Indirizzo
Corso Matteotti 15,
Cremona, CR 26100
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Corso Matteotti 15,
Cremona, CR 26100
Avv. Marco Boni –
Offerte mancate o gare deserte per incapienza della base d’asta. Succede. Producono una significativa casistica giurisprudenziale riguardante effetti e rimedi rispetto alla procedura.
All’opposto, si hanno casi di basi d’asta sovrastimate rispetto all’andamento del mercato, con la conseguenza di produrre ribassi eccessivi e quindi possibile distorsione della concorrenza.
Anche in questo caso si determinano effetti sulla gara. Una recente sentenza (Consiglio di Stato, Sentenza sez. V, 20.08.2025 n. 7091) legittima la revoca della procedura in autotutela.
Sulla determinazione ponderata e documentata della base d’asta
Consiglio di Stato, Sentenza sez. III, 28.09.2020 n. 5634
Come affermato dalla giurisprudenza, è necessario che la determinazione della base d’asta sia effettuata dalla stazione appaltante facendo riferimento a criteri verificabili ed acquisendo attendibili elementi di conoscenza, al fine di scongiurare il rischio di una base d’asta arbitraria perché manifestamente sproporzionata, con conseguente alterazione della concorrenza (cfr. C.d.S., Sez. III, 24 settembre 2019, n. 6355, e 10 maggio 2017, n. 2168; Sez. V, 28 agosto 2017, n. 4081).
Impugnazione della base d’asta
TAR Piemonte – Sentenza 20.3.2025 n. 526
(….) Una base d’asta che possa risultare parzialmente sovrastimata ma non radicalmente sproporzionata per condivisa ricostruzione non sarebbe comunque di per sé impugnabile, mancando un interesse a supporto delle ipotetiche contestazioni, che sarebbero in parte qua inammissibili. Vale infatti l’orientamento maturato sotto la vigenza del precedente codice dei contatti pubblici, in base al quale se un concorrente ritiene la base d’asta eccessivamente alta, può offrire un ribasso più consistente, presentando così un’offerta assai competitiva dal punto di vista economico, e poi, se il ribasso risulterà tanto eccessivo da determinare un’anomalia dell’offerta, formulerà le sue osservazioni critiche sulla base d’asta nel subprocedimento di valutazione di tale anomalia, ed eventualmente le farà poi valere nel giudizio d’impugnazione avverso la sua ipotetica esclusione (T.A.R. Lombardia, Brescia, I, 29.12.2023, n. 960, con pertinenti richiami giurisprudenziali).
L’entità dei ribassi offerti può essere diretto indicatore della congruità della base d’asta e la procedura è revocabile sino alla stipula del contratto esecutivo.
Consiglio di Stato, Sentenza sez. V, 20.08.2025 n. 7091
(….) La Fondazione ha disposto la revoca di tutti gli atti di gara, adducendo, come motivazione l’esigenza di:
“i) rideterminare la base d’asta rivelatasi, in considerazioni dei ribassi offerti dai partecipanti, eccessivamente alta rispetto alle attuali condizioni di mercato;
Con sentenza 20/12/2024, n. 23119, l’adito Tribunale ha respinto ricorso e motivi aggiunti, osservando, per quanto qui rileva, che: “dal punto di vista procedimentale rientra nella piena discrezionalità della stazione appaltante, non sindacabile in giudizio (c.d. merito amministrativo), la facoltà di revocare una procedura selettiva fino a quando non sia stato stipulato il contratto esecutivo”.
E invero, contrariamente a quanto dall’appellante lamentato, le ragioni addotte a sostegno del disposto ritiro degli atti di gara risultano congrue, non illogiche e idonee a sostenere la scelta compiuta.
Come più sopra specificato, la Fondazione appellata ha posto a fondamento della revoca due esigenze, quella di: “rideterminare la base d’asta rivelatasi, in considerazioni dei ribassi offerti dai partecipanti, eccessivamente alta rispetto alle attuali condizioni di mercato”(….)
Con riguardo alla prima delle due esigenze, il Collegio ritiene corretto e non illogico desumere l’erronea determinazione della base d’asta, circostanza di per sé sufficiente a giustificare la decisione di ripetere la gara, dal fatto che su quattro offerte presentate, due presentassero ribassi superiori al 56 per cento e una un ribasso maggiore del 47 per cento.
