Principio di equivalenza e dispositivi medici: la prevalenza dell’approccio funzionale

Avv. Anna Cristina Salzano

Il TAR per la Campania – Napoli, Sez. IX, con sentenza n. 4022/2025 del 26 maggio 2025, si è pronunciato sulla estensione del principio di equivalenza ai requisiti tecnici minimi, qualificati come obbligatori dalla legge di gara, sulla base di un approccio cd. funzionale ossia qualora sia stata la stessa Amministrazione ad aver indicato nella legge di gara la finalità della specifica caratteristica tecnica richiesta.

Nell’ambito di una procedura di gara per la fornitura di dispositivi medici, il secondo in graduatoria censurava l’aggiudicazione per aver il concorrente presentato un’offerta tecnica priva di uno dei requisiti tecnici minimi individuati come obbligatori dalla lex specialis di gara. In particolare, secondo la ricorrente, il prodotto offerto dall’aggiudicatario presentava una carenza strutturale – in specie, assenza del processo di polimerizzazione atto a garantire la rintracciabilità del materiale sterilizzato – e dunque avrebbe dovuto essere esclusa in quanto tale requisito era definito come “caratteristica minima richiesta a pena di esclusione” dalla legge di gara.

Dunque, la ricorrente contestava la non operatività, nel caso di specie, del principio di equivalenza prestazionale in ragione delle difformità del prodotto offerto rispetto alle caratteristiche minime prescritte dalla legge di gara a pena di esclusione.

Nel rigettare il ricorso e confermare l’aggiudicazione, il TAR rileva che il fulcro della ratio decidendi sia stato individuato nella corretta interpretazione ed applicazione del principio di equivalenza nelle ipotesi della presentazione di un’offerta tecnica composta da un prodotto che non rispecchia formalmente i requisiti predisposti nella legge di gara.

Invero, l’intera disciplina dell’evidenza pubblica attribuisce al raggiungimento del migliore risultato, sia in termini economici che di qualità perdurante nel tempo, l’obiettivo principe del buon agere amministrativo, tendendo a favorire forme di affidamento che siano il più possibile aderenti all’interesse pubblico specifico individuato dalla legge speciale di gara.

In tale contesto, emerge il principio di equivalenza di cui all’art. 79 e Allegato II.5 del D. Lgs. n. 36/2023 che, permeando l’intera disciplina dell’evidenza pubblica, consente la presentazione di offerte con caratteristiche tecniche diverse da quelle richieste dalla lex specialis ma comunque idonee a soddisfare sul piano funzionale le esigenze della stazione appaltante.

Ed infatti la giurisprudenza amministrativa ha affermato che “offerte aventi oggetto sostanzialmente corrispondente a quello richiesto e tuttavia formalmente privo della specifica prescritta” non impediscono la soddisfazione del bene pubblico tutelato, offerendosi quali alternative in possesso di quella “conformità sostanziale (e funzionale) […] sì che le specifiche indicate dal bando vengono in pratica comunque soddisfatte” (ex multis; Cons. Stato, Sez. V, n. 1545/2024).

La finalizzazione del principio di equivalenza quale fulcro volto ad “evitare un’irragionevole limitazione del confronto competitivo fra gli operatori economici” appare spesso il punto nodale degli affidamenti pubblici.

Purtuttavia, nel contesto si riscontra come la ratio fondante il principio in commento poggia su fondamenta sovranazionali, laddove il Legislatore europeo, al chiaro fine di “evitare che le “specifiche tecniche” fossero utilizzate dalle stazioni appaltanti in modo restrittivo della concorrenza, richiedendo caratteristiche tecniche dei prodotti, se non addirittura riconducibili solo a specifici produttori o processi di produzione, idonee a limitare fortemente la platea degli operatori economici in possesso delle capacità tecniche che consentissero loro di partecipare alla procedura di affidamento” (Cons. Stato, Sez. III, n. 4155/2024) ha avuto modo di sottolineare, con l’articolo 42, par. 6, Direttiva 2014/24/UE, un chiaro obiettivo di tutela del favor partecipationis.

