I contratti esclusi e il rispetto dei principi del Codice

– Avv. Lamberto Ghilardi

Il Codice dei Contratti Pubblici prevede che alcune tipologie siano escluse dalla sua applicazione

Il secondo comma dell’art 13 dispone infatti che “Le disposizioni del codice non si applicano ai contratti esclusi, ai contratti attivi e ai contratti a titolo gratuito, anche qualora essi offrano opportunità di guadagno economico, anche indiretto.”

I contratti esclusi  (per i settori ordinari) sono quelli individuati  nell’art 56 e , fra questi, si segnalano in particolare quelli indicati dalla lett e ) , vale a dire quelli aventi ad oggetto l’acquisto o la locazione, quali che siano le relative modalità finanziarie, di terreni, fabbricati esistenti o altri beni immobili o riguardanti diritti su tali beni.

La fattispecie di contratto attivo o  a titolo gratuito è invece racchiusa nelle definizioni  di cui all’art 2 dell’allegato I del Codice ed in particolare nelle lettera.
g) “contratti a titolo gratuito, i contratti in cui l’obbligo di prestazione o i sacrifici economici direttamente previsti nel contratto gravano solo su una o alcune delle parti contraenti “e nella lettera h) “contratti attivi», i contratti che non producono spesa e da cui deriva un’entrata per la pubblica amministrazione“.

Fatte queste premesse di inquadramento normativo, affrontiamo una questione che da sempre interessa gli operatori del settore  e cioè se  queste  tipologie contrattuali siano gestibili senza alcun vincolo o se, al contrario, anche per esse  valga il dovere/obbligo di rispettare alcuni principi propri del Codice.

Ma andiamo per ordine, prendendo spunto da una recente sentenza che affronta l’argomento con riguardo ai contratti attivi.

Secondo il Tar Brescia 12 agosto 2025 n. 764,infatti, l’affidamento dei contratti attivi, sebbene escluso dall’applicazione del codice dei contratti pubblici, deve garantire l’interpello del mercato e il confronto concorrenziale.

La pronuncia, dopo aver inquadrato sistematicamente le differenze tra appalto e concessione, individua, nel caso oggetto di controversia, una situazione riconducibile ad un contratto attivo, vale a dire una locazione. 

Nella fattispecie infatti, essendo prevista una durata limitata del rapporto ( soli 5 mesi ) mancava un elemento che avrebbe potuto configurare una concessione.

Da qui ,invece, la collocazione tra i contratti attivi e cioè quelli per i quali la Pa non sostiene un onere finanziario, ma, al contrario, percepisce un corrispettivo dall’affidatario. Nel caso affrontato dal Tar, questo versava al Comune un canone annuo per la gestione degli impianti, acquisendo la possibilità di sfruttarne economicamente l’utilizzo da parte degli utenti.

Il Tar ha sottolineato che tali contratti, pur non ricadendo nel perimetro applicativo del Codice dei Contratti Pubblici (art. 13, comma 2), restano comunque soggetti a tre principi fondamentali:

• principio del risultato (art. 1),
• principio della fiducia (art. 2),
• principio di accesso al mercato (art. 3).

Quest’ultimo implica il rispetto dei valori di concorrenza, imparzialità, non discriminazione, pubblicità e trasparenza, che non possono essere elusi neppure in assenza di una disciplina specifica. Il Tar ha evidenziato come il Comune avesse disatteso tali principi, avendo disposto un affidamento diretto in assenza di adeguata pubblicità, nonostante vi fossero più operatori interessati.

La decisione del Tribunale lombardo è in linea con la posizione assunta da ANAC con la delibera 155 del 30  marzo 2022.

Affrontando la vicenda dell’affitto di un hotel  con una rinegoziazione diretta in via anticipata, l’Autorità , nello stigmatizzare il comportamento dell’Ente proprietario, ha avuto modo di precisare alcuni principi fondamentali che così si riassumono.

