Sottostima dei costi della manodopera da parte della stazione appaltante: principio di risultato e onere di immediata impugnazione

Avv. Maria Ida Tenuta

La recente sentenza del TAR Campania-Napoli del 22 agosto scorso, n. 5957 si è occupata della stima del costo della manodopera da parte della stazione appaltante e, in particolare, se sussista o meno un obbligo di immediata impugnazione del bando e della disciplina di gara nel caso sia stata censurata la sottostima dei costi della manodopera da parte dell’Amministrazione.

Come noto, il Codice dei Contratti Pubblici (D.Lgs. 36/2023) prevede che la quantificazione dei costi della manodopera sia compiuta sia dalla stazione appaltante in fase di progettazione della gara per determinare l’importo massimo stimato a base d’asta (art. 41 commi 13 e 14 D.Lgs. 36/2023) che dall’operatore economico che partecipa alla procedura, che dovrà indicare in offerta i propri costi della manodopera (art. 108, comma 9, D.Lgs. 36/2023).

Il comma 14 dell’art. 41 del D.Lgs. 36/2023 dispone che la stazione appaltante individui nei documenti di gara i costi della manodopera sulla base del costo del lavoro determinato annualmente, in apposite tabelle, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali sulla base dei valori economici definiti dal contratto collettivo di riferimento o, in mancanza, quello del settore merceologico più affine (art. 41, comma 3, D.Lgs. 36/2023).

Si è posta la questione della sussistenza o meno di un obbligo di immediata impugnazione del bando e della disciplina di gara nel caso in cui il ricorrente lamenti la sottostima di tali costi della manodopera da parte della stazione appaltante.

Sul punto è recentemente intervenuto il TAR Sicilia-Catania, con la sentenza n. 1717 del 29 maggio 2025, con cui aveva statuito che la sottostima dei costi della manodopera da parte della stazione appaltante è idonea a inficiare l’intera procedura di gara alla luce del principio di risultato, ma non aveva individuato a carico del ricorrente l’obbligo di immediata impugnazione della disciplina di gara contenente la clausola illegittima.

In particolare, il caso esaminato dal TAR Catania aveva ad oggetto una procedura negoziata indetta da un’Autorità portuale siciliana e finalizzata all’aggiudicazione del servizio di pulizia e disinquinamento dello specchio acqueo di competenza dell’Autorità stessa.

Il ricorrente rilevava che il costo della manodopera indicato dalla Stazione appaltante nella lex specialis di gara e riportato nell’offerta del R.T.I. aggiudicatario non sarebbe stato sufficiente ad assicurare la gestione del servizio oggetto di affidamento, in quanto inferiore ai minimi salariali previsti dal Contratto collettivo nazionale di lavoro da applicare alla fattispecie in rilievo.

Il TAR Catania ha accolto il ricorso ritenendo che la stazione appaltante avrebbe riportato un importo dei costi di manodopera inferiore a quello minimo. Secondo il TAR con tale condotta la stazione appaltante è incorsa non solo in un difetto di istruttoria, ma ha anche violato il principio del risultato. Sul punto il TAR Catania ha statuito che: “… sottostimando l’importo dei costi di manodopera ai fini dell’esecuzione del servizio l’Autorità di Sistema Portuale sia incorsa nella correlata violazione del principio del risultato, il quale, fungendo da principio cardine del D.lgs. 36/2023, deve sempre orientare le Stazioni appaltanti nell’esercizio delle proprie scelte discrezionali, che devono tendere al miglior risultato possibile così da non tradire l’interesse pubblico sotteso alla gara. La diminuzione dei costi di un servizio non può determinare una contrazione del salario minimo previsto da un CCNL alla luce delle complessive voci di pagamento previste da quest’ultimo, venendo compromesso in tal caso il diritto dei lavoratori alla retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro, tutelato dall’art. 36 della Costituzione. Tale contrazione salariale refluisce sul risultato, in quanto la corretta retribuzione della manodopera impiegata nell’esecuzione del servizio costituisce una delle manifestazioni tangibili dell’agere amministrativo improntato al raggiungimento del risultato che sia anche il più “virtuoso” possibile…” (TAR Sicilia-Catania, sent. n. 1717/2025 cit.). 

