Indirizzo
Corso Matteotti 15,
Cremona, CR 26100
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Avv. Anna Cristina Salzano
La recente Delibera della Sezione regionale di controllo per la Campania della Corte dei Conti n. 101/2025/PREV ha fornito preziose coordinate ermeneutiche in merito a due questioni di significativo rilievo nel contesto dei contratti pubblici: la verifica della regolarità del possesso dei requisiti dell’operatore economico in assenza di tempestivo rilascio delle richieste certificazioni e l’obbligatorietà della clausola di revisione prezzi nei contratti di appalto misti aventi termine infra-annuale di esecuzione.
La prima questione affrontata riguarda la possibilità per l’Amministrazione di procedere all’aggiudicazione e alla stipula di un contratto di appalto in assenza del tempestivo rilascio del certificato di regolarità fiscale da parte del soggetto adibito al rilascio, a fronte di una situazione di “silenzio” dell’ente certificatore.
Il caso di specie, costituito da una gara aperta ex art. 71 D. Lgs. 36/2023 finalizzata alla stipula di un contratto di fornitura per il quale era previsto un termine di esecuzione infrannuale di 240 giorni, veniva approvato un contratto stipulato con un RTI, sebbene il provvedimento di aggiudicazione evidenziasse il mancato riscontro da parte delle autorità competenti ai solleciti avanzati dalla centrale di committenza per l’acquisizione della documentazione attestante la regolarità fiscale della mandataria. L’aggiudicazione era comunque intervenuta per “ovviare al rischio che, nelle more del rilascio di detti certificati o documenti, gli ulteriori certificati o documenti già acquisiti in ordine cronologico nell’ambito delle verifiche svolte sul suddetto operatore economico possano perdere la loro validità”.
La problematica si inserisce in un dibattito giurisprudenziale non univoco.
L’art. 17 D. Lgs. 36/2023, rubricato “Fasi della procedura di affidamento”, prevede al comma 5 che “l’organo preposto alla valutazione delle offerte predispone la proposta di aggiudicazione alla migliore offerta non anomala. L’organo competente a disporre l’aggiudicazione esamina la proposta, e, se la ritiene legittima e conforme all’interesse pubblico, dopo aver verificato il possesso dei requisiti in capo all’offerente, dispone l’aggiudicazione, che è immediatamente efficace.”.
Il Legislatore ha esplicitato come regola generale l’obbligo per la stazione appaltante di svolgere gli opportuni accertamenti in ordine al possesso dei requisiti di partecipazione, prima dell’aggiudicazione e della successiva stipula del contratto. L’aggiudicazione viene pertanto disposta dall’organo competente solo dopo aver effettuato positivamente il controllo dei requisiti in capo all’aggiudicatario, richiedendo uno specifico riscontro positivo di tali requisiti. Questi, secondo il principio generale di continuità del possesso dei requisiti generali e speciali, devono inoltre essere “posseduti dai concorrenti non solo alla data di scadenza del termine di presentazione della domanda di partecipazione alla gara, ma anche per tutta la durata della procedura fino alla stipula del contratto, nonché per tutto il periodo di esecuzione dello stesso” (Cons. St., Ad. Plen., n. 8/2015).
Orbene, come evidenziato in precedenza, la giurisprudenza che si è formata sul punto è giunta a conclusioni non univoche.
Invero, se per un verso, è stata ritenuta legittima la scelta di addivenire all’aggiudicazione in difetto della previa acquisizione della certificazione qualora l’assenza della certificazione necessaria alla verifica del possesso dei requisiti in capo all’offerente derivi da una “situazione peculiare di impasse emersa in fase di verifica dei requisiti generali, dovuta all’inerzia dell’Agenzia Entrate nel riscontrare i plurimi solleciti inviati” (TAR Campania, Sez. I, n. 6332/2024), diversamente è stato ritenuto necessario un positivo nonché esplicito riscontro del possesso dei requisiti in capo all’aggiudicatario (ANAC delibere nn. 57 e 57-bis 2023).
