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Clausola sociale e servizi informatici

a cura dell’avvocato Anna Cristina Salzano

Con la sentenza n. 1234 del 21 febbraio 2022, la Sezione V del Consiglio di Stato ha affermato importanti principi in merito all’applicazione della clausola sociale negli appalti di servizi informatici.

In particolare il Consiglio di Stato, riformando la sentenza di primo grado, ha affermato che i concorrenti, compreso il fornitore uscente, non hanno interesse a contestare il mancato inserimento nel bando di gara della clausola sociale e che la ratio sottesa all’esclusione degli appalti di servizi di natura intellettuale dall’ambito di applicazione dell’obbligo di inserimento nel bando della clausola sociale è diversa da quella che giustifica la sottrazione all’obbligo di indicare nell’offerta economica gli oneri aziendali per la sicurezza ai sensi dell’art. 95, comma 10.

Si trattava di una procedura aperta per l’affidamento dei «servizi di supporto alle attività di demand management» ed il gestore uscente, all’esito delle operazioni di gara, risultando secondo in graduatoria impugnava l’aggiudicazione deducendo, tra gli altri motivi, anche l’illegittimità della lex specialis di gara per il mancato inserimento della clausola sociale di cui all’art. 50 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, dato che i servizi oggetto dell’appalto non sarebbero riconducibili alla categoria dei servizi di natura intellettuale.

Il TAR Milano, con sentenza n. 191/2021, respingeva le eccezioni di irricevibilità e di inammissibilità del ricorso principale sollevate dalla resistente e dalla controinteressata e accoglieva la censura sulla mancata previsione nel bando di gara della clausola sociale annullando il bando di gara e il provvedimento di aggiudicazione.

La Sezione V del Consiglio di Stato, riformando la pronuncia di primo grado, con la sentenza in commento ha accolto l’eccezione di inammissibilità dell’impugnazione del bando di gara sollevato dalla Amministrazione e dalla controinteressata affermando che, nella fattispecie in esame, mancava la “lesività dell’omesso inserimento della clausola sociale (e quindi difettando l’interesse ad annullare l’intera procedura di gara)”.

Di seguito si riporta il ragionamento della Sezione V del Consiglio di Stato:  “È noto che l’inserimento della clausola sociale comporta per l’offerente il tendenziale obbligo di mantenere i livelli occupazionali del precedente gestore dell’appalto (pur se contemperato con la libertà d’impresa e con la facoltà di organizzare il servizio in modo coerente con la propria organizzazione produttiva: cfr. Cons. Stato, sez. V, 2 novembre 2020, n. 6761 e ivi ulteriori indicazioni conformi), il cui adempimento incide sulla formulazione dell’offerta (dovendosi tenere conto dell’assorbimento del personale impiegato dal precedente appaltatore, sia sotto il profilo organizzativo che economico) e si riverbera nella fase di esecuzione dell’appalto; sino al punto di non potersi escludere che la prescrizione contenente la clausola sociale, quando sia modulata in termini tali da precludere all’impresa che intenda partecipare alla procedura di gara la predisposizione di un’offerta economicamente sostenibile e competitiva, assuma le caratteristiche della clausola immediatamente escludente che l’impresa ha l’onere di contestare tempestivamente entro il termine perentorio di impugnazione del bando [per una fattispecie in cui la clausola sociale inserita nel bando integrava un’ipotesi di clausola immediatamente escludente (secondo la classificazione operata dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato del 26 aprile 2018, n. n. 4), si veda Cons. Stato, III, 4 gennaio 2021, n. 68].

Il mancato inserimento della clausola sociale, al contrario, non solo non comporta un onere di immediata impugnazione (non determinando alcun ostacolo alla partecipazione alla procedura di gara), ma nemmeno incide sulla posizione giuridica degli operatori economici concorrenti e sull’interesse all’aggiudicazione, dal momento che non sono tenuti a rispettare gli obblighi che dalla clausola discendono, in termini di predisposizione dell’offerta o di assunzione di impegni per la fase di esecuzione dell’appalto, diretti al mantenimento dei livelli occupazionali in atto nella precedente gestione del servizio. Non si intende, quindi, in qual modo l’omessa previsione della clausola sociale possa ledere la situazione giuridica dell’offerente”.

Il Consiglio di Stato ricorda infatti che l’interesse ad agire nel giudizio amministrativo deve essere sorretto dalla effettiva lesione della situazione giuridica soggettiva fatta valere in giudizio non potendo costituire il veicolo mediante il quale si consenta l’introduzione nel giudizio di un interesse (oggettivo) al rispetto della legge, mentre nel caso della mancata previsione della clausola sociale in esame non risulta alcuna effettiva lesione alla situazione giuridica del ricorrente, nemmeno quale gestore uscente del servizio.

Il Consiglio di Stato, pur potendo dichiarare assorbiti le ulteriori argomentazioni, si è soffermato poi sulla natura intellettuale dei servizi oggetto di giudizio ai fini dell’applicazione dell’art. 50 del Codice Appalti.

Ed infatti la Sezione V, consapevole della rilevanza della questione per gli appalti in ambito informatico, ha riformato anche la parte della sentenza del TAR Milano che affermava la natura non intellettuale dei servizi oggetto del giudizio, rilevando che la ragione sottesa all’esclusione degli appalti di servizi di natura intellettuale dall’ambito di applicazione dell’obbligo di inserimento nel bando della clausola sociale è diversa da quella che giustifica la sottrazione all’obbligo di indicare nell’offerta economica gli oneri aziendali per la sicurezza ai sensi dell’art. 95, comma 10.

L’elaborazione della nozione di servizi di natura intellettuale sotto quest’ultimo profilo ha come punto di riferimento l’individuazione di prestazioni lavorative che, comportando anche attività materiali o ripetitive impongono la predisposizione nell’ambiente lavorativo di presìdi per la sicurezza del lavoratore e la previsione dei relativi costi per l’azienda.

Nell’art. 50 invece la ratio è diversa – si legge nella sentenza in commento – muovendo dal presupposto che l’adempimento della clausola sociale non può comportare la totale compressione della libera iniziativa economica dell’impresa, che si esplica anche nelle forme di organizzazione aziendale e produttiva; l’esclusione degli appalti di servizi di natura intellettuale riconosce che la natura prettamente professionale e personale può costituire un ostacolo all’adempimento di un obbligo che imporrebbe l’assorbimento del personale dell’appaltatore uscente, mentre proprio i profili di elevato contenuto intellettuale e professionale che caratterizzano tali servizi giustificano o esigono che la scelta del personale sia basata sull’intuitus personae o comunque sulla maggiore affidabilità, per l’impresa che subentra, delle professionalità già presenti in azienda o selezionate dall’appaltatore per lo svolgimento dei servizi, e non imposte dall’adempimento di clausole sociali.

Ai fini della clausola sociale – precisa il Consiglio di Stato – l’analisi della natura e della tipologia delle prestazioni non è (esclusivamente) finalizzata alla ricerca di attività che impongono all’impresa la previsione di costi per la sicurezza dell’ambiente di lavoro, ma è diretta a stabilire se il servizio è svolto in misura prevalente da prestazioni professionali, svolte in via eminentemente personale (secondo lo schema delle professioni intellettuali), costituenti ideazione di soluzioni, ovvero governo o direzione di sistemi complessi, elaborazione di pareri, interventi correttivi o di manutenzione che implichino attività non ripetitive.

Ebbene il Consiglio di Stato con la sentenza in commento ha ristabilito i principi fondamentali sull’applicabilità della clausola sociale impedendo il verificarsi di conseguenze negative per l’intero settore delle gare in ambito informatico.

Si evidenzia infatti che un’interpretazione di segno contrario – come quella del TAR Milano – di prevedere l’obbligo della clausola sociale per tale tipologia di appalti avrebbe avuto l’effetto di limitare la concorrenza impedendo di fatto a molti operatori economici di apportare le proprie competenze innovative, dissuadendoli dal partecipare a gare pubbliche, con conseguente inevitabile danno alla possibilità di modernizzazione ed efficientamento della PA e del Paese. 

A ciò si aggiunge che l’obbligo di inserire la clausola sociale nelle gare di servizi informatici per la Pubblica Amministrazione sarebbe in aperto contrasto con le linee guida e le raccomandazioni espresse dal Codice per l’Amministrazione Digitale, dai piani per lo sviluppo informatico della PA e dallo stesso PNRR. Tale clausola infatti, vincolando le Pubbliche Amministrazioni a mantenere sistemi e competenze attuali, anche se ormai obsoleti, sarebbe limitativa della concorrenza e renderebbe l’innovazione, e in particolare la raccomandata transizione verso architetture innovative Cloud, impossibile.

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