La spesa sanitaria pubblica nel 2024. Conti economici in rosso. Incremento rilevante per l’acquisto di beni sanitari.

Dott. Marco Boni

I dati sono contenuti nel Rapporto 2025 della Corte dei Conti sul coordinamento della finanza pubblica Nel 2024 il disavanzo senza coperture supera 1,5 miliardi, con generalizzato sforamento dei tetti di spesa.

Crescono in modo rilevante gli acquisto di beni (+9,1 %), che valgono 26 miliardi.
Vi sono ricompresi i farmaci (+10%) e i dispositivi medici (+6,3%), i vaccini (+9,5%).
Più nel dettaglio, la spesa farmaceutica convenzionata nel 2024, è stata pari a 8,3 miliardi (+3,3 per cento rispetto al 2023), mentre, nel caso degli acquisti diretti di farmaci, la spesa per il 2024 arriva a 15,1 miliardi (+12 per cento rispetto al 2023). I dispositivi medici valgono 8,3 miliardi.
Nel 2024 il costo del personale aumenta nel complesso del 2,9 per cento.

La spesa per l’assistenza sanitaria

A consuntivo la spesa pubblica per la sanità nel 2024 è risultata pari a 138,3 miliardi (superiore in termini nominale di soli 400 milioni alle attese).
La crescita rispetto al 2023 è del 4,9 per cento, inferiore al previsto (+5,2 per cento) principalmente per effetto di revisioni e mutamenti nei criteri di imputazione contabile che hanno inciso in senso accrescitivo sul dato di consuntivo 2023.
Un aumento che si è riflesso anche in termini di prodotto (dal 6,2 al 6,3 per cento) e in rapporto alla spesa corrente primaria (dal 15,05 al 15,28 per cento).

Si tratta di una variazione riconducibile soprattutto all’aumento dei redditi da lavoro e dei consumi intermedi relativi a servizi prodotti da produttori non market (rispettivamente +5,8 e +7,8 per cento).
Sui primi ha inciso la considerazione nel dato dell’anno, secondo i nuovi criteri di contabilità nazionale, degli oneri accantonati per il rinnovo dei contratti del triennio 2022-24.
A tali importi si sono aggiunti quelli per le diverse misure messe in campo per affrontare criticità connesse alla disponibilità di personale in ambiti cruciali per il funzionamento delle strutture.
Nel caso dei consumi intermedi, l’aumento è da attribuire alla crescita molto sostenuta di farmaci e dispositivi medici.

L’importo previsto per il 2025 cresce a 143,4 miliardi (+3,6 per cento) per poi collocarsi nel 2026 e nel 2027, nelle valutazioni del DFP, su valori rispettivamente pari a 149,8 e 151,6 miliardi.
Alla sostanziale stabilità in termini di prodotto per tutto il periodo (intorno al 6,4 per cento), si contrappone una seppur limitata crescita rispetto alla spesa corrente primaria: dal 15,3 per cento del 2024 al 15,7 del 2027.
A fronte di tali andamenti, l’importo del fabbisogno sanitario nazionale cui contribuisce lo Stato (quello volto a garantire il finanziamento dei LEA) si colloca nel 2025 a 136,5 miliardi.
Ben al di sopra, in termini assoluti, sia di quello del 2024 (134 miliardi) e soprattutto ai 129 miliardi del 2023 (anno in cui, tuttavia, ha inciso anche il finanziamento pari a 1.085 milioni destinato dal d.l. 34/2023 a ridurre l’incidenza del payback sui dispositivi medici a carico delle aziende produttrici).
Nel 2026 il finanziamento si colloca a 140,5 miliardi per raggiungere i 141,2 miliardi nel 2027.
Pur considerando l’aumento disposto dalla legge di bilancio, l’importo previsto a copertura del fabbisogno sanitario nazionale standard si conferma, in rapporto al prodotto, in graduale flessione: nel triennio 2024-27 si riduce di due decimi di punto (dal 6,1 del 2024 al 5,9 per cento del 2027).