La Corte dei Conti, aderendo all’orientamento dell’ANAC, ha ritenuto possibile procedere comunque all’aggiudicazione alla luce del comma 3-bis all’art. 99 del D. Lgs. n. 36/2023, introdotto dal Decreto Correttivo (D.Lgs. 209/2024).
L’art. 99, comma 3-bis, consente ora di procedere all’aggiudicazione “anche a fronte di un riscontro solo parziale dei requisiti”, in caso di “malfunzionamento, anche parziale, del fascicolo virtuale dell’operatore economico o delle piattaforme, banche dati o sistemi di interoperabilità ad esso connessi ai sensi dell’articolo 24”, previa acquisizione di un’autocertificazione proveniente dall’offerente che accerti il possesso del requisito.
La Corte ha pertanto equiparato la “mancata possibilità di eseguire la verifica mediante la consultazione del fascicolo virtuale” (dovuta all’inerzia dell’Agenzia delle Entrate nel caso di specie) a un “malfunzionamento di quest’ultimo”, ritenendo conseguentemente legittima la facoltà della stazione appaltante di procedere all’aggiudicazione sulla base dell’autocertificazione dell’operatore economico, soprattutto in considerazione del fatto che il requisito fiscale nel casode quo si è poi effettivamente rivelato sussistente attraverso controlli successivi e anteriori alla stipula del contratto.
La seconda questione di rilievo è la contestazione in merito alla mancata previsione nel contratto della clausola di revisione prezzi, obbligatoria ai sensi dell’art. 60, D. Lgs. n. 36/2023, nonostante il disciplinare di gara l’avesse espressamente esclusa. L’Amministrazione non aveva previsto la clausola di revisione prezzi ritenendo che si trattasse di un contratto “misto” di fornitura con posa in opera a esecuzione immediata o istantanea (con un termine di 240 giorni) e che la periodicità annuale del calcolo degli indici ISTAT sarebbe stata incompatibile con un termine così breve.
Come noto, l’art. 60 “Revisione prezzi” prevede che “nei documenti di gara iniziali delle procedure di affidamento è obbligatorio l’inserimento delle clausole di revisione prezzi riferite alle prestazioni oggetto del contratto”, specificando poi al comma 2 che “queste clausole non apportano modifiche che alterino la natura generale del contratto o dell’accordo quadro [e] si attivano al verificarsi di particolari condizioni di natura oggettiva”.
L’art. 9 del D.Lgs. 36/2023 afferma, inoltre, il principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale con cui si giunge ad affermare un generale obbligo di rinegoziazione per le sopravvenienze straordinarie e imprevedibili.
Conseguentemente, la Corte dei Conti, alla luce del carattere cogente e inderogabile dell’art. 60, ha affermato che la clausola che escluda la revisione prezzi nel disciplinare di gara (e di conseguenza nel contratto) è da considerarsi nulla per violazione di norma imperativa e il contratto si intende automaticamente integrato ex art. 1339 con le disposizioni dell’art. 60, commi 1, 2 e 3, lettera b) del D. Lgs. n. 36/2023.
La Corte, confermando l’obbligatorietà della previsione nella lex specialis di gara della clausola di revisione prezzi nei contratti di appalto tout court, rigettava le argomentazioni dell’Amministrazione chiarendo che il contratto, pur con un termine di 240 giorni, non può considerarsi a “esecuzione istantanea”, poiché la fornitura è destinata a progredire con l’avanzamento dei lavori. Inoltre, ha sottolineato come l’Allegato II.2 bis al D. Lgs. n. 36/2023 imponga la scomposizione delle componenti dell’appalto (lavori e forniture/servizi) per l’applicazione delle norme sulla revisione prezzi, escludendo pertanto tale obbligo solo per i contratti “di servizi o forniture” -e non per i contratti misti, come quello in esame – a esecuzione istantanea.
