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Illeciti antitrust e partecipazione agli appalti pubblici: nuovo intervento della Corte di Giustizia UE

a cura dell’avvocato Leonardo De Vecchi.

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea (4 giugno 2019, causa C-425/18), sollecitata in tal senso dal TAR Piemonte (ord. n. 770/2018), è recentemente intervenuta sulla questione della rilevanza degli illeciti antitrust quali possibili cause di esclusione dalle procedure di gara per l’affidamento degli appalti pubblici.

La fattispecie oggetto di giudizio ricadeva nell’ambito di applicazione temporale di cui al previgente corpo normativo e riguardava la mancata aggiudicazione di un appalto ad un soggetto che, in quanto sanzionato dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato per un comportamento anticoncorrenziale tenuto in una precedente gara, era stato ritenuto responsabile di un “grave errore professionale” ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. f) D.Lgs. 163/2006.

Tale soggetto si è quindi lamentato della mancata aggiudicazione promuovendo ricorso al TAR Piemonte facendo leva su una serie di precedenti giurisprudenziale a lui favorevoli (Consiglio di Stato n. 3505/2017. 5704/2017 e, soprattutto, n. 722/2018, quest’ultima sentenza pronunciata in un giudizio che vedeva come parte il medesimo soggetto), con i quali era stato affermato che possono costituire degli “errori professionali gravi”, rilevanti a fini della eventuale esclusione da un gara d’appalto ai sensi dell’art. 38 D.Lgs. 163/2006, solo gli inadempimenti e le condotte negligenti commesse nell’esecuzione di un contratto pubblico, dovendosi invece escludere – in quanto non espressamente contemplati dalla norma – che vi rientrassero i fatti, anche illeciti, occorsi in ambiti diversi, quali gli illeciti antitrust.

Senonché il TAR Piemonte – sulla base di un’interessante ricostruzione di diritto comunitario secondo cui vi sarebbe sostanziale continuità, nei principi immanenti nel diritto dell’Unione, tra la Direttiva 2004/18/CE, recepita in Italia con il “vecchio” Codice dei Contratti Pubblici di cui al D.Lgs. 163/206, e le Direttiva 2014/24/UE, recepita in itala con il “nuovo” Codice di cui al D.Lgs. 50/2016 – non ha ritenuto di condividere tali tesi e ha invece deciso di sospendere il procedimento principale e di rinviare la questione alla Corte di Giustizia.

Da parte sua la Corte di Giustizia, con la sentenza in commento, ha appoggiato la ricostruzione del TAR proponendo un’interpretazione estensiva della definizione di “errore professionale grave”, così da ricomprendervi qualsiasi comportamento scorretto che incida sull’integrità e affidabilità dell’operatore economico e non, invece, le sole condotte inadempienti poste in essere nell’esecuzione di precedenti contratti, come invece affermato dal Consiglio di Stato nelle predette pronunce.

Rispetto alla rilevanza degli illeciti antitrust, la Corte di Giustizia è stata molto tranchant nel ritenere che la decisione di un’autorità nazionale della concorrenza che stabilisca che un operatore ha violato le norme in materia di concorrenza “può senz’altro costituire indizio dell’esistenza di un grave errore”, ricordando, in ogni caso, che, in tale ipotesi, l’esclusione dalla procedura di aggiudicazione non può essere automatica, richiedendosi alla stazione appaltante, conformemente al principio di proporzionalità, una valutazione specifica e concreta del comportamento dell’operatore economico interessato.

La sentenza dovrebbe porre fine alla discussione circa la rilevanza degli illeciti antitrust quali potenziali cause di esclusione dalle procedure per l’affidamento degli appalti pubblici, sia con riferimento all’ambito di applicazione del codice previgente, sia con riferimento a quello attualmente in vigore, rispetto al quale, nonostante la maggior ampiezza della norma di riferimento (art. 80 D.Lgs. 50/2016) e il fatto che la normativa europea di riferimento facesse espresso riferimento alle “violazioni di norme in materia di concorrenza” quale causa esemplificativa di esclusione (considerando 101 Direttiva 2014/24/UE), la giurisprudenza ha assunto posizioni ondivaghe, dapprima decisamente restrittive (TAR Campania – Salerno, n. 10/2017 e TAR Emilia Romagna – Parma, n. 18/2018, che hanno escluso la rilevanza degli illeciti antitrust) e solo in un secondo tempo più in linea con le tesi oggi ribadite dalla Corte di Giustizia (TAR Lazio – Roma, n. 1119/2018,  e n. 2934/2018, n. 2934; di senso contrario, però, una recente sentenza del TAR Liguria, n. 279/2019).

La sentenza della Corte di Giustizia, inoltre, sfiora un argomento sensibile per il dibattito italiano, sottolineando, incidentalmente, che l’accertamento dell’errore professionale “non richiede una sentenza passata in giudicato”. Si tratta di un tema che è emerso in maniera prepotente nel dibattito nazionale quando l’ANAC, nell’aggiornare le Linee Guida n. 6 dopo l’entrata in vigore del Decreto correttivo al Codice (D.Lgs. 56/2017), aveva annoverato tra le situazioni idonee a porre in dubbio l’integrità o l’affidabilità dell’operatore economico i provvedimenti “esecutivi” dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato “di condanna per pratiche commerciali scorrette o per illeciti antitrust gravi aventi effetti sulla contrattualistica pubblica e posti in essere nel medesimo mercato oggetto del contratto da affidare”.

Tale intransigente posizione dell’ANAC è stata però osteggiata dalla stessa Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato che, con segnalazione n. AS1473 pubblicata sul Bollettino n. 6 del 19.2.2018, non ha condiviso la scelta di attribuire rilevanza al provvedimento sanzionatorio esecutivo senza attenderne, invece, l’inoppugnabilità o la conferma con sentenza passata in giudicato. Ed anche il Consiglio di Stato, nel rendere il proprio parere (n. 2626/2018) in merito all’aggiornamento delle Linee Guida n. 6, si era posizionato sulla falsariga della posizione dell’AGCM.

Sarà probabilmente questa, dunque, la nuova frontiera del dibattito, anche giurisprudenziale, sulla rilevanza degli illeciti antitrust come cause di esclusione dalle procedure di affidamento degli appalti pubblici, fermi restando i principi definitivamente chiariti dalla Corte di Giustizia e la centralità della specifica valutazione che è di volta in volta demandata alla stazione appaltante rispetto al caso di specie, trattandosi, in ogni caso, di una causa di esclusione non automatica.

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