In particolare , secondo l’Autorità, la locazione ad uso non abitativo comporta un’entrata per la pubblica amministrazione derivante dalla corresponsione del canone di locazione ed è riconducibile nell’ambito dei “contratti attivi” della pubblica amministrazione, i quali sono assoggettati alla normativa speciale per essi prevista e ai principi generali di cui alla normativa sulla contabilità di Stato e  del Codice dei Contratti Pubblici. Nei contratti di locazione attiva, pertanto, per l’individuazione del conduttore è necessario lo svolgimento di una procedura di valutazione tramite l’espletamento quantomeno di una gara informale, previa pubblicazione di un avviso pubblico o manifestazione di interesse, idonea a rispettare i principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità e tutela dell’ambiente ed efficienza energetica.

Secondo ANAC  quindi la scelta di qualificare un contratto come attivo non può tradursi in un aggiramento delle regole di evidenza pubblica. L’Amministrazione deve comunque garantire l’accesso al mercato e il confronto concorrenziale; il principio di concorrenza resta un vincolo trasversale, anche laddove la disciplina codicistica non trovi piena applicazione.

Quanto sopra vale anche per i contratti a titolo gratuito cui si accennava in precedenza.

Nel  Comunicato del 5 giugno 2024, il Consiglio dell’Autorità Nazionale Anticorruzione ha affermato che la previsione di esclusione dall’ambito di applicazione codicistico degli affidamenti dei contratti a titolo gratuito non può dirsi incondizionata, dovendo trovare, comunque, applicazione i principi generali, anche di matrice europea, che regolano l’operato delle stazioni appaltanti nel settore dell’evidenza pubblica e dell’utilizzo di risorse pubbliche.

Oltre all’espresso richiamo in merito all’attuazione dei principi del risultato, della fiducia e dell’accesso al mercato, Anac riafferma che devono trovare applicazione sia i principi di legalità, trasparenza, e concorrenza – desumibili dal Codice dei contratti – sia i principi generali regolatori dell’attività amministrativa – previsti dalla legge generale sul procedimento amministrativo (l. 241/1990) – ivi compreso l’obbligo generale di motivazione dei provvedimenti stessi.

La stazione appaltante è, pertanto, tenuta a esplicitare le ragioni dell’affidamento e a dare conto delle verifiche effettuate ex ante sui requisiti che attengono alle qualità del soggetto affidatario e alla validità del servizio offerto.

La non assoggettabilità al Codice dei contratti gratuiti comporta l’impossibilità di applicare direttamente le regole della trasparenza.

Al fine di garantirla, comunque, la stazione appaltante è chiamata alla pubblicazione in ‘Amministrazione trasparente’ sottosezione ‘Bandi di gara e contratti’ delle informazioni minime sull’affidamento in merito alla struttura proponente, all’oggetto dell’accordo/affidamento, all’ indicazione dell’affidatario/assegnatario e agli estremi della decisione di dare avvio alla procedura.

A conclusione della disamina delle fattispecie tenute  o meno all’osservanza, quanto meno  dei principi codicistici , si porta all’attenzione la  decisione del Tar Lazio Sez I stralcio 14 maggio 2024 n.9492 secondo cui, anche per i contratti cd “esclusi “ contemplati dall’art 56 del Codice vale la necessità del loro assoggettamento ai principi codicistici,   analogamente che per  le diverse fattispecie esaminate in precedenza.

Secondo il giudice infatti il Dlgs 36, nello stabilire all’articolo 13, comma 5 che i contratti esclusi, nel caso in cui comportino opportunità di guadagno economico anche indiretto, debbano essere affidati nel rispetto dei principi generali, identifica questi ultimi in quelli richiamati agli articoli 1, 2 e 3, e cioè il principio del risultato, il principio della fiducia e il principio dell’accesso al mercato.

In conclusione, si può quindi affermare che ove ci si approcci a dover individuare un affidatario di contratti che, apparentemente sembrano non essere assoggettati alle regole codicistiche, bisognerà, comunque, non trascurare il rispetto di quei principi che , così come disposto dall’art 4 , rappresentano i punti cardine a cui si deve ispirare l’attività della Pubblica Amministrazione in qualsiasi caso di affidamento contrattuale.