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L’obbligo di sopralluogo in sede di gara pubblica

La clausola che prevede, a pena di esclusione, il sopralluogo non può di per sé dirsi contraria alla legge o non prevista dalla legge, salvo che il sopralluogo abbia carattere di adempimento strumentale a garantire anche il puntuale rispetto delle ulteriori prescrizioni imposte dalla legge di gara e che l’obbligo di sopralluogo abbia un ruolo sostanziale, e non meramente formale, per consentire ai concorrenti di formulare un’offerta consapevole e più aderente alle necessità dell’appalto.

Lo ha stabilito il Tar Catanzaro nella sentenza n. 258 del 7 febbraio 2019, chiarendo che l’obbligo di sopralluogo, strumentale a una completa ed esaustiva conoscenza dello stato dei luoghi, è infatti funzionale alla miglior valutazione degli interventi da effettuare in modo da formulare, con maggiore precisione, la migliore offerta tecnica (Cons. St., sez. V, 19 febbraio 2018, n. 1037).

È stato anche sottolineato che l’obbligo per il concorrente di effettuazione di un sopralluogo è finalizzato proprio ad una completa ed esaustiva conoscenza dello stato dei luoghi: tale verifica può, dunque, dirsi funzionale anche alla redazione dell’offerta, onde incombe sull’impresa l’onere di effettuare tale sopralluogo con la dovuta diligenza, in modo da poter modulare la propria offerta sulle concrete caratteristiche dei locali (Cons. St., sez. VI, 23 giugno 2016, n. 2800).

Nel caso di specie viene contestata anche l’ammissione alla gara di alcuni operatori economici benché non siano iscritti nel registro delle imprese per le attività oggetto della gara.

La giurisprudenza (Cons. Stato, Sez. III, 10 novembre 2017, n.5182) ha chiarito che, in virtù del nuovo codice dei contratti pubblici, l’iscrizione camerale è assurta, ex art. 83, commi 1, lett. a), e 3, d.lgs. n. 50 del 2016, a requisito di idoneità professionale e anteposto ai più specifici requisiti attestanti la capacità tecnico-professionale ed economico-finanziaria dei partecipanti alla gara, di cui alle successive lettere b) e c) del medesimo comma 1; utilità sostanziale della certificazione camerale è filtrare l’ingresso in gara dei soli concorrenti forniti di una professionalità coerente con le prestazioni oggetto dell’affidamento pubblico; da tale ratio – e nell’ottica di una lettura del bando fedele ai principi vigenti in materia di contrattualistica pubblica, che tenga cioè conto dell’oggetto e della funzione dell’affidamento (artt. 1363, 1367 e 1369 c.c.) – si desume la necessità di una congruenza contenutistica, tendenzialmente completa, tra le risultanze descrittive della professionalità dell’impresa, come riportate nell’iscrizione alla Camera di commercio, e l’oggetto del contratto d’appalto, evincibile dal complesso di prestazioni in esso previste; e ciò in quanto l’oggetto sociale viene inteso come la misura della capacità di agire della persona giuridica, la quale può validamente acquisire diritti ed assumere obblighi solo per le attività comprese nello stesso, come riportate nel certificato camerale.

Tuttavia, la corrispondenza contenutistica tra risultanze descrittive del certificato camerale e oggetto del contratto d’appalto non deve tradursi in una perfetta ed assoluta sovrapponibilità tra tutte le componenti dei due termini di riferimento, ma la stessa va appurata secondo un criterio di rispondenza alla finalità di verifica della richiesta idoneità professionale, e quindi in virtù di una considerazione non già atomistica e frazionata, bensì globale e complessiva delle prestazioni dedotte in contratto (Cons. Stato, Sez. III, 8 novembre 2017, n. 5170).

Ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016, letto in combinazione con le linee guida ANAC n. 6, deve escludersi che l’eventuale rinvio a giudizio dell’amministratore o del direttore tecnico di un operatore economico per corruzione o per riciclaggio, nonché l’applicazione di una misura cautelare per i medesimi reati, costituiscano adeguati mezzi di prova della commissione di un grave illecito professionale, che comporta l’esclusione dalla gara; la loro omessa dichiarazione, pertanto, non configura la causa di esclusione dell’operatore ai sensi della successiva lett. c-bis) dell’art. 80.

Documenti correlati: Tar Catanzaro, sentenza n. 258 del 7 febbraio 2019