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Corso Matteotti 15,
Cremona, CR 26100

Imprese locali e principio di prossimità negli affidamenti

I paletti del nuovo Codice sulle clausole di territorialità negli appalti pubblici.

Una sede operativa prossima al luogo di esecuzione dell’appalto può essere richiesta, ove giustificata dalla tipologia della prestazione, ma, secondo giurisprudenza, non deve necessariamente essere disponibile già prima della gara.

Superata la legislazione emergenziale di cui alla legge n. 120/2020  che, in deroga al Codice appalti, ammetteva  nelle procedure negoziate l’utilizzo del criterio della diversa dislocazione territoriale dei concorrenti, (criterio fonte di contenziosi e pareri Anac che ne subordinavano comunque  l’utilizzo a congrua motivazione di funzionalità alla prestazione) il nuovo Codice inquadra il possibile utilizzo in via ordinaria del principio di prossimità negli affidamenti, inserendolo tra i  criteri premiali dell’offerta.

Tale opzione deve porsi non in contrasto con il diritto dell’Unione europea e quindi con i principi di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità, principi richiamati in pronunciamenti di ambito regolatorio (Anac, Antitrust) o giurisdizionale, per motivare l’illegittimità di riserve territoriali finalizzate a favorire le imprese locali.

In vigenza del D.lgs. n. 50/2016 possono essere richiamati alcuni provvedimenti e pronunciamenti.

Delibera Regione Marche-  DGR  n. 1511/2017

“(….) la selezione degli operatori economici da invitare può avvenire, oltre che a mezzo sorteggio, sulla base di uno o più criteri preferenziali quali: (…)  b) l’idoneità operativa rispetto al luogo di esecuzione della prestazione;

Sentenza Corte Costituzionale 27 maggio 2020, n. 98  relativa alla Legge regionale 16 aprile 2019, n. 18 della Regione Toscana “Disposizioni per la qualità del lavoro e per la valorizzazione della buona impresa negli appalti di lavori, forniture e servizi”.

Viene considerato illegittimo quanto previsto all’art. 10 comma 4 che dispone: “In  considerazione  dell’interesse   meramente   locale   degli interventi, le stazioni appaltanti possono prevedere di riservare  la partecipazione alle micro, piccole e medie imprese con sede legale  e operativa nel territorio regionale per una quota non superiore al  50 per cento e in tal  caso  la  procedura  informatizzata  assicura  la presenza delle  suddette  imprese  fra  gli  operatori  economici  da consultare. “

(….) In base alla giurisprudenza di questa Corte, «le disposizioni del codice dei contratti pubblici […] regolanti le procedure di gara sono riconducibili alla materia della tutela della concorrenza, e […] le Regioni, anche ad autonomia speciale, non possono dettare una disciplina da esse difforme (tra le tante, sentenze n. 263 del 2016, n. 36 del 2013, n. 328 del 2011, n. 411 e n. 322 del 2008)» (sentenza n. 39 del 2020). Ciò vale «anche per le disposizioni relative ai contratti sotto soglia (sentenze n. 263 del 2016, n. 184 del 2011, n. 283 e n. 160 del 2009, n. 401 del 2007), […] senza che rilevi che la procedura sia aperta o negoziata (sentenza n. 322 del 2008)» (sentenza n. 39 del 2020).
Occorre ricordare inoltre che, in tale contesto, questa Corte ha più volte dichiarato costituzionalmente illegittime norme regionali di protezione delle imprese locali, sia nel settore degli appalti pubblici (sentenze n. 28 del 2013 e n. 440 del 2006) sia in altri ambiti (ad esempio, sentenze n. 221 e n. 83 del 2018 e n. 190 del 2014).
La norma impugnata disciplina in generale una fase della procedura negoziata di affidamento dei lavori pubblici sotto soglia ed è dunque riconducibile all’ambito materiale delle procedure di aggiudicazione dei contratti pubblici, che, in quanto attinenti alla «tutela della concorrenza», sono riservate alla competenza esclusiva del legislatore statale (sentenza n. 28 del 2013).
Considerata nel suo contenuto, poi, la norma censurata prevede la possibilità di riservare un trattamento di favore per le micro, piccole e medie imprese radicate nel territorio toscano e, dunque, anche sotto questo profilo è di ostacolo alla concorrenza, in quanto, consentendo una riserva di partecipazione, altera la par condicio fra gli operatori economici interessati all’appalto.

La Consulta aveva già avuto modo di pronunciarsi su materia analoga, riguardante le forniture, dichiarando l’illegittimità costituzionale di quanto previsto in materia di riserva di forniture su base territoriale non giustificata da esigenze di tutela ambientale, dalle leggi regionali n. 12/2012 della Regione Basilicata (Sent. n. 209/2013) e della Regione Puglia n.43/2013 (Sent. n. 292/2013).

