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A proposito di “qualità”… il pronunciamento dell’Antitrust

La vulgata secondo la quale con la gara qualità-prezzo si superano le “patologie” degli appalti, insite nell’aggiudicazione al “massimo ribasso”, ha colpito ancora, inducendo il legislatore ad emanare norme al limite della demagogia. La solita manina ha modificato all’ultimo, dopo che il Consiglio di Stato si era già espresso con il prescritto parere, il testo dell’articolo 60 del decreto correttivo del codice degli appalti (D.Lgs. n.56/2017), decreto che, nello schema di prima stesura, così disponeva: “La stazione appaltante, al fine di assicurare l’effettiva individuazione del miglior rapporto qualità/prezzo, valorizza gli elementi qualitativi dell’offerta e individua criteri tali da garantire un confronto concorrenziale effettivo sui profili tecnici. A tal fine stabilisce il punteggio massimo previsto per l’offerta economica in modo da evitare che tale elemento prevalga sugli altri.”

L’ultimo capoverso è stato sostituito con il seguente: “A tal fine la stazione appaltante stabilisce un tetto massimo per il punteggio economico entro il limite del 30 per cento”. La ratio complessiva della norma è desumibile dalla relazione tecnica al provvedimento. La finalità della modifica introdotta dal correttivo è quella di “evitare modalità di assegnazione dei punteggi che di fatto determinino il surrettizio utilizzo del criterio del minor prezzo per lavori anche di grande rilevanza economica”. Il “massimo ribasso” sarebbe infatti, come sostengono i sindacati, “fonte di lavoro nero e concorrenza sleale fra le imprese.” Ed ancora: «Le aste al minimo hanno completamente avvelenato il sistema degli appalti, sfavorendo in un meccanismo di concorrenza sleale anche le aziende virtuose. I ribassi eccessivi e “anomali” rispetto alla base d’asta che spesso vengono offerti (nei lavori pubblici) favoriscono le imprese che non rispettano i contratti di lavoro, che non eseguono correttamente le prestazioni, che tentano di recuperare margini di profitto con le “varianti” in corso d’opera, che mettono fuori mercato le imprese serie”.

Il Ministro Delrio, ha potuto dichiarare a margine del varo del nuovo Codice degli appalti: “Basta gare al massimo ribasso, la scelta coniuga prezzo e qualità. I criteri di assegnazione ci sono, sono disciplinati volta per volta, quindi il massimo ribasso si applica solo in casi particolari, molto marginali. La scelta dell’offerta economicamente più vantaggiosa è una scelta chiave ed è ben normata all’interno del codice”.

La cura risolutiva per la moralizzazione degli appalti consisterebbe quindi nell’adozione del criterio di aggiudicazione ad “offerta economicamente più vantaggiosa” con valutazione congiunta di qualità offerta e prezzo (o costo). Questo metodo metterebbe fuori gara le imprese non affidabili. Infatti, gli operatori economici, per ottenere un significativo punteggio qualitativo, devono essere dotati adeguata capacità progettuale e tecnica. Ai fini dell’affidamento, poi, non è più decisivo l’aspetto economico, il cui punteggio viene mediato da quello qualitativo.

In realtà, l’assunto che attraverso la gara qualità/prezzo si possano regolarizzare gli appalti non regge alla prova dei fatti. E’ infatti possibile, anche nella gara qualità/prezzo, presentare un’offerta prezzo con un ribasso eccessivo, magari accompagnato da una proposta qualitativa elevata che in caso di aggiudicazione non verrà rispettata. Non sono nemmeno garantiti dal tipo di procedura la capacità progettuale dell’offerente (i progetti/offerta possono essere commissionati all’esterno dell’impresa), l’affidabilità e la capacità di adempiere adeguatamente alle obbligazioni contrattuali, il rispetto delle norme sulla sicurezza e sul lavoro. Criticità presenti esattamente come nell’opzione del massimo ribasso.

Una vera moralizzazione degli appalti passa attraverso una adeguata selezione dei concorrenti e un puntuale controllo di esecuzione dell’appalto. L’attenzione va quindi spostata sulle fasi pre e post gara, avendo escluso, in fase di gara, le eventuali offerte anormalmente basse, come previsto dalla legge. In definitiva, le norme sugli appalti consentono di tutelarne la regolarità, se solo si intende applicarle, qualunque sia il metodo di affidamento. Viceversa, l’enfatizzazione del punteggio a disposizione della commissione di gara per i contenuti qualitativi dell’offerta, come stabilito dal correttivo appalti, si traduce in un ampliamento di discrezionalità negli affidamenti.

Va osservato, in proposito, che le valutazioni delle commissioni di gara non vengono ordinariamente sindacate nel merito dai giudici amministrativi, salvo che appaiano manifestamente illogiche. Così come l’attribuzione dei punteggi di qualità non deve essere motivata, se i criteri preventivamente definiti nel bando sono analitici. In questo contesto, oltre a possibili giudizi valutativi di qualità arbitrari, ma di fatto “insindacabili”, acquisiscono peso maggiore plus qualitativi premiali artatamente discriminatori, eventualmente previsti dal bando di gara. In sostanza, una norma pensata per moralizzare gli appalti, potrebbe sortire un effetto boomerang. Anche sul fronte della promozione della qualità, che è l’intendimento sbandierato dal legislatore. Infatti, il rischio di pagare una qualità inutile induce giustamente le stazioni appaltanti a rinunciare all’aggiudicazione qualità/prezzo, nei casi in cui il differenziale qualitativo tra beni e servizi (quelli per i quali non è comunque obbligatoria la modalità di acquisizione qualità/prezzo) non valga il 70%. del punteggio totale a disposizione.

Per restare in ambito sanitario, è il caso, ad esempio, dell’acquisto dei farmaci. Farmaci identici o biosimili sotto il profilo della formulazione del principio attivo soddisfano alle medesime esigenze terapeutiche ma possono differenziarsi per aspetti incidenti sulla “gestione” del farmaco e la compliance del paziente (ad esempio: possibilità di più vie e numero delle somministrazioni occorrenti, ecc.), aspetti di cui può essere opportuno e corretto tenere conto, ma con un differenziale di punteggio contenuto.

L’Antitrust, nella proprio atto di segnalazione del 18 agosto 2017, si spinge a censurare anche le limitazioni all’utilizzo del confronto sul solo prezzo previste dal Codice appalti. Afferma infatti che “Una più ampia valorizzazione dell’offerta economica dovrebbe, invece, essere consentita non solo per i prodotti o i servizi che si presentano oggettivamente omogenei, ma anche in quei casi in cui, vuoi per le condizioni particolarmente stringenti stabilite nella disciplina di gara, vuoi per la presenza di alcune caratteristiche standardizzate (come per i servizi accessori o altre componenti dell’offerta), il punteggio economico assume particolare rilevanza anche in una procedura di aggiudicazione secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo. Questo permetterebbe di definire più rapidamente le procedure di gara, di ridurre la discrezionalità delle stazioni appaltanti nell’attribuzione del punteggio tecnico e di consentire una più ponderata valutazione delle offerte economiche, a beneficio della concorrenza e del mercato.”

Sul punteggio massimo da attribuire alla componente economica dell’offerta si attende quindi la retromarcia del legislatore, ad inaugurare le modifiche delle modifiche del nuovo codice.

articolo a cura del dott. Marco Boni, direttore responsabile di News4market

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