Conseguenza prima appare quindi come l’operata distinzione giurisprudenziale tra “specifiche tecniche”, ovvero quei confini inseriti nei documenti di gara che “definiscono le caratteristiche previste per i lavori, i servizi o le forniture” (All. II.5), ed i “requisiti minimi obbligatori” che, diversamente, esprimono la “definizione a priori dei bisogni dell’Amministrazione, e quindi hanno l’effetto di perimetrare a monte i tipi di prestazioni che sono state considerate idonee a soddisfare tali bisogni”, si atteggino diversamente in relazione al suddetto principio di matrice eurocomunitaria.

Se per le prime il principio di equivalenza è sempre applicabile, essendo tali delle caratteristiche di indirizzo che non determinando l’esclusione in presenza di un mero scostamento dell’offerta presentata, per le seconde il risultato non risulta univoco, atteggiandosi diversamente in funzione della loro sostanziale difformità dalla redatta legge di gara essendo tale “frutto della definizione degli specifici bisogni dell’Amministrazione e della perimetrazione, a monte, delle prestazioni in grado di soddisfarli” (TAR Milano, Sez. I, n. 994/2024).

La compatibilità di questi ultimi con il principio di equivalenza, infatti, presenta una diversificazione in punto di derogabilità dalla dichiarata loro obbligatorietà nella legge di gara qualora versino non in una richiesta “strutturale” bensì “funzionale”. Infatti, solo qualora dalla lettura della legge di gara emerga che le caratteristiche sono richieste dall’amministrazione “per il perseguimento di determinate finalità allora il requisito è di tipo funzionale, in quanto volto a soddisfare le esigenze palesate” il principio in parola può trovare operatività. Di conseguenza, è ben possibile che dette finalità siano realizzate anche attraverso prodotti o servizi aventi caratteristiche diverse, ma medesima efficacia finalistica (Cons. Stato, Sez. III, n. 8189/2023). Diversamente, tale principio non può trovare applicazione nel caso di requisiti minimi “strutturali”. (Cons. Stato, Sez. III, n. 4155/2024).

Orbene, fermo restando come la qualificazione in termini “strutturali” o “funzionali” di un requisito minimo prescritto dalla legge di gara non dipende dalla natura del requisito in sé considerata “bensì dall’esistenza o meno nella lex specialis dell’esplicitazione delle finalità e dei bisogni dell’amministrazione che la previsione di una determinata caratteristica tecnica è destinata a soddisfare” (ibidem), si giunge agevolmente ad affermare come sia possibile ammettere la prova che “le finalità perseguite dall’appalto siano soddisfatte anche attraverso prodotti o prestazioni aventi caratteristiche tecniche differenti da quelle richieste” (Cons. Stato, Sez. III, n. 5455/5455; ex multis, Cons. Stato, Sez. III, 2023, n. 8189/2023). Da qui, l’ammissibilità dell’estensione del principio in parola.

Ed infatti, il Collegio, aderendo a quest’impostazione, riscontrava l’obiettivo sostanziale sussumibile dalla legge di gara, ha rilevato che il prodotto offerto dall’aggiudicatario sebbene carente di quello specifico requisito minimo richiesto dalla legge di gara presentava analoghe caratteristiche la cui “destinazione d’uso” era idonea a “soddisfare le esigenze dichiaratamente ritenute inderogabili dalla stazione appaltante”.

In conclusione, nel rigettare il ricorso e confermare l’aggiudicazione, il Collegio estende l’applicazione del principio di equivalenza anche a quei requisiti tecnici minimi qualificati come obbligatori se gli stessi hanno carattere “funzionale”, ossia con riferimento a fattispecie in cui dalla stessa lex specialis emerge che determinate caratteristiche tecniche siano richieste al fine di assicurare all’amministrazione il perseguimento di determinate finalità.