Indirizzo

Corso Matteotti 15,
Cremona, CR 26100

Il “global service” è un bidone?

Emergono criticità nei contratti di global service nella relazione della Corte dei Conti su “Il global service immobiliare nelle amministrazioni centrali dello Stato” presentata al Parlamento. Non poche sono le amministrazioni che riportano bassi livelli di soddisfazione, assenza di effettivi risparmi nei costi e nell’impiego di risorse umane. Come conseguenza, si abbandona il global service e si ricorre al MEPA. Nel mirino della Corte anche i mega-lotti Consip. La perdita delle professionalità interne alle amministrazioni, poi, determina l’impossibilità di monitorare adeguatamente l’esecuzione dei contratti. Sino al paradosso dell’esternalizzazione del controllo sulle esternalizzazioni.

Il global service di manutenzione immobiliare (comunemente detto anche facility management-Fm) è il contratto di esternalizzazione con il quale un committente affida ad un assuntore, per un periodo di tempo definito, un sistema integrato di servizi per la conservazione in efficienza di beni immobiliari, con piena responsabilità da parte dell’assuntore circa i risultati convenuti con il committente. L’istituto del global service, pertanto, dovrebbe rappresentare un modello gestionale rispondente alle esigenze connesse ad una efficiente conduzione del patrimonio immobiliare delle pubbliche amministrazioni.

Le risultanze dell’indagine – che non ha riguardato profili di competenza di altre magistrature o autorità di controllo – consentono nondimeno di tracciare un quadro non omogeneo di situazioni all’interno dell’amministrazione statale, poiché, se i riscontri sono stati tendenzialmente positivi, non poche sono le risposte delle amministrazioni che riportano bassi livelli di soddisfazione, assenza di effettivi risparmi nei costi e nell’impiego di risorse umane. Non poche e non di piccola entità sono anche le occasioni in cui singoli uffici hanno abbandonato il modello del global service per ricorrere al Mepa, con il quale, non solo si conseguono comparativamente risparmi talvolta cospicui, specie per i servizi di pulizia e di igiene ambientale, ma si ottengono anche notevoli benefici in termini di duttilità dei servizi resi.

Dall’indagine è emersa, innanzitutto, la necessità di evitare possibili intese anticoncorrenziali, capaci di condizionare gli esiti delle gare per l’accesso alle convenzioni. A tale riguardo assume valore prioritario, come rilevato anche dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, la questione delle dimensioni dei lotti le quali ora risultano sproporzionate rispetto alle esigenze di massima concorrenzialità e irragionevolmente lesive dell’interesse della stessa amministrazione a favorire la più ampia partecipazione di operatori privati, al fine di conseguire i maggiori risparmi economici che solo un confronto competitivo ampio può assicurare.

Vengono in evidenza, quindi, nei riguardi del facility management, due profili principali di criticità: uno è quello della qualità dei servizi, l’altro quello della effettiva economicità.

Per quanto concerne il primo aspetto, un miglioramento della soddisfazione può essere perseguito soprattutto attraverso un efficientamento dei rapporti tra committente e assuntore nella fase gestionale del rapporto, valorizzando il ruolo del responsabile dei rapporti con il fornitore (supervisore); ruolo che, dall’analisi della documentazione pervenuta, appare invece essere lasciato in ombra, anche in considerazione della circostanza che le amministrazioni non dispongono o non dispongono più di personale tecnico dotato delle professionalità necessarie.

Per quanto concerne poi l’aspetto della economicità, occorre introdurre misure che stimolino la concorrenzialità tra le imprese partecipanti alle gare, dando spazio adeguato anche alle piccole e medie imprese, che, specie su ambiti territoriali circoscritti, possono offrire condizioni economiche vantaggiose

La gran parte delle amministrazioni pubbliche non è in grado di valutare la convenienza del ricorso al global service. Non viene rilevato il differenziale dei costi rispetto alla gestione interna.

Vi è un progressivo venir meno, nelle amministrazioni stesse, di professionalità tecniche idonee a esercitare controlli di merito sul rispetto delle clausole negoziali.

Si arriva al paradosso del Ministero degli Esteri che ha dovuto appaltare all’esterno il monitoraggio del contratto perchè sprovvisto di idoneo personale tecnico.

Le specifiche criticità rilevate dalla Corte dei Conti

La prima criticità riguarda la progettazione dei lotti di gara, il cui dimensionamento, territoriale ed economico, si presenta poco idoneo a garantire una effettiva concorrenzialità tra le imprese partecipanti, penalizzando quelle medio-piccole. In particolare, il numero dei lotti in cui è suddivisa la convenzione Fm 4, per la quale il valore delle gare ammonta a 2,7 miliardi, sembra essere insufficiente a garantire importi di gara tali da consentire la partecipazione anche di imprese medie e di favorire, così, un più alto tasso di concorrenzialità. Si conferma, pertanto, che, come affermato in una recente sentenza della V Sezione del Consiglio di Stato (6 marzo 2017, n. 1038) “le dimensioni dei lotti, i requisiti di fatturato richiesti, la possibilità di partecipare a più lotti e il cumulo di requisiti imposto … sono sproporzionate rispetto alle esigenze di massima concorrenzialità e irragionevolmente lesive dell’interesse della stessa amministrazione a favorire la più ampia partecipazione di operatori privati al fine di conseguire i maggiori risparmi economici che solo un confronto competitivo ampio può assicurare”.

La seconda criticità riguarda vari aspetti del contenuto delle stesse convenzioni; ci si riferisce al numero e all’articolazione dei servizi compresi nelle convenzioni di facility management e, in particolare, alla necessità di conferire maggiore elasticità al disegno delle convenzioni attraverso una più ampia diversificazione, da un lato, per tipologia di servizi e, dall’altro, per tipologia di immobili, in modo da realizzare una migliore rispondenza tra i servizi complessivamente resi e le effettive esigenze di ciascuna amministrazione, opportunamente valutate da strutture tecniche (anche comuni a più amministrazioni).

Una terza criticità su cui si sono soffermate molte delle amministrazioni intervenute concerne le difficoltà incontrate nell’esercitare efficacemente il controllo sull’esecuzione dei contratti. Tali difficoltà sono riconducibili, da un lato, al progressivo venir meno, nelle amministrazioni stesse, di professionalità tecniche idonee ad esercitare controlli di merito sul rispetto delle clausole negoziali, specie con riguardo ai servizi a maggior contenuto
tecnologico; dall’altro, a insufficente interlocuzione tra amministrazione e assuntori dei contratti, imputabile soprattutto alla difficoltà, nei fatti, di individuare un unico interlocutore. Tale difficoltà risulta, poi, accresciuta quando l’esecuzione dei contratti prevede la presenza di subappaltatori, che moltiplicano il numero dei soggetti coinvolti.

Da quanto appreso nel corso dell’adunanza, le amministrazioni che utilizzano un proprio nucleo di controllo sarebbero assai poche, nell’ordine di pochissime unità.

La Consip ha in ogni caso tenuto a ribadire che le ispezioni presenti nelle convenzioni sono svolte da una struttura terza, scelta attraverso una gara europea.

Sempre in questo ambito, più di un’amministrazione ha auspicato un coinvolgimento più fattivo e incisivo della centrale di committenza sia nella risoluzione di controversie e contenziosi, sia nel disegno delle categorie dei servizi di governo, tale da garantire una esecuzione dei contratti in maniera effettivamente integrata. A tale proposito risulta in ogni caso quanto mai opportuna una semplificazione sia delle procedure di controllo sugli adempimenti contrattuali, sia di quelle relative a eventuali contestazioni. Non sembra essere un caso che un’amministrazione (quella degli affari esteri), anche perché sprovvista di idoneo personale tecnico, abbia sentito la necessità di appaltare ad una ditta esterna il “monitoraggio dei servizi di facility management”.

Da parte della centrale di committenza è peraltro stato ricordato che nel 2004 venne stipulata un’apposita convenzione integrativa per il monitoraggio sull’esecuzione dei contratti, ma che tale convenzione non ebbe seguito a causa della pressoché totale mancanza di adesioni delle amministrazioni interessate (dovuta anche al costo dell’adesione); è appena il caso di sottolineare, al riguardo, che un siffatto monitoraggio dovrebbe costituire parte integrante dei servizi di Fm resi dalla centrale di committenza.

Una ulteriore criticità sulla quale si è soffermata l’attenzione delle amministrazioni riguarda le prestazioni extra canone, cui non di rado si ricorre, secondo l’avviso di molte, a causa di una inadeguata progettazione delle diverse categorie di servizi, spesso troppo generiche o rigide o non adeguatamente programmate e tali, quindi, da imporre il ricorso al c.d. “extra canone”, con spese che fanno lievitare sensibilemente il costo complessivo del contratto.

È stato altresì posto in evidenza come, talvolta, specie per le amministrazioni che dispongono di più sedi, non si ricorra ad un unico contratto ma vengano stipulati più contratti, dando vita ad una frammentazione organizzativa che non giova all’efficiente impiego delle risorse.

