Perché la sanità privata convenzionata non acquista beni e servizi con l’evidenza pubblica?

Dott. Marco Boni

Il gap di competitività delle strutture pubbliche rispetto a quelle private nel mercato amministrato della sanità dipende anche dal sistema di regole cui le prime sono soggette. Lacci e lacciuoli nella gestione, compreso l’obbligo di attenersi alla normativa pubblicistica per l’acquisizione delle risorse strumentali (beni e servizi), regole poste a tutela dell’economicità di azione, della concorrenza, della trasparenza, della parità di trattamento, immanenti ai principi costituzionali ed eurounitari di azione della pubblica amministrazione, anche in forza della spendita di denaro pubblico. 

Che anche le strutture sanitarie private accreditate e convenzionate, quindi remunerate con denaro pubblico, possano essere tenute a sottostare in qualche misura al regime pubblicistico di acquisizione di beni e servizi ed esecuzione di lavori afferenti l’attività in convenzione, è questione che potrebbe non essere peregrina.

La connotazione giuridica della sanità privata accreditata e convenzionata

Le strutture private accreditate e convenzionate che erogano servizi sanitari in nome e per conto del Servizio Sanitario Nazionale vanno considerate concessionari di pubblico servizio.

Ciò è confermato da un consolidato quadro giurisprudenziale.  Tra le numerose pronunce può essere richiamata riassuntivamente lSentenza Corte di Cassazione sezioni unite civile  n. 35092 del 2023

“(….) – Riguardo all’inquadramento dei rapporti tra la struttura privata accreditata e il Servizio sanitario nazionale, l’attuale organizzazione del SSN (….), pur nella varietà delle configurazioni regionali, ruota attorno a quella sequenza che nella  dottrina amministrativa è stata definita come il regime delle tre  A: autorizzazione, accreditamento, accordo. Ovvero, la struttura privata, per erogare prestazioni agli utenti del SSN con corrispettivo a carico della amministrazione pubblica deve essere dotata di: 1)  autorizzazione alla costruzione di nuove strutture sanitarie e\o all’esercizio di attività sanitarie, rilasciata dal Comune in base al rispetto di requisiti miními per la tutela della sicurezza del paziente e degli operatori; 2) accreditamento istituzionale (distinto dalla certificazione professionale di eccellenza), che è un provvedimento amministrativo che abilita la struttura ad inserirsi nel SSN e pertanto è riconducibile (conformemente alla lettura giurisprudenziale del complessivo sistema) al genus della concessione di pubblico servizio (v. Cass. S.U. n. 31029 del 2002; Cass. S.U. n. 1602 del 2022) e può essere riconosciuto dalla Regione alle strutture autorizzate che ne abbiano fatto richiesta in base al duplice criterio della loro rispondenza ai requisiti di <<funzionalità rispetto agli indirizzi della programmazione regionale>> (art.8-quater d.lgs. n. 229/L999) e di qualità strutturale, tecnica, organizzativa e professionale, definiti secondo criteri <<ulteriori e diversi> (come si esprimeva il Piano sanitario nazionale 1998-2000) rispetto a quelli richiesti per l’autorizzazione; 3) accordi contrattuali, a livello regionale e locale fra le organizzazioni di committenza e di produzione dei servizi, pubbliche o private accreditate, finalizzati alla specificazione di volumi e tipologia delle prestazioni ed a fissare l’ammontare complessivo della remunerazione.  – Come già ricostruito dalla giurisprudenza, civilistica e amministrativa, l’accreditamento è stato conformato come provvedimento amministrativo comunque riconducibile al genus delle concessioni di pubblico servizio (nella giurisprudenza amministrativa cfr.  Cons.Stato, sez. V, 11 maggio 2010 n. 2828; Cons. di Stato sez. III, 14 settembre 2015, n. 4271; Cons. di Stato II, 4 gennaio 2021, n. 82). Le Sezioni Unite di questa Suprema Corte, pronunciandosi come giudice della giurisdizione, hanno più volte riconosciuto che i rapporti tra AUSL e le strutture sanitarie devono essere qualificati in termini di concessioni di pubblico servizio sia nel previgente regime convenzionale, di cui all’articolo 44  della legge n. 833/1978 sia nel vigente regime dell’accreditamento, nel quale il pagamento del corrispettivo dovuto per le prestazioni rese dai soggetti privati accreditati viene effettuato dalle aziende sanitarie locali nell’ambito di appositi accordi contrattuali: v. Cass. S.U. n. 30963 del 2022, Cass. n. 1602 del 2022, Cass. n. 23744 del 2020, Cass. n. 31029 del 2019, nonchè Cass.  S.U. 20 giugno 2012 n. 10149 e la conforme S.U. ord. 3 febbraio 2014 n. 2291) (….)  In particolare, la seconda di dette fasi – la terza A, ovvero la fase dell’accordo – trova la sua fonte normativa nell’art. 8 quinquies del d.lgs. n. 502 del 1992, che pone il rapporto di accreditamento su una base strettamente negoziale, sì che al di fuori del contratto la struttura accreditata non è obbligata ad erogare prestazioni agli assistiti del Servizio sanitario (Cons. St., sez. III, 3 ottobre 2011, n. 5427.(…..)”

