Soccorso istruttorio per l’offerta tecnica

a cura dell’avvocato Maria Ida Tenuta

Con la recente sentenza n. 449 del 12 aprile 2022, il TAR Lazio-Roma ha affrontato la questione dei presupposti che legittimano il ricorso al soccorso istruttorio per l’offerta tecnica, indicandone i limiti applicativi, in ossequio al divieto di modifica modificazione e/o integrazione dell’offerta

Come noto, l’art. 83, comma 9, del D.Lgs. 50/2016 prevede espressamente che le carenze formali possono essere sanate attraverso la procedura del c.d. soccorso istruttorio “… con esclusione di quelle afferenti all’offerta economica ed all’offerta tecnica”.

Recenti pronunce del Consiglio di Stato ammettono la possibilità di sanare, tramite soccorso istruttorio, carenze sull’offerta tecnica qualificabili come meri errori ovvero imprecisioni imputabili alla formulazione degli atti di gara; nonché di richiedere chiarimenti finalizzati alla corretta interpretazione della volontà del concorrente, fatta salva l’immodificabilità dell’offerta (Consiglio di Stato, sez. V, 27 marzo 2020, n. 2146).

Si è affermato l’indirizzo interpretativo che rinviene nel sistema normativo degli appalti pubblici la possibilità, in relazione all’art. 83 cit., di attivare da parte della stazione appaltante un ‘soccorso procedimentale’, nettamente distinto dal ‘soccorso istruttorio’, utile per risolvere dubbi riguardanti “gli elementi essenziali dell’offerta tecnica ed economica”, tramite l’acquisizione di chiarimenti da parte del concorrente che non assumano carattere integrativo dell’offerta, ma che siano finalizzati unicamente a consentirne l’esatta interpretazione e a ricercare l’effettiva volontà del partecipante alla gara, superandone le eventuali ambiguità (Cons. Stato, n. 680/2020 e n. 1225/2020).

Tale indirizzo richiama la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea (nella sentenza sez. VIII, 10 maggio 2017, nella causa C-131/16 Archus), che sul soccorso istruttorio ha enunciato le seguenti regole: a) è consentito all’Amministrazione di chiedere chiarimenti ad un candidato la cui offerta essa ritiene imprecisa o non conforme alle specifiche tecniche del capitolato d’oneri; b) non è in contrasto con il principio della par condicio tra i concorrenti la richiesta di correzione o completamento dell’offerta su singoli punti, qualora l’offerta necessiti in modo evidente di un chiarimento o qualora si tratti di correggere errori materiali manifesti, fatto salvo il rispetto di alcuni requisiti; c) una richiesta di chiarimenti non può ovviare alla mancanza di un documento o di un’informazione la cui comunicazione era richiesta dai documenti dell’appalto, se non nel caso in cui essi siano indispensabili per chiarimento dell’offerta o rettifica di un errore manifesto dell’offerta e sempre che non comportino modifiche tali da costituire, in realtà, una nuova offerta.

In tale solco interpretativo si inserisce la sentenza in esame che individua i presupposti che legittimano l’applicazione del soccorso istruttorio per l’offerta tecnica indicandone, al contempo, i limiti di applicazione, nel rispetto del divieto di modificazione e/o integrazione delle proposte offerte dal concorrente.

Nel caso di specie la stazione appaltante aveva provveduto a revisionare la graduatoria in seguito alle istanze di autotutela presentate da due concorrenti, che avevano chiesto di riattribuire i rispettivi punteggi relativi alle proprie offerte tecniche in quanto affette da asseriti “errori materiali” concernenti le certificazioni di qualità richieste dalla lex specialis (i.e. avevano richiesto e ottenuto di sostituire le certificazioni scadute allegate in offerta con quelle in corso di validità).

La ricorrente aveva impugnato l’aggiudicazione e gli atti di gara lamentando la violazione del principio immodificabilità dell’offerta nonché dell’art. 83, comma 9, del D.lgs. 50/2016.

Il TAR Lazio ha accolto il ricorso.

Secondo il Collegio nella gara oggetto del contendere il soccorso istruttorio è stato illegittimamente attivato in quanto non si è imposta la necessità di un chiarimento, né di correggere un errore manifesto; né, tantomeno, si è trattato di supplire alla mancanza di un documento o di una informazione, bensì “si è consentito di rimediare alla violazione di prescrizioni documentali imposte dalla legge di gara, già oggetto di valutazione e sostanziatesi nella formulazione di una (prima) graduatoria”.

