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Se 181 correzioni vi sembran poche…

220 articoli e 181 correzioni. Norme ripetitive o contraddittorie, norme “estravaganti”, disposizioni che abrogano “tacitamente” norme preesistenti, leggi di semplificazione che complicano…. È la caratteristica della produzione normativa nostrana degli ultimi anni, e si pensava di aver toccato il fondo in tema di scarsa qualità tecnica delle leggi. Ma non era così. La mastodontica e inaudita ”errata corrige” (Avviso di rettifica del D.Lgs. n. 50/2016 in G.U. n. 164 del 15 luglio 2016) con cui si è dovuto rimediare agli errori (materiali e non solo) contenuti nel D.Lg. n. 50/2016 ha superato ogni immaginazione sulla corrente sciatteria nella produzione legislativa.

Irrilevante, però, per gli ineffabili beatificatori del nuovo Codice, che accusano di “gufismo” chi si permette di criticare forma e contenuti del D.Lgs. n. 50/2016. A partire da chi sembra voglia considerarsi padre spirituale dello stesso, cioè il Presidente dell’ANAC.

Riporta il 21 giugno, prima dell’emanazione del provvedimento correttivo, il Fatto quotidiano: “Ai cronisti che lo hanno interpellato a margine dell’audizione parlamentare e gli hanno chiesto se non ci sia un’attività di lobby contro il nuovo Codice, Cantone ha detto “non so se ci sia un’attività di lobby, ma è strano quello che si sta verificando, un fuoco di fila che non ha giustificazioni rispetto a un Codice che certamente ha una serie di novità e problemi, ma molti meno di quello precedente”. Dopo l’avvio del nuovo Codice appalti, osserva Cantone, si è avuta “una riduzione pesante del numero delle gare che non riteniamo sia giustificata: non ci sono motivazioni giuridiche che lo giustifichino. Speriamo che questo meccanismo si sblocchi”. Il presidente Anac rileva “una sorta di ostilità preconcetta nei confronti del codice” e questo suscita “preoccupazione”. E aggiunge: “Ad oggi non abbiamo segnalazioni specifiche di criticità sul Codice appalti se non quella, purtroppo molto significativa, che riguarda la grande preoccupazione delle pubbliche amministrazioni sull’attuazione degli istituti previsti dal Codice”.

Insomma, a proposito dell’“errata corrige”, poi intervenuta, non bisogna cercare il pelo nell’uovo: siamo di fronte a fisiologici “incidenti tecnici di percorso”, di cui non ci si deve scandalizzare, e che quindi non hanno “colpevoli”. Commissione tecnica, commissioni parlamentari, uffici legislativi, staff tecnici: tutti colpevoli, nessun colpevole, come sempre. Cosa sarebbe accaduto se questa debacle legislativa invece che da alti burocrati, cooptati ai piani alti dell’amministrazione più per appartenenza che per merito, fosse stata causata da qualche oscuro funzionario pubblico di periferia… Qui, invece, a proposito di risultati e di riforma della p.a., tutti hanno raggiunto ancora una volta il massimo dell’obiettivo…

Come riportato dal Corriere della Sera del 23 luglio: «Sì, gli strafalcioni c’erano, e tuttavia c’era una scadenza comunitaria che non si poteva in alcun modo eludere», ha spiegato a Mariolina Iossa il consigliere dell’Autorità anticorruzione Michele Corradino, che faceva parte con altri 18 della commissione che ha sfornato il nuovo codice degli appalti con 181 errori su 220 articoli, «La presidenza del Consiglio premeva: se avessimo tardato anche solo di un giorno, sarebbe partita la procedura d’infrazione contro l’Italia». (……) Dover ricorrere a rettifiche, e aver dovuto emanare in Gazzetta Ufficiale una errata corrige della presidenza del Consiglio, non è stata una bella cosa. Tuttavia sono certo che l’Italia avrebbe fatto una figuraccia ben peggiore, se non si fosse pubblicato il codice entro la fatidica data del 18 aprile. Penso che per questo si è andati un po’ di fretta». E quando l’avevano saputo, all’ufficio legislativo diretto da Antonella Manzione, che c’era quella scadenza: da una settimana? Macché: da due anni. La direttiva Ue sugli appalti infatti, «era ben nota allo stesso governo almeno dal 28 marzo 2014, data di pubblicazione della stessa sulla Gazzetta ufficiale europea». E visto che Renzi era già a Palazzo Chigi da un mese «non ha ereditato ritardi accumulati da altri: se l’è prodotto in proprio». “Ora si sta lavorando alle linee guida – aggiunge però Corradino – «quelle sì veramente importanti, e ormai quasi tutte pronte e presentate alle Camere», sottolinea il consigliere, che presiede quest’altra commissione.

A proposito di linee guida, il Consiglio di Stato ha reso il parere sulle linee guida del Codice dei contratti pubblici concernenti, tra l’altro, l’offerta economicamente più vantaggiosa.

Se ne riportano alcuni passaggi.

(omissis) “Si tratta, a ben vedere, di istruzioni operative indirizzate alle stazioni appaltanti e finalizzate, perlopiù, ad offrire alle amministrazioni aggiudicatrici formule e metodi, di natura tecnico-matematica, sulla valutazione delle offerte e sull’assegnazione alle stesse di un punteggio numerico.

L’ANAC ha preferito, al riguardo, un’impostazione minimale, astenendosi dall’indirizzare alle stazioni appaltanti raccomandazioni operative puntuali e limitandosi a chiarire alcuni aspetti applicativi dell’art. 95 del Codice.

Tale struttura del documento se, per un verso, risulta condivisibile ed apprezzabile, nella misura in cui rispetta la discrezionalità delle stazioni appaltanti nella scelta dei criteri e dei metodi di analisi delle offerte più coerenti con le specifiche esigenze dell’appalto in questione, sconta, per un altro, un deficit di utilità.

Occorre, al riguardo, osservare che il documento in esame assume una valenza del tutto pregnante e strategica nella fase dell’enforcement della riforma degli appalti, attenendo ad uno dei suoi aspetti qualificanti: la valorizzazione del metodo di aggiudicazione dell’OEPV (come modalità ordinaria e generale di aggiudicazione degli appalti), cui corrisponde un dichiarato sfavor per quello del prezzo più basso (rectius: al criterio c.d. ‘del prezzo o del costo’ di cui all’articolo 67 della Direttiva 2014/24/UE).

Ne consegue che il successo della riforma degli appalti passa necessariamente attraverso il funzionamento della disciplina dell’OEPV, di cui il documento in esame costituisce declinazione operativa.

E allora, se appare senz’altro apprezzabile l’impostazione di offrire alle amministrazioni un ventaglio di metodologie valutative e un menu di strumenti di analisi delle offerte, con l’espressa responsabilizzazione delle stazioni appaltanti nella selezione di quelli più appropriati e coerenti con le specifiche esigenze della procedura amministrata, non può che rilevarsi che, per alcuni aspetti (di seguito segnalati), sarebbe opportuno (se non necessario) che l’ANAC guidasse, mediante raccomandazioni che resterebbero comunque non vincolanti, l’esercizio della discrezionalità delle stazioni appaltanti.

Tale esigenza, che si rivela del tutto coerente con la mission istituzionale assegnata all’ANAC, appare vieppiù urgente per quegli aspetti della disciplina maggiormente esposti al rischio di distorsioni della concorrenza o di alterazione della par condicio tra gli operatori economici e che necessitano, quindi, di istruzioni finalizzate a scongiurare quei pericoli.

(…)

Si osserva che l’ultimo periodo della premessa, con cui si ribadisce, in maniera pleonastica, l’obbligo delle stazioni appaltanti di recepire nel contratto le condizioni proposte dall’aggiudicatario e di vigilare sul loro rispetto, andrebbe espunto in quanto attinente alla formazione del contratto e alla verifica dell’adempimento dell’appaltatore e, quindi, del tutto inconferente con l’oggetto delle presenti linee guida.

2.3. Il paragrafo intitolato “Quadro normativo” si risolve in un’illustrazione della portata precettiva dell’art. 95 e nell’esegesi del suo, peraltro piuttosto chiaro, perimetro di applicazione.

Viene, in particolare, chiarito che, per gli appalti elencati al comma 4, il criterio del minor prezzo (criterio del prezzo o del costo) resta facoltativo, e non obbligatorio, e che le stazioni appaltanti che intendono esercitare la relativa scelta devono darne adeguata motivazione, come prescritto dal comma 5.

Si segnala, al riguardo, l’opportunità che l’ANAC suggerisca alle stazioni appaltanti i parametri sulla cui base assumere la pertinente decisione, guidando in tal modo il corretto esercizio della discrezionalità.

Si tratta, in altri termini, di offrire alle stazioni appaltanti, nel rispetto, ovviamente, della discrezionalità loro riconosciuta dalla legge, i criteri alla cui stregua assumere la scelta sul metodo di aggiudicazione da adottare, precisando, seppur in astratto e con formule non vincolanti, per quali tipologie di contratti, tenuto conto dell’oggetto, dell’importo e dei contenuti, è preferibile il metodo del prezzo più basso (criterio del prezzo o del costo) e per quali, invece, quello dell’OEPV.

L’ultimo periodo del paragrafo, con cui si raccomanda alle stazioni appaltanti di segnalare all’Autorità Antitrust e all’autorità giudiziaria (rispettivamente) condotte anticoncorrenziali e comportamenti delittuosi, appare estraneo all’oggetto delle linee guida sull’OEPV e andrebbe, quindi, espunto dal documento.

2.4. In merito al paragrafo intitolato “I criteri di valutazione” si formulano i seguenti rilievi.

Si condivide l’osservazione circa il superamento della rigida separazione tra requisiti di partecipazione e criteri di valutazione, ma occorre segnalare che, nell’ipotesi in cui i profili soggettivi dell’impresa vengono già considerati quali titoli di partecipazione, la valutazione dell’offerta (relativamente a quegli aspetti) può legittimamente appuntarsi solo sulla parte eccedente la soglia richiesta per la partecipazione alla gara (al fine di scongiurare il rischio di apprezzare il medesimo profilo organizzativo sia come titolo di accesso alla gara sia come elemento di qualità dell’offerta tecnica).

