Sindacato giurisdizionale e discrezionalità tecnica nell’era dell’Intelligenza Artificiale: i limiti del vaglio amministrativo sulle offerte innovative negli appalti pubblici

Avv. Anna Cristina Salzano

La pronuncia in commento, resa dal Consiglio di Stato, Sezione Terza, con la sentenza n. 8092/2025, si inserisce nel vivo del dibattito contemporaneo riguardante l’impatto delle nuove tecnologie e, segnatamente, dell’Intelligenza Artificiale (IA), nell’ambito della contrattualistica pubblica. Confermando la sentenza di rigetto emessa in primo grado del TAR per il Lazio n. 4546/2025, cristallizza un principio fondamentale in materia di evidenza pubblica: il sindacato del Giudice amministrativo sulle valutazioni espresse dalla stazione appaltante, pur estendendosi alla verifica della logicità e ragionevolezza dell’azione amministrativa, incontra un limite invalicabile nella sfera della discrezionalità tecnica, in special modo quando tale discrezionalità si appunta su elementi di innovazione tecnologica quali l’utilizzo dell’IA  nell’esecuzione delle commesse pubbliche.

La vicenda trae origine dall’impugnativa promossa dalla ricorrente terza classificata in una procedura per l’affidamento di servizi di pulizia e sanificazione in ambito sanitario la quale, proponendo varie censure articolate su molteplici fronti, dalla congruità dell’offerta economica alla qualificazione del personale, evidenziava la presunta illegittimità operata dalla stazione appaltante nell’attribuzione di punteggi premiali legati all’impiego di soluzioni di Intelligenza Artificiale.

Nel caso di specie, l’appellante contestava circa l’attendibilità delle valutazioni espresse dalla Commissione giudicatrice sull’offerta tecnica dell’aggiudicataria sostenendo che gli strumenti di IA dichiarati non fossero tecnicamente in grado di svolgere le funzioni promesse, basando tale assunto su interrogazioni effettuate (in proprio) tramite i medesimi software generativi.

Il Collegio, respingendo tale ricostruzione, evidenziava come l’attribuzione dei punteggi fosse il frutto di una valutazione “globale e sintetica”, dove l’elemento tecnologico costituiva solo una delle componenti del modello organizzativo, e non necessariamente quella determinante, rigettando così il tentativo di parte ricorrente di invalidare l’intera offerta tecnica sulla base di una critica atomistica allo strumento digitale utilizzato.

Orbene, il principio di diritto che emerge con forza dalla decisione del Consiglio di Stato, confermativa della sentenza di primo grado, riafferma la centralità della discrezionalità tecnica della Commissione giudicatrice, la quale non può essere surrogata dalle valutazioni soggettive del ricorrente, nemmeno quando queste ultime facciano leva su presunte inefficienze tecnologiche degli strumenti di IA proposti dagli avversari.

Invero, il sindacato giurisdizionale sulle valutazioni tecniche, incluse quelle aventi ad oggetto l’implementazione di tecnologie avanzate come l’IA nell’esecuzione dell’appalto, rimane limitato ai profili di manifesta illogicità, irragionevolezza o errore di fatto, senza poter esorbitare in un’inammissibile sostituzione del giudizio dell’Amministrazione.

Tale evidenza si allinea con i principi generali di cui all’agere amministrativo, nella sua natura di attore a tutela sia del migliore risultato per l’interesse pubblico sia della legalità nel governo della procedura con gli operatori economici, nella sua fattispecie di tutela della concorrenza.

E, infatti, l’introduzione dell’IA non modifica la natura del procedimento amministrativo né le regole del sindacato giurisdizionale, ma richiede semmai una lettura attenta del rapporto tra strumento tecnologico e decisione umana.

Nel caso in oggetto, infatti, l’appellante ha sostenuto l’inattendibilità delle valutazioni della stazione appaltante, argomentando che “le tecnologie di IA indicate dall’aggiudicataria non erano in grado di effettuare le operazioni da questa indicate in offerta”. Tale censura, già respinta in primo grado, mirava a dimostrare che l’ausilio dell’IA, per come prospettato dall’aggiudicataria, fosse impossibile da realizzare o comunque inidoneo, rendendo il punteggio attribuito illegittimo per difetto di istruttoria.

Sul punto, sia il Giudice di prime cure che il Consiglio di Stato hanno opposto una ferma posizione, delineando un argine netto a tutela della scelta discrezionale amministrativa.

Il Collegio ha infatti respinto questa doglianza applicando rigorosamente i canoni del sindacato sulla discrezionalità tecnica osservando come la critica mossa dall’appellante “sottintende una non consentita sostituzione del convincimento opinabile e personale dell’appellante rispetto all’attribuzione dei punteggi effettuata dalla Commissione giudicatrice, nell’esercizio del proprio potere tecnico-discrezionale”. In questa prospettiva, l’Intelligenza Artificiale non viene considerata dal Giudice amministrativo come un’entità autonoma capace di inficiare o validare automaticamente una procedura, bensì come uno strumento, come “un mero ausilio rispetto allo svolgimento dell’attività amministrativa nelle sue classiche modalità operative” (Cons. Stato, Sez. IV, n. 4857/2025), cui validità operativa rientra nel pieno apprezzamento di merito della stazione appaltante.

