Indirizzo
Corso Matteotti 15,
Cremona, CR 26100
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A cura di Giancarlo Montedoro –
La promozione della ricerca, dello sviluppo e dell’innovazione rientra tra gli obiettivi dell’Unione come emerge dall’art. 179 del TFUE.
L’Ue si propone l’obiettivo di rafforzare le sue basi scientifiche e tecnologiche con la realizzazione di uno spazio europeo per la ricerca.
Favorire la competitività della società e dell’economia europea, inclusa quella della sua industria, promuovere le azioni di ricerca ritenute necessarie sono le direttrici che ispirano Europa 2020, il documento che ha fissato l’obiettivo – prepandemico e prebellico – di una crescita intelligente, sostenibile, inclusiva.
Si tratta dei noti obiettivi della transizione verde e digitale che sono divenuti dei veri e propri mantra istituzionali – non senza suscitare perplessità nelle menti più critiche – essendo obiettivi che stabiliti dalle istituzioni europee vengono poi calati negli spazi giuridici nazionali incontrando le contraddizioni delle normative dei singoli paesi e delle stesse rigidità della disciplina europea dettata su altri piani ( ad es. per regolare gli appalti ) e quindi determinando una diffusa insoddisfazione per il modo in cui il diritto europeo funziona a contatto con la realtà.
Nel disegno europeo la sfera pubblica è insieme promotrice e beneficiaria dell’innovazione.
In questo quadro dovrebbe essere chiaro che:
Lo stato nazionale deve creare le condizioni di contesto ed il lavoro lo devono fare i privati e gli attori sociali e pubblici che sono i veri artefici dell’innovazione. Ciò è conforme al principio europeo e costituzionale nazionale di sussidiarietà e di libertà della ricerca scientifica e tecnologica.
Lo Stato innovatore comporta il riconoscimento al settore pubblico di una funzione fondamentale nell’attività di ricerca, funzione che porta a svolgere funzioni di sostegno allo sviluppo tecnologico che i privati non sono in grado di eguagliare per mancanza di risorse, propensione al rischio e capitali pazienti.
Ciò si traduce in una panoplia di interventi:
Un documento fondamentale per il punto degli appalti è noto come Public Procurement for Innovation.
L’innovazione è intesa come innovazione di prodotto, di processo o significativo miglioramento dell’uno o dell’altro.
Naturalmente nel complesso della strategia europea un nodo essenziale è l’utilizzazione degli appalti di ricerca e sviluppo.
La libertà della scienza comporta – teoricamente – una libertà nella ricerca del partner in deroga alla concorrenza (tale concetto è sviluppato da Spada I contratti di ricerca e sviluppo Dir. amm. 2021, 687 e ss ).
In sostanza la valorizzazione della ricerca scientifica su un piano generale comporta la necessità di un sistematico e quanto più possibile incisivo arretramento del diritto eurounitario dei contratti pubblici.
Ciò per garantire la massima flessibilità a questa attività essenziale per lo sviluppo di una società della conoscenza.
Ma in realtà il diritto dei contratti pubblici quale disegnato dal relativo codice prevede una serie di contratti nel campo della ricerca che sono soggetti al codice, così definendo un campo interferenziale che è foriero di problemi applicativi.
La norma cruciale è l’art. 135 del codice dei contratti.
Essa prevede che :
“Relativamente ai servizi di ricerca e sviluppo, le disposizioni del codice si applicano esclusivamente ai contratti relativi ai servizi di cui all’allegato II.19, a condizione che:
a) i risultati appartengano esclusivamente alla stazione appaltante, per essere destinati all’esercizio della propria attività;
b) la prestazione del servizio sia interamente retribuita dalla stazione appaltante.
2. Le stazioni appaltanti possono ricorrere, in applicazione dei principi di cui agli articoli 1, 2 e 3, agli appalti pubblici pre-commerciali, che rispettino le condizioni delle lettere a) e b) del comma 1, quando:
a) siano destinati al conseguimento di risultati non appartenenti in via esclusiva alla stazione appaltante, che li usi nell’esercizio della propria attività;
b) la prestazione del servizio non sia interamente retribuita dalla stazione appaltante;
c) l’esigenza non possa essere soddisfatta ricorrendo a soluzioni già disponibili sul mercato
L’allegato II.19 recita descrivendo le categorie dei servizi ai quali il codice si applica:
“CODICE CPV DESCRIZIONE
73000000-2 Servizi di ricerca e sviluppo nonché servizi di consulenza affini
73100000-3 Servizi di ricerca e sviluppo sperimentale
73110000-6 Servizi di ricerca
73111000-3 Servizi di laboratorio di ricerca
73112000-0 Servizi di ricerca marina
73120000-9 Servizi di sviluppo sperimentale
73300000-5 Progettazione e realizzazione di ricerca e sviluppo
73420000-2 Studi di prefattibilita’ e dimostrazione tecnologica
73430000-5 Collaudo e valutazione.”
