Costi materie prime. Egualia e Confindustria Dispositivi Medici: rinegoziare i prezzi delle forniture

“L’assetto normativo attuale crea una palese disparità di trattamento tra le diverse categorie di appalti, lasciando le aziende del settore sanitario prive di paracadute” 

Le imprese del comparto dei dispositivi medici e dei farmaci generici equivalenti vivono in questi mesi, come effetto secondario della pandemia da Covid-19, una grave carenza di materie prime e il conseguente, drammatico, peso dell’aumento dei prezzi. Si tratta di una situazione che nel settore sanitario assume connotati peculiari per la stessa natura del mercato. Queste aziende, infatti, si rivolgono prevalentemente al settore pubblico e il mercato si realizza attraverso l’aggiudicazione di gare al prezzo e per lotti spesso molto grandi e pluriennali. Egualia e Confindustria dispositivi medici chiedono pertanto a gran voce di poter rinegoziare i contratti di fornitura, come si sta facendo per altri settori che lavorano con la PA. Trattandosi di beni di prima necessità per il funzionamento di ospedali, ambulatori e altre strutture sanitarie non è possibile interrompere le forniture di dispositivi medici e farmaci equivalenti per non configurare una interruzione di pubblico servizio. Questo sta creando seri problemi alle imprese del settore. 

«L’ANAC aveva evidenziato già a febbraio le criticità inerenti gli incrementi delle materie prime nei contratti di servizi e forniture, sollecitando il Governo a prevedere anche per forniture e servizi misure di compensazione analoghe a quelle quella previste per il comparto dei lavori pubblici nel Decreto Sostegni ter, pubblicato a marzo – sottolinea Enrique Häusermann, presidente di Egualia -. Anche il decreto ‘tagliaprezzi’, definitivamente convertito in legge a fine maggio, ha previsto una clausola sui prezzi, ma solo per i lavori pubblici. Mentre la delega al Governo in materia di contratti pubblici, approvata a giugno, rinvia ad un futuro obbligo per le stazioni appaltanti a inserire nei bandi “un regime obbligatorio di revisione dei prezzi”. L’assetto normativo attuale crea dunque una palese disparità di trattamento tra le diverse categorie di appalti, lasciando completamente abbandonate a sé stesse le aziende del settore sanitario che hanno invece bisogno di interventi immediati per riuscire a sopravvivere. La supply chain del farmaco sta subendo a livello mondiale una pressione, spesso insostenibile, sulla disponibilità ed il costo di materie prime (API ed eccipienti), materiali di confezionamento, macchinari e parti di ricambio cui si è aggiunto – più di recente – il tema degli approvvigionamenti energetici. Oggi tutti questi costi sono raddoppiati, triplicati e oltre a fronte di prezzi spesso negoziati oltre 10 anni fa. Per alcune categorie di farmaci generici equivalenti il prezzo ex factory non è più sostenibile industrialmente. Ancor più nel mercato ospedaliero, dove il prezzo ex factory è in molti casi usato come base d’asta per le gare pubbliche». 

“Le nostre imprese – ha dichiarato Massimiliano Boggetti, presidente di Confindustria Dispositivi Medici – stanno subendo pesantemente la crisi delle materie prime: 8 aziende su 10 hanno ritardato la produzione e il 21% ha dovuto ridurla a causa dell’aumento dei costi delle materie prime. Inoltre, hanno sostenuto costi per acquisto di materie prime, in media, maggiori del 50% circa rispetto all’anno precedente. Si tratta di una situazione paradossale: la mancanza di materie prime mette a rischio la disponibilità dei prodotti e a causa dell’aumento dei loro costi non possono variare il prezzo finale perché vincolate da contratti pluriennali con la PA. Ancora più paradossale è il fatto che in caso di contestazione e di inadempimento contrattuale corrono il rischio di essere inserite nel casellario informatico ANAC, cosa che preclude loro la partecipazione ad altre gare. Tale evenienza impedirebbe di fatto la vita stessa di molte aziende che hanno nel rapporto con la PA il solo o principale sbocco commerciale. Per questo motivo, chiediamo di intervenire, ad esempio dando la possibilità di riconoscere l’adeguamento ISTAT, con scelte rapide e chiare in modo da consentire la sopravvivenza di un settore che si è dimostrato essere l’ossatura del SSN in questi lunghi anni di pandemia”. 