Nel 2024 la spesa complessiva per la sanità è stata pari a 185,1 miliardi, in crescita del 3,3 per cento rispetto al 2023.
Tra il 2012 e il 2019 essa è cresciuta del 8,2 per cento.
Dal 2019 e il 2021 in connessione con la crisi pandemica la variazione è stata del 10 per cento mentre nell’ultimo triennio l’aumento si è mantenuto su una media annua del 2,7 per cento.
In particolare, all’assistenza sanitaria per cura e riabilitazione sono andati nell’ultimo esercizio 100,8 miliardi, il 54,4 per cento (erano 97,3 miliardi nel 2023, il 54,3 per cento); di questi, 49,1 miliardi vanno all’assistenza ospedaliera in regime ordinario per cura e riabilitazione (erano 47 nel 2023); 5 miliardi al day hospital; 45,8 miliardi all’assistenza ambulatoriale e 923 milioni alla domiciliare.

La spesa sanitaria finanziata dalla Pubblica amministrazione e assicurazioni sanitarie a contribuzione obbligatoria è stata pari a 137,5 miliardi (erano 130,9 milioni nel 2023 +5 per cento), che rappresenta il 74,3 per cento del totale della spesa.
Quota in crescita rispetto al 2019 (da 73,2) ma ancora inferiore a quella del 2012 (75,4 per cento).
La spesa si suddivide in 79,6 miliardi per l’assistenza sanitaria per cura e riabilitazione (erano 74,7 milioni nel 2023); di questi, 47 milioni vanno all’assistenza ospedaliera in regime ordinario per cura e riabilitazione (erano 45.199 nel 2023); 4.625 milioni al day hospital (erano 4.409 nel 2023); 26.875 milioni per l’assistenza ambulatoriale per cura e riabilitazione (erano 24.795 nel 2023) e 699 all’assistenza domiciliare (erano 666 nel 2023).

La spesa diretta delle famiglie tra il 2023 e il 2024 si riduce di circa un miliardo (-4,5 per cento; da 42,4 a 41,4) e rappresenta il 22,3 per cento della spesa complessiva.
In questo caso il decremento si concentra nell’assistenza ospedaliera in regime ordinario e in quella residenziale e ospedaliera di lunga durata.

Nel complesso il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e i regimi obbligatori pubblici coprono la maggior parte delle funzioni sanitarie, con una quota complessiva pari al 74 per cento del totale.
Questa incidenza è particolarmente elevata per le attività ospedaliere, come l’assistenza ospedaliera ordinaria (97 per cento) e quella in day hospital (92 per cento), nonché per l’assistenza sanitaria domiciliare per cura e riabilitazione (76 per cento), funzioni che hanno visto incrementare il peso sul totale.
Tuttavia, esistono ambiti in cui il peso del SSN è meno rilevante e maggiore è il carico della spesa privata diretta (OOP).
Le spese per servizi ambulatoriali, che includono visite specialistiche, esami diagnostici e terapie non ospedaliere, sono ampiamente sostenute tramite il ricorso a forme di copertura private, spesso per sopperire a tempi di attesa e carenze nell’offerta pubblica.

Nel 2024, la spesa sanitaria pro-capite al netto della mobilità (in altri termini, la spesa riferita alla popolazione residente nella regione) è stata pari a 2.
428 euro, con un tasso di crescita rispetto al 2023 del 5 per cento.
Anche nel 2024 la variazione della popolazione, che ha subito una riduzione ulteriore rispetto a quella già rilevata lo scorso esercizio, è alla base di un aumento anche se marginalmente superiore a quello rilevato in termini assoluti.