In sostanza il codice si applica solo a certi servizi ed a condizione che i risultati della ricerca e sviluppo appartengano alla pubblica amministrazione in via esclusiva compresi i diritti di proprietà intellettuale e sempre che la prestazione del servizio sia retribuita interamente dalla pubblica amministrazione aggiudicatrice.
I contratti di ricerca e sviluppo sono così concepiti come contratti in cui la ricerca è la causa del contratto e sono di norma lasciati ad uno spazio di libertà (salvo che non vi sia un interesse erariale all’acquisizione del risultato della ricerca ed un finanziamento pubblico integrale del contratto).
Ciò consente di liberalizzare la ricerca del partner contrattuale.
Ricerca (o scelta) contrattuale libera come libera è la ricerca.
Scelta contrattuale libera che può essere intesa anche come ricerca cooperativa, ossia scelta volta ad individuare il privato che come assetto organizzativo e caratteristiche scientifico-tecnologiche sia in grado di meglio rispondere alle esigenze dell’ente di ricerca.
Prevale la finalità di ricerca e sviluppo sulla finalità di rispetto della concorrenza nell’art. 135 del codice dei contratti.
Il corollario di questa opzione del legislatore molto chiara è che basterà che si realizzi una delle condizioni negative contemplate dalla norma (mancanza di un cpv fra quelli indicati ai fini dell’applicabilità del codice; mancanza di una retribuzione del contratto integralmente a carico della pa; mancanza di un diritto di esclusiva a favore della p.a. nell’utilizzazione dei risultati della ricerca) per escludere l’applicabilità del codice dei contratti.
Anac sul punto dovrebbe svolgere una riflessione in modo da fornire indicazioni che diano certezza agli operatori pubblici e vadano nel senso dello spirito “liberale” della legislazione e sicuramente v’è la sensibilità istituzionale per arrivare a tale risultato, attraverso la continua ed opportuna interlocuzione con il mondo della ricerca.
I contratti di ricerca e sviluppo, tranne quelli indicati, non sono solo contratti esclusi ma contratti estranei al codice dei contratti.
Naturalmente vi sono i rischi di elusione.
Una condivisione fittizia di risultati con i privati elude il codice.
Una remunerazione pubblica non integrale ma con partecipazione irrisoria dei privati elude le disposizioni del codice.
Si tratta di una questione di serietà nell’interpretazione e nell’applicazione intesa ad evitare inutili (e dannosi) rigorismi ed altresì facili accomodamenti che nascondono private pattuizioni di favore.
Un cenno va fatto ai c.d. appalti pre-commerciali.
L’appalto pre-commerciale è un appalto avente ad oggetto un’attività di ricerca sviluppo ed innovazione, finalizzato alla produzione o al sostanziale miglioramento dei beni o servizi innovativi, non ancora esistenti sul mercato.
La p.a. non riserva a sé il risultato e lo condivide a condizioni di mercato.
Di norma mira alla costruzione di un prototipo.
Non all’acquisto del diritto di esclusiva sullo stesso, non all’acquisto della soluzione innovativa per lo sfruttamento brevettuale.
I campi di attività con i quali si incrociano gli appalti pre-commerciali sono la ricerca di base, la ricerca applicata e lo sviluppo sperimentale.
La ricerca di base o ricerca pura (su cui s veda il D.M. 594 del 26 luglio 2016), è un’attività scientifica o teorica volta ad acquisire nuove conoscenze sui fondamenti dei fenomeni naturali, indipendentemente da specifiche applicazioni pratiche immediate. Il suo obiettivo primario è aumentare la comprensione del mondo, gettando le fondamenta su cui si baseranno future scoperte, tecnologie e terapie.
La ricerca applicata – rilevante sul piano dei processi industriali – consiste nella ricerca pianificata o indagini critiche miranti ad acquisire nuove conoscenze e capacità, da utilizzare per sviluppare nuovi prodotti, processi o servizi o apportare un notevole miglioramento dei prodotti, processi o servizi esistenti. Essa comprende la creazione di componenti di sistemi complessi e può includere la costruzione di prototipi in ambiente di laboratorio o in un ambiente dotato di interfacce di simulazione verso sistemi esistenti e la realizzazione di linee pilota, se ciò è necessario ai fini del miglioramento tecnico- industriale, in particolare ai fini della convalida di tecnologie generiche.