Rincari materie prime, Confindustria dispositivi medici scrive all’Anac

Oltre il danno, la beffa. Le imprese di dispositivi medici sono in difficoltà per i forti rincari delle materie prime e dell’energia. E rischiano di finire sul “libro nero” dell’Autorità nazionale anticorruzione (Anac). Il motivo è che diventa sempre più complicato, per le aziende, rispettare i contratti con la sanità pubblica, che prevedono prezzi non allineati allo scenario attuale e non tengono conto delle difficoltà di approvvigionamento di materiali e componenti per la fornitura di prodotti finiti. Una situazione critica che ha spinto Massimiliano Boggetti, presidente di Confindustria dispositivi medici, a scrivere una lettera alla presidenza dell’Anac, rappresentata da Giuseppe Brusia.

Le richieste

Il rischio per le imprese è quello di essere inserite nel casellario informatico dell’Anac, segnalate per inadempienza contrattuale. Le richieste principali di Confindustria dispositivi medici sono due: “Ci rivolgiamo a voi – scrive Boggetti – affinché valutiate la possibilità di consentire la rinegoziazione dei prezzi oggetto di contratti già stipulati e di non far scattare la segnalazione di inadempienza nel caso di mancata consegna di prodotti non disponibili. Chiediamo inoltre che nei bandi di gara in via di definizione venga introdotta una clausola di forza maggiore con funzione equilibratrice di eventuali squilibri che si venissero a creare per il protrarsi della situazione emergenziale”.

Causa di forza maggiore

Una clausola di forza maggiore manca nella quasi totalità dei contratti stipulati dalla PA. “Una clausola – ricorda Boggetti – prevista sia nella disciplina italiana, sia nella prassi commerciale e nei regolamenti internazionali, per prevenire la responsabilità contrattuale delle parti in caso di mancata esecuzione o inadempimento dell’obbligo contrattuale per cause di forza maggiore o altri eventi straordinari”. Ad esempio guerre, atti terroristici, ma anche embarghi o provvedimenti governativi.

“Ciò che aggrava ulteriormente la situazione del nostro settore – aggiunge –  sono i vincoli normativi, tipici di un mercato che vive di forniture alla Pubblica amministrazione, in virtù dei quali le imprese corrono il rischio di vedersi escludere dalla possibilità di continuare a fornire per inadempienze generate al di fuori della loro volontà o capacità gestionale”. A proposito di prezzi, nella lettera Boggetti evidenzia come le diverse stazioni appaltanti “non inseriscano nei documenti di gara iniziali clausole chiare, precise e inequivocabili, che possano comprendere clausole di revisione dei prezzi”. Un adegumento giudicato in questa fase “vitale per le imprese”.

Il boom dei costi

Nel mese di ottobre 2021 Confindustria dispositivi medici aveva lanciato un allarme sull’aumento delle materie prime. Un’indagine del Centro studi dell’associazione aveva stimato un aumento del 29% dei costi dei prodotti finiti, considerando la spesa al rialzo per il trasporto delle materie prime, per i semilavorati e le finiture. E ancora di più rispetto alla media sono aumentati i costi degli ausili per i disabili (+36%), come le carrozzine. Già allora il direttore generale dell’associazione industriale, Fernanda Gellona, aveva sollecitato un intervento per “un’equa modificazione delle condizioni dei contratti in essere, tenuto conto delle mutate condizioni economiche intercorse tra la data di stipulazione del contratto e la sua esecuzione secondo quanto previsto dall’art. 106 del D.Lgs 50/2016”. Per conoscenza, la lettera di Confindustria dispositivi medici per Anac è stata inviata anche ai ministri della Salute e dello Sviluppo economico, alle centrali di acquisto (inclusa Consip) e agli assessori regionali alla salute.   (fonte: Aboutpharma)