I costi

I costi nell’ultimo esercizio crescono nel complesso del 4,5 per cento, per un totale di 138 miliardi.
Si tratta di una variazione riconducibile principalmente a 5 voci: acquisto di beni +9,1 per cento (tot.
26 miliardi), godimento di beni di terzi +12,6 per cento (tot.1,6 miliardi), altre prestazioni da privato +7,4 per cento (tot. 9,8 miliardi), e da pubblico +6,4 per cento (tot. 1,2 miliardi), e altri servizi sanitari +7,8 per cento (tot. 5,2 miliardi).
Tutte le altre voci registrano andamenti più contenuti, inferiori alla media e in alcuni casi negativi in termini reali: è il caso della ospedaliera (-0,4 per cento), degli altri servizi non sanitari (-13,1 per cento) e della spesa per oneri finanziari (-21,4 per cento).
Tra le voci in crescita è di poco positiva quella del personale, che nel complesso segna un aumento in termini reali dello 0,8 per cento.
Un aumento consistente è nel complesso riferibile agli acquisti di beni (+9,1 per cento tra il 23 e il 24).
Un risultato che conferma gli andamenti già riscontrati negli scorsi esercizi ma con delle accentuazioni: se tra il 2019 e il ‘22 l’aumento era stato del 9,1 per cento, nel solo ’23 l’incremento aveva superato il 14,1 per cento.
Andamenti che trovano differenze ma non marcate tra regioni in Piano e non (rispettivamente 8,7 e 9,4 per cento).
Solo nel caso delle regioni a statuto speciale del Nord l’incremento si fa più accentuato (+9,8 per cento).
Un dato che risente naturalmente della spinta inflattiva del biennio scorso: in termini reali la crescita si attenua (+6,9 per cento) nell’ultimo biennio, pur mantenendosi più netta rispetto al salto registrato tra il 2019 e 22 (+2,5 per cento).
Guardando al contributo riconducibile ai principali beni si conferma il rilievo degli acquisti di farmaci, in crescita in termini nominali di poco meno del 10 per cento.
Più contenuta la variazione per i dispositivi medici +6,3 per cento (tot. 8,3 miliardi), mentre si conferma ancora significativa la variazione in aumento delle spese per vaccini +9,5 per cento.
Nel caso dei farmaci la variazione è più consistente nelle regioni in Piano (+11,4 per cento) rispetto a quelle non in Piano (+9,3 per cento), soprattutto per i risultati del Lazio (+15,6 per cento), del Molise e della Campania, rispettivamente +10,5 e +13,8 per cento.
Per quanto attiene ai dispositivi medici, sono le regioni in Piano a registrare gli aumenti maggiori: un risultato che è dovuto prevalentemente a due di esse, Lazio e Campania.
Più disomogeneo il risultato nel caso dei vaccini: sono le regioni non in Piano a presentare le variazioni più rilevanti.
Le regioni a statuto ordinario del Nord e soprattutto quelle del Centro presentano aumenti superiori alla media e in alcuni casi superiori al 20 per cento.
In netta flessione la variazione nel caso delle regioni del Sud, che registrano nel complesso aumenti dell’1,2 per cento, ma con andamenti molto variabili.

Netta la crescita dei costi per il godimento di beni di terzi (+12,6 per cento).
Si tratta prevalentemente dei canoni di noleggio sia di beni sanitari che non sanitari (rispettivamente +16,1 e +10,5 per cento).
Un andamento che è più accentuato nelle regioni non in Piano e, soprattutto, per i beni non sanitari per l’aumento registrato nelle regioni a statuto speciale.
Solo del 2,2 per cento l’aumento dei fitti passivi, variazione che è del 3 per cento nelle regioni non in Piano.
Un aumento che registra intensità molto diverse tra enti, con variazioni più accentuate nelle RSS e in Toscana, Basilicata e Molise.

Più articolato l’andamento riconducibile alle voci che si riferiscono agli altri servizi sanitari.
Nel complesso, la crescita nell’ultimo biennio è dovuta alle consulenze da pubblico e da privato, nonché alle collaborazioni da privati e alla formazione.
Andamenti che confermano la tendenza già rilevati nel 2022 guardando al confronto con l’esercizio 2019.
Specie le consulenze hanno registrato, rispetto al ‘19, un aumento significativo (da 343 milioni a oltre 1 miliardo) che, nonostante la limitata riduzione del 2023, si rafforza nell’esercizio scorso.
Si confermano in calo sia il ricorso al lavoro interinale, sia le collaborazioni coordinate continuative con privati che avevano registrato durante la crisi sanitaria incrementi di rilievo (+76 per cento tra il 2019 e il 22).
In aumento del 16,5 per cento i costi per la formazione.
Un dato che risente del forte recupero dei livelli di spesa nelle regioni in Piano dopo il calo registrato nel 2023.
Più contenuto, ma costante nell’ultimo periodo, l’esborso per tali finalità nelle regioni non in Piano.
Tra le altre prestazioni da privato (9,8 miliardi, in crescita del 7,4 per cento nel 2024) sono ricompresi i costi per i servizi psichiatrici da privati, quelli per i farmaci file F (farmaci ad alto costo) e i servizi di trasporto o altri servizi sanitari.
La crescita di tali voci è stata continua dal 2019 e riguarda tutte le tipologie di soggetti regionali ma con una forte accentuazione nelle RSS.
Particolare attenzione meritano gli oneri per i farmaci ex file F e per i servizi di trasporto nelle regioni a statuto ordinario del Sud, con variazioni più che doppie rispetto alla media.
Un dato che si conferma nell’intero periodo osservato.
Nonostante la forte spinta costituita dall’urgenza di riassorbire le liste d’attesa sia sul fronte delle visite specialistiche che degli interventi ospedalieri, le spese per entrambe tali attività acquistate da privati dalle strutture pubbliche presentano negli ultimi anni variazioni molto contenute.
Nella specialistica, dopo l’aumento registrato tra il 2019 e il 2022 (+8,7 per cento), nei due anni successivi la variazione è rispettivamente dell’1,6 e del 2,2 per cento.
Ciò significa che, in termini reali, dopo la crescita del 2,1 per cento tra 19 e 22, nel biennio successivo si è assistito a una contrazione (-4 per cento nel 23, 0,1 nel 24).
Ancora più accentuate le riduzioni nella dimensione della spesa ospedaliera: la crescita nominale del 3,1 per cento tra il 2019 e il 22 è stata seguita da variazioni molto contenute nell’ultimo biennio (+1,7 per cento all’anno).
Un andamento che in termini reali segnala una riduzione sia nel periodo 19-22 che negli anni successivi.
Naturalmente il rilievo della riduzione dipende, anche in questo caso, dalle caratteristiche strutturali della regione in termini di estensione del ruolo del privato accreditato.
In flessione in termini reali gli importi pro capite nelle RSS del Nord e in alcune regioni a più forte incidenza privata: è il caso della Lombardia e del Molise.
Registrano una seppur limitata crescita solo le regioni a statuto speciale del Sud, il Lazio e la Puglia.

Nel 2024 il costo del personale aumenta nel complesso del 2,9 per cento.
Una variazione che presenta forti disomogeneità a livello territoriale e per tipologia di enti e professioni.

Focus sui dispositivi medici

Anche nel 2024 prosegue il percorso di espansione della spesa per dispositivi medici, cha ha raggiunto quota 8,3 miliardi, in aumento del 6,3 per cento rispetto al 2023 (era cresciuta del 3,3 per cento rispetto al 2022).
Si tratta del valore più elevato degli ultimi anni, risultato di un percorso di crescita progressiva, seppur contraddistinto da marcate disomogeneità regionali.
È soprattutto la categoria dei dispositivi medici a trainare la spinta del 2024 (6 miliardi, +7,8 per cento rispetto al 2023), mentre quella dei dispositivi impiantabili attivi (508,2 milioni, +3,8 per cento) e dei dispositivi diagnostici in vitro (1,7 miliardi, +2,1 per cento) hanno riportato variazioni positive più contenute.
Rispetto alla distribuzione per aree regionali l’incremento di spesa maggiore si è registrato nelle regioni ordinarie del Sud (+8,3 per cento) ove si trova la regione che ha registrato l’incremento di spesa maggiore in termini relativi (la Campania, +15,9 per cento); fa seguito la crescita delle regioni dell’Italia Nord Orientale (+6,4 per cento), con valori massimi per la PPAA di Trento (+10,9 per cento).
Più contenuto è il trend delle RSS del Sud, con valori pari al +6,7 per cento; segue la spesa delle regioni dell’Italia Nord-Occidentale (+6,1 per cento), con l’eccezione della Valle d’Aosta, cresciuta del 12 per cento rispetto al 2023.
Valori complessivamente più bassi si registrano nelle RSO dell’Italia centrale, anche se l’Umbria (+7,3 per cento) e il Lazio (6,7 per cento) hanno riportato valori sopra la media.

