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I limiti del principio di equivalenza negli appalti pubblici

a cura dell’avvocato Anna Cristina Salzano

Il TAR Abruzzo – Pescara con la sentenza n. 292 del 5 giugno 2021 si è occupato dell’applicazione dell’art. 68 del D.Lgs. 50/2016, in un appalto relativo alla “fornitura quinquiennale in service di sistemi di analisi di consumo per Patologia Clinica, articolata in 20 lotti” affermando che nessun principio di equivalenza autorizza la stazione appaltante a modificare la predeterminazione dell’oggetto della fornitura.

Al fine inquadrare la pronuncia in commento appare doveroso ricapitolare brevemente il tema dell’equivalenza negli appalti pubblici ed, in particolare, negli appalti di forniture.

Il principio di equivalenza, previsto dall’art. 68 del Codice Appalti che attua l’art. 42 della direttiva 2014/24/UE, trova generale applicazione, ed è volto a tutelare la libera concorrenza e la par condicio tra i partecipanti alle gare.

Il citato art. 68, al comma 1, prescrive che “Le specifiche tecniche indicate al punto 1 dell’allegato XIII sono inserite nei documenti di gara e definiscono le caratteristiche previste per lavori, servizi o forniture. Tali caratteristiche possono inoltre riferirsi allo specifico processo o metodo di produzione o prestazione dei lavori, delle forniture o dei servizi richiesti, o a uno specifico processo per un’altra fase del loro ciclo di vita anche se questi fattori non sono parte del loro contenuto sostanziale, purché’ siano collegati all’oggetto dell’appalto e proporzionati al suo valore e ai suoi obiettivi” e, al comma 4, che “le specifiche tecniche consentono pari accesso degli operatori economici alla procedura di aggiudicazione e non devono comportare direttamente o indirettamente ostacoli ingiustificati all’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza”.

Il principio di equivalenza permea l’intera disciplina dell’evidenza pubblica e trova applicazione indipendentemente da espressi richiami negli atti di gara, in tutte le fasi della procedura di evidenza pubblica (Consiglio di Stato, sez. III, 14.05.2020 n. 3081).

In base a tale principio, l’offerente può fornire con qualsiasi mezzo appropriato la prova che le soluzioni proposte ottemperano in maniera equivalente ai requisiti definiti dalle specifiche tecniche, fermo restando che la stazione appaltante deve essere messa nelle condizioni di svolgere una verifica effettiva e proficua della dichiarata equivalenza (Corte di giustizia dell’Unione europea, sezione IV, sentenza 12 luglio 2018, C-14/17).

La possibilità di ammettere, a seguito di valutazione della stazione appaltante, prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti a quelle richieste risponde al principio del favor partecipationis e costituisce altresì espressione del legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell’Amministrazione.

Ciò premesso sul piano applicativo, secondo la giurisprudenza amministrativa, la stazione appaltante dovrebbe operare il giudizio di equivalenza sulle specifiche tecniche dei prodotti offerti in gara, non sulla base di riscontri formalistici, ma sulla base di criteri di conformità sostanziale delle soluzioni tecniche offerte; deve in altri termini registrarsi una conformità di tipo funzionale rispetto alle specifiche tecniche indicate dal bando: specifiche che, in questo modo, “vengono in pratica comunque soddisfatte” (cfr. Cons. Stato, sez. III, 2 settembre 2013, n. 4364;cfr. Cons. Stato, sez. III, 29 marzo 2018, n. 2013).

Dunque, se è vero che la stazione appaltante, per l’immanente applicazione del suddetto principio agli appalti pubblici, non può escludere un’offerta sostanzialmente equivalente alle specifiche tecniche richieste dalla lex specialis, è anche vero che detto principio non può essere utilizzato dalla stessa stazione appaltante per ammettere offerte che snaturano completamente l’oggetto dell’affidamento.

In questo senso appare quindi rilevante ricordare quella giurisprudenza del Consiglio di Stato che ha individuato i limiti dell’applicazione del principio di equivalenza ponendo in risalto che “nell’ambito dei paesi appartenenti all’Unione Europea, come è evidente dai commi 4, 5 e 6, del cit. articolo [i.e. art. 68 d. lgs. n. 50 del 2016], il predetto presidio [i.e., dell’equivalenza] è diretto ad evitare che le norme obbligatorie, le omologazioni nazionali e le specifiche tecniche potessero essere artatamente utilizzate per operare indebite espulsioni di concorrenti, con il pretesto di una non perfetta corrispondenza delle soluzioni tecniche richieste. Ma il principio non può assolutamente essere invocato per ammettere offerte tecnicamente inappropriate. Il principio di equivalenza delle specifiche tecniche è infatti diretto ad assicurare che la valutazione della congruità tecnica non si risolva in una verifica formalistica, ma nella conformità sostanziale dell’offerta delle specifiche tecniche inserite nella lex specialis (cfr. Consiglio di Stato sez. III 02 marzo 2018 n. 1316) (…). Ma il principio non può essere postumamente invocato nel differente caso che l’offerta comprenda una soluzione la quale, sul piano oggettivo funzionale e strutturale, non rispetta affatto le caratteristiche tecniche obbligatorie, previste nel capitolato di appalto per i beni oggetto di fornitura(Cons. Stato, III, 28 settembre 2018, n. 5568)” (Consiglio di Stato sez. V 25/7/2019 n. 5258; in tal senso anche Consiglio di Stato, n. 1225/2021).

Pertanto il principio di equivalenza non deve avere l’effetto di distorcere l’oggetto del contratto, al punto da consentire ai partecipanti di offrire un bene radicalmente diverso rispetto a quello descritto nella lex specialis, così finendo per rendere sostanzialmente indeterminato l’oggetto dell’appalto e per modificarne surrettiziamente i contenuti in danno della stessa stazione appaltante e dei concorrenti che abbiano puntualmente osservato la disciplina di gara.

In questo solco si inserisce la sentenza in commento con cui il TAR Pescara ha ritenuto fondato il ricorso proposto dal secondo in graduatoria rilevando che l’offerta dell’aggiudicatario avrebbe dovuto essere esclusa per mancanza dei requisiti tecnici minimi dei prodotti offerti, i.e. provette di dimensione e colore diverso rispetto a quelle richieste dal Capitolato.

Secondo il TAR, infatti, avendo l’aggiudicatario offerto un prodotto di dimensione e colore diverso da quello richiesto dal Capitolato avrebbe dovuto essere escluso in quanto il colore e le dimensioni sono posti nel Capitolato come elementi essenziali a descrivere l’oggetto della fornitura, e pertanto il principio di equivalenza non appare idoneo a superare l’offerta di prodotti diversi in quanto tale giudizio non ha la funzione di modificare la previsione dei beni da fornire contenute nella lex specialis; la valutazione delle caratteristiche tecniche diverse deve cioè pur sempre avvenire nell’ambito dei beni descritti come oggetto della fornitura.

Di conseguenza, secondo il Collegio, l’offerta di prodotti con caratteristiche diverse dalle suddette specificazioni avrebbe dovuto intendersi non corrispondente alla richiesta della Stazione Appaltante, né avrebbe potuto applicarsi il principio di equivalenza che riguarda le caratteristiche tecniche dei prodotti, ai sensi dell’art. 68, comma 7, del D.Lgs. 50/2016, e non invece la difformità oggettiva e sostanziale rispetto a quanto richiesto dall’Amministrazione, che concretizza una ipotesi di aliud pro alio e che impedisce l’accordo sull’oggetto, con conseguente esclusione dell’offerta a prescindere da una precisa comminatoria nel bando.

In definitiva, la pronuncia del TAR precisa che l’equivalenza tecnica è ammissibile solo tra prodotti comunque astrattamente rientranti nella individuazione dell’oggetto dell’affidamento.

D’altra parte la corretta applicazione del principio di equivalenza attiene alla sola conformità sostanziale delle soluzioni tecniche, il quale viceversa risulta inappropriato in relazione a caratteristiche descrittive rapportate a grandezze comuni, suscettibili di definire la tipologia di prodotto inderogabilmente richiesto dalla stazione appaltante. Ed infatti, l‘equivalenza funzionale ha come limite il rispetto dei requisiti minimi previsti in modo tassativo.

In conclusione si auspica – diversamente da quanto accade nel più delle volte – che le stazioni appaltanti procedano ad un’applicazione maggiormente coerente e ragionata del principio di equivalenza evitando l’esito paradossale di aggiudicare la gara al concorrente che offre un prodotto con caratteristiche tecniche non rispondenti a quelle oggetto della gara.

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