L’individuazione dell’importo da porre a base d’asta, da parte della stazione appaltante, è la risultante di una valutazione, di natura tecnico discrezionale, da compiere in relazione all’oggetto del contratto da affidare (Cons. Stato, Sez. V, 27/11/2020, n. 7465).
Il relativo potere, include, per principio generale, quello di riesaminare la decisione precedentemente assunta, allorché emergano elementi tali da legittimare il sospetto che la base d’asta sia stata frutto di una erronea valutazione estimativa.
Ebbene, non è illogico trarre, come avvenuto nella fattispecie, siffatti elementi indiziari dalla circostanza che su quattro concorrenti, due, tra cui l’appellante, abbiano potuto offrire ribassi superiori al 56 per cento e uno un ribasso superiore al 47 per cento. Difatti, percentuali di ribasso così elevate, sono tali da rendere, di per sé, il dato autoevidente, senza necessità di ulteriori accertamenti istruttori, tenuto anche conto della mancata indicazione di specifiche circostanze atte a confutare la valutazione posta a base della revoca.
Nel descritto contesto non è, invero, implausibile ritenere che i menzionati ribassi possono essere stati proposti soltanto in ragione di una sopravvalutazione dell’effettivo valore del contratto e dei relativi costi sottostanti.
Né può ritenersi che la revoca abbia inciso in modo particolare sulla posizione dell’appellata, sia perché, come più sopra rilevato, il ritiro ha operato a monte sull’atto di indizione della gara e, quindi, solo per conseguenza ha travolto gli atti della procedura sino a quel momento adottati, sia perché, comunque, non essendo intervenuta l’aggiudicazione definitiva, la stessa non è titolare di alcun affidamento che ne qualifichi ulteriormente la posizione.
In conclusione, deve ritenersi che nella fattispecie la fondazione appellata abbia fatto buon governo di norme e principi che regolano l’esercizio del potere di autotutela, atteso che, a fronte di motivi di interesse pubblico tali da rendere inopportuna, o anche solo da sconsigliare, la prosecuzione della gara, è consentito revocare gli atti con cui la stessa è stata indetta (cit. Cons. Stato, Sez. V, n. 4349/2024).”
Ma qual’ è il ribasso “giusto”?
Un ribasso non superiore al 35% non è sintomatico di base d’asta eccessiva.
TAR Lombardia- Brescia – Sentenza 29.12.2023 n. 960
(….) Col sesto motivo la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 35 d.lgs. 50/2016 sul valore stimato degli appalti e la violazione dei principi di concorrenza, parità di trattamento e accesso al mercato, nonché eccesso di potere.
Sostiene che l’importo a base d’asta sia stato illegittimamente sovrastimato dalla Provincia al fine di assicurare il nuovo appalto al precedente affidatario, un RTI di cui faceva parte anche Bi Solution, la quale è una cooperativa sociale di tipo B che ha dichiarato di impegnare per la commessa 37 dipendenti, di cui almeno 22 lavoratori svantaggiati.
Lo si desumerebbe dal fatto che per il precedente appalto, risalente al 2018, era stata stimata una base d’asta di € 10.680.000,00 oltre IVA, per un numero presunto di verbali pari a 485.000 annui, mentre per il nuovo appalto, a fronte di un numero stimato di verbali pari a 579.332 annui, con un incremento del 19,4%, la base d’asta è stata triplicata a € 32.530.533,00 oltre IVA.
Sarebbe stato altresì sovrastimato il costo della manodopera, determinato in € 10.223.265,60, pari a € 2,94 per ogni verbale, e coincidente proprio con la base d’asta del precedente appalto del 2018: da ciò si desumerebbe che il valore della manodopera e, più in generale, il valore a base d’asta è stato determinato con riferimento non al valore effettivo della manodopera necessaria per la gestione del servizio, ma al fine di consentire all’attuale affidatario di conservare la manodopera destinata all’esecuzione dell’appalto, a tutto discapito dei principi di convenienza ed efficienza e prima ancora di ragionevolezza e proporzionalità.
Il costo di 2,94 € per ogni verbale sarebbe palesemente irragionevole, perché non solo è maggiore di quello del precedente appalto del 2018 (pari a € 2,04 € a verbale), ma sarebbe pari al doppio del costo medio della manodopera per verbale risultante da altre gare analoghe, nelle quali tale costo oscillerebbe da € 1,20 a 1,60 a verbale.
Il carattere irragionevole e sproporzionato di tale costo sarebbe ulteriormente confermato dalla circostanza che negli ultimi anni la gestione del ciclo sanzionatorio ha subito un’ulteriore e radicale informatizzazione e automazione: lo stesso capitolato di gara (doc. 3, art. 18) prevede il ricorso alla PND (Piattaforma Notifiche Digitali), che garantisce in modalità remota una quota importante del servizio oggi presumibilmente svolta da operatori dell’affidatario precedente (controllo notifiche digitali/PEC, stampa degli atti/verbali, rendicontazione delle notifiche).
Questo errore nella determinazione della base d’asta potrebbe trovare parziale mitigazione nella possibilità degli operatori economici di aggiudicarsi l’appalto offrendo, in termini di ribasso sulla base d’asta, un prezzo coerente con il mercato e dimostrando il minor importo dei costi e della manodopera rispetto a quelli erroneamente determinati dalla Provincia. Tuttavia, nel caso di specie questo non sarebbe concretamente possibile, secondo la ricorrente, perché all’offerta economica sono assegnati solo 15 punti, addirittura attribuiti con una formula non lineare, cosicché sarebbe ridotto a un livello assolutamente marginale il peso dell’elemento economico sul punteggio complessivo. Parallelamente è aumentato il punteggio previsto per l’offerta tecnica, che non solo è rimesso alla valutazione discrezionale della Commissione, ma è aumentato specificamente con riferimento all’impiego di lavoratori svantaggiati.
Da ciò conseguirebbe che la possibilità per gli operatori economici di aggiudicarsi l’appalto sarebbe praticamente nulla, a meno che non solo si tratti di una cooperativa sociale di tipo B, ma proprio della cooperativa che è mandataria del RTI attualmente affidatario del servizio.
13.1.- La censura è inammissibile per carenza di interesse, come eccepito sia dalla Provincia sia da Bi Solution, perché potrebbe al più contestarsi una base d’asta insufficiente alla copertura dei costi o alla remunerazione del capitale impegnato per l’esecuzione della commessa (cfr. Cons. Stato, III, 21 febbraio 2019, n. 513; id., III, 26 febbraio 2019, n. 1331; id., V, 25 novembre 2019, n. 8033), ma non una base d’asta che, a tutela del concorrente, sia tale da garantire un utile.
(…) 13.2.- Quand’anche poi si ritenesse ammissibile la censura della base d’asta sollevata da Safety21, essa sarebbe comunque infondata.
L’art. 35 d.lgs. 50/2016 prescrive che deve essere considerato “l’importo totale pagabile, al netto dell’IVA, valutato dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore. Il calcolo tiene conto dell’importo massimo stimato, ivi compresa qualunque forma di eventuali opzioni o rinnovi del contratto esplicitamente stabiliti nei documenti di gara”.
Tale disposizione ha un contenuto diverso rispetto all’art. 89 del precedente codice dei contratti pubblici, di cui al d.lgs. 163/2006, il quale prevedeva che “Al fine di stabilire il prezzo base nei bandi o inviti, … le stazioni appaltanti tengono conto del miglior prezzo di mercato, ove rilevabile” e che “a fini di orientamento le stazioni appaltanti prendono in considerazione i costi standardizzati determinati dall’Osservatorio ai sensi dell’articolo 7, gli elenchi prezzi del Genio civile, nonché listini e prezziari di beni, lavori, servizi, normalmente in uso nel luogo di esecuzione del contratto, eventuali rilevazioni statistiche e ogni altro elemento di conoscenza”.
È di tale previgente disposizione che ha fatto applicazione Cons. Stato, sez. V, 28.8.2017, n. 4081, citata da Safty21: tale sentenza ha a sua volta richiamato Cons. Stato, sez. III, 10.5.2017, n. 2168, nella parte in cui ha affermato che la base d’asta, “seppure non deve essere corrispondente necessariamente al prezzo di mercato, tuttavia non può essere arbitraria perché manifestamente sproporzionata, con conseguente alterazione della concorrenza”.
Ebbene, se già nella vigenza dell’art. 89 d.lgs. 163/2006, che imponeva dei vincoli più stringenti alla stazione appaltante nella determinazione del prezzo base d’asta, la giurisprudenza aveva ritenuto che la base d’asta non fosse censurabile semplicemente per mancata corrispondenza al prezzo di mercato, ma solo se risultasse “arbitraria perché manifestamente sproporzionata”, questo vale a fortiori sotto la disciplina al successivo art. 35 d.lgs. 50/2016, che quei vincoli più non pone.
Cons. Stato 4081/2017 cit. aveva ravvisato, nella gara sottoposta al suo sindacato, una manifesta sproporzione per eccesso della base d’asta perché c’era un “enorme divario tra la base d’asta della procedura di affidamento in contestazione ed i ribassi offerti dai tre concorrenti”, e aveva ritenuto che tale divario “costituisse elemento valutabile in chiave sintomatica di un non corretto esercizio della pur ampia discrezionalità che la citata disposizione del previgente codice dei contratti pubblici attribuisce alle stazioni appaltanti”. Più precisamente, in quel caso la base d’asta era di € 14.540.052 e, delle tre offerte presentate, il ribasso minimo era stato di circa il 50% e quello massimo addirittura del 66%: la consistenza di questi ribassi spiega dunque perché, in quel caso, la base d’asta sia stata considerata manifestamente sproporzionata per eccesso.
Nel caso di specie, invece, il ribasso più consistente, cioè quello di Safety21, era del 35%, mentre gli altri due concorrenti hanno offerto un ribasso del 21,6% e del 25%: si tratta dunque di ribassi dimezzati rispetto a quelli che si erano verificati nella gara annullata dalla citata sentenza del Cons. Stato.
Dunque nel caso di specie non può dirsi che la base d’asta fosse manifestamente eccessiva, tanto più se si considera che l’art. 35 d.lgs. 50/2016 impone vincoli meno stringenti nella determinazione della base d’asta rispetto al previgente art. 89 d.lgs. 163/2006, sul quale si era formata la giurisprudenza succitata.
Un ribasso del 50% sarebbe sintomatico della sovrastima della base d’asta.
Consiglio di Stato – Sentenza 22.6.2017 n. 4081
(….) In primo luogo, la Sezione, richiamando l’ordinanza istruttoria con cui tali chiarimenti sono stati richiesti, ritiene doveroso precisare che l’enorme divario tra la base d’asta della procedura di affidamento in contestazione ed i ribassi offerti dai tre concorrenti costituisce elemento valutabile in chiave sintomatica di un non corretto esercizio della pur ampia discrezionalità che la citata disposizione del previgente codice dei contratti pubblici attribuisce alle stazioni appaltanti.
Sul punto, le difese di Ama e Poste Italiane non riescono a fornire elementi persuasivi contrari rispetto ad un dato empirico insuperabile. In particolare, l’aggiudicataria, autrice del ribasso minimo, ha infatti offerto 7,4 mln di euro circa (e precisamente: € 7.390.265,10), pari a circa il 50% della base d’asta. Ancora più marcati sono poi i ribassi delle altre due offerte e cioè quella dell’odierna appellante Italposte Radio Recapiti: € 5.635.399,02 e Nexive: € 4.935.267.
Tali dati, obiettivi, dimostrano che Ama ha formulato stime irrealistiche e disancorate dalla realtà dei valori di mercato.
26. La conseguenza di ciò, come sottolineato dall’odierna appellante, è in definitiva una significativa svalutazione dell’incidenza dell’elemento prezzo in una procedura di affidamento da aggiudicare secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
(….) Sotto un distinto profilo deve precisarsi, anche al fine di confutare le deduzioni di inattendibilità del dato “storico” sollevate dalle parti appellate, che se il costo storico non ha un valore assoluto, nel senso che esso deve necessariamente fungere da base per determinare il valore del successivo appalto, nemmeno può giustificarsi una base d’asta per quest’ultimo in misura del tutto avulsa (….)”
Entità della base d’asta, “prezzo di mercato” e interferenza sul punteggio dell’offerta economica
Tar Abruzzo – Pescara – Sentenza 8.1.2016 n. 27
La questione posta concerne la ritenuta sovrastima della base d’asta, riscontrata dalla circostanza che le offerte presentate hanno praticato ribassi superiori al 40%. La ricorrente ha depositato delle simulazioni tese a dimostrare che con una base d’asta diversa (vale a dire prossima al prezzo derivante dai ribassi offerti) la gara sarebbe stata a lei aggiudicata in quanto la formula di calcolo del punteggio economico è legata proprio al confronto tra i ribassi.
Va precisato che qui, ovviamente, non si tratta di stabilire una diversa base d’asta (“non potendo il giudizio che il Tribunale compie giungere alla determinazione del prezzo congruo”: TAR Palermo 1070/2012) e tantomeno di verificare quale diverso esito avrebbe avuto in tal caso la gara, bensì di unicamente di rilevare il grado di interferenza di tale dato sul punteggio dell’offerta economica e constatare che le varie simulazioni fornite dalle parti evidenziano come, applicate alle stesse offerte, basi d’asta diverse abbiano significative ripercussioni sull’attribuzione del punteggio (con una base d’asta ragguagliata a quello che la ricorrente ritiene essere un prezzo più prossimo a quello di mercato, i ribassi percentuali offerti rispettivamente dall’aggiudicataria e dalla seconda classificata passano, ad esempio, da 41,51 e 45,63 a 1,55 e 8,48, con conseguenti riflessi sui rispettivi punteggi). È altrettanto evidente che una base d’asta appena più elevata di quelle su cui la ricorrente ha impostato i suoi calcoli non le avrebbe consentito di recuperare gli oltre dieci punti di divario tra i rispettivi punteggi tecnici (59,50 contro i 70 dell’aggiudicataria), ma ciò non inficia la considerazione che una base d’asta sovradimensionata è di per sé in grado di alterare l’esito della procedura, e tanto è sufficiente a radicare l’interesse a che la stessa si svolga in base a parametri (ritenuti) più ragionevoli.
(….) Ciò ad avviso del Collegio esclude che la base d’asta possa essere fissata in assenza di un qualunque parametro di riferimento, posto che la indisponibilità di prezziari e strumenti simili non fa venir meno la necessità di acquisire comunque “ogni altro elemento di conoscenza” idoneo ad individuare “il miglior prezzo di mercato”. È vero che la norma non impone di fissare la base d’asta in corrispondenza del predetto prezzo di mercato [“La stazione appaltante dispone di un elevato margine di discrezionalità tecnica nella fissazione dei prezzi progettuali in quanto, ai sensi dell’art. 89, comma 2, del d.lgs. n. 163/2006, i prezzi indicati nei listini e prezziari di beni, lavori e servizi normalmente in uso nel luogo di esecuzione del contratto hanno valore puramente indicativo ovvero servono ad “orientare” la stazione appaltante all’atto della fissazione in concreto di detti prezzi progettuali. Ne consegue che tale operazione rimane insindacabile, se non per illogicità evidenti”: AVCP, parere n. 143 del 12-9-2012], il che tuttavia non esonera dalla necessità di stabilire un valore di riferimento a cui ancorare l’esercizio della discrezionalità tecnica, essendo “pacifico che l’amministrazione non possa determinare arbitrariamente il prezzo di riferimento della gara” [TAR Marche, 3 giugno 2009, n. 464. Cfr. AVCP deliberazione n. 20 del 9 febbraio 2011, in merito a “procedura aperta per la conclusione di un accordo quadro relativo alla fornitura triennale di materiale (sanitario) di consumo specialistico” in cui la ASL non aveva fissato la base d’asta per singoli lotti a causa di “difficoltà relativa alla puntuale definizione, per ciascun lotto, dei quantitativi da porre a base d’asta e dei relativi prezzi unitari”, dove si è ritenuto che “un’attenta e puntuale analisi dei prezzi di mercato e di quelli praticati presso altre amministrazioni per gli stessi prodotti si sarebbe dovuta svolgere preliminarmente alla procedura di affidamento, in fase di predisposizione della documentazione di gara, proprio per arrivare ad una corretta ed adeguata stima del prezzo base”].
La norma quindi impone (“le stazioni appaltanti tengono conto”) un’istruttoria finalizzata ad acquisire attendibili dati di conoscenza, in modo da individuare dei parametri di riferimento che orientino l’esercizio della discrezionalità.”
In sintesi, gli effetti giuridici di una base d’asta sovrastimata possono essere: