Indirizzo
Corso Matteotti 15,
Cremona, CR 26100
Avv. Stefano Cassamagnaghi
Il Consiglio di Stato, Sez. V, con sentenza n. 7574/2024 del 13 settembre 2024, si è soffermato, anche con un’analisi alla luce dei normati principi di cui al nuovo Codice Appalti, sui caratteri della responsabilità precontrattuale dell’Amministrazione derivante dalla violazione dei canoni generali di correttezza e buona fede a questa imputabili e la relativa lesione del ragionevole affidamento nella stipula del contratto da parte del concorrente aggiudicatario.
Nello specifico, si trattava di un appalto di lavori indetto dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti finalizzato alla manutenzione straordinaria ed al ripristino di impianti in ambito nautico siti nella Regione Puglia.
La società odierna appellante, aggiudicataria dell’appalto de quo, proponeva in primo grado azione risarcitoria nei confronti dell’Amministrazione in quanto veniva raggiunta da un provvedimento di revoca e decadenza dell’aggiudicazione giustificato dalla perdita della qualificazione S.O.A. richiesta del bando. In specie, nonostante l’esito positivo della gara nei confronti dell’istante, accadeva che l’Amministrazione aggiudicatrice provvedesse all’iter di stipula del contratto solamente otto anni dopo il provvedimento di aggiudicazione, periodo durante il quale occorreva la predetta perdita dell’attestazione qualificante. Evidenziando il comportamento colposo serbato dell’Amministrazione contrario a buona fede e lesivo dell’affidamento, la ricorrente agiva pertanto per il risarcimento dei danni conseguenti all’illegittimo provvedimento di revoca a titolo di responsabilità precontrattuale ovvero al riconoscimento dell’indennizzo ex art. 21-quinquies L. 241/1990 allegando “come sia illogico pretendere che un operatore economico conservi la categoria SOA sine die”.
Dichiarato il ricorso in primo grado inammissibile nella considerazione che il provvedimento di revoca dell’aggiudicazione, in quanto fonte provvedimentale, non era stato tempestivamente impugnato “avendo la ricorrente introdotto mera azione risarcitoria”, parte appellante sottolineava “i differenti piani sui quali si colloca l’illegittimità provvedimentale rispetto al comportamento scorretto dell’amministrazione nella fase di formazione del contratto” censurando il comportamento serbato dall’Amministrazione lesivo dell’affidamento e contrario ai canoni di correttezza e buona fede precontrattuale.
Invero, la responsabilità civile della Pubblica Amministrazione fonda la propria concezione e ratio sulla tutela di tutte le forme di lesioni prodotte nei confronti dei diretti destinatari in conseguenza del suo agire autoritativo, determinandosi conseguentemente non una limitazione nella tutela ai meri risultati pregiudizievoli relativi alla sfera dell’illegittimità provvedimentale-amministrativa ma espandendosi anche alle nefaste conseguenze in tema di norme generali dell’ordinamento civile correlate al “comportamento scorretto” tenuto nelle more della stipula del contratto di affidamento connesso. Infatti, l’azione amministrativa assume una struttura che sviluppa le proprie conseguenze su due rami, l’uno che si riverbera sulla “validità degli atti amministrativi”, l’altro concernente la “responsabilità dell’amministrazione e i connessi obblighi di protezione in favore della controparte” (Cons. Stato, Ad. Plen., n. 21/2021). Le regole, rispettivamente, di legittimità amministrativa e quelle di correttezza operano pertanto su piani “distinti, […] autonomi e non in rapporto di pregiudizialità, nella misura in cui l’accertamento di validità degli atti impugnati non implica che l’amministrazione sia esente da responsabilità per danni nondimeno subiti dal privato destinatario degli stessi”.
Conseguenza prima risulta quindi essere che l’amministrazione, nel suo agire pubblico, possa e debba rispondere delle conseguenze negative prodotte non solamente in relazione al profilo di legittimità del provvedimento rilasciato – che, come prima evidenziato, appartiene alla sfera strettamente amministrativa – ma anche di quelle relative alla lesione delle clausole di correttezza e buona fede di cui all’art. 1337 c.c. quali “manifestazioni del più generale dovere di solidarietà sociale che trova il suo principale fondamento nell’articolo 2 della Costituzione” (ex multis, Cass. Civ., Sez. I, n. 14188/2016) e ciò indipendentemente dalla legittimità o meno dei singoli provvedimenti che “scandiscono il procedimento in correlazione con l’affidamento incolpevole del privato in ordine alla positiva conclusione del procedimento pubblico”.
Infatti, alla luce del rapporto di indipendenza e autonomia appena descritto, si ritiene che anche in caso di revoca legittima degli atti di aggiudicazione di gara possa sopravvivere una residua forma di responsabilità in capo all’amministrazione “che abbia tenuto un comportamento contrario ai canoni di buona fede e correttezza […]”nella forma della cosiddetta responsabilità precontrattuale(Cons. Stato, Sez. V, 5 maggio 2016).
In buona sostanza, pertanto, l’amministrazione è tenuta nel suo agire a rispettare non soltanto “le norme di diritto pubblico (la cui violazione implica, di regola, l’invalidità del provvedimento e l’eventuale responsabilità da provvedimento per lesione dell’interesse legittimo)” ma anche “le norme generali dell’ordinamento civile che impongono di agire con lealtà e correttezza, la violazione delle quali può far nascere una responsabilità da comportamento scorretto […]” (Cons. Stato, Sez. V, n. 4912/2018), rispecchiando pienamente quel binomio legittimità-correttezza evidenziato in apertura.
Invero, la fonte di siffatta conclusione viene ad affermarsi già alle radici normate dei canoni del buon agere amministrativo, laddove si prevede all’art. 1, comma 2-bis L. 241/1990 che “[i] rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione sono improntati ai princìpi della collaborazione e della buona fede” (si veda anche Cons. Stato, Ad. Plen., n. 21/2021). E tale viene ad essere ripresa dal rinnovato Codice degli Appalti del 2023, il quale introduce con l’art. 5 “Principi di buona fede e di tutela dell’affidamento” una norma specifica “sull’obbligo reciproco di correttezza (per p.a. e operatore economico) che a maggior ragione si giustifica nell’ambito delle procedure di evidenza pubblica, le quali hanno una chiara valenza precontrattuale” (così Relazione illustrativa) il quale impone non solamente al concorrente ma anche alla stessa autorità amministrativa di “agire con lealtà e correttezza” e determinando in caso di loro violazione una “responsabilità da comportamento scorretto, incidente sul diritto soggettivo di autodeterminarsi liberamente nei rapporti negoziali, cioè sulla libertà di compiere le proprie scelte negoziali senza subire ingerenze derivanti dall’altrui scorrettezza”.
Evidente come, in piena rispondenza dei presupposti civilistici di azionabilità della responsabilità precontrattuale, ai fini della sua configurabilità si richieda non solamente quella lesione del principio di correttezza anzidetto ma anche che il privato/operatore economico venga leso nell’affidamento che riponeva sulla base della buona fede soggettiva di quest’ultimo. Conseguentemente, dal momento in cui non risulti che l’affidamento incolpevole risulti leso “da una condotta oggettivamente contraria ai doveri di correttezza e lealtà”, “che tale oggettiva violazione dei doveri di correttezza sia anche soggettivamente imputabile all’amministrazione, in termini di colpa o dolo” e che “il privato provi sia il danno-evento (la lesione della libertà di autodeterminazione negoziale), sia il danno-conseguenza (e cioè le perdite economiche subite a causa delle scelte negoziali illecitamente condizionate), sia il nesso eziologico tra il danno e il comportamento scorretto che si imputa all’amministrazione”, il comportamento scorretto censurato non potrà essere induttivo di una responsabilità precontrattuale.
Nel caso di specie, evidenzia il Collegio come l’inerzia della stazione appaltante concretizzatosi nella proposta di stipula del contratto di affidamento dopo otto anni dall’aggiudicazione non possa che determinare un’evidente violazione dei canoni di buona fede e correttezza anzidetti trattandosi di un’inattività protrattasi per “un arco temporale molto esteso e privo di reale giustificazione […]”.
Un differimento siffatto nella stipulazione del contratto produce evidentemente una situazione di incertezza nei rapporti giuridici intercorrenti tra il futuro contraente e l’amministrazione la cui inerzia – peraltro, ingiustificata – “non può ritenersi priva di rilevanza causale nella perdita del possesso dei requisiti speciali da parte dell’appellante, atteso che il decremento della classifica SOA […] dipende o comunque è in correlazione anche proprio con la mancata esecuzione dei lavori aggiudicati (apportante arricchimento curriculare)”.
Sebbene, infatti, appaia corretto ritenere che un operatore economico “affidabile” sia da ritenersi tale non solamente in stretta funzione del breve periodo di tempo utile alla gara ma, al contrario, lo sia per un rilevante lasso di tempo antecedente alla stessa vigendo “[…] il principio di continuità del possesso dei requisiti, generali e speciali” (Cons. Stato, Ad. Plen., n. 8/2015), è altrettanto vero come tale regola “non [possa] essere interpretata in modo irragionevole e solamente formalistico”. Irragionevole sarebbe, infatti, pretendere “la continuità del possesso per un periodo indefinito, durante il quale non c’è alcuna competizione, alcuna attività valutativa dell’amministrazione e, per giunta, alcun impegno vincolante nei confronti dell’amministrazione” (Cons. Stato, Sez. III, n. 1050/2017).
Alla luce di quanto sopra, accogliendo l’appello per violazione dei doveri di correttezza e buona fede e per la correlata presenza di un legittimo e ragionevole affidamento in capo alla società appellante, non inficiato da elementi di colpa, il Consiglio di Stato evidenzia come la responsabilità precontrattuale in capo all’amministrazione possa e debba sussistere autonomamente e distintamente dal provvedimento collegato essendo la stessa “in funzione del comportamento scorretto e non già dell’illegittimità provvedimentale” (Cons. Stato, Sez. V, n. 4912/2018).
Di conseguenza, rilevato che il danno risarcibile in caso di responsabilità precontrattuale è limitato al c.d. interesse contrattuale negativo, che copre sia il danno emergente (spese documentate per la partecipazione alla gara) che il lucro cessante, nei termini della perdita di chance, l’Amministrazione è stata condannata al risarcimento del danno, dovendosi invece escludere in tal caso il c.d. danno curriculare e l’indennizzo ex art. 21-quinquies della legge n. 241 del 1990, alternativo alla responsabilità precontrattuale.