La pronuncia in esame richiama la sentenza del Consiglio di Stato n. 2146/2020 e la pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione europea (10 maggio 2017, causa C-131/16 Archus), nella parte in cui afferma che: “non è in contrasto con il principio della par condicio tra i concorrenti la richiesta di correzione o completamento dell’offerta su singoli punti, qualora l’offerta necessiti in modo evidente di un chiarimento o qualora si tratti di correggere errori materiali manifesti, fatto salvo il rispetto di alcuni requisiti”; ma al contempo precisa che “una richiesta di chiarimenti non può ovviare alla mancanza di un documento o di un’informazione la cui comunicazione era richiesta dai documenti dell’appalto, se non nel caso in cui essi siano indispensabili per chiarimento dell’offerta o rettifica di un errore manifesto dell’offerta e sempre che non comportino modifiche tali da costituire, in realtà, una nuova offerta”.

Sul punto, la giurisprudenza ha, infatti, sottolineato che “il ricorso al soccorso istruttorio non si giustifica nei casi in cui confligge con il principio generale dell’autoresponsabilità dei concorrenti, in forza del quale ciascuno sopporta le conseguenze di eventuali errori commessi nella presentazione della documentazione; con la conseguenza che, in presenza di una previsione chiara e dell’inosservanza di questa da parte di un concorrente, l’invito alla integrazione costituirebbe una palese violazione del principio della par condicio, che verrebbe vulnerato dalla rimessione in termini, per mezzo della sanatoria (su iniziativa dell’Amministrazione), di una documentazione incompleta o insufficiente ad attestare il possesso del requisito di partecipazione da parte del concorrente che non ha presentato, nei termini e con le modalità previste dalla lex specialis, una dichiarazione o documentazione conforme al bando (cfr., da ultimo, C.d.S., III, n. 6752/2018, che richiama, id., n. 4266/2018 e n. 2219/2016)” (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 22 maggio 2019, n. 3331).

In conclusione, dunque, secondo la sentenza in esame: i) è consentita l’interlocuzione tra l’Amministrazione e il Concorrente anche nella fase relativa all’esame dell’offerta tecnica in quanto conforme ai principi di buon andamento dell’Amministrazione e di par condicio tra gli operatori economici, ma a condizione che tale interlocuzione rispetti il divieto di modificazione e/o integrazione delle proposte offerte dal concorrente; ii) in particolare, non è in contrasto con il principio della par condicio la richiesta di correzione o completamento dell’offerta su singoli punti, qualora l’offerta necessiti in modo evidente di un chiarimento o qualora si tratti di correggere errori materiali manifesti; iii) tale richiesta di chiarimenti non può ovviare, tuttavia, alla mancanza di un documento o di un’informazione la cui comunicazione era richiesta dai documenti di gara, salvo nel caso in cui essi siano indispensabili per chiarire il contenuto dell’offerta o per la rettifica di un errore manifesto dell’offerta.

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L’offerta tecnica non firmata digitalmente da tutti i componenti del raggruppamento è ammissibile

TAR Genova, 06.12.2021 n. 1051

(….) Il Collegio è consapevole che, rispetto al difetto di sottoscrizione dell’offerta da parte di tutti i componenti del costituendo RTI, in giurisprudenza vi sono posizioni differenti.


Secondo un primo orientamento
, esso non può che condurre all’esclusione dalla gara, perché la sottoscrizione dell’offerta si configura come lo strumento mediante il quale l’autore fa propria la dichiarazione contenuta nel documento e si vincola a essa, pertanto la sua mancanza ne inficia validità e ricevibilità e non è sanabile mediante soccorso istruttorio, che non può essere utilizzato per rimediare alle carenze dell’offerta tecnica o economica (tra le tante, si v. Cons. St., sez. III, sent. n. 6530 del 2020 e TAR Lazio, Roma, sez. II, sentt. n. 7470 del 2019 e n. 11598 del 2020).
Per un secondo orientamento, invece, i vizi della sottoscrizione dell’offerta rilevano solo se e in quanto determinano un’incertezza assoluta sul suo contenuto o la sua provenienza, mentre in caso contrario un’eventuale esclusione sarebbe illegittima (Cons. St., sez. V, sent. n. 3973 del 2020, e sez. III, sent. n. 1963 del 2020, nonché TAR Toscana, sent. n. 288 del 2020 e TAR Calabria, Catanzaro, n. 836 del 2020; si v. altresì il parere di precontenzioso approvato dall’ANAC con deliberazione n. 420 del 15.05.2019).

