Codice degli appalti, tra testo e contesto
a cura dell’avvocato Angelo Lucio Lacerenza.
Che il nuovo Codice degli appalti fosse “nato prematuro” era noto dal testo, come dimostra la vasta disciplina transitoria su molti aspetti anche di grande rilievo, a partire dalle SOA. La nota dolente è che il testo, alla prova dei fatti e del contesto giuridico italiano, rischia di generare non pochi contenziosi ed incertezze, a danno di imprese e stazioni appaltanti.
La sorte del “famigerato art. 38” del vecchio Codice (così detto per la quantità di contenzioso che aveva prodotto) sembrerebbe accompagnare l’attuale art. 80 del d.lgs. 50/2016, e sotto piu’ aspetti. Sotto un profilo soggettivo, in caso di partecipazione agli appalti di soggetti diversi da D.I., S.N.C. e S.A.S., tra coloro che devono rendere le dichiarazioni di moralità risultano genericamente individuati i “soggetti muniti di poteri di rappresentanza, di direzione o di controllo”. Se, a parere di chi scrive, non ci sono dubbi per i sindaci e loro supplenti, revisori dei conti e membri dell’organismo di vigilanza ove adottato il modello 231, resta l’enigma dei procuratori speciali i cui poteri di rappresentanza hanno alimentato una vasta e talvolta alternante giurisprudenza in costanza del vecchio Codice, incertezza che permarrebbe anche ora stante la genericità della norma. Sotto un profilo procedurale, la norma grava le commissioni anche della verifica dei requisiti di qualificazione della terna obbligatoria dei subappaltatori da indicare già in sede di gara, con un conseguente appesantimento del procedimento di gara.
Se l’obiettivo era di semplificare gli oneri documentali a carico delle imprese, la norma sul Documento di gara unico europeo DGUE (art. 85) non pare aver colto nel segno. L’aver previsto che le stazioni appaltanti “accettano” il DGUE lascerebbe intendere una volontarietà della sua presentazione, non già un obbligo, almeno sino al 18 aprile 2018. Peccato che il Documento non sia allineato con il d.lgs. 50/2016 (essendo stato pubblicato dalla UE lo scorso gennaio quando l’Italia era ancora alle prese con i principi generali del Codice); che vi siano difficoltà di funzionamento del link messo a disposizione per il servizio di compilazione del Documento; che sussiste un diverso atteggiarsi delle amministrazioni, non richiedendolo affatto da parte di talune, altre prevedendone la presentazione da parte del solo legale rappresentante del concorrente, tal’altre da parte di tutti i soggetti apicali previsti dall’art. 80.
Sulle cauzione provvisorie e definitive (artt. 93 e 103), ed in particolare sulla possibilità di cumulare le riduzioni dell’importo da garantire al ricorrere di determinate certificazioni di qualità, sarebbe interessante conoscere se fosse volontà del Legislatore o trattasi di refuso l’aver escluso dal cumulo l’abbattimento del 15% in caso di possesso di UNI EN ISO 14064-1 o di UNI ISO/TS 14067, posto che quando il Codice ha voluto escludere il cumulo lo ha fatto espressamente (ad esempio in caso di certificazione OHSAS 18001).
Riserve suscita la previsione del rating di legalità anche tra i criteri di valutazione dell’offerta (art. 95 co. 13) in considerazione del fatto che esso attiene più propriamente alla qualificazione dell’impresa, come specificato dallo stesso Codice a proposito del sistema reputazionale (art. 83 co. 10), e non già alla diversa fase della valutazione dell’offerta tecnica proposta dall’operatore. Sempre sul versante reputazionale urterebbe contro il principio del diritto alla difesa sancito dall’art. 24 della Costituzione l’aver previsto “l’incidenza del contenzioso sia in sede di partecipazione alle procedure di gara che in fase di esecuzione del contratto” ai fini del conseguimento della certificazione dell’Anac (art. 83 co. 10); il che equivale a “scoraggiare” le imprese dal ricorrere al giudice pur di conseguire la certificazione stessa. Bene ha fatto l’Anac a sollevare dubbi sulla norma nei suoi “Criteri reputazionali per la qualificazione delle imprese” posti in pubblica consultazione lo scorso 10 giugno.
Non meno dubbi sorgono a proposito di alcuni profili circa la valutazione delle offerte. E’ il caso del criterio del “costo del ciclo di vita” dell’appalto (art. 96) che comprende tutti i costi – o parti di essi – legati al ciclo di vita della commessa. Il criterio, ove non meglio chiarito, rischia di ampliare in modo non proporzionale il novero dei dati che gli offerenti devono esporre nella propria offerta economica, ad esempio negli appalti di fornitura laddove i beni dopo aver esaurito la loro funzione devono essere smaltiti da operatori specializzati che di regola sono diversi dai fornitori dei beni stessi (tipico è il caso dei toner che, esauriti, devono essere smaltiti come rifiuti speciali secondo le prescrizioni del d.lgs. 152/2006).
Incertezze ancor più significative suscita la norma sull’anomalia delle offerte nelle gare da aggiudicare al prezzo più basso (art. 97 co. 2). Per individuare la soglia di anomalia è necessario procedere al sorteggio pubblico, prima dell’apertura delle offerte economiche, di uno tra i 5 criteri indicati dal Codice (si tratta di 5 diverse medie aritmetiche); qualora ad essere sorteggiato fosse il quinto criterio (lett. e), la soglia è il frutto di un complesso calcolo che combina media aritmetica dei ribassi, scarto medio aritmetico dei ribassi e applicazione di un coefficiente scelto, con un secondo sorteggio, tra una serie di valori indicati dal Codice (0,6; 0,8; 1; 1,2; 1,4). Al di là della complessità del calcolo (che non pochi problemi creerà alle stazioni appaltanti), e con buona pace dello scopo della norma di non creare cordate tra i partecipanti all’appalto, il Legislatore ha di fatto affidato l’aggiudicazione degli appalti (e quindi il destino delle imprese) alla “cabala”, atteso che da simulazioni effettuate sull’applicazione dei diversi criteri ad una stessa gara risulterebbero soglie di anomalia diverse a seconda dell’applicazione di questo o quel criterio.
Per non parlare del fatto che ai fini della giustificazione dell’offerta la stazione appaltante può chiedere per iscritto al concorrente la presentazione delle proprie argomentazione assegnando un termine secco di almeno 15 giorni (art. 97 co. 5), venendo così meno la possibilità, prevista dal vecchio Codice, del contraddittorio in una fase estremamente complessa della procedura di gara (a parere di chi scrive, con grave lesione dei diritti di difesa degli operatori).
Le incertezze non mancano anche dopo l’aggiudicazione. Sul subappalto, al limite del 30% sull’importo complessivo del contratto (art. 105 co. 2) si affiancherebbe l’ulteriore limite del 30% (art. 105 co. 5) sulle opere superspecialistiche che superano il 10% dell’importo totale dei lavori, con la conseguenza, non irrilevante, di poter operare nei fatti con due distinti subappalti.
Rilevante è la norma sulla obbligatoria indicazione della terna di subappaltatori per gli appalti di importo superiore alle soglie comunitarie e per i quali non sia necessaria una particolare specializzazione (art. 105 co. 6), con facoltà per la stazione appaltante di estendere tale obbligo anche agli appalti di importo più modesto. Premesso che simile norma era già prevista dall’art. 34 dell’abrogata legge 109/1994 (fino a un massimo di 6 subappaltatori), non possono sottacersi difficoltà applicative poiché vi sono alcuni settori “di nicchia” nei quali operano pochissimi operatori, con conseguente difficoltà di trovare subappaltatori; poiché l’appalto è un contratto di durata che si svilupperà anche a distanza di moltissimi mesi rispetto alla presentazione dell’offerta, momento nel quale scatta l’obbligo di indicare la terna; per le vicende successive alla presentazione dell’offerta che potrebbero investire il subappaltatore nominato (esempio, perdita dei requisiti di qualificazione); per l’appesantimento della procedura di gara, atteso che la commissione dovrà verificare il possesso dei requisiti anche dei subappaltatori indicati; poiché il Codice non chiarisce se un’impresa indicata in sede di gara come subappaltrice possa partecipare alla medesima procedura anche in proprio o come componente di un RTI.
In tema di risoluzione del contratto di appalto da parte della stazione appaltante, infine, meriterebbe un approfondimento la diversa disciplina sulla facoltà o sulla doverosità di attivare il rimedio al ricorrere, tuttavia, dei medesimi reati escludenti previsti dall’art. 80 (artt. 108 co. 1, lett. c, art. 108 co. 2, lett. b).
