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La ripartizione in lotti negli affidamenti pubblici: gli ultimi orientamenti della giurisprudenza

a cura dell’avvocato Leonardo De Vecchi.

Recentemente il Giudice Amministrativo è stato sollecitato più volte a pronunciarsi sul tema della suddivisione in lotti delle procedure di gara per l’affidamento degli appalti pubblici. La circostanza appare significativa in quanto l’argomento tocca un elemento cruciale nelle dinamiche di governo delle commesse pubbliche: il delicato equilibrio tra l’esigenza di economicità (perseguibile mediante forme aggregate) e la tutela della concorrenza e delle piccole e medie imprese (perseguibile, invece, mediante forme frazionate).

Per comprendere lo scenario attuale si rende necessaria una breve ricostruzione della sua evoluzione nel tempo.

Per lungo tempo la regola, solidamente, è stata quella dell’unitarietà degli affidamento pubblici, mentre la suddivisione in lotti era consentita solo eccezionalmente, in presenza di speciali necessità, a condizione di garantire un vantaggio per l’Amministrazione, purché i lotti fossero dotati di autonoma funzionalità (novità questa introdotta dalla “Legge Merloni”) e in ogni caso dietro approfondita istruttoria e puntuale motivazione.

Le prime incrinature a tale indirizzo si sono avvertite quando il favore riservato ad alcune figure contrattuali, come il contraente generale (per la verità riferito in primis solo alle grandi opere infrastrutturali) ed il c.d. global service (che consiste nell’affidamento ad un unico contraente e con unica gara un insieme di prestazioni di lavori, servizi e forniture fortemente integrate ma comunque obiettivamente diverse tra loro) hanno fatto emergere un ingigantimento dell’oggetto della prestazione, con conseguenti rischi di restrizione del mercato, di creazione di posizioni dominanti e di inefficienze in fase esecutiva.

E’ però solo nel 2011, nella vigenza del D.Lgs. 163/2006, che si registrano due novità normative che segnalano inequivocabilmente il cambio di orientamento e il favor per la frammentazione in lotti: lo “Statuto delle Imprese” (e, in particolare, l’art. 13, comma 2, lett. a), della L. 11 novembre 2011, n. 180) e il “Decreto Salva Italia” (e, in particolare, l’articolo 44 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, che ha modificato l’art. 2 del predetto D.Lgs. 163/2006). Da quel momento la prospettiva si inverte: le Amministrazioni devono, ove possibile ed economicamente conveniente, suddividere gli appalti in lotti funzionali al fine di favorire l’accesso delle piccole e medie imprese e, nella determina a contrarre, la P.A. deve indicare la motivazione circa la mancata suddivisione dell’appalto in lotti (sul punto si veda Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 4669/2014).

Il nuovo Codice dei Contratti Pubblici (D.Lgs. 50/2016) conferma tale principio in maniera ancor più perentoria eliminando il riferimento alla convenienza economica (art. 51) e, anzi, rafforzandone la portata affiancando alla tendenziale suddivisione in lotti il divieto di prevedere requisiti di partecipazione che ostacolino l’accesso delle microimprese e delle piccole e medie imprese (art. 83). Si tratta di una ferma presa di posizione che trova radice nelle Direttive comunitarie di riferimento, le quali inseriscono espressamente tra gli obiettivi quello di facilitare la partecipazione delle piccole e medie imprese (PMI) agli appalti pubblici (cfr. Direttiva 2914/24//UE, considerando 2, 59 e 78, 83 e 124, in cui viene espressamente riconosciuto “il potenziale delle PMI per la creazione di posti di lavoro, la crescita e l’innovazione”).

Nella predetta situazione normativa, la giurisprudenza, di recente, è stata chiamata più volte a pronunciarsi sul tema della divisione in lotti, con esiti eterogenei nel concreto e un’affermazione di principio assolutamente univoca: la suddivisione in lotti è espressione di una scelta discrezionale della P.A. sindacabile soltanto nei limiti della ragionevolezza e proporzionalità oltre che dell’adeguatezza istruttoria.