Tra le due posizioni, il Collegio intende aderire a quest’ultima, che ritiene preferibile per una serie di ragioni.
In primo luogo, la tesi “sostanzialistica” appare più rispettosa dei tradizionali principi del raggiungimento dello scopo e della strumentalità delle forme che caratterizzano il procedimento amministrativo (sul punto si v., tra le tante susseguitesi nel tempo: Cons. St., sez. V, sent. n. 16 del 1987; sez. VI, sentt. n. 1670 del 2009 e n. 2482 del 2011; sez. VI, sent. n. 5284 del 2015).
Lo scopo perseguito mediante la previsione che l’offerta sia sottoscritta da parte di tutti i componenti del costituendo RTI, nel caso in cui la partecipazione avvenga con questa modalità (art. 48, co. 8, del d.lgs. n. 50 del 2016), è infatti assicurare la riconducibilità del documento ai suoi autori, garantendone la provenienza – mentre, a ben vedere, l’assunzione di responsabilità deriva, più che dalla firma in sé, dalla presentazione dell’offerta in gara, cui conseguono una serie di obblighi (tra cui il vincolo per un periodo minimo, il divieto di presentarne altre, l’irrevocabilità della proposta in caso di aggiudicazione).
Pertanto, nel momento in cui l’offerta sia univocamente riconducibile a determinati soggetti, l’obiettivo perseguito dalla norma può dirsi raggiunto e un’eventuale esclusione delle imprese per difetto di sottoscrizione rappresenterebbe una conseguenza sproporzionata, in violazione del principio di cui all’art. 30, co. 1, secondo periodo, del codice dei contratti pubblici.

In secondo luogo, l’interpretazione “sostanzialistica” appare maggiormente conforme ai principi e criteri direttivi determinati dalla legge delega n. 11 del 2016, sulla cui base è stato emanato il d.lgs. n. 50 del 2016, e in particolare del divieto di “gold plating” di cui alla lett. a), del principio di semplificazione delle procedure di cui alla lett. i), e del criterio di riduzione degli oneri documentali a carico dei soggetti partecipanti di cui alla lett. z), i quali tutti esprimono una preferenza del legislatore per la riduzione degli “oneri non necessari” a carico delle imprese – ossia degli adempimenti che non siano giustificati dal perseguimento di obiettivi di carattere generale.

Infine, questa tesi, più dell’altra, risulta in armonia con i principi di economicità e di libera concorrenza di cui all’art. 30, co. 1, primo periodo, del codice dei contratti pubblici, in quanto evita che – per quella che, in pratica, è una mera svista, un errore riconoscibile dalla stazione appaltante – sia preclusa la partecipazione di imprese che potrebbero essere dotate dei requisiti per svolgere l’appalto e presentare una proposta competitiva, con danno per l’interesse pubblico, oltre che per quello privato.

Né, sotto altro profilo, si può paventare una lesione del principio di “par condicio”, in quanto, nel ravvisare la riconducibilità dell’offerta a una o più imprese, la stazione appaltante non dà adito ad alcuna modifica della stessa, ma semplicemente interpreta e qualifica le dichiarazioni contenute nei vari documenti.

Sotto altro profilo ancora, accedere a questa tesi comporta anche – sotto il profilo dell’assunzione di responsabilità – che le imprese non potranno sottrarsi ai vincoli che derivano dall’aver presentato l’offerta invocando un formale difetto di sottoscrizione, circostanza che risulta anche aderente al principio di buona fede, che permea sia la disciplina civilistica sulla trattativa precontrattuale (art. 1337 cod. civ.) sia quella pubblicistica sui rapporti tra privato e Amministrazione (art. 1, co. 2-bis, della legge n. 241 del 1990).

Se dunque si accoglie la prospettiva “sostanzialistica”, si pone il problema di verificare di volta in volta se una data offerta sia univocamente riconducibile alle imprese che l’hanno predisposta e presentata.

Nel verificarne la riconducibilità a una o più imprese, è pertanto necessario darne una lettura e un’interpretazione complessiva, con la conseguenza che, laddove alcune sue parti siano state sottoscritte e altre non lo siano state, è comunque possibile presumere che l’offerta sia nel suo complesso riferibile ai sottoscrittori.

Le descritte modalità della presentazione dell’offerta tramite SINTEL rafforzano anche sul piano formale il carattere unitario dell’offerta, in quanto le sue diverse componenti vengono trasmesse contestualmente, con un unico invio, previa sottoscrizione del documento d’offerta che ne garantisce l’integrità.
Per questo, nel caso di specie, si poteva e doveva presumere che – nonostante il difetto di sottoscrizione dei due file di cui si compone l’offerta tecnica – nel suo complesso l’offerta fisse riconducibile alle ricorrenti.