Indirizzo
Corso Matteotti 15,
Cremona, CR 26100
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Corso Matteotti 15,
Cremona, CR 26100
Avv. Stefano Cassamagnaghi
Tra le questioni ricorrenti emerse con il nuovo Codice dei Contratti Pubblici, spiccano quelle relative alla gestione dei costi della manodopera e alla corretta formulazione e interpretazione delle offerte economiche.
Da ultimo il TAR per la Calabria – Catanzaro, Sezione II, con la sentenza n. 761/2025 del 24 aprile 2025, ha analizzato la questione del rispetto della volontà negoziale in relazione alla disposizione di cui all’art. 41, comma 14, D. Lgs. 36/2023, secondo il quale “[n]ei contratti di lavori e servizi, per determinare l’importo posto a base di gara, la stazione appaltante o l’ente concedente individua nei documenti di gara i costi della manodopera secondo quanto previsto dal comma 13 [ossia in base alle tabelle ministeriali del costo del lavoro]. I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso. Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale”.
Rinvengono infatti due concetti distinti, ovvero “l’importo posto a base di gara”, nell’individuare il quale la stazione appaltante deve prevedere anche il cd. costo della manodopera non soggetto a ribasso, e “l’importo assoggettato al ribasso”, dal quale “i costi della manodopera” devono (dovrebbero) essere scorporati.
La giurisprudenza ha dimostrato nel tempo incertezze interpretative. Secondo un più risalente orientamento, il costo della manodopera, seppur esposto separatamente negli atti di gara, continuerebbe a costituire un elemento della base d’asta, sul quale applicare il ribasso (cfr. TAR Toscana, sez. IV, 29 gennaio 2024, n. 120; TAR Sicilia, Palermo, sez. III, 19 dicembre 2023, n. 3787). Secondo altra interpretazione e più recente giurisprudenza, gli oneri della manodopera quantificati dalla stazione appaltante non sono direttamente ribassabili, in quanto – appunto – scorporati dalla base d’asta da assoggettare a ribasso, come chiarito dal D. Lgs. 36/2023.
Gli affidamenti pubblici necessitano di una chiara base d’asta alla quale gli operatori economici possano riferirsi ai fini di proporre la migliore offerta possibile, operando il giusto equilibrio affinché possa essere garantito un ritorno economico al futuro aggiudicatario in base alla propria organizzazione aziendale.
In tale contesto, la disposizione normativa in commento, prevedendo che “i costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso” (ibidem, comma 14), garantisce la necessaria flessibilità prevedendo la “possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale”.
Orbene, l’art. 41, comma 14, nel riconoscere il carattere obbligatorio dello scorporo dei costi della manodopera dall’importo assoggettato al ribasso percentuale, impone pertanto una distinzione non meramente formale, ma sostanziale, tra l’importo complessivo posto a base di gara – che include la stima di tali costi effettuata dalla stazione appaltante – e la base d’asta netta, ovvero l’effettivo valore sul quale i concorrenti sono chiamati a formulare il proprio ribasso. Tale scissione risponde all’esigenza di garantire una specifica e trasparente considerazione dei costi del personale, sottraendoli alla logica di una riduzione percentuale indifferenziata.
Nel caso in esame il TAR ha censurato l’operato della stazione appaltante che aveva indebitamente esteso il ribasso offerto dal concorrente anche ai costi della manodopera, sebbene lo stesso avesse indicato nel modello di offerta economica compilato il proprio costo della manodopera.
Il TAR ha fatto correttamente applicazione del principio della ricerca dell’effettiva volontà negoziale del concorrente, che non può essere disattesa o unilateralmente alterata dalla stazione appaltante, configurandosi altrimenti un’evidente violazione del principio della immodificabilità dell’offerta economica, dovendosi interpretare la volontà dell’offerente se necessario anche attraverso, come già evidenziato dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 9254/2024 in analoga vicenda, tramite il soccorso procedimentale da applicarsi “tenendo contro del principio del risultato e del principio della fiducia, costituente cardini guida per l’operato delle stazioni appaltanti”.
Il TAR Catanzaro conferma che i costi della manodopera possono essere diversi da quelli indicati dalla Stazione appaltante e che, se inferiori, non possono comportare alcun automatismo espulsivo, dovendosi consentire agli operatori economici di “dimostrare che l’offerta di un minor costo della manodopera sia suscettibile di essere giustificato alla luce di una più efficiente organizzazione aziendale e non rispetto ai minimi salariali che costituiscono la condizione di ammissibilità della stessa offerta, ai sensi dell’art. 110, comma 5° lett. d)” (così TAR Catania, Sez. V, n. 786/2025).
Se tale principio deve ritenersi acquisito, la distinzione tra base d’asta e importo soggetto a ribasso non è ancora gestito in maniera ottimale nella pratica. Il contenzioso in materia si sviluppa infatti eminentemente a fronte di discipline di gara non correttamente o chiaramente formulate, ovvero in conseguenze di meccanismi di automatismo propri delle piattaforme telematiche, che non sempre consentono un’immediata distinzione tra le due diverse voci, ingenerando ambiguità. In tale contesto risulta essenziale che gli operatori economici prestino particolare attenzione nella formulazione dell’offerta economica specificando al meglio, senza dar adito a dubbi interpretativi, il contenuto dell’effettiva volontà negoziale rispetto ai costi della manodopera.