Indirizzo
Corso Matteotti 15,
Cremona, CR 26100
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Avv. Stefano Cassamagnaghi –
Con la sentenza in commento, il Consiglio di Stato, Sez. Terza, n. 7274 del 10 settembre 2025, afferma che, in un’ottica sostanzialista e in applicazione del principio del risultato, la valutazione della performance tecnica di un’offerta può e deve tenere conto delle più avanzate e affidabili tecnologie disponibili, anche qualora la lex specialis di gara richiami uno standard tecnico precedente e superato.
Il Collegio, accogliendo l’appello principale, chiarisce come un’interpretazione rigidamente formalistica delle regole di gara – che precluda alla Commissione giudicatrice di avvalersi di un sistema di controllo più evoluto – si tradurrebbe in una violazione del principio del risultato e in una compromissione della tutela della salute pubblica, nel suo primo significato di res publica.
La controversia trae origine dalla gara per la fornitura di servizi medicali di elevata tecnologia e prestazione da eseguirsi nella Regione Toscana (“fornitura di sistemi analitici automatizzati per l’esecuzione di antibiogramma”). Il TAR annullava l’aggiudicazione del secondo in graduatoria, accogliendo la censura relativa alla presunta violazione della lex specialis con riferimento ad uno specifico criterio di valutazione discrezionale che prevedeva l’attribuzione di un punteggio per le “Performance strumentali in termini di categorical agreement rispetto alle metodiche di riferimento”.
In specie, come da allegato tecnico al disciplinare di gara, la ricorrente esponeva la differenza tra “categorical agreement” ed “essential agreement”, assumendone la diversità “ontologica”. Infatti, ad avviso della ricorrente, “… il Categorical Agreement si riferisce alla corrispondenza tra le categorie qualitative dei risultati del nuovo test e del test di riferimento. … L’Essential Agreement, invece, si riferisce alla concordanza tra i valori numerici delle concentrazioni minime inibenti (MIC, Minimum Inhibitory Concentration) ottenute con il nuovo test e quelle del test di riferimento. In genere, si considera che esista EA quando i valori di MIC del nuovo test e del test di riferimento differiscono di al massimo un fattore di diluizione al raddoppio.”. Conseguentemente, ad avviso della ricorrente, alla luce del fatto che “le due metriche, CA ed EA, misurano aspetti diversi della concordanza dei test” e, pertanto, che “… i metodi stessi non possono considerarsi equivalenti”, censurava la violazione della lex specialis laddove la Commissione di gara avrebbe assegnato il punteggio alla aggiudicataria sulla base dei valori di essential agreements.
Secondo la censura, la Commissione avrebbe quindi operato un’inammissibile integrazione postuma della motivazione operando sulla base non dei Categorical Agreement (C.A.) bensì dei cosiddetti Essential Agreement (E.A.) quale nuovo metodo “accreditato dalla evoluzione della normativa di riferimento (ISO-2021)”. Il TAR, aderendo a un’interpretazione rigorosa, aveva ritenuto tale modo di procedere illegittimo, in quanto “la lex specialis abbia espressamente previsto che le performance degli strumenti fossero valutate esclusivamente in termini di Categorical agreement e non di Essential agreement”. Secondo il TAR, pertanto, la Commissione avrebbe utilizzato un parametro di valutazione diverso da quello prescritto dalla lex specialis, violato la par condicio e viziando così l’esito della gara.
Il Consiglio di Stato, muovendo dall’analisi sostanzialistica del necessario bilanciamento tra il rigore formale della lex specialis e la necessità di un’interpretazione teleologica orientata al risultato, evidenzia la volontà del Legislatore del nuovo Codice dei Contratti Pubblici soffermandosi, con esito positivo, se “la performance degli strumenti offerti potesse essere valutata non solo avuto riguardo alla tecnologia di riferimento richiamata dalla disposizione posta a base di gara (in questo caso i C.A.) ma anche considerando le tecnologie più innovative che, secondo la scienza e le norme internazionali, hanno superato la tecnologia precedente”.
Il ragionamento del Collegio si sviluppa, pertanto, lungo due direttrici principali, strettamente interconnesse.
La prima attiene all’applicazione del principio del risultato. L’art. 1 del D. Lgs. 36/2023, stabilendo che l’amministrazione deve tendere a garantire “l’affidamento del contratto e la sua esecuzione con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza”, appare infatti essere il fulcro che permea l’intera attività amministrativa, come confermato dalla Corte Costituzionale (ex multis, sentenze n. 132/2024 e n. 77/2025), sottolineando che il principio del risultato traduce in concreto il canone di buon andamento.
Un’interpretazione strettamente letterale della legge di gara tale da “impedire di valorizzare un’innovazione tecnologica migliorativa” vanificherebbe tale principio. Si determinerebbe, infatti, “l’effetto paradossale di precludere alla Commissione di gara di avvalersi di un sistema di controllo più affidabile rispetto a quello codificato nella precedente versione della stessa norma richiamata dalla lex specialis”.
Una seconda direttrice logica si fonda sulla tutela del massimo bene della vita che l’ordinamento protegge: la salute pubblica.
Il Collegio, a tutela di quest’ultimo obiettivo, evidenzia come scegliere la soluzione tecnologicamente meno avanzata, sebbene formalmente conforme alla lettera del bando, comporterebbe una “evidente compromissione della garanzia di una più ampia tutela della salute pubblica”. Pertanto, non si determinerebbe più una violazione del principio di par condicio dei partecipanti alla procedura di gara “che verrebbe irrimediabilmente compromesso se si accedesse ad una impostazione volta a conferire un punteggio sulla base di regole tecniche non previste dal metodo individuato dalla legge di gara” (così l’appellata TAR Firenze 230/2025) in quanto prevarrebbe quella “condivisibile ottica sostanzialista”, unica capace di soddisfare entrambi i principi prima esposti.
Conseguentemente, l’autonomo adeguamento da parte dell’appellante alla normativa ISO al modello più avanzato caratterizzato dai cd. essential agreements (E.A.), utilizzando “uno standard tecnico che supera e migliora le criticità connesse ai categorical agreements precedenti” non appare quale “scostamento” da quanto previsto dalla legge di gara, bensì pregevole attuazione proprio di quei canoni di raggiungimento del migliore risultato a tutela del fine pubblico.
In conclusione, secondo il Consiglio di Stato è necessario far prevalere un approccio antiformalistico nella valutazione delle offerte tecniche, specialmente in settori ad alta complessità e rapida evoluzione tecnologica incapaci di essere cristallizzati in regole tecniche durevoli, affermando come la lex specialis non debba trasformarsi in un ostacolo all’innovazione e all’efficienza dell’agere amministrativo bensì in uno strumento per il conseguimento del miglior risultato possibile per la collettività. Laddove l’innovazione tecnologica offra una soluzione più efficace e sicura per la tutela di un interesse primario come la salute, è dovere della stazione appaltante che tale progresso sia riconosciuto e valorizzato privilegiando, nelle scelte discrezionali, le soluzioni che, pur discostandosi formalmente da uno standard obsoleto, garantiscano la piena coerenza del sistema degli appalti pubblici con i suoi principi ispiratori.