La citata rassegna non ha pretesa di esaurire le molte ombre del Codice, rispetto alle quali sarebbe auspicabile un intervento riparatore del Legislatore. In mancanza del quale non resta che affidarsi all’opera chiarificatrice delle Corti giudiziarie nazionali ed europee e dell’Anac.
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Il MePAIE approda a Cagliari: un convegno sulle PMI e le opportunità del nuovo Codice
Il MePAIE (Mercato della Pubblica Amministrazione in Italia e in Europa) ‘in viaggio’ per l’Italia. Dopo il primo appuntamento avuto luogo a Cremona lo scorso marzo, l’evento organizzato da Net4market – Csamed Srl approda ora in Sardegna.
Martedì 5 luglio, presso la sede di Confindustria a Cagliari, è in programma il convegno sul tema “PMI e mercato pubblico: opportunità dal nuovo Codice”. Il MePAIE diventa così un appuntamento itinerante, che toccherà diverse città italiane, per affrontare i temi relativi all’e-procurement e alle nuove frontiere dei mercati della PA. Tutto questo con un focus specifico sul nuovo Codice degli Appalti, per capire come affrontare il cambiamento grazie alla partecipazione di avvocati, esperti e attori economici.
L’appuntamento a Cagliari, in particolare, sarà l’occasione per analizzare le opportunità per la piccola e media impresa di accesso al mercato della Pubblica Amministrazione, con particolare riferimento alle norme del Nuovo Codice degli appalti e alla spinta alla centralizzazione. L’evento è organizzato da Net4market – Csamed Srl, società di servizi di Cremona guidata dall’amministratore unico Gianmaria Casella, con la preziosa collaborazione di Confindustria Sardegna Meridionale, A.R.P.E.S (Associazione Regionale Provveditori Economi della Sardegna) e l’azienda Faticoni Srl.
Il convegno si svilupperà durante la mattinata, dalle 9 alle 13. Dopo la registrazione dei partecipanti, apriranno i lavori Lucetta Milani (presidente della Sezione Terziario Innovativo di Confindustria Sardegna Meridionale) e Gianmaria Casella (amministratore unico di Net4market – Csamed Srl). Si proseguirà con gli interventi “La centralizzazione degli acquisti e il rispetto della PMI” a cura di Cinzia Lilliu (CAT Sardegna), “Il nuovo codice: stato dell’arte con particolare riferimento alla PMI” con l’intervento dell’avvocato Lucio Lacerenza, “Il mercato elettronico della Pubblica Amministrazione: opportunità per la PMI” con la partecipazione di Francesca Minerva (Consip).
La partecipazione è gratuita, sia per la Pubbliche Amministrazioni che per le imprese.
Per ulteriori informazioni sull’evento consultate il sito http://www.mepaie.it/
Per iscriversi al convegno http://www.mepaie.it/mepaie-itinerante/iscrizione/
Soggetti aggregatori, Pmi, lotti “funzionali” e quadratura del cerchio
a cura di Marco Boni, direttore responsabile di News4market.
Secondo l’ordinamento, gli appalti devono essere suddivisi in “lotti funzionali”. La ratio dell’obbligo di suddividere gli appalti in lotti sta essenzialmente nella volontà – espressa anche dall’ordinamento comunitario – di tutelare le micro, piccole e medie imprese. Infatti, recita il Codice: “Al fine di favorire l’accesso delle microimprese, piccole e medie imprese, le stazioni appaltanti suddividono gli appalti in lotti funzionali (nota: nel precedente regime normativo la suddivisione doveva avvenire “ove possibile ed economicamente conveniente”). Le stazioni appaltanti motivano la mancata suddivisione dell’appalto in lotti”. Infatti: “I criteri di partecipazione alle gare devono essere tali da non escludere le microimprese, le piccole e medie imprese”.
Anche se è stato osservato che il regime normativo introdotto dal D.Lgs. n. 50/2016 potrebbe risultare rispetto a certi istituti “penalizzante” per le citate categorie di operatori economici, avuto riguardo alla precedente legislazione (restrizioni sul subappalto e sull’avvalimento, soprattutto in riferimento ai lavori), è indubbio che il nuovo Codice rafforza l’obbligo di frazionare gli appalti in lotti, restando peraltro formalmente confermato il divieto di “artificioso frazionamento” delle forniture, realizzato – questo – ai fini di eludere, attraverso procedure “sotto-soglia”, la concorrenza intracomunitaria o la trasparenza degli affidamenti. Lotti singoli, quindi, ma accorpati in un un’unica procedura, poiché “quando un progetto volto ad ottenere forniture omogenee può dare luogo ad appalti aggiudicati contemporaneamente per lotti distinti, nell’applicazione delle soglie è computato il valore complessivo stimato della totalita’ di tali lotti”. È peraltro vero che, sfruttando la generica qualificazione del concetto di omogeneità, l’artificioso frazionamento è stato tradizionalmente uno dei principali strumenti utilizzati per “inquinare” gli affidamenti.
Sempre secondo l’ordinamento, “lotto funzionale”, è “uno specifico oggetto di appalto da aggiudicare anche con separata ed autonoma procedura, ovvero parti di un lavoro o servizio generale la cui progettazione e realizzazione sia tale da assicurarne funzionalità, fruibilità e fattibilità indipendentemente dalla realizzazione delle altre parti”.
Se il lotto funzionale è aggiudicabile legittimamente con separata ed autonoma procedura (non è richiesta, in questo caso, una motivazione per tale condotta), appare bypassabile il divieto di artificioso frazionamento, nel senso che – pur se tra loro omogenei – i lotti funzionali aggiudicati con separata procedura non integrerebbero l’artificioso frazionamento delle forniture (di beni e servizi). Con le conseguenze del caso.
Troppo generico risulta anche il minaccioso obbligo di motivazione per la mancata suddivisione dell’appalto in lotti. Manca con il nuovo Codice l’elemento di relazione con la prescrizione di legge, cioè l’ipotesi – da motivare – della deroga legittima. Delle due l’una: o l’unitarietà dell’appalto non è mai legittima, non essendo stata prevista una relativa casistica; oppure è sempre legittima, purchè ne sia data motivazione. Una deroga – esercitabile a rischio e pericolo del RUP – potrebbe essere il rispetto – ribadito dal D.Lgs. n. 50/2016 – del “principio di economicità” nell’affidamento degli appalti, là dove risultasse dimostrabile il vantaggio economico della mancata suddivisione in lotti.
Risulta poi problematico, in certi casi, qualificare un lotto come funzionale, secondo la caratterizzazione fornita dal legislatore (mutuata, come al solito, dalla normativa sui lavori pubblici). Nelle esemplificazioni di scuola, si rappresentano come lotti funzionali un tratto di ferrovia da stazione a stazione, o di autostrada da casello a casello, potendo questi lotti esplicare la loro funzione di servizio indipendentemente dall’operatività di altri segmenti di tracciato.
Anche nei servizi è relativamente semplice configurare un lotto funzionale. Ad esempio, negli appalti di pulizia degli ospedali, le prestazioni relative ad un autonomo padiglione. Problematica è invece la configurazione del lotto funzionale nelle forniture, in quanto generalmente si tratta solo di componenti parziali di un processo produttivo (cioè i beni, da soli, non consentono l’esplicazione di una funzione).
Tra le varie questioni che riguardano la strutturazione e il dimensionamento della domanda, ve ne sono anche di imbarazzanti, come quella che riguarda la stessa ragion d’essere dei soggetti aggregatori (da non confondersi con le “stazioni uniche appaltanti”). Da un lato il legislatore si adopera per il frazionamento dei fabbisogni; contemporaneamente, dall’altro, prevede l’aggregazione della domanda. Insomma, fabbisogni aggregati, ma posti in gara suddivisi in lotti (più o meno “funzionali”) ad opera dei soggetti aggregatori. Lo stesso risultato ottenibile con le vecchie care “unioni di acquisto”, che però hanno il difetto di non costare nulla.
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Codice degli appalti, pubblicate le proposte di Linee guida attuative
Il Consiglio dell’Autorità ha approvato il 21 giugno scorso cinque proposte di Linee guida attuative del nuovo Codice degli Appalti e delle Concessioni, precedentemente sottoposte a consultazione pubblica nel sito dell’Anac.
Alcune di esse sono state trasmesse al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti al fine dell’adozione del decreto ministeriale di competenza. Per le altre si attende il parere del Consiglio di Stato, della Commissione Lavori pubblici e comunicazioni del Senato della Repubblica, e della Commissione Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici della Camera dei Deputati. La pubblicazione degli atti definitivi avverrà dopo l’acquisizione dei pareri richiesti.
Clicca qui per consultare le Proposte di Linee guida attuative del nuovo Codice degli Appalti e delle Concessioