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Tutela dell’affidamento ed interdittiva antimafia: eccezionalità della proroga tecnica

Avv. Anna Cristina Salzano

Il TAR per la Sicilia – Palermo, con sentenza 1183/2024 del 9 aprile 2024, si è pronunciato sulla legittimità dell’annullamento in autotutela di una proroga tecnica nel caso di sopravvenuto provvedimento interdittivo ex artt. 84 e 91 D. Lgs. 159/2011 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione) dell’affidatario.

Nello specifico si trattava di un appalto di servizi di raccolta, trasporto e smaltimento di rifiuti di un’area sita nella Regione Siciliana della durata di un anno prorogato, ai sensi dell’art. 106, comma 11, del d.lgs 50/2016, in favore di una società destinataria di un provvedimento di interdittiva antimafia impugnato in sede giurisdizionale.

Ed infatti, la Stazione Appaltante dapprima aveva disposto la proroga tecnica stante “l’urgente necessità di assicurare il completamento dell’esecuzione del contratto ovvero dell’accordo contrattuale, ovvero la sua prosecuzione al fine di garantire la continuità di funzioni e servizi indifferibili per la tutela di diritti fondamentali […]” e successivamente aveva annullato l’atto deliberativo della proroga e disposto il recesso del contratto.

L’annullamento veniva impugnato dall’affidatario censurando la lesione del principio del legittimo affidamento in forza dell’intervenuto annullamento in autotutela.

Il TAR respingeva il ricorso, ricostruendo le ipotesi di divieto di contrarre con la pubblica amministrazione alla luce di quella “particolare forma di incapacità giuridica, e dunque la insuscettività del soggetto (persona fisica o giuridica) […] ad essere titolare di quelle situazioni giuridiche soggettive che “determinino (sul proprio cd. lato esterno) rapporti giuridici con la Pubblica Amministrazione”. (Cons. Stato, Sez. IV, n. 3247/2016)

L’istituto di cui agli artt. 84, comma 4, e 91, comma 6 D. Lgs. 159/2011, infatti, poggia la propria ratio fondante quale strumento di salvaguardia dell’ordine pubblico economico, del buon andamento della pubblica Amministrazione nonché della libera concorrenza tra le imprese. Sicché, qualora l’operatore economico, pur nel pieno rispetto dei requisiti economici e di mezzi tali da garantire “il migliore risultato”  – e, conseguentemente, la garanzia del buon agere amministrativo – purtuttavia si ritrovi subordinato ad una obiettiva ragione di insussistenza della perdurante «fiducia sulla affidabilità e sulla moralità dell’imprenditore”, si ritiene che non “meriti la fiducia delle Istituzioni (vale a dire che risulti «affidabile»)” tanto da non poter (o non poter più) essere titolare di rapporti contrattuali con le pubbliche Amministrazioni o degli altri titoli abilitativi, individuati dalla legge. (così Cons. Stato, Sez. III, n. 1743/2016)

In buona sostanza, quindi, il Legislatore ha ritenuto di prevedere un’ipotesi di incapacità giuridica, a garanzia dei predetti principi e valori costituzionalmente garantiti, scaturente da un “provvedimento adottato all’esito di un procedimento normativamente tipizzato e nei confronti del quale vi è previsione delle indispensabili garanzie di tutela giurisdizionale del soggetto di esso destinatario” (Ad. Pl. n. 3/2018) tale per cui all’operatore economico assoggettato a tale misura risulti preclusa qualsivoglia avvio ovvero prosecuzione di un affidamento pubblico.

È purtuttavia vero che caratteristica essenziale di siffatta misura interdittiva sia quantomeno da considerarsi “parziale”: l’art. 67 D. Lgs. 159/2011 limita il dispiegarsi degli effetti della comminata incapacità ex lege, circoscrivendone il perimetro e “definendo le tipologie di rapporti giuridici in ordine ai quali il soggetto, colpito della misura, non può acquistare o perde la titolarità di posizioni giuridiche soggettive e, dunque, l’esercizio delle facoltà e dei poteri ad esse connessi” (ibidem). Conseguentemente, l’incapacità ex lege si manifesta nella sua parzialità sia in punto di oggetto, in quanto limitata “ai rapporti giuridici con la Pubblica Amministrazione, ed anche nei confronti di questa limitatamente a quelli di natura contrattuale, ovvero intercorrenti con esercizio di poteri provvedimentali, e comunque ai precisi casi espressamente indicati dalla legge” (art. 67 D. Lgs. 159/2011), sia soprattutto in punto di estensione temporale, potendo venire meno per il tramite di un successivo provvedimento dell’autorità amministrativa competente, quale il Prefetto.