Per quanto riguarda la questione del livello di soddisfazione dei servizi si è potuto constatare che, per alcune amministrazioni, i giudizi positivi espressi in sede istruttoria non collimano del tutto con quanto dichiarato nel corso dell’adunanza.

In ordine al tema dei risparmi economici, gli interventi delle amministrazioni hanno sostanzialmente confermato le difficoltà, se non l’impossibilità, di quantificarli puntualmente, fatta salva la circostanza che in molti casi, specie per le strutture di dimensioni medio-piccole, si è fatto ricorso, con significative economie, al Mepa.

Da ultimo, è stata sollevata la questione della mancata disponibilità delle nuove convenzioni in continuità con quelle cui le amministrazioni avevano finora aderito; il che ha generato una imprevista soluzione di continuità nella successione dei contratti, con conseguenti proroghe di quelli precedenti o con ricorsi all’utilizzo del sistema dinamico di acquisizione (Sda).

A causa delle criticità rilevate dalle stesse amministrazioni, si deve constatare che si assiste, soprattutto per le amministrazioni che dispongono di strutture medio-piccole, ad una sorta di “effetto fuga” dalle convenzioni di Fm verso strumenti alternativi (Sda e Mepa).

Le intese anticoncorrenziali

Vi è la necessità di evitare possibili intese anticoncorrenziali, capaci di condizionare gli esiti delle gare per l’accesso alle convenzioni; assume infatti particolare rilievo una recente delibera (22 dicembre 2015) dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato la quale ha stabilito che alcune imprese, partecipanti ad una gara per l’ammissione a una convenzione Consip per servizi di pulizia delle scuole sul territorio nazionale, suddivisa in tredici lotti, hanno posto in essere una intesa anticoncorrenziale con la finalità di condizionare gli esiti della gara stessa attraverso l’eliminazione del reciproco confronto concorrenziale e la spartizione dei lotti, al fine di aggiudicarsene i più appetibili, eludendo di fatto il limite massimo fissato dal bando di gara. Tali imprese infatti, attraverso il meccanismo dei raggruppamenti temporanei di impresa (Rti), avrebbero aggirato il divieto di superare un numero prefissato di lotti, concentrandosi solo su alcuni e aggiudicandosene il doppio del consentito dal bando di gara, metà con le capofila e l’altra metà con la raggruppata “più consistente”, salvo poi “risarcire” le ditte fittiziamente estromesse con l’istituto del sub-appalto, con il risultato di garantire in ogni caso gli appalti cosiddetti “storici”.

Non a caso, una recente sentenza della V Sezione del Consiglio di Stato (6 marzo 2017, n. 1038) ha avuto modo di affermare che “le dimensioni dei lotti, i requisiti di fatturato richiesti, la possibilità di partecipare a più lotti e il cumulo di requisiti imposto […] sono sproporzionate rispetto alle esigenze di massima concorrenzialità e irragionevolmente lesive dell’interesse della stessa amministrazione a favorire la più ampia partecipazione di operatori privati al fine di conseguire i maggiori risparmi economici che solo un confronto competitivo ampio può assicurare”.

È ovvio che una condotta anticoncorrenziale nell’ambito di una procedura di gara può alterarne il risultato, soprattutto dal punto di vista economico, facilitando l’innalzamento del prezzo di aggiudicazione dei servizi offerti.
In merito all’impiego del sub-appalto, giova osservare, poi, quanto rappresentato da una delle amministrazioni interpellate, che ha voluto evidenziare come il ricorso al sub- appalto comporti un appesantimento degli adempimenti da parte delle amministrazioni, quali per esempio il controllo della permanenza, in capo ai sub-appaltatori, dei requisiti generali per poter stipulare con la pubblica amministrazione e una maggiore complessità nelle procedure di liquidazione e pagamento delle fatture.

Per contrastare la tendenza al mantenimento dei c.d. “portafogli storici”, conseguito attraverso pratiche anticoncorrenziali, una via appare essere quella di aumentare il numero dei lotti, agevolando, attraverso una adeguata e temperata parcellizzazione dei contratti, la partecipazione alle gare anche di imprese medio-piccole, riorientandole dal mercato parallelo del sub-appalto a quello dell’appalto diretto.
Si può constatare che tale linea ha cominciato ad emergere nei mutamenti intervenuti nella convenzione Fm4 rispetto alla precedente Fm3. Dal confronto tra le ultime due convenzioni Fm uffici 3 e Fm4 risulta, infatti, che è aumentato il numero dei lotti in cui sono state suddivise le gare, passato da dodici a diciotto, sebbene, peraltro, il valore totale della convenzione Fm4 sia quasi triplicato rispetto alla precedente, da 1.036.000.000 a 2,7 miliardi di euro. Tra le misure segnalate dalla stessa Consip, atte a controbilanciare il rilevante aumento del valore, sono annoverate le seguenti:

. tetto ai lotti aggiudicabili: il numero massimo di lotti aggiudicabili per ciascun concorrente è stato fissato in tre ordinari ed uno accessorio;

. requisiti tecnici cumulabili: in caso di partecipazione in forma associata, è data la possibilità di soddisfare il requisito tecnico relativo al possesso dell’iscrizione nel Registro delle imprese o all’Albo delle imprese artigiane anche attraverso la somma dei relativi singoli importi di fatturato;

. riduzione delle cauzioni: gli importi relativi alle cauzioni definitive e provvisorie a carico del concorrente/fornitore sono stati dimezzati.

In ogni caso, l’attuale convenzione relativa all’affidamento dei servizi di facility management (Fm4) sembrerebbe non del tutto allineata rispetto alle intenzioni del legislatore nazionale ed europeo, rivolte a tutelare le piccole e medie imprese (Statuto delle imprese, l. 11 novembre 2011, n. 180; d.l. 6 luglio 2012, n. 95; d.l. 21 giugno 2013, n. 69, meglio noto come decreto del fare; le nuove direttive europee sugli appalti pubblici) che si muovono nel senso di scorporare le gare in lotti accessibili alle Pmi, spesso ridotte, allo stato attuale, al ruolo di sub-appaltatori.

Conclusioni

Emergono, come già enunciato , nei riguardi del facility management, due profili principali di criticità: uno è quello della qualità dei servizi, l’altro quello della effettiva economicità.

Per quanto concerne il primo aspetto, un miglioramento della soddisfazione può essere perseguito soprattutto attraverso un efficientamento dei rapporti tra committente e assuntore nella fase gestionale del rapporto, valorizzando il ruolo del responsabile dei rapporti con il fornitore (supervisore) che, dall’analisi della documentazione pervenuta, sembra invece essere lasciato in ombra, almeno da quanto risulta dalle risposte pervenute dalle amministrazioni nelle quali tale figura non sembra ricevere il rilievo che meriterebbe, anche in considerazione della circostanza, segnalata ripetutamente nell’adunanza di discussione, che le amministrazioni non dispongono o non dispongono più di personale tecnico dotato della professionalità necessaria.

A tale proposito, si ritiene utile raccomandare che le amministrazioni che fanno ricorso al global service considerino con la massima attenzione l’opportunità di coltivare e promuovere la formazione per il personale destinato al ruolo di supervisore.

Per quanto concerne poi l’aspetto della economicità, occorre introdurre misure che stimolino la concorrenzialità tra le imprese partecipanti alle gare, dando spazio adeguato anche alle Pmi che, specie su ambiti territoriali circoscritti, possono offrire condizioni economiche vantaggiose. A tale riguardo si ribadisce, a titolo di esempio, che potrebbe
essere utile aumentare il numero dei lotti messi a gara per ogni convenzione, riducendo l’estensione territoriale dei lotti.

In ogni caso, va registrata come circostanza assai positiva la decisione adottata, nel maggio 2016, dal Mef, Anac e Consip di definire due protocolli di intesa in materia di acquisti pubblici e di vigilanza cooperativa. Il primo protocollo prevede che Mef, Anac e Consip collaborino in tema di razionalizzazione degli acquisti della pubblica amministrazione in diversi ambiti operativi, tra cui in particolare lo svolgimento di attività dirette alla verifica del rispetto dei parametri prezzo-qualità di cui all’art. 26, c. 3 della l. n. 488/1999, anche in relazione all’art. 1, c. 510 (possibilità per le amministrazioni di procedere ad acquisti autonomi) della legge di stabilità 2016 (n. 208/2015).

Il secondo protocollo, sottoscritto da Anac e Consip, riguarda le attività di vigilanza collaborativa che l’Anac svolgerà su cinque procedure di affidamento di rilevante impatto economico, concernenti settori a particolare rischio di corruzione, tra le quali è compresa la fornitura di servizi integrati per la gestione e la manutenzione degli immobili ad uso ufficio (Fm uffici). Sono attesi gli esiti applicativi dei due protocolli.

articolo a cura del dott. Marco Boni, direttore responsabile di News4market.