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Principi dell’efficienza e del risultato nel soccorso istruttorio: equilibrio e bilanciamento della par condicio di gara

Avv. Stefano Cassamagnaghi 

Il Consiglio di Stato, con sentenza 3985/2024 del 2 maggio 2024, si è pronunciato in merito al bilanciamento tra i nuovi codificati principi del risultato e dell’efficienza ed i loro confini applicativi verso i concorrenti principi di par condicio e di autoresponsabilità, nella loro declinazione in punto di soccorso istruttorio.

Nello specifico, si trattava di una procedura aperta, da aggiudicarsi secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per l’affidamento del servizio di trasporto rifiuti, che vedeva collocarsi al secondo posto della graduatoria l’attuale appellata a seguito della valorizzazione, in sede di soccorso istruttorio, della postuma certificazione del possesso dei requisiti di capacità previsti dal bando.

La ricorrente in primo grado, risultata seconda in graduatoria, impugnava l’aggiudicazione censurando, essenzialmente, la mancata esclusione della vincitrice dalla procedura non solamente per carenza ab origine del requisito di capacità tecnica e professionale dichiarato, ma anche in quanto, alla luce del soccorso istruttorio, era emerso che fosse stata fornita, “del tutto consapevolmente”, una “dichiarazione non veritiera delle referenze dichiarate a comprova del possesso dei requisiti di capacità tecnico-professionale” richiesti dalla lex specialis di gara. In specie, lamentava come la stazione appaltante avesse “di fatto “sostituito” surrettiziamente la dichiarazione del possesso del requisito di partecipazione con una “diversa dichiarazione avente ad oggetto un altro servizio […] non dichiarato e speso in gara”, configurandosi una violazione dei principi di auto-responsabilità del dichiarante e di par condicio dei concorrenti nonché del “fondamentale principio regolatore dell’evidenza pubblica”.

Il TAR, con sentenza di primo grado, evidenziando a fondamento della propria decisione l’effetto distorsivo della concorrenza determinato dalla falsa dichiarazione resa ed il conseguente intaccamento di quel “necessario rapporto di fiducia che deve sussistere tra [l’operatore economico] e la stazione appaltante”, riteneva pertanto fondato il ricorso, disponendo l’esclusione della prima classificata “per carenza del requisito esperienziale di capacità tecnica e professionale dichiarato in sede di gara e per dichiarazione non veritiera in ordine allo stesso”.

La società esclusa censurava in appello le statuizioni del Giudice di prime cure, evidenziando l’illegittimità della disposta esclusione in quanto, “stante il possesso del prescritto requisito sostanziale”, non si sarebbe configurata una “immutatio veri” bensì una “mera rimodulazione interna dei requisiti di fatturato tempestivamente dichiarati”, non sussistendo pertanto alcun “apporto correttivo esterno” operato dalla stazione appaltante.

Il Consiglio di Stato rileva che consolidato indirizzo giurisprudenziale trova riscontro circa l’impossibilità di interpretare l’istituto del soccorso istruttorio, così come ora disciplinato dal nuovo art. 101, comma 1, D. Lgs. n. 36/2023, quale mezzo atto a modificare, “sia in funzione integrativa, sia in funzione sanante”, quegli elementi “integranti, anche documentalmente, il contenuto dell’offerta (tecnica od economica)” (così Cons. Stato, V, 21 agosto 2023, n. 7870). Di tutta evidenza, infatti, come il divieto di integrazione postuma dei requisiti sia elemento di imprescindibile tutela del buon agere amministrativo nella sua declinazione del conseguimento della migliore utilità per il bene pubblico, atteso come – opinando diversamente – ci si porrebbe in contrasto con il superiore principio di parità dei concorrenti.

Ed infatti, nell’ambito del settore dell’evidenza pubblica, sebbene i principi del favor partecipationis e del risultato siano i cardini ai quali deve tendere l’azione amministrativa, questi non possono mai “confliggere con il principio della par condicio fra i concorrenti”, dovendosi pertanto determinare un punto di equilibrio tra la garanzia di correttezza della procedura pubblica, volta all’aggiudicazione, e la tendenza alla manutenzione delle offerte pervenute, seppur con sanabili incompletezze. Conseguentemente, se – da un lato – si vuole tendere a conseguire l’affidamento dei contratti di appalto e di concessione ed a procedere alla loro esecuzione in modo tempestivo, efficiente e parsimonioso (art. 1, comma 2, D. Lgs. 36/2023), è anche vero – dall’altro lato – come non possano superarsi i confini di correzione concessi alla stazione appaltante in punto di soccorso istruttorio, dovendo quest’ultima limitarsi all’ipotesi in cui “l’offerta necessiti in modo evidente di un chiarimento o qualora si tratti di correggere errori materiali manifesti” (Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Sentenza Sez. VIII, 10 maggio 2017, causa C-131/16 “Archus”).

Orbene, presupposti i fondamenti sopra richiamati, risulta come la ratio dell’istituto del soccorso istruttorio consti, essenzialmente, quale strumento correttivo all’altrimenti eccessiva rigidità “che guida l’azione dei soggetti pubblici ed equiparati”, facendosi carico di “evitare, nei limiti del possibile, che le rigorose formalità che accompagnano la partecipazione alla gara si risolvano – laddove sia garantita la paritaria posizione dei concorrenti – in disutile pregiudizio per la sostanza e la qualità delle proposte negoziali in competizione e, in definitiva, del risultato dell’attività amministrativa” (Cons. Stato, Sez. V, n. 7870/2024). Conseguentemente, l’attività di correzione legittimata risulta essere limitata a quelle rilevate “carenze (per omissione e/o per irregolarità) della documentazione c.d. amministrativa”, escludendosi la possibilità di emendare “quelle [carenze] inerenti ai requisiti di ordine speciale (in quanto atte a strutturare i termini dell’offerta, con riguardo alla capacità economica, tecnica e professionale richiesta per l’esecuzione delle prestazioni messe a gara)”.

Il rischio, infatti, è che si verifichi un’altrimenti artificiosa strumentalizzazione dell’istituto in parola operando una “integrazione sostanziale della domanda di partecipazione”, evidentemente lesiva del principio della par condicio, non potendosi emendare altro che quelle “carenze o le irregolarità che attengano alla (allegazione) dei requisiti di ordine generale (in quanto soggettivamente all’operatore economico in quanto tale)” e non certo per “rettificare il contenuto della dichiarazione medesima nella sua integralità” (Cons. Stato, V, 22 febbraio 2021, n. 1540).

Nel caso di specie, l’appellata lamenta la “mancata comprova, da parte dell’aggiudicataria, del requisito esperienziale di capacità tecnica e professionale dichiarato in sede di gara” evidenziando come la documentazione fornita di prima facie dall’aggiudicataria sia stata surrettiziamente integrata dalla commissione giudicatrice in sede di soccorso istruttorio, imputando la dichiarazione del “possesso del requisito riferito agli importi fatturati per il “solo carico e trasporto” di rifiuti con una diversa dichiarazione avente ad oggetto un altro servizio (intermediazione rifiuti) non dichiarato e speso in gara”, di fatto “traslando” d’ufficio la spendita di un requisito in un’attività estranea e diversa da quella dichiarata.

E, infatti, è evidente come il valorizzare diversamente il possesso di un determinato requisito tecnico professionale in relazione ad una determinata dichiarata attività esuli dalle possibilità concesse non solamente dell’istituto del soccorso istruttorio in sé, ma anche – soprattutto – dai principi fondamentali del buon agere amministrativo, non potendosi certo sovvertire “le regole di svolgimento della gara” ed il principio di par condicio in sola funzione dei correlati principi dell’efficienza e del risultato. D’altro canto, anche allo stesso operatore economico è preclusa una siffatta attività di “traslazione della valorizzazione” finalizzata a rendere maggiormente rispondente ai requisiti di gara la dimostrazione del possesso di un determinato requisito, non potendosi certo ammettere “in corso di procedura e meno che mai all’esito di questa” il mutamento dell’originaria dichiarazione “manifestando l’intenzione di avvalersi di altri servizi mai dichiarati prima.”.

In quanto ratio dell’istituto in parola, a medesime conclusioni si giunge quand’anche “si intenda dilatarne al massimo la portata (in certo modo filtrando – con non abusiva operazione esegetica, ben fondata su un ragionevole canone di ordine teleologico” l’interpretazione della previgente disposizione sul tema con “la più ariosa prospettiva dischiusa, in termini solo parzialmente innovativi, dall’art. 101 del d.lgs. n. 36/2023)” (Cons. Stato, Sez. V, n. 7870/2024), non potendosi invocare a sostegno di diversa conclusione neppure la fattispecie di nuovo conio del “soccorso correttivo” (art. 101, comma 4, D. Lgs. 36/2023). Quest’ultimo, difatti, è limitato alla rettifica di quegli errori che “ne inficino materialmente il contenuto”, rimanendo pertanto fermo “il duplice limite formale del rispetto dell’anonimato e sostanziale della immodificabilità contenutistica”.

In conclusione, l’immutabilità sostanziale delle dichiarazioni rese da un operatore economico in sede di gara non può derogarsi neppure mediante l’attivazione dell’istituto del soccorso istruttorio, esulando dai confini interpretativi della norma la possibilità di “rettificare il contenuto della dichiarazione medesima nella sua integralità”, poiché così facendo si opererebbe “una surrettizia modifica della dichiarazione del partecipante circa il possesso dei requisiti di partecipazione” e, in tal senso, nemmeno il principio del risultato può essere utilmente invocato.