La spesa per dispositivi medici è cresciuta costantemente anche dopo il 2018, rendendo strutturale lo sfondamento del tetto di spesa fissato, con valori particolarmente elevati in alcune regioni.
Dall’osservazione dell’evoluzione della spesa dal 2019 al 2024 emerge, dopo una significativa accelerazione nel periodo immediatamente successivo alla pandemia, un aumento più graduale ma costante, in continuo adattamento al fabbisogno crescente di dispositivi medici.
In rapporto alla quota di FSR (immaginando un tetto di spesa fermo al 4,4 per cento del FSR annuale, come previsto a legislazione vigente) la spesa totale per dispositivi medici è passata dal 5,6 per cento del 2019 al 6,3 per cento del 2024.
Da ultimo, nel 2024, a fronte di una spesa pari a 8,3 miliardi, lo scostamento in termini assoluti rispetto al tetto di spesa è stato pari a 2,4 miliardi, in aumento dell’11,4 per cento rispetto al 2023.

I tetti alla spesa farmaceutica

Per l’anno 2024 il limite per gli acquisti diretti di farmaci è rideterminato nella misura del 8,5 per cento (rispetto al 7,65 per cento del 2023 e all’8,3 previsto a legislazione vigente), mentre quello per la farmaceutica convenzionata si riduce dal 7 al 6,8 per cento.
È rimasto inalterato il valore percentuale del tetto destinato agli acquisti diretti di gas medicinali.
I risultati del monitoraggio della spesa farmaceutica per l’anno 2024 rilasciati il 29 luglio 2025 consentono una prima valutazione degli effetti del nuovo sistema in vigore.
Infatti, la modifica, se ha ampliato i margini di spesa per gli acquisti diretti, ha inciso anche sulla dimensione degli sfondamenti e sul contributo richiesto alle imprese farmaceutiche per il payback (pari al 50 per cento della spesa eccedente il limite in tutti e due i casi).
Nel 2023, quando il tetto complessivo della spesa farmaceutica era pari al 15,15 per cento e il finanziamento ordinario del SSN ammontava a 127,6 miliardi, il tetto della spesa farmaceutica relativo alle due categorie (farmaceutica convenzionata e spesa diretta) era pari a 19,3 miliardi.
Con la nuova percentuale del 15,30 per cento, invece, con il FSN salito a 133 miliardi, il nuovo tetto alla spesa farmaceutica è pari a 20,3 miliardi.

La spesa convenzionata nel 2024 è stata pari a 8,3 miliardi (+3,3 per cento rispetto al 2023), con 8 Regioni al di sopra del tetto del 6,8 per cento (erano 5 le regioni che sforavano il tetto del 7 percento nel 2023).
Benché la spesa complessiva si sia mantenuta al di sotto del limite per circa 691 milioni (mantenendo anche l’incidenza del 6,3 per cento sul FSN), lo scostamento registrato dalle regioni che hanno riportato un eccesso rispetto alla soglia prevista (le regioni del Mezzogiorno, più la Lombardia e la Sardegna) è stato pari a 98 milioni, a fronte dei 67 milioni del 2023.
Nel caso degli acquisti diretti, la spesa per il 2024 arriva a 15,1 miliardi (+12 per cento rispetto al 2023), con tutte le regioni al di sopra del limite di spesa e uno scostamento complessivo pari a 4 miliardi (+22 per cento rispetto al 2023); l’incidenza dello scostamento registrato dalla spesa per acquisti diretti di farmaci sulla quota di finanziamento del FSR è stata pari all’11,4 per cento a fronte del 10,6 per cento del 2023.
Lo scostamento assoluto rispetto all’obiettivo riguarda tutte le regioni per importi molto differenziati.
Sono ben 16 le regioni che superano per un importo pari o superiore a tre punti il tetto di spesa.
Nel caso della spesa per acquisti diretti per gas medicinali, la spesa complessiva valida per la verifica del tetto è pari a 250 milioni (-0,9 per cento rispetto al 2023), inferiore di 16 milioni rispetto al tetto previsto di 266 milioni; si tratta di un dato in miglioramento rispetto allo scorso esercizio, quando lo scostamento registrato, pur negativo, era stato pari al -3 milioni.
Nel complesso, malgrado l’innalzamento del tetto per la spesa farmaceutica, il livello dello scostamento complessivo per l’anno 2024 è passato da 2,5 miliardi a 3,4 miliardi, con un’incidenza sul tetto di spesa dello scostamento pari al 17,8 per cento (era 17,1 per cento nel 2023).
Si tratta di un quadro in netto peggioramento rispetto all’esercizio 2023, in quanto nessuna regione riesce a contenere la spesa complessiva al di sotto del tetto del 15,3 per cento.
Per quanto concerne la spesa convenzionata, l’abbassamento del tetto di spesa da 7 a 6,8 ha ampliato la platea delle regioni che registrano uno scostamento (sono 8, a fronte di 5 per il 2023); in relazione alla diretta, invece, l’innalzamento del tetto da 7,95 a 8,30 non ha assorbito il surplus di spesa, che è aumentato del 12 per cento e ha trainato verso lo sfondamento della soglia complessiva di spesa tutte le Regioni e Province Autonome.
L’andamento crescente della spesa farmaceutica risulta quindi poco influenzato dai progressivi incrementi dei limiti stabiliti dal legislatore, che pure, per la spesa diretta, sono passati dal 2,4 per cento nel 2007 all’8,3 per cento nel 2024.


Le grandi apparecchiature sanitarie

Nel 2022, il nostro Paese era in testa ai partner europei per numero totale di apparecchi per mammografie e tomografi a emissione di positroni (PET).
Il problema non sembra tuttavia essere tanto la quantità, quanto la vetustà delle apparecchiature disponibili.
Guardando infatti più nel dettaglio alla situazione italiana, i dati più recenti pubblicati da Agenas (aggiornati al maggio 2024) mostrano come un’elevata quota delle 8.228 apparecchiature rilevate abbia più di 5 o 10 anni e quindi sia obsoleta o a rischio obsolescenza.
Le percentuali più elevate di apparecchiature vetuste (con oltre 10 anni di età) si trovano tra le gamma camere (74 per cento), risonanze (44 per cento), angiografi (41 per cento) e TC/PET (38 per cento).
Solo il 36 per cento di mammografi risulta di età recente (acquistato da meno di 5 anni), mentre il 36 per cento ha tra i 5 e i 10 anni e quasi un terzo oltre 10 anni (il 28 per cento – di cui il 77,2 per cento mammografi convenzionali e il 18 per cento digitali); analogamente, le risonanze magnetiche con età inferiore a 5 anni sono il 28 per cento, tante quante quelle nella classe di età intermedia, mentre quelle più vetuste rappresentano quasi la metà (44 per cento)81.

Più elevata la propensione all’innovazione nelle strutture pubbliche rispetto al privato: la quota di apparecchiature più recenti (con meno di 5 anni) è maggiore nel pubblico (35 per cento) rispetto al privato (30 per cento), mentre la quota di quelle più vetuste (con più di 10 anni) è simile in media nel privato (38 per cento) rispetto al pubblico (39 per cento).
In questo quadro si inserisce il PNRR, che ha destinato all’intervento di ammodernamento delle grandi apparecchiature del SSN 1,9 miliardi.83.
Il target previsto dal Piano prevedeva la sostituzione di 3100 apparecchiature, mentre la programmazione contenuta nei CIS estende tale numero a 3223.
Il target finale europeo, rinviato alla fine del primo semestre 2026 per ritardi legati alla pianificazione delle sostituzioni, ai lavori di installazione, all’aumento dei prezzi e alle difficoltà di approvvigionamento, sta procedendo ora a un ritmo sostenuto, sebbene con differenze tra le regioni sia rispetto all’avanzamento fisico che finanziario.
Dall’ultimo monitoraggio reso disponibile dal Ministero della salute (marzo 2025) emerge infatti che il 97 per cento delle apparecchiature previste dai Cis è stato ordinato e in gran parte anche consegnato (l’80 per cento); solo il 77 per cento di essere è stato anche oggetto di collaudo.