Accesso difensivo e segreti commerciali: la Commissione Europea censura il meccanismo previsto dal nuovo Codice dei Contratti Pubblici.

Avv. Anna Cristina Salzano –

Con la lettera di messa in mora INFR(2018)2273 dell’8 ottobre 2025, la Commissione Europea ha formalizzato una serie di contestazioni di non conformità del quadro giuridico italiano in materia di contratti pubblici, tra cui in relazione alla disciplina sull’accesso di cui agli artt. 35 e 36 d. lgs. 36/2023.

La Commissione, pur prendendo atto delle significative modifiche e riforme introdotte nell’ordinamento giuridico italiano con l’adozione del decreto correttivo al Codice dei Contratti Pubblici in merito alle questioni precedentemente sollevate con le lettere di messa in mora del 2019, rileva che alcuni dei rilievi mossi non sono stati interamente risolti con l’adozione del decreto correttivo, e che alcune disposizioni del codice continuano a non essere conformi al diritto dell’UE in materia di appalti pubblici.

L’art. 35 del nuovo Codice dei Contratti Pubblici, pur prevedendo, al comma 4, la possibilità di escludere dall’accesso le informazioni che costituiscano segreti tecnici o commerciali, introduce al comma 5 una disposizione che, secondo la Commissione, scardina l’equilibrio delineato dal diritto dell’Unione Europea, prevedendo che sia “consentito l’accesso al concorrente, se indispensabile ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi giuridici rappresentati in relazione alla procedura di gara”.

Secondo la Commissione l’effetto pratico di tale previsione è quello di sancire una prevalenza generale, astratta e sostanzialmente automatica del cosiddetto “accesso difensivo” rispetto alla tutela della riservatezza, sottraendo alla stazione appaltante il potere di effettuare una ponderazione degli interessi in gioco nel caso concreto. La conseguenza prima è, quindi, una violazione dei principi europei stabiliti con la Direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici.

Il quadro normativo euro-unitario sul tema, costituito dall’articolo 21, paragrafo 1 (“Riservatezza”) della citata Direttiva, da leggersi in combinato disposto con gli articoli 50 e 55 della stessa, prevede infatti che “l’amministrazione aggiudicatrice non rivela informazioni comunicate dagli operatori economici e da essi considerate riservate, compresi anche, ma non esclusivamente, segreti tecnici o commerciali, nonché gli aspetti riservati delle offerte” fatti salvi “[…]  gli obblighi di informazione dei candidati e degli offerenti, previsti agli articoli 50 e 55”.

Emerge conseguentemente come, per le parti relative all’offerta la cui “divulgazione ostacoli l’applicazione della legge, sia contraria all’interesse pubblico, pregiudichi i legittimi interessi commerciali di un operatore economico oppure possa recare pregiudizio alla concorrenza leale” (art. 55, co. 4), la disciplina europea impone una necessaria ricerca di equilibrio tra il diritto alla tutela delle informazioni riservate e le parimenti degne di tutela esigenze di effettività della tutela giurisdizionale.

Sullo sfondo dell’evidenziata normativa europea, la disciplina nazionale sull’accesso agli atti porrebbe invece un accento maggiore sul versante dell’acquisizione, da parte del concorrente richiedente, della documentazione in possesso dell’Amministrazione e, in specie, alle informazioni riservate, incluse quelle relative a segreti tecnici e commerciali, qualora “indispensabile ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi giuridici”, con ciò stabilendosi una sorta di prevalenza automatica e generalizzata del diritto di accesso difensivo sulla tutela della riservatezza, in violazione quindi dell’art. 21 della Direttiva 2014/24/UE.

Il diritto dell’Unione non nega l’importanza della tutela giurisdizionale, ma la concilia con la protezione dei legittimi interessi commerciali degli operatori economici attraverso un meccanismo di flessibilità. La regola generale è la riservatezza delle informazioni sensibili; la loro divulgazione è un’eccezione che deve essere attentamente ponderata. La Corte di Giustizia, confermando quanto già statuito nella sua sentenza del 17 novembre 2022, Antea Polska e a. (C-54/21), ha infatti chiarito che “la legislazione nazionale non può imporre una scelta generale circa la prevalenza dell’esigenza di effettività della tutela giurisdizionale sul diritto alla tutela delle informazioni riservate. Il bilanciamento tra le esigenze coinvolte deve essere operato caso per caso dall’amministrazione aggiudicatrice” (CGUE Causa C-686/24 ordinanza del 25 giugno 2025).

Il cuore della non conformità risiede, secondo la Commissione, in questo conflitto tra la rigidità della norma italiana e la flessibilità richiesta dal diritto europeo: laddove l’Europa esige un bilanciamento, l’Italia imporrebbe un automatismo. La ponderazione di entrambe presuppone quindi che la valutazione debba essere operata caso per caso dall’amministrazione aggiudicatrice sulla base delle circostanze concrete, non imponendo a priori una prevalenza sulla scelta. La tutela del principio del contradditorio non implica, infatti, che “le parti abbiano un diritto di accesso illimitato e assoluto al complesso delle informazioni relative alla procedura di aggiudicazione”, bensì una valutazione discrezionale della stazione appaltante.

La Commissione ritiene pertanto che la normativa italiana, stabilendo “in modo generalizzato che sia consentito l’accesso del concorrente che lo richieda alle informazioni riservate […] se indispensabile ai fini della difesa”, privi di fatto “l’amministrazione aggiudicatrice della possibilità, garantita dalla direttiva 2014/24/UE, di non divulgare informazioni nelle circostanze di cui agli articoli 50 e 55”. Conseguentemente, la scelta discrezionale che la direttiva affida alla stazione appaltante sarebbe annullata ex lege dal Legislatore nazionale nel momento in cui “stabilisce che il diritto alla tutela giurisdizionale del richiedente prevalga sull’interesse alla riservatezza del concorrente”, in palese violazione dell’art. 21, paragrafo 1 della Direttiva 2014/24/UE.

In conclusione, la censura della Commissione è netta: l’art. 35, comma 5, prevedendo l’obbligo per l’amministrazione aggiudicatrice di concedere all’offerente che ne faccia richiesta l’accesso alle informazioni riservate elimina l’effettività della discrezionalità amministrativa nel bilanciare tale diritto con quelli relativi alla tutela dei citati segreti tecnici e commerciali, e dunque si pone in contrasto con l’articolo 21, paragrafo 1, della Direttiva 2014/24/UE, in combinato disposto con gli articoli 50 e 55 della stessa, nonché con gli articoli corrispondenti delle altre direttive sui contratti pubblici e, più precisamente gli articoli 28 e 40 della direttiva 2014/23/UE e gli articoli 39, 70 e 75 della direttiva 2014/25/UE.

La lettera di messa in mora invita l’Italia a presentare osservazioni entro due mesi dal ricevimento della lettera; spirato tale termine la Commissione si riserva il diritto di emettere, se del caso, il parere motivato previsto dall’art. 258 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea.