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L’affidamento diretto: limiti alla discrezionalità amministrativa

Avv. Anna Cristina Salzano

Con la sentenza n. 52 del 16 febbraio 2023 la Sezione I del TAR Friuli Venezia Giulia – Trieste si è occupato dell’affidamento diretto nell’ambito degli appalti c.d. sotto soglia comunitaria, delineando le caratteristiche e i limiti applicativi a cui la stessa stazione appaltante deve attenersi.

Come noto, l’affidamento “diretto” è stato modificato durante l’emergenza da Covid-19 dalle le c.d. norme emergenziali ed in particolare dell’art. 1 del D.L. 76/2020 conv. Legge 120 del 2020 e modificate dal D.L. 77/2021, convertito con Legge 108/2021.

Come emerge dalla comparazione tra la lettera a) e la lettera b) comma 2 dell’art. 1 del D.L. 76/2020 nell’ipotesi di affidamento diretto è riservata alla stazione appaltante la scelta discrezionale del contraente, senza che sia necessaria la previa consultazione di un certo numero di operatori economici, da individuarsi tramite indagini di mercato o elenchi, essendo ciò espressamente previsto solo per la diversa procedura negoziata senza bando di cui alla lettera b) dello stesso articolo.

La sentenza in commento ha affrontato la questione dell’applicabilità all’affidamento diretto, previa indagine di mercato, ex art. 1, comma 2, lett. a), del D.L. 16 luglio 2020, n. 76 e s.m.i., dei principi di cui all’art. 30, comma 1, del D.Lgs. 50/2016, e del conseguente obbligo della Stazione appaltante di motivare la scelta di aggiudicazione in favore di un operatore economico.

Con specifico riferimento al caso di specie, in una procedura con affidamento diretto, previa indagine di mercato, ex art. 1, comma 2, lett. a), del D.L. 16 luglio 2020, n. 76 e s.m.i., erano pervenuti alla Stazione Appaltante tre preventivi.

L’impresa che aveva offerto il preventivo più basso, a fronte dell’affidamento in favore del RTI che aveva presentato un preventivo più elevato, aveva impugnato il provvedimento di aggiudicazione, sostenendo che la procedura svolta, per come strutturata, sarebbe una procedura negoziata a tutti gli effetti, di cui avrebbe dovuto seguire le regole, in quanto era stato utilizzato il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, senza la nomina di una Commissione e senza l’indicazione preventiva dei criteri per l’individuazione dell’affidatario e soprattutto senza motivazione.

Il TAR ha accolto il ricorso ritenendo inintelligibili le ragioni della scelta effettuata dall’Amministrazione, che si porrebbe, in ogni caso, in contrasto con i principi a cui deve essere informata la procedura.

In particolare, il TAR ha ritenuto che pur trattandosi di un affidamento diretto, e non di una procedura negoziata, in ogni caso lo stesso era sottoposto ai principi cardine del codice, e in primo luogo a quello di economicità di cui all’art. 30 D.Lgs. 50/2016.

Il Collegio ha rammentato, infatti, che secondo lo stesso art. 1, comma 2, lett. a), d.l. 16 luglio 2020, n. 76 è l’affidamento diretto è soggetto al “rispetto dei principi di cui all’articolo 30 del codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50” ovvero dei “principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza”, nonché a quelli di “libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, (…) pubblicità (…)” (art. 30, comma 1, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50).

Il TAR ha affermato che se è vero che “il principio di economicità può essere subordinato, nei limiti in cui è espressamente consentito dalle norme vigenti e dal presente codice, ai criteri, previsti nel bando, ispirati a esigenze sociali, nonché alla tutela della salute, dell’ambiente, del patrimonio”, nel caso di specie nemmeno nello “Avviso pubblico indagine di mercato” e/o nel “Capitolato tecnico” e/o nel modello di “istanza di partecipazione” erano rinvenibili elementi in grado di dare contezza delle ragioni per cui il criterio del minor prezzo, che avrebbe dovuto governare la procedura, era stato disatteso.

Difatti, l’affidamento diretto, non deve certo essere inteso come un modo di procedere privo di qualsivoglia canone di “buona amministrazione” ed “oggettività” . Il rispetto dei “principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza”, nonché a quelli di “libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, (…) pubblicità (…)” (art. 30, comma 1, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50).” restano, pertanto, elementi imprescindibili e necessariamente da soddisfare.

In conclusione, la sentenza in commento evidenzia che l’affidamento diretto, in questo caso articolato con richiesta di offerte, non consente un’assoluta libertà d’agire all’Amministrazione, dovendo essere sottoposta ai principi cardine del Codice appalti, essere caratterizzato da scelte verificabili e non arbitrarie, e infine soggetto al controllo motivazionale.