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La facoltà di non aggiudicare la gara e il termine per la stipula del contratto: poteri e limiti

Avv. Stefano Cassamagnaghi

La sentenza del Consiglio di Stato n. 384 del 11 gennaio 2023 e la sentenza del TAR Lombardia-Milano, n. 254 del 31 gennaio scorso, affrontano la questione dei poteri e dei limiti della stazione appaltante in merito, rispettivamente, alla facoltà di non aggiudicare la gara e all’obbligo di stipula del contratto dopo l’aggiudicazione.

In particolare, in merito alla facoltà di non aggiudicare la gara, il Consiglio di Stato ha qualificato come discrezionale la valutazione dell’Amministrazione, ancorché risulti essere rigidamente ancorata ai presupposti (e ai limiti) delineati dall’art. 95, comma 12, D.Lgs. 50/2016; rispetto all’obbligo di stipulare il contratto, una volta intervenuta l’aggiudicazione, tali poteri della stazione sono fortemente limitati nel senso che soggiacciono ai limiti di natura squisitamente temporale individuati dall’art. 32, comma 8, D.Lgs. 50/2016, disposizione posta a tutela dell’appaltatore.

Come noto, la facoltà della stazione appaltante di non aggiudicare la gara è disciplinata dall’art. 95, comma 12, D.Lgs. 50/2016 secondo cui “Le stazioni appaltanti possono decidere di non procedere all’aggiudicazione se nessuna offerta risulti conveniente o idonea in relazione all’oggetto del contratto. Tale facoltà è indicata espressamente nel bando di gara o nella lettera di invito.”

Come ritenuto dalla giurisprudenza amministrativa la facoltà di non aggiudicare la gara compete alla stazione appaltante e non alla commissione di gara, risponde ad una valutazione dell’interesse pubblico attuale da parte del committente, che prescinde dall’esistenza di vizi di legittimità, ma si basa sulla valutazione che l’offerta non risulti «conveniente o idonea», sempreché tale facoltà sia indicata espressamente nel bando di gara o nella lettera d’invito. Tale facoltà rientra nei poteri discrezionali della stazione appaltante, e la decisione è conseguenza di un apprezzamento di merito che va adeguatamente motivato, dovendo risultare in termini puntuali e specifici gli elementi di inidoneità che giustificano la mancata aggiudicazione (Cons. di Stato n. 6725/2018; ibidem Cons. Stato n. 2838/2007).

La sentenza in commento (Consiglio di Stato n. 384 del 11 gennaio 2023) si inserisce nel solco giurisprudenziale indicato chiarendo i limiti del potere discrezionale di valutazione della stazione appaltante sul punto.

Nel caso in esame, l’aggiudicazione del servizio a favore della prima classificata era stata annullato in sede giudiziale ed era stato riconosciuto il diritto all’aggiudicazione, mediante scorrimento della graduatoria, alla seconda graduata. La stazione appaltante ha ritenuto, tuttavia, di non aggiudicare la gara alla seconda classificata ai sensi dell’art. 95, comma 12, D.Lgs. 50/2016, optando per la riedizione della gara, in quanto ha ritenuto che l’offerta della seconda classificata fosse inidonea e non conveniente in confronto ai costi del servizio e alle nuove esigenze di approvvigionamento del servizio stesso.

Vedendosi negata l’aggiudicazione, la seconda classificata, soccombente in primo grado, ha proposto appello.

Il Consiglio di Stato ha accolto l’appello soffermandosi sui limiti del potere di non aggiudicare la gara.

Secondo il Collegio il potere di non aggiudicare la gara è sottoposto ad un limite temporale, ossia deve essere esercitato prima che venga disposta l’aggiudicazione (Cons. Stato 6725/2018), mentre una volta disposta l’aggiudicazione residuano eventualmente soltanto poteri di autotutela ai sensi dell’art. 38, comma 8, D.Lgs. 50/2016.

La facoltà di non aggiudicare la gara incontra, inoltre, ulteriori limiti nel senso deve essere ancorata alla valutazione della convenienza e dell’idoneità dell’offerta in relazione all’oggetto del contratto, mentre non rilevano valutazioni economiche sopravvenute (perché fondanti il diverso potere della revoca), né può essere giustificata da una revisione o dalla non condivisione da parte della stazione appaltante delle valutazioni già svolte della Commissione giudicatrice.

