “L’Oms propone, spetta poi ai Paesi recepire le raccomandazioni. I Paesi sono in grado di scegliere la tecnologia”. Nei mesi della pandemia, Velazquez Berumen evidenzia come nel mondo ci sia stato un aumento impressionante di produzione di dispositivi e anche prodotti da produttori e industrie mai viste prima. Sulla risposta data alla pandemia in Lombardia “Qualcuno può dire ci sia una debolezza strutturale – commenta Marco Trivelli, direttore generale del Welfare della Regione Lombardia -. Penso sia vero questo giudizio ma penso che non ci sia parte di Italia capace di rispondere a quello che è avvenuto nelle tre province lombarde (Bergamo, Brescia, Milano) dove si è concentrato il 40% del problema covid. Credo sia necessario a chi è vicino al problema ad agire come pensa sia utile. Chi sbaglia paga”. “Abbiamo – prosegue – molti strumenti in più rispetto a marzo però quando arriva c’è la forza locale e basta. Si risponde a un fenomeno complesso. Il limite della sanità italiana è venuto fuori: ciascuno vuole svolgere la propria attività al meglio. Gli specialisti non possono pensare di essere autonomi nella gestione, c’è una dipendenza reciproca. Questo oggi ci permetterà di fare un passo diverso. Credo che il territorio si rafforzerà in Lombardia. Ho imparato che è difficile lavorare in garanzia. Nell’ambito delle cure, l’esperienza ha dimostrato che non c’è garanzia. Non si possono evocare risorse supplementari. Si fa forza su quello che si ha e da questo nascono cose incredibili. Altra cosa che ho imparato è che bisogna riconoscere i nessi fra tutti. Il Servizio sanitario nazionale è un sistema di grandi professionalità ma sono finalizzate nell’impegno della propria competenza e non sono la cura complessiva. Questo ha conseguenze pratiche importanti emerse come debolezza”.