Sulla natura non concorrenziale dell’accordo di fornitura

D.Lgs. n. 229/99 art.  8 ter

“(….) la regione e le unità sanitarie locali, anche attraverso valutazioni comparative della qualità e dei costi, definiscono accordi con le strutture pubbliche ed equiparate, e stipulano contratti con quelle private e con i professionisti accreditati, anche mediante intese con le loro organizzazioni rappresentative a livello regionale, che indicano:
a) gli obiettivi di salute e i programmi di integrazione dei servizi;
b) il volume massimo di prestazioni che le strutture presenti nell’ambito territoriale della medesima unità sanitaria locale, si impegnano ad assicurare, distinto per tipologia e per modalità di assistenza;
c) i requisiti del servizio da rendere, (….)

Così il Consiglio di Stato sulla connotazione giuridica dell’accreditamento (sent. n. 2064/2023):

“(….) L’accreditamento, per la cui concessione l’amministrazione gode di un largo margine di discrezionalità in considerazione della valutazione della rispondenza e adeguatezza agli obiettivi della programmazione (Corte costituzionale 9 maggio 2022, n. 113), è un provvedimento di carattere non già autorizzativo, bensì abilitativo-concessorio (Consiglio di Stato, Sezione III, 27 febbraio 2018, n. 1206), che si colloca a metà strada tra la concessione di servizio pubblico e l’abilitazione tecnica idoneativa (ex multis, Consiglio di Stato, sezione III, sentenze 18 ottobre 2021, n. 6954, 30 aprile 2020, n. 2773, e 3 febbraio 2020, n. 824).(….).

A riprova della natura negoziale non competitiva dell’accreditamento e convenzionamento può essere richiamata anche la sospensione, sino al 31.12.2026, ad opera dell’art. 36 della legge n. 193/2024 (legge sulla concorrenza 2023), delle disposizioni dell’art. 15 della legge n.118/2022 con cui si adombravano procedure competitive per l’accreditamento. Procedure asseritamente non previste per i servizi sanitari dalla Direttiva Bolkestein sulla concorrenza.

La tematica è ripresa dal disegno di Legge sulla Concorrenza per il 2025

DDL S. 1578 – Legge annuale per il mercato e la concorrenza per il 2025

Art. 7. (Revisione dei criteri di accesso ed eleggibilità per il rilascio e il rinnovo dell’accreditamento e del convenzionamento) 1. All’articolo 36 della legge 16 dicembre 2024, n. 193, dopo il comma 1 è inserito il seguente: « 1-bis La revisione di cui al comma 1 deve tenere conto, salvaguardando la concorrenza, anche dell’esigenza di garantire la continuità assistenziale articolata per tipologia di paziente o assistito e relativa fragilità, differenziando, con diverse procedure ad evidenza pubblica, la valutazione tra il rinnovo e le nuove richieste volte alla stipula degli accordi contrattuali di cui all’articolo 8-quinquies, comma 1-bis, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 ».

Nella Relazione tecnica si legge:” (….) Gli accordi contrattuali consentono pertanto alle strutture (…) l’esercizio di attività sanitarie a carico del SSN. La stipula di tali accordi attribuisce ai soggetti potenziali erogatori per conto del SSN la qualifica di concessionari del pubblico servizio sanitario.”