Anche l’Antitrust si è pronunciata negativamente sulle riserve territoriali, censurando la Legge della Provincia Autonoma di Trento n. 2/2016 (segnalazione AS 1323 del 27 ottobre 2016).

Simile l’orientamento dell’ANAC (Deliberazione 12/12/2018 n. 1142) ”In numerosi pareri, questa Autorità ha infatti chiarito che, pur non essendo radicalmente escluso che possano esservi reali esigenze di esecuzione nel contratto tali da giustificare, in casi particolari, l’attribuzione di punteggi aggiuntivi in proporzione alla distanza tra la sede dell’operatore economico ed il luogo di esecuzione del contratto, in via generale, i bandi di gara non possono stabilire limitazioni di carattere territoriale ai fini della partecipazione a gare pubbliche e dell’esecuzione dei relativi contratti, essendo tali disposizioni idonee a produrre un iniquo vantaggio a favore degli operatori economici locali, ai danni dei concorrenti non localizzati nel territorio.”

L’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), con l’Atto del Presidente del 12 maggio 2023 (fasc.5705.2022) ha anche censurato una gara per l’affidamento dei lavori di restauro conservativo (….) in cui era prevista la selezione dei soggetti da invitare, con estrazione a sorteggio pubblico, tenendo conto della diversa dislocazione territoriale delle imprese.

La giurisprudenza amministrativa

La giurisprudenza amministrativa si è espressa a favore di una scelta per l’invito che privilegia le imprese locali, laddove i criteri di localizzazione territoriale dell’impresa siano attinenti alle reali esigenze di esecuzione del contratto e tenuto altresì conto dell’importo dello stesso (Cons. Stato, sez. V, 20 agosto 2015, n. 3954).

In mancanza di una reale giustificazione funzionale, la localizzazione territoriale dell’impresa rappresenta uno dei criteri atti a ostacolare i principi di libera concorrenza e di libertà di stabilimento, nonché di buona amministrazione, sanciti sia dalla Ue che dalla Carta costituzionale (v. Consiglio di Stato, Sez. V, 13 dicembre 2017, n. 5854).

Nei casi in cui la stazione appaltante abbia deciso di favorire le imprese dislocate sul territorio, occorre, quindi, quantomeno una valutazione “in concreto” relativa alla tipologia di lavorazioni che l’operatore è chiamato ad eseguire.

Da ciò, se ne deduce che non sussiste la possibilità di inserire clausole a protezione imprese locali, ma è possibile inserire clausole che tengano conto delle esigenze connesse all’esecuzione dei lavori. 

 T.A.R. Toscana, Firenze, Sez. I, sentenza n. 356/2018  (confermata in appello). La lettera d’invito prevede la necessità per gli offerenti di presentare una dichiarazione diretta ad attestare che “i soggetti affidatari dei servizi in questione devono essere localizzati, per ovvie ragioni di economicità, in prossimità delle sedi dell’Amministrazione Comunale”. Il TAR  osserva chenel caso di specie, non solo la lettera invito si limita ad un generico riferimento all’ “economicità” di detta previsione, ma nemmeno sono state esplicitate le ragioni che hanno portato la stazione appaltante a derogare ai principi di libera concorrenza e parità di trattamento, non consentendo l’ammissione alla gara alle imprese non in grado di soddisfare il requisito territoriale sopra citato, non avendo una sede operativa all’interno di alcune zone del Comune di Calenzano o, comunque, entro i 500 metri dal confine dello stesso Comune.

E’ evidente che il limite sopra citato ha l’effetto di incidere sulla par condicio della procedura, consentendo la partecipazione solo a imprese che risultino avere una sede entro un ristrettissimo perimetro, con l’effetto di favorire determinati operatori a discapito di altri, senza che detto discrimine appaia giustificato o proporzionato in relazione ad un qualche interesse ritenuto prevalente.

La connotazione della “sede operativa” e il momento di possesso del requisito

Con la sentenza n. 605/2019, il Consiglio di Stato ha stabilito che nel caso di un appalto per l’affidamento del servizio di riparazione, manutenzione e revisione di automezzi del Comune, deve ritenersi illegittima la clausola del bando che richieda alle imprese partecipanti, come requisito di ammissione alla partecipazione, la disponibilità di un’officina ubicata nel territorio dell’Ente locale. Il Giudicante ha precisato che la richiesta di questo requisito sin dalla data di presentazione della domanda anziché dopo l’aggiudicazione equivale a riservare la gara alle sole imprese che già operano nel territorio, in palese violazione dei principi di non discriminazione e di parità di trattamento richiamati dal codice dei contratti pubblici e dai principi cardine del diritto comunitario.

Ne deriva che la disponibilità di una sede operativa nell’ambito di un determinato raggio chilometrico deve essere intesa come impegno a dotarsene in caso di aggiudicazione e non può essere considerato requisito di partecipazione.

Nella delibera ANAC n. 250 del 12 Luglio 2007 il requisito di partecipazione previsto nel Capitolato speciale che richieda ai partecipanti di “avere un centro tecnico di assistenza di provata esperienza …nel raggio massimo di 70 Km con un margine non superiore al 10% dalla stazione appaltante” attiene all’esecuzione del contratto e non ai requisiti dell’offerente e, pertanto, avrebbe dovuto essere inserito nell’ambito del criterio di aggiudicazione in sede di valutazione dell’offerta e non in sede di selezione dei partecipanti. 

I Tribunali amministrativi denunciano il  carattere anticoncorrenziale di tutte quelle clausole dei bandi di gara che richiedono alle imprese partecipanti, quali requisiti di partecipazione alla gara o criteri tecnici per il riconoscimento di un maggior punteggio, l’ubicazione della sede operativa entro una certa distanza rispetto al servizio da espletare o la disponibilità di strutture o uffici operativi prima dell’aggiudicazione della gara (in questo senso, ex plurimis, C. Stato, Sez V, 12 luglio 2004, n. 5049 e T.A.R. Latina, (Lazio), Sez. I, 20/12/2017, n. 637).

La Delibera Anac n. 1026/2020 ribadisce che il criterio dell’idoneità operativa rispetto al luogo di esecuzione dei lavori “non concerne la distanza della sede legale/operativa dal luogo di esecuzione dei lavori ma esclusivamente la capacità dell’impresa di intervenire, attraverso la propria organizzazione, in un determinato territorio” (delibera n. 1148 del 12.12.2018). “non possono ritenersi legittime le clausole che limitino in modo ingiustificato tanto la libertà di stabilimento, quanto la libertà di prestazione di servizi, in quanto idonee a produrre un iniquo vantaggio a favore degli operatori economici locali, a danno dei concorrenti non localizzati nel territorio, con conseguente lesione dei principi europei e nazionali di libera concorrenza e favor partecipationis (ex multis delibera ANAC n. 1142 del 12.12.2018, Consiglio di Stato n. 2238/2017).

Il principio di prossimità nel nuovo Codice

La materia è regolata dall’art. 108. (Criteri di aggiudicazione degli appalti di lavori, servizi e forniture)

Possibili agganci al principio di prossimità possono rinvenirsi al comma 4, in riferimento agli aspetti ambientali che possono essere valorizzati, ove pertinenti e significativi (risparmio energetico o minore inquinamento da “filiera corta”, ecc.)

“I documenti di gara stabiliscono i criteri di aggiudicazione dell’offerta, pertinenti alla natura, all’oggetto e alle caratteristiche del contratto. In particolare, l’offerta economicamente più vantaggiosa, individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, è valutata sulla base di criteri oggettivi, quali gli aspetti qualitativi, ambientali o sociali, connessi all’oggetto dell’appalto.”

Più specificamente il criterio di prossimità è regolato dal comma 7.

“(….) Ai fini della tutela della libera concorrenza e della promozione del pluralismo degli operatori nel mercato, le procedure relative agli affidamenti di cui al Libro II, parte IV, possono prevedere, nel bando di gara, nell’avviso o nell’invito, criteri premiali atti a favorire la partecipazione delle piccole e medie imprese nella valutazione dell’offerta e a promuovere, per le prestazioni dipendenti dal principio di prossimità per la loro efficiente gestione, l’affidamento ad operatori economici con sede operativa nell’ambito territoriale di riferimento. Le disposizioni (…) si applicano compatibilmente con il diritto dell’Unione europea e con i princìpi di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità. 

Si può osservare, ad una prima lettura, quanto segue:

  • il principio di prossimità può essere applicato – in sede di valutazione dell’offerta – con la disponibilità di una sede operativa (secondo ampia accezione) nell’ambito territoriale di riferimento
  • il criterio è applicabile solo quando le prestazioni di contratto dipendono (motivatamente) dal principio di prossimità per la loro efficiente gestione

La norma sembra prevedere la valorizzazione di una sede operativa già disponibile ante-gara

La norma riguarda criteri premiali e non dispone circa un eventuale obbligo di sede operativa nell’ambito territoriale di riferimento, quale requisito di esecuzione contrattuale, adempimento comunque attivabile dopo l’aggiudicazione