In particolare, il Consiglio di Stato ha statuito che: “Nel caso di specie è dirimente stabilire i limiti del potere di non aggiudicare di cui all’art. 95, comma 12, del codice dei contratti pubblici. In particolare se, come nella vicenda in esame, per giustificare la scelta di non aggiudicare l’amministrazione richiama profili e valutazioni già svolte dalla commissione giudicatrice si verifica una revisione sostanziale di tali giudizi; se, invece, vengono invocate esigenze sopravvenute alla conclusione della procedura di gara si fuoriesce dall’ambito normativo segnato dalla disposizione in esame la quale impone di valutare la convenienza o l’idoneità dell’offerta «in relazione all’oggetto del contratto», non con riferimento a eventi non contemplati nel programma contrattuale posto a base di gara (in relazione ai quali, invece, dovrebbero essere esercitati i poteri di revoca del bando e di rinnovo della gara).” (Consiglio di Stato, sent. n. 384 del 11 gennaio 2023).

Di converso, la giurisprudenza si è interrogata sul dovere dell’aggiudicatario di stipulare il contratto in esito alla richiesta della stazione appaltante e sui limiti del potere di quest’ultima di imporre la conclusione del contratto.

Sul tema è di recente intervenuta la citata sentenza del TAR Lombardia-Milano n. 384 del 31 gennaio 2023 che ha ancorato il potere di imporre la stipula del contratto dopo l’aggiudicazione al rispetto del rigido limite temporale sancito dall’art. 38, comma 8, D.Lgs. 50/2016.

In particolare, il ricorrente aveva impugnato il provvedimento con cui la stazione appaltante ne aveva dichiarato la decadenza dall’aggiudicazione per rifiuto di stipulare il contratto, riservandosi di chiedere all’operatore economico il risarcimento del danno derivante da tale rifiuto.

Il TAR ha accolto il ricorso dell’impresa.

Il Collegio ha statuito che – ai sensi dell’art. 32, comma 8, D.Lgs. 50/2016 – se la stipula del contratto non avviene nel termine di 60 giorni da quando l’aggiudicazione diventa efficace, l’aggiudicatario “può sciogliersi da ogni vincolo o recedere dal contratto”.

Secondo il TAR la norma è posta a tutela dell’aggiudicatario “… il quale deve poter calcolare ed attuare le scelte imprenditoriali entro tempi certi, e perciò gli attribuisce la facoltà di svincolarsi dalla propria offerta, in alternativa all’azione avverso il silenzio, di cui agli articoli 31 e 117 del codice del processo amministrativo, per ottenere la condanna dell’amministrazione a provvedere”.

Nel caso di specie il termine dei 60 giorni di cui all’art. 32 cit. era spirato e pertanto l’aggiudicataria aveva la facoltà di sciogliersi da ogni vincolo. Secondo il TAR non assume rilievo che la stazione appaltante si sia tempestivamente attivata per la stipula, chiedendo all’operatore la documentazione necessaria, in quanto la condotta del ricorrente era stata conforme ai doveri di correttezza e buona fede, avendo sempre celermente ottemperato alle richieste della stazione appaltante.

In conclusione, la facoltà di non aggiudicare la gara da parte della stazione, anche se incontra dei limiti temporali (i.e. non può essere disposta se è intervenuta l’aggiudicazione), è espressione della discrezionalità amministrativa che tuttavia è ancorata ai rigidi parametri delineati dall’art. 95, comma 12, cit. ossia l’offerta deve essere inidonea o non conveniente ma solo con riferimento all’oggetto dell’appalto.

La facoltà di non stipulare il contratto da parte dell’aggiudicatario si fonda sul dato temporale, e quindi oggettivo, del decorso del termine di 60 giorni previsto dall’art. 32, comma 8, citato, sempre che l’aggiudicatario non abbia assunto una condotta dilatoria contraria ai doveri di correttezza e buona fede. Le due sentenze in commento, dunque, lette congiuntamente, fissano importanti paletti sia alla facoltà dell’Amministrazione di incidere sull’intervenuta aggiudicazione sia alle tempistiche per la stipula del contratto conseguente all’aggiudicazione stessa.