Nel caso di specie, invero, si evidenzia proprio il combinato di tali aspetti di parzialità nell’attivazione del procedimento ex art. 32, comma 10 D. L. 90/2014: stante “l’urgente necessità di assicurare il completamento dell’esecuzione del contratto ovvero dell’accordo contrattuale, ovvero la sua prosecuzione al fine di garantire la continuità di funzioni e servizi indifferibili per la tutela di diritti fondamentali […]” la ricorrente veniva autorizzata alla prosecuzione di specifici contratti già in essere adottando quella “misura di straordinaria e temporanea gestione di un’impresa appaltatrice nei casi in cui abbiano emesso un’informazione antimafia interdittiva e sussista l’urgente necessità di assicurare il completamento dell’esecuzione del contratto o la sua prosecuzione”. È, pertanto, nel carattere di eccezionalità – nelle due accezioni sopra ricordate – che risiede la ratio dell’istituto della proroga tecnica, potendosi utilizzare solo qualora non sia possibile attivare i canonici e necessari meccanismi concorrenziali propri della tutela dell’interesse pubblico.

A differenza della proroga contrattuale, infatti, l’elemento costitutivo emerge nel suo carattere di temporaneità e di strumento atto esclusivamente ad assicurare il passaggio da un regime contrattuale ad un altro. Conseguentemente, si tratta di un istituto ammissibile ove “ancorato al principio di continuità dell’azione amministrativa (ex art. 97 Cost.) e comunque nei soli limitati ed eccezionali casi in cui (per ragioni obiettivamente non dipendenti dall’amministrazione) vi sia l’effettiva necessità di assicurare precariamente il servizio nelle more del reperimento di un nuovo contraente” (ex multis, Cons. Stato, Sez. V, n. 2882/2009), escludendo qualsivoglia sua applicazione estensiva estranea agli specifici affidamenti in essere per la quale sia stata prevista.

Emergeva, infatti, come l’invito prefettizio “a non assumere iniziative dirette all’interruzione del contratto in essere”, poi concretizzatosi nella proroga tecnica in oggetto, fosse da intendersi limitato non solamente – a livello temporale – alla definizione del procedimento avviato ex art. 32, comma 10 cpv. bensì a solo quelle ipotesi laddove l’opera sia in corso di ultimazione ovvero a quelle “ipotesi di fornitura di beni e servizi ritenuta essenziale per il perseguimento dell’interesse pubblico, qualora il soggetto che la fornisce non sia sostituibile in tempi rapidi”. (TAR Napoli, Sez. I, n. 5104/2018). Conseguentemente, se la regola prevede che la stazione appaltante sia vincolata a sciogliersi dal rapporto contrattuale in presenza di interdittiva, l’eccezione determinata dal sopraggiungere dell’eventuale provvedimento di straordinaria e temporanea gestione adottata dal Prefetto di cui all’art. 32, comma 10 cpv. ammette la prosecuzione dei soli affidamenti in essere che non possano altrimenti attivare i necessari meccanismi concorrenziali.

Evidente, pertanto, come l’errore – a qualsiasi titolo occorso – di una stazione appaltante nel concedere la prosecuzione di un rapporto contrattuale in essere non osti ad un successivo recesso di quest’ultima, mancando ab origine il possesso dei requisiti per contrarre con la P.A., senza che per tali motivi possa dirsi “sminuito il principio di tutela dell’affidamento”.

Alla luce di quanto sopra, al di fuori delle ipotesi eccezionali sopra evidenziate, in presenza di un’interdittiva antimafia l’amministrazione competente può sempre agire in autotutela annullando il provvedimento privo dei presupposti di legge.