E, infatti, la Commissione avrebbe attribuito i punteggi “prendendo in considerazione plurimi elementi e non solo l’utilizzo dell’intelligenza artificiale”, a dimostrazione dell’infondatezza dell’assunto secondo cui “l’utilizzo dell’intelligenza artificiale abbia avuto un peso determinante ai fini dell’attribuzione di un punteggio tecnico elevato”.

D’altronde, già era emerso come la contestazione si basasse su una “estrapolazione parziale e fuorviante dei contenuti dell’offerta tecnica”, chiarendo conseguentemente come l’aggiudicataria avesse proposto un impiego dell’IA “mirato e specifico”, da intendersi tale quale “ulteriore strumento di supporto matematico/statistico e di elaborazione di dati”, e non come un modello generale astratto o sostitutivo delle attività umane essenziali.

Emerge, pertanto, come “l’ausilio” venga qui valorizzato quale elemento “strumentale e di supporto”, in linea con i principi anche eurounitari (Regolamento (UE) 1689/2024, AI Act, L. n. 132/2025), che vedono nella tecnologia un ausilio all’efficienza e non una sostituzione della responsabilità umana o operativa (il cosiddetto principio “human in the loop”). Tale approccio appare quindi coerente con l’orientamento dottrinale e giurisprudenziale che tende a distinguere nettamente, da un lato, tra “decisione algoritmica” e, dall’altro, tra “algoritmo di supporto”, quale il caso de quo. Se infatti, nel primo, l’amministrazione decide per il tramite di algoritmo (scenario che richiederebbe le garanzie di trasparenza e non esclusività ex art. 30 del D. Lgs. 36/2023; si vedano, ex multis, TAR Venezia, Sez. III, n. 1845/2025, Sez. III, n. 3029/2024, Cons. Stato, n. 8472/2019, n. 8473/2019, n. 8474/2019, n. 2270/2019 e n. 881/2020), nel secondo si configura una traslazione soggettiva nell’utilizzo dello strumento AI laddove il suo utilizzo viene proposto da un concorrente esclusivamente per efficientare il servizio offerto.

La valutazione di tale proposta spetta, pertanto, interamente all’uomo, nella persona della Commissione di gara, la quale ha ritenuto “plausibile” e non “irrealistico” l’impiego di tali tecnologie nell’esecuzione del servizio proposto. L’accoglimento della tesi dell’appellante avrebbe comportato un’inammissibile invasione della sfera propria della pubblica amministrazione (Cons. Stato, Sez. V, 3 maggio 2019, n. 2879; id., 12 marzo 2018, n. 1541; Sez. III, 17 giugno 2019, n. 4025; Sez. V, 2 maggio 2019, n. 2879), pretendendo che il Giudice amministrativo sovrapponesse le proprie (o quelle di parte) verifiche empiriche su software commerciali alle valutazioni complesse operate dalla stazione appaltante.

In conclusione, nel confermare la sentenza di primo grado rigettando l’appello, il Collegio evidenzia come, pur nella rinnovata configurazione dettata dell’avvento di sistemi di Large Language Model nell’ambito degli affidamenti pubblici, l’attuazione del principio di separazione dei poteri applicato al procedimento amministrativo permane quale cardine assoluto dell’attività pubblica, evidenziando come non vi sia spazio per dedurre “l’inattendibilità delle valutazioni” basandosi su “interrogazioni” private del software effettuate dal privato concorrente, poiché ciò equivarrebbe a contrapporre un’aleatoria perizia di parte alla valutazione ufficiale dell’organo tecnico. Il controllo umano, esercitato attraverso la valutazione della Commissione, rimane pertanto il filtro indispensabile e insindacabile – salvi i casi di un uso distorto, logicamente incongruo e irrazionale – per validare l’uso di tali tecnologie, rifuggendo l’attribuzione al Giudice della qualifica di validatore degli algoritmi o dei software proposti dagli operatori economici.

La legittimità dell’azione amministrativa, quindi, anche di fronte a sfide complesse come la valutazione di sistemi di Intelligenza Artificiale, si misura sulla coerenza logica, sulla non manifesta irragionevolezza e sull’adeguatezza dell’istruttoria, con la conseguenza che il sindacato giurisdizionale in merito “incontra forti limitazioni e non può sovrapporsi a valutazioni di merito spettanti all’amministrazione […], evidenziando non già la mera (e fisiologica) non condivisibilità del giudizio comparativo, bensì la sua radicale ed intrinseca inattendibilità tecnica o la sua palese insostenibilità logica”.