Sviluppo sperimentale: l’acquisizione, la combinazione, la strutturazione e l’utilizzo delle conoscenze e capacità esistenti di natura scientifica, tecnologica, commerciale e di altro tipo allo scopo di sviluppare prodotti, processi o servizi nuovi o migliorati nell’ambito di processi produttivi esistenti. Rientrano in questa definizione anche altre attività destinate alla definizione concettuale, alla pianificazione e alla documentazione concernenti nuovi prodotti, processi o servizi. Rientrano nello sviluppo sperimentale la costruzione di prototipi, la dimostrazione, la realizzazione di prodotti pilota, test e convalida di prodotti, processi o servizi nuovi o migliorati, effettuate in un ambiente che riproduce le condizioni operative reali laddove l’obiettivo primario è l’apporto di ulteriori miglioramenti tecnici a prodotti, processi e servizi già esistenti ma che non sono sostanzialmente definitivi. Lo sviluppo sperimentale può quindi comprendere lo sviluppo di un prototipo o di un prodotto pilota utilizzabile per scopi commerciali che è necessariamente il prodotto commerciale finale e il cui costo di fabbricazione è troppo elevato per essere utilizzato soltanto a fini di dimostrazione e di convalida. Lo sviluppo sperimentale non comprende tuttavia le modifiche di routine o le modifiche periodiche apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione e servizi esistenti e ad altre operazioni in corso, anche quando tali modifiche rappresentino miglioramenti ( il diritto europeo si occupa di ciò nella disciplina degli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione. 2014/C 198/01. Comunicazione della Commissione 27/06/2014 ).
L’appalto precommerciale ( pre-commercial procurement – PCP ) mirante al prototipo sarà poi seguito da un appalto vero e proprio.
Si richiama al riguardo la Comunicazione della Commissione Europea 14.12.2007 – COM (2007) 799 «Appalti pre commerciali: promuovere l’innovazione per garantire servizi pubblici sostenibili e di elevata qualità in Europa»
Il PCP – contratto che vuole essere di stimolo allo sviluppo della ricerca – attiene dunque a quegli appalti “concernenti servizi di ricerca e sviluppo diversi da quelli i cui risultati appartengono esclusivamente alla stazione appaltante perché li usi nell’esercizio della sua attività, a condizione che la prestazione del servizio sia interamente retribuita da tale amministrazione”.
Gli effetti degli appalti pre- commerciali sul territorio, possono essere ad esempio:
Il PCP rappresenta un vantaggio sia per gli acquirenti pubblici che per le imprese in quanto:
a) la PA acquista l’innovazione a prezzi inferiori rispetto a quelli di mercato;
b) l’impresa potrà godere dei risultati dello sviluppo del prodotto o servizio innovativo, compresa la commercializzazione.
Secondo la direttiva 2014/24/CE sugli aiuti di Stato alla ricerca tali modelli continuerebbero ad essere disponibili, ma l’intento ulteriore è quello di contribuire ad agevolare gli appalti pubblici nel settore dell’innovazione consentendo agli Stati membri di concentrare maggiori risorse sulla ricerca (Considerando 47 Direttiva 24).
L’appalto pre-commerciale si distingue poi dal partenariato per l’innovazione di cui all’art. 75 del codice dei contratti ove si voglia dare dell’art. 75 del codice una valenza di norma sostanziale che disciplina un tipo contrattuale, essenzialmente per il modello di distribuzione dei rischi e per l’esistenza nel partenariato di un accordo per la commercializzazione che fa del partenariato per l’innovazione un contratto che non ha spiccate finalità sperimentali come il PCP o accordo pre-commerciale.
Ove si veda nell’art. 75 una norma procedurale (non sostanziale) che disciplina una procedura di scelta per il contraente essa sarà applicabile astrattamente anche all’accordo pre-commerciale, mutatis mutandis, ossia con le opportune operazioni di adattamento (irrilevanza della fase commerciale).
Sarà compito della giurisprudenza in futuro meglio mettere a fuoco il rapporto fra art. 135 ed art. 75 del codice dei contratti.
Nel PCP, connotato da una finalità spiccatamente sperimentale, il finanziamento potrà essere anche a maggioranza pubblica, v’è un diverso e maggiore meccanismo di condivisione dei rischi e dei benefici che possono ricadere sulla p.a., la comunicazione del 2007 prima citata descrive le procedure utilizzabili che sono le consultazioni, le indagini di mercato che certifichino che il mercato, al momento, non ha una risposta tecnologica al bisogno, a questo punto si apre un contatto con i privati che propongono soluzioni, mediante procedure flessibili ma aperte, trasparenti e non discriminatorie volte all’elaborazione del prototipo, successivamente si passa alla fase sperimentale, in ultimo c’è la messa in commercio, con vantaggio anche per la p.a. predefinibile contrattualmente ma senza che ciò costituisca la ragione specifica del contratto (ma solo un’evenienza accidentale ).
Qualche considerazione finale.
Il rapporto fra attività amministrative volte a favorire la ricerca e lo sviluppo ed il diritto dei contratti pubblici è cruciale.
Si tratta di una sfida di una certa complessità.
Essa comporta il superamento di una certa cultura del formalismo amministrativo (non delle garanzie formali) legato al tradizionale modello dell’amministrazione autoritativa.
Si tratta di andare verso un modello di organizzazione e di attività dell’amministrazione che metta al centro l’amministrazione condivisa con i privati e recuperi un certo tasso di informalità.
Naturalmente i limiti – allo stato insuperabili – che si incontrano sono quelli della primazia del diritto europeo sul diritto nazionale (onde evitare che si creino soluzioni nazionali differenziate negli ambiti del diritto armonizzato dell’UE) e della necessità di non incorrere in illeciti civili della p.a.
Su quest’ultimo aspetto va ricordato che induce paura della firma – al di là delle riforme già intervenute sul piano penalistico – anche la dilatazione dell’area della responsabilità civile, con la creazione di modelli di accountability basati sulla responsabilità da contatto sociale (figura dogmatica di derivazione tedesca ormai di adozione giurisprudenziale in Italia) che, applicati alla p.a. che deve curare interessi generali, rischiano – il tema trascende quello della ricerca – di determinare prudenza eccessiva nell’adozione di moduli di azione amministrativa informale ( anche quando doverosi ).
Vero è che si applica l’art. 2043 cod. civ. alla p.a. a partire dalla sentenza Cass. n. 500 del 1999 ed oggi nelle forme codificate dal processo amministrativo e di fronte al G.A. con il correttivo del regime speciale dell’art. 1227 cod. civ. ma senza la considerazione di una diversa tipologia di responsabilità civile di tipo speciale, quantomeno per gli ambiti codificati di azione amministrativa informale, la rigidità burocratico formalistica dell’amministrazione difensiva non sarà facilmente superata.
L’abrogazione dell’abuso dell’ufficio e la riduzione della responsabilità contabile sono stati dei passaggi necessari ( persino su taluni punti eccessivi ) per lo sganciamento dell’amministrazione dal modello del passato ma resta un lavoro di affinamento da condurre sul modello di responsabilità civile più adeguato a salvaguardare efficienza dell’attività e responsabilizzazione dell’attore pubblico , scoraggiando i free riders privati dell’azione risarcitoria, pronti ad innescare pretese in caso di errori procedimentali minimi o formali.
Il diritto dei contratti pubblici in materia di ricerca e sviluppo sposa l’informalità.
Ciò risulta chiaramente dall’art. 135 del codice dei contratti pubblici che stabilisce una regola che esenta i contratti di ricerca e sviluppo dalle ordinarie regole codicistiche e prevede i casi in cui per la peculiarità del contenuto contrattuale si applica il codice.
I contratti pre-commerciali sono favoriti mediante procedure flessibili, ma complesse per le valutazioni tecniche sottostanti e sono contratti di sostegno allo sviluppo della ricerca.
Il resto – di più specifico interesse degli enti di ricerca – può farsi informalmente (vi comprese le forniture) tenendo presente che ormai gli affidi sottosoglia possono effettuarsi con il rispetto del principio di rotazione anche mediante affidi diretti ( artt. 44 e ss. ) e procedure negoziate.
Per gli appalti sopra soglia sarà necessaria una stazione di committenza idonea e ben organizzata.
Nei partenariati per l’innovazione di cui all’art. 75 c’è un meccanismo di condivisione del progetto di ricerca ed una finalizzazione commerciale che mette al centro l’interesse pubblico ad acquisire un prodotto nuovo; si tratta di un contratto a mezzo fra appalto e partenariato ( di cui mutua – come il PCP ossia l’accordo pre-commerciale – un modello cooperativo senza rigida imposizione di un modello di condivisione dei rischi ).
Poi ci sono anche i normali partenariati pubblico-privati ( in questi ultimi il finanziamento pubblico è ridotto considerevolmente in ragione del modello di distribuzione dei rischi quindi i privati devono assumersi i rischi in modo pieno e si devono porre condizioni specifiche per la condivisione della proprietà intellettuale che remunerino i privati ).
Restano le direttrici di azione amministrativa per vincere la sfida della complessità negli appalti di ricerca:
Mettere al centro la libertà della ricerca.
Sul piano degli interventi legislativi potrebbe introdursi un articolo 135 bis del codice che disciplini – liberalizzandole – le microforniture accessorie nei contratti di ricerca o strumentali alle attività di ricerca, nei limiti del sottosoglia e fermi i divieti di frazionamento artificioso che è necessario mantenere in tutti i casi in cui le forniture siano agevolmente programmabili negli atti di programmazione della spesa e superino le soglie comunitarie.
La peculiarità della ricerca scientifica impone una lettura avvertita della disciplina dei contratti pubblici ed un rinnovamento culturale dell’amministrazione.
(fonte: www.giustizia-amministrativa.it)