Tra le pronunce più significative si segnalano le seguenti.

Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 2044 del 3 aprile 2018, ha riformato una precedente sentenza del TAR Umbria che aveva dichiarato illegittima una procedura in cui non si era proceduto al frazionamento in lotti ed erano stati messi in gara servizi disomogenei tra di loro (si trattava di attività di presidio e di pulizia); il Consiglio di Stato, affermando che il tema della suddivisione in lotti riguarda gli appalti di grosse dimensioni, ha ritenuto legittima la mancata suddivisione in lotti della gara in considerazione del valore non elevato della stessa (350.000 Euro circa).

Il TAR Sicilia, sede di Palermo, con sentenza n. 1202 del 28 maggio 2018, ha annullato gli atti di una procedura di gara in ambito sanitario in cui il frazionamento non era stato effettuato. La decisione del TAR, come quella citata del TAR Umbria, accenna alla eterogeneità dei servizi oggetto di affidamento, ma, ai fini della pronuncia di annullamento, vi prescinde, accertando l’illegittimità in ragione, piuttosto, dell’insufficiente istruttoria e motivazione della P.A. circa la decisione di non suddividere l’appalto in lotti.

Ancora il Consiglio di Stato, con sentenza n. 5534 del 26 settembre 2018 e relativa ad una gara per l’affidamento di servizi di vigilanza, ha riformato una sentenza del TAR Campania e annullato la procedura di gara, la quale, benché suddivisa in lotti, era stata frammentata in maniera comunque non idonea a tutelare il favor partecipationis e l’accesso delle PMI, ritenendo insufficiente le motivazione resa dalla P.A. e mettendo in guardia dalle ipotesi in cui il frazionamento è “solo apparentemente conforme all’obbligo normativo di suddivisione”.

Tale ultima sentenza del Consiglio di Stato, per il suo valore ricognitivo, è espressamente richiamata da due recenti sentenza rese, di nuovo, dal TAR di Palermo (n. 2452 del 27 novembre 2018) e dal TAR Lombardia, sede di Milano (n. 2688 del 29 novembre 2018).

Il TAR Sicilia, in particolare, si è pronunciato su una procedura avente ad oggetto i servizi integrati di gestione e manutenzione delle apparecchiatura elettroniche, ripartito in quattro lotti territoriali, ritenendola legittima a fronte dell’approfondimento istruttorio svolto dalla Pubblica Amministrazione e tenuto conto, in concreto, che vi è stata adeguata concorrenza, avendo presentato offerta dieci operatori economici. Appare significativo il seguente passaggio della sentenza siciliana: “Non esiste, in altri termini, una dimensione “legittima” in termini assoluti del lotto, in quanto il punto di equilibrio tra l’interesse alla centralizzazione della gara e quello alla partecipazione delle PMI deve essere sempre individuato in concreto dalla stazione appaltante e il giudice deve limitarsi a verificare che la determinazione non sia palesemente illogica o irragionevole”.

In linea appare anche la citata sentenza del TAR Lombardia, il quale ha ritenuto legittima la suddivisione in due soli lotti di una fornitura, in ambito sanitario, di protesi oculistiche non del tutto omogenee tra loro (si trattava di lenti intraoculari, alcune idrofile e altre idrofobe). Anche in questo caso il TAR, rilevato il valore non elevato dei lotti (2.500.000 Euro il primo, 1.300.000 Euro il secondo), ha rilevato che la procedura di gara aveva comunque visto svolgersi un confronto concorrenziale tra vari offerenti.

In definitiva, fermo restando il favor, in diritto, per la suddivisione in lotti, appaiono decisivi, in fatto, l’impianto istruttorio e la motivazionale che ha guidato la P.A. nella scelta e, pragmaticamente, il valore dell’affidamento nonché gli effetti che la scelta ha prodotto in concreto sull’esplicarsi della concorrenza.

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