Il TAR ha quindi accolto il ricorso statuendo che l’illegittimità delle clausole relative alla sottostima del costo della manodopera determinano l’annullamento dei conseguenti atti di gara e quindi dell’aggiudicazione.

L’aggiudicatario-controinteressato aveva sostenuto che il ricorso fosse inammissibile, oltre che infondato, in quanto il ricorrente avrebbe dovuto impugnare immediatamente la disciplina di gara nella parte relativa alla sottostima dei costi della manodopera e senza attendere lo svolgimento della procedura di gara e l’adozione del provvedimento di aggiudicazione.

Il Collegio non ha riconosciuto la sussistenza di un onere di impugnazione immediata della disciplina di gara relativa alla sottostima del costo del personale atteso che non si configurerebbe una  c.d. “clausola immediatamente escludente” ossia non si tratterebbe di una clausola che precluderebbe ab initio o renderebbe incongruamente difficoltosa la partecipazione alla procedura di gara e che deve essere impugnata immediatamente dall’operatore economico interessato, senza attendere il prosieguo della gara (Adunanza Plenaria n. 4/2018; Cons. Stato, n. 1350/2025). Nello specifico, il TAR non ha ritenuto escludente la clausola in quanto anche se il ricorrente si era avveduto sin da subito dell’erroneità del costo della manodopera individuato dalla disciplina di gara, comunque era riuscito a presentare l’offerta e a calibrarla sulla base di un costo della manodopera superiore a quello indicato nella base d’asta, esercitando una facoltà la quale non risultava esclusa dalla lex specialis, né dalla normativa di riferimento.

In tale solco interpretativo si inserisce la sentenza del TAR Campania-Napoli del 22 agosto scorso, n. 5957, che in presenza di una clausola della lex specialis  che avrebbe sottostimato il costo della manodopera, non ha ravvisato alcun onere di immediata impugnazione della detta clausola.

In particolare, la fattispecie portata all’attenzione del TAR Campania- Napoli aveva ad oggetto una procedura aperta per l’affidamento dei servizi di logistica presso i magazzini farmaceutici ed economali e di facchinaggio e movimentazione rifiuti ingombranti da aggiudicarsi col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Secondo il ricorrente il costo della manodopera indicato nella lex specialis sarebbe stato gravemente sottostimato dalla stazione appaltante, con conseguente impossibilità di formulare un’offerta economica sostenibile, in quanto gli importi appostati per coprire il costo della manodopera sarebbero stati del tutto insufficienti. Il ricorrente ha impugnato la disciplina di gara in quanto ha ritenuto escludente la clausola relativa alla stima del costo della manodopera.

Il Collegio ha ritenuto il ricorso inammissibile.

Secondo il TAR Campania-Napoli per valutare se tale clausola impedisca la partecipazione occorre far riferimento ai principi statuiti in materia di clausola escludente sanciti dalla giurisprudenza (Cons. Stato, Ad. Plen. 29 gennaio 2003, n. 1 e, da ultimo, id., Ad. Plen., 26 aprile 2018, n. 4); in specie, secondo la giurisprudenza il carattere escludente di tali clausole è stato rinvenuto nella loro attitudine ad impedire, in modo oggettivo e macroscopico, a un normale operatore economico di formulare un’offerta corretta, ossia – in ultima analisi – di presentare la domanda di partecipazione. Alla luce di tali presupposti il Collegio non ha ritenuto escludente la clausola relativa alla stima del costo della manodopera in quanto otto operatori economici avevano partecipato alla procedura nonché anche lo stesso ricorrente aveva formulato la sua offerta tramite una consorziata esecutrice.

In particolare la sentenza ha statuito che: “La ricorrente impugna il bando in discorso sul presupposto che la disposizione indicante il costo della manodopera sia una previsione escludente, che impedisce, stante la sua incongruità, alla ricorrente medesima di presentare un’offerta che sia economicamente sostenibile. 

Tale ricostruzione non può essere condivisa. 

