Indirizzo

Corso Matteotti 15,
Cremona, CR 26100

Anomalia dell’offerta e libertà di iniziativa economica: costi della manodopera ribassabili

Avv. Stefano Cassamagnaghi

Il TAR per la Toscana – Firenze, con sentenza n. 120/2024 del 29 gennaio 2024, si è pronunciato in merito alla legittimità della presentazione di un’offerta con costi della manodopera inferiori rispetto a quelli quantificati dalla stazione appaltante alla luce del D.lgs. 36/2023.

Nello specifico, si trattava di una procedura aperta di gara, ai sensi dell’art. 36 D.lgs. 36/2023, per l’affidamento, da aggiudicarsi in applicazione del criterio dell’offerta economica più vantaggiosa con opzione di proroga, di un servizio di refezione scolastica.

La società ricorrente, seconda in graduatoria, impugnava l’aggiudicazione censurando, essenzialmente, la violazione dell’art. 41, comma 14, del Codice dei contratti in quanto, prevedendosi che i costi della manodopera siano scorporati e indicati separatamente dall’importo soggetto a ribasso, ne deriverebbe “l’inderogabilità assoluta dei costi della manodopera individuati dalla stazione appaltante” e la conseguente non ribassabilità degli stessi. La ricorrente rilevava altresì che una diversa interpretazione dell’art. 41, comma 14, D.lgs. 36/2023 “nel senso che la miglior organizzazione aziendale [possa] giustificare il ribasso del costo della manodopera” avrebbe altrimenti reso la norma citata costituzionalmente illegittima ed in contrasto con la legge delega (Legge n. 78/2022).

Il TAR ha rigettato il ricorso ricostruendo il significato e la portata della disposizione di cui all’art. 41, comma 14, alla luce dei principi del nuovo codice, quali illustrati anche nella Relazione accompagnatoria, e dei primi interventi interpretativi da parte dell’ANAC e del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti.

La pronuncia del TAR evidenzia che la previsione di un divieto indiscriminato di ribasso sulla manodopera avrebbe come conseguenza diretta, tra le altre, la “standardizzazione dei costi vero l’alto” con evidenti ricadute negative sull’obiettivo di efficienza e conseguimento del miglior risultato per il bene pubblico, canone fondante del buon agere amministrativo.

Dalla lettura combinata delle disposizioni del Codice relative ai costi della manodopera ed all’anomalia (artt. 108 e 110, D.lgs. 36/2023), risulta che il ribasso dell’offerta economica sia da considerarsi nel complesso dei fattori che la compongono e che, pertanto, possa – e debba – riguardare anche il costo del personale, nel momento in cui ciò dipenda da una più efficiente organizzazione aziendale. Ritenere, infatti, che il raggiungimento di quest’ultima non possa incidere positivamente sui costi della manodopera, apparirebbe in forte contrasto “con il principio di libera concorrenza nell’affidamento delle commesse pubbliche”, relegando l’attività di proposta dell’operatore economico ad un’opera di computazione economica solo parziale, dovendo quest’ultimo tenere innaturalmente fermo l’importo del costo del personale rispetto a quello stimato dalla stazione appaltante negli atti di gara. Argomentare diversamente indurrebbe nella fallacia di ritenere che il costo della manodopera sia da considerarsi un importo distinto dell’offerta economica, da aggiungersi a margine delle operazioni di quantificazione quale fattore fisso ed inderogabile, in piena lesione con la libertà d’impresa di stampo europeo.

La codificata possibilità per l’operatore economico di dimostrare che un ribasso che coinvolga il costo della manodopera sia “derivante da una più efficiente organizzazione aziendale” (art. 41, comma 14, ult. periodo), d’altronde, poggia le sue radici su un preciso criterio di delega di cui all’art. 1, comma 2, lett. t) della L. 78/2022 (Delega al Governo in materia di contratti pubblici, poi D.lgs. 36/2023), che ha previsto che “in ogni caso che i costi della manodopera e della sicurezza siano sempre scorporati dagli importi assoggettati a ribasso”, così “armonizzando il criterio di delega con l’art. 41 della Costituzione”.

A non diversa conclusione si giunge in relazione alla previsione che impone alle stazioni appaltanti di quantificare ed indicare separatamente i costi della manodopera, dovendosi interpretare siffatto obbligo quale meccanismo volto a garantire “una tutela rafforzata, ed in ultima analisi [a] salvaguardare il diritto dei lavoratori alla retribuzione minima, tutelato dall’art. 36 della Costituzione”. L’importo, pertanto, non aggiungendosi ma facendo parte dell’offerta, seppur quantificato e indicato separatamente negli atti di gara, “induce a ritenere che […] rientri nell’importo complessivo a base di gara, su cui applicare il ribasso offerto dal concorrente per definire l’importo” (così ANAC, delibera n. 528 del 15 novembre 2023). D’altronde, l’assunto logico della ribassabilità indiretta dei costi della manodopera appare conforme alla previsione normativa di cui all’ultimo periodo del comma 14 cpv. non “avendo[altrimenti] senso la richiesta ai concorrenti di indicarne la misura nell’offerta economica, né [di] includere anche i costi della manodopera tra gli elementi che possono concorrere a determinare l’anomalia dell’offerta”.

In buona sostanza, la sintesi racchiusa nel binomio scorporo-ribasso, evidenziando la conseguente non inderogabilità assoluta dei costi della manodopera così come individuati dalla stazione appaltante, qualifica quest’ultimi non come un “importo aggiuntivo” bensì quale parte integrante dell’offerta stessa e, come tale, sottoposta al procedimento di verifica dell’anomalia ex art. 110 D.lgs. 36/2023 che include tra gli indici significativi quello del costo della manodopera (così MIT, parere n. 2154 del 19 luglio 2023).

Alla luce delle considerazioni sopra esposte, appare come la lettura sistematica dell’art. 41, comma 14, prevedendo da un lato che i costi della manodopera siano “scorporati dall’importo assoggetto al ribasso” e nel contempo che il concorrente possa “dimostrare che il ribasso complessivo offerto deriva da una più efficiente organizzazione aziendale” sia segno indubitabile che tali costi non siano da ritenersi “fissi ed invariabili” nella loro sostanza di cui alla lex specialis di gara, bensì quale mera misura di indicazione capace di essere rimodulata in melius. La separata quantificazione e indicazione degli stessi, pertanto, non produce quale conseguenza prima la loro assoluta immodificabilità, dovendosi al contrario ritenere il veicolo capace di consentire quel ricercato quanto necessario bilanciamento tra “la tutela rafforzata della manodopera – che costituisce la ratio dellaprevisione dello scorporo dei costi della manodopera […] – con la libertà di iniziativa economica e d’impresa, costituzionalmente garantita”.