Regime concessorio e Codice dei Contratti

Il regime delle concessioni è trattato dal Codice di contratti nella Parte II.

In particolare l’art. 186 prevede quanto segue:

ART. 186

“1. Agli appalti affidati dai concessionari che siano stazioni appaltanti si applicano le disposizioni del codice in materia di appalti.

2. I titolari di concessioni di lavori e di servizi pubblici, ad esclusione di quelli disciplinati dal Libro III, già in essere alla data di entrata in vigore del codice, di importo pari o superiore alle soglia di rilevanza europea, e non affidate conformemente al diritto dell’Unione europea vigente al momento dell’affidamento o della proroga, affidano mediante procedura ad evidenza pubblica una quota tra il 50 per cento e il 60 per cento dei contratti di lavori, servizi e forniture stabilita convenzionalmente dal concedente e dal concessionario; l’ente concedente tiene conto delle dimensioni economiche e dei caratteri dell’impresa, dell’epoca di assegnazione della concessione, della sua durata residua, del suo oggetto, del suo valore economico e dell’entità degli investimenti effettuati. L’affidamento avviene mediante procedura ad evidenza pubblica, con la previsione di clausole sociali per la stabilità del personale impiegato e per la salvaguardia delle professionalità”

Questa disposizione ha tenuto conto della pronuncia della Consulta del 2021, che, in un’ottica di ragionevole e proporzionato bilanciamento tra il diritto alla libertà economica degli operatori economici e la tutela della concorrenza, aveva considerate illegittime norme che prevedano un più esteso obbligo di esternalizzazione con modalità pubblicistiche (come previsto dall’abrogato art. 177 del D.lgs. n. 50/2016).  

Modalità, queste, considerate quindi penalizzanti per l’imprenditore, rispetto alla “facoltà di compiere le scelte organizzative che costituiscono tipico oggetto della stessa attività di impresa” (Sent. cit.)

Con Delibera n. 265 del 20 giugno 2023 l’ANAC ha regolamentato l’applicazione della sopra riportata norma. 

Sulla ratio delle norme che prevedono l’obbligo per i concessionari di utilizzare l’evidenza pubblica

Cons. Stato, Sez. I, parere 28 aprile 2020, n. 823 “[…] Con riferimento alle concessioni già in essere, ed aggiudicate in precedenza senza gara, occorre prevedere l’obbligo di indire regolare procedura di evidenza pubblica per la scelta degli appaltatori. Solo in questo modo, infatti, si garantirà la concorrenza. Tali regole, oltre ad essere coerenti con l’articolo 1, comma 2, lett. c), Codice (vigente D.Lgs. n. 50/2026), si spiegano alla luce del fatto che, ogni qual volta sia mancata la gara a monte per la scelta del concessionario, è necessario garantire la concorrenza a valle, prevedendo delle gare pubbliche, per la scelta degli appaltatori.

La natura sostanziale di “concessionario di servizio pubblico “, anche se eventualmente non assoggettabile, almeno secondo una corrente di pensiero, a criteri competititivi pubblicistici relativamente all’affidamento della concessione, parrebbe non esimere la sanità privata convenzionata, a valle della concessione ottenuta, dal rispetto del regime normativo che regola i comportamenti dei concessionari in ordine alla gestione, indipendentemente dal regime normativo di assegnazione della concessione medesima.  Ciò potrebbe attrarre la sanità privata convenzionata nell’orbita applicativa dell’art 186 del D.Lgs. n. 36/2023, anche ad evitare “zone franche” rispetto alla tutela della concorrenza. 

I valori in gioco.

Per stimare un ordine di grandezza per consumi intermedi della sanità privata accreditata, si può fare riferimento agli aggregati di spesa nel bilancio del SSN per prestazioni acquistate dalla sanità privata accreditata.

Dati 2024*  (milioni di euro)

Assistenza medico specialistica                            5.569

Assistenza ospedaliera                                           9.908

Assistenza integrativa, riabilitativa, protesica    3.647

Altra assistenza                                                        9.585

Questi ricavi complessivi ricomprendono i costi dei beni e servizi strumentali alla gestione.

*(fonte: AIOP)