In merito alla facoltà di utilizzo dei criteri di premialità, espressamente riconosciuta dall’art. 95, comma 13 del nuovo ‘Codice’, si condivide la preoccupazione circa il rischio che un’amministrazione poco accorta e proporzionata di tale opzione possa generare effetti distorsivi della concorrenza o, addirittura, discriminatori, come può accadere, ad esempio, se si assegna un peso eccessivo e sproporzionato al rating di legalità (al quale imprese, pur sane e trasparenti, non possono accedere per ragioni oggettive).

Appare, al riguardo, insufficiente, al fine di scongiurare il pericolo appena segnalato, la raccomandazione relativa all’introduzione nei bandi di criteri compensativi e si segnala la necessità di impartire istruzioni più stringenti ed efficaci, quale, ad esempio, il suggerimento dell’attribuzione di un peso massimo a tale tipologia di criteri.

Si rivela, invece, del tutto opportuna ed esaustiva l’indicazione dei criteri sulla cui base calcolare l’elemento economico dell’offerta come costo del ciclo di vita.

Quanto, da ultimo, alla possibilità, riconosciuta dall’art. 95, comma 7, di stabilire un prezzo o un costo fissi, con la conseguenza che la competizione avviene solo sulla base della qualità dell’offerta, l’ANAC, dopo aver correttamente rilevato che le stazioni appaltanti conservano la facoltà di adottare tale modus procedendi anche in fattispecie diverse da quelle richiamate al comma 2, si limita a raccomandare alle stazioni appaltanti una particolare cautela, sia nell’esercizio di tale facoltà sia nella determinazione del prezzo fisso, ma si astiene da ogni altra più puntuale istruzione.

Sembra, invece, necessario che, tenuto conto della peculiarità di una competizione solo sulla qualità, siano indirizzate alle stazioni appaltanti raccomandazioni più stringenti, che chiariscano in quali ipotesi, oltre a quelle previste dal comma 2, appare utile e consigliabile il ricorso al metodo di aggiudicazione sulla base di un prezzo fisso.

2.5. Quanto al paragrafo intitolato “La ponderazione”, si condivide la raccomandazione, per quanto generica, di rispettare i canoni della proporzionalità, della ragionevolezza e della trasparenza nell’attribuzione dei pesi ai diversi criteri, di guisa da evitare valutazioni incoerenti con l’oggetto principale dell’appalto e con le reali esigenze dell’amministrazione.

Valuti, al riguardo, l’ANAC se non siano, anche qui, opportune raccomandazioni più puntuali in ordine ad una suddivisione proporzionata dei punteggi riservati a ogni componente dell’offerta, indicando, a titolo esemplificativo, l’articolazione, di massima, più equilibrata dei diversi elementi di valutazione, ferma restando, in ogni caso, la discrezionalità delle stazioni appaltanti di una diversa, e ragionata, distribuzione dei pesi.

Quanto alla riparametrazione, da valersi quale criterio razionale che serve ad assicurare un corretto equilibrio tra tutte le componenti dell’offerta (in modo che per ogni criterio almeno un’offerta ottenga il punteggio massimo), si segnala una discrasia tra la parte in cui si configura la riparametrazione come doverosa, nei casi in cui sono previsti sub-criteri e nessuna offerta consegua il massimo punteggio previsto per ciascun criterio, e quella, conclusiva, in cui si precisa che il predetto metodo resta discrezionale e dev’essere previsto espressamente nei documenti di gara.

(….)

2.6. Nei residui paragrafi vengono suggerite alle stazioni appaltanti le metodologie matematiche maggiormente utilizzate ai fini della valutazione, in termini numerici, degli aspetti quantitativi e qualitativi dell’offerta e le formule di attribuzione del punteggio complessivo finale.

Si suggerisce, al riguardo, al fine di assicurare la più ampia trasparenza nella comprensione e nell’applicazione delle metodologie suggerite, di accompagnare, per quanto possibile, le relative formule con istruzioni esplicative che permettano una più agevole conoscenza dei criteri di misurazione e di valutazione delle offerte e un più efficace controllo della loro corretta applicazione.”

Un parere – quello dei Consiglieri di Stato sul documento ANAC – che appare non proprio benevolo. Altri “gufi”, quindi, che si aggiungono a quei commentatori che già hanno rilevato come in taluni casi le linee guida proposte vengano meno alla loro precipua funzione, limitandosi a riproporre problematiche già note senza l’indicazione di scelte operative evolutive. Insomma, anche la soft law di declinazione operativa del nuovo Codice, della quale si sta vivendo una messianica attesa, potrebbe riservare qualche delusione.

articolo a cura del dott. Marco Boni, direttore responsabile di News4market

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Leggi anche l’articolo Nuovo Codice degli Appalti, pubblicate in Gazzetta le rettifiche

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