La Corte ha poi confutato l’idea che l’obbligo di revisione prezzi non si applichi a contratti con durata inferiore all’anno. E, infatti, l’art. 60 del D. Lgs. n. 36/2023 non introduce tale limitazione temporale bensì una cd. soglia valoriale di attivazione. La Corte dei Conti ha affermato, inoltre, che anche i contratti con durata infra annuale possono avere una durata superiore all’anno. In specie, secondo la Corte dei Conti: “…l’art. 60 chiarisce che il punto di computo iniziale per il calcolo della revisione dei prezzi è il momento dell’aggiudicazione; sicché, l’arco temporale rilevante ai fini della valorizzazione dell’oscillazione dell’indice Istat di riferimento è quello che intercorre tra il mese dell’aggiudicazione ed il momento in cui interviene il superamento della soglia prevista dalla clausola di revisione, da collocarsi entro il perimetro della fase esecutiva del contratto. Ed è ben possibile che tale frangente temporale si protragga per oltre un anno anche laddove sia individuato un tempo di esecuzione della prestazione più breve dell’anno (ad esempio, come nel caso di specie, ove la prestazione deve essere eseguita in un arco temporale di 240 giorni decorrenti dal verbale di avvio dell’esecuzione).” In particolare, la Delibera in commento afferma che la durata infra annuale del contratto può essere protratta alla luce di diverse circostanze: “…secondo quando previsto dall’art. 18, co. 2, D.Lgs. n. 36/2023, tra la data dell’aggiudicazione e la data di stipula del contratto può intercorrere un arco temporale fino a 60 giorni, eventualmente differibili su base concordata “in base all’interesse della stazione appaltante o dell’ente concedente” e ferma restando la possibilità per il bando di prevedere un diverso termine. Il tutto senza omettere di rilevare che, in base al successivo co. 4, “se è proposto ricorso avverso l’aggiudicazione con contestuale domanda cautelare, il contratto non può essere stipulato dal momento della notificazione dell’istanza cautelare alla stazione appaltante o all’ente concedente fino alla pubblicazione del provvedimento cautelare di primo grado o del dispositivo o della sentenza di primo grado, in caso di decisione del merito all’udienza cautelare”; sicché l’eventuale sospensione cautelare disposta dal Giudice amministrativo può produrre una ulteriore dilatazione dei tempi. A ciò deve aggiungersi che, secondo quanto previsto dall’art. 18, co. 8, “il contratto è sottoposto alla condizione risolutiva dell’esito negativo della sua approvazione” ed il relativo decreto di approvazione deve essere emanato entro 30 giorni dalla stipula…” (Delibera della Sezione regionale di controllo per la Campania della Corte dei Conti n. 101/2025/PREV).
In conclusione, la Delibera della Corte dei Conti per la Campania si configura come un’importante pronuncia che consolida l’orientamento interpretativo volto a privilegiare la sostanza sulla forma e l’applicazione del principio del “risultato” nell’ambito dei contratti pubblici.
In particolare, per quanto riguarda la verifica dei requisiti, alla luce delle innovazioni apportate dal Correttivo in tema di FVOE di cui all’art. 99 comma 3bis D.Lgs. 36/2023, la pronuncia in commento ha avuto modo di evidenziare come non solo nel caso di oggettivo malfunzionamento degli strumenti telematici, ma anche in caso di inerzia amministrativa sia legittimo procedere all’aggiudicazione sulla base dell’autocertificazione prodotta dal concorrente e volta a indicare la verifica del possesso dei requisiti, ma a condizione che la sussistenza del requisito sia poi effettivamente accertata.
Relativamente alla revisione prezzi, evidenziando la portata generale ed imperativa dell’obbligo prescritto dall’art. 60 D.Lgs. 36/2023, la pronuncia rafforza l’obbligatorietà e l’intangibilità della relativa clausola nei contratti di “la cui erogazione è destinata a dispiegarsi nel tempo”, inclusi i contratti misti, ribadendo il ruolo dell’eterointegrazione come strumento per assicurare il rispetto della legge imperativa e la conservazione dell’equilibrio negoziale, a tutela sia dell’operatore economico che dell’interesse pubblico a prestazioni di qualità.