Per pacifica giurisprudenza “le clausole del bando di gara vanno tempestivamente impugnate allorché, contenendo clausole impeditive dell’ammissione dell’interessato alla selezione, si configurino come escludenti, quindi idonee a generare una lesione immediata, diretta ed attuale, nella situazione soggettiva dell’interessato, dal momento che la loro asserita lesività non si manifesta e non opera per la prima volta con l’esclusione o la mancata aggiudicazione, bensì nel momento anteriore nel quale i requisiti di partecipazione sono stati assunti come regole per l’amministrazione; tali sono tipicamente quelle legate a situazioni e qualità del soggetto che ha chiesto di partecipare alla gara, esattamente e storicamente identificate, preesistenti alla gara stessa, e non condizionate dal suo svolgimento (Cons. Stato, Ad. Plen. 29 gennaio 2003, n. 1 e, da ultimo, id., Ad. Plen., 26 aprile 2018, n. 4).[…] Le c.d. clausole immediatamente escludenti sono state quindi individuate (da ultimo Ad. Plen., 26 aprile 2018, n. 4) nelle: a) clausole impositive, ai fini della partecipazione, di oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della procedura concorsuale (Cons. Stato, IV, 7 novembre 2012 n. 5671); b) regole che rendano la partecipazione incongruamente difficoltosa o addirittura impossibile (Adunanza plenaria n. 3 del 2001); c) disposizioni abnormi o irragionevoli che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla gara; ovvero prevedano abbreviazioni irragionevoli dei termini per la presentazione dell’offerta (Cons. Stato, V, 24 febbraio 2003 n. 980); d) condizioni negoziali che rendano il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente (Cons. Stato, V, 21 novembre 2011 n. 6135; III, 23 gennaio 2015 n. 293); e) clausole impositive di obblighi contra ius (Cons. Stato, II, 19 febbraio 2003 n. 2222); f) bandi contenenti gravi carenze nell’indicazione di dati essenziali per la formulazione dell’offerta ovvero che presentino formule matematiche del tutto errate; g) atti di gara del tutto mancanti della prescritta indicazione dei costi della sicurezza “non soggetti a ribasso” (Cons. Stato, III, 3 ottobre 2011, n. 5421).” ( T.A.R. Salerno, sez. I, 08.11.2024, n.2127 ).

Il carattere escludente di tali clausole è stato rinvenuto nella loro attitudine ad impedire, in modo oggettivo e macroscopico, a un normale operatore economico di formulare un’offerta corretta, ossia – in ultima analisi – di presentare la domanda di partecipazione (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 18 marzo 2019, n. 1736)

Nel caso di specie, tuttavia, non si rileva tale oggettiva attitudine: da un lato, infatti, tale carattere viene smentito dalla circostanza fattuale che otto operatori economici hanno partecipato alla procedura, dall’altro che anche il consorzio ricorrente ha formulato la sua offerta attraverso la Goser Società Cooperativa individuata, dal Consorzio medesimo, quale esecutore del servizio.  Escluso, dunque, che la previsione impugnata abbia carattere impeditivo alla partecipazione, si rispande la regola generale che vede l’onere di impugnazione di una clausola del bando unitamente all’atto concretamente lesivo della posizione del ricorrente (nel caso di specie, un’eventuale esclusione della ricorrente dalla gara).” (TAR Campania-Napoli, sent. del 22 agosto 2025, n. 5957, cit.).

In conclusione, la giurisprudenza ha affermato che la corretta stima dei costi della manodopera da parte della stazione appaltante risulta strettamente correlata al principio di risultato sicché la sottostima dei costi della manodopera da parte della stazione appaltante sembrerebbe idonea a inficiare l’intera procedura di gara e la relativa aggiudicazione. 

Orbene, secondo i recenti arresti giurisprudenziali, anche se la sottostima da parte della stazione appaltante dei costi della manodopera si pone in violazione con il principio di risultato, non sussiste una regola di immediata impugnazione del bando contenente una clausola che sottostimi i costi della manodopera, essendo tale clausola sottoposta, invece, alle regole generali in materia di impugnazione.

In altri termini, la clausola della disciplina di gara che sottostima i costi della manodopera –idonea a inficiare l’intera procedura di gara – non risulta ex se immediatamente impugnabile, bensì per essere immediatamente impugnata deve costituire una c.d. “clausola escludente” alla luce dei consolidati principi giurisprudenziali in tema di impugnazione ossia la detta clausola deve impedire – in concreto – la partecipazione alla procedura di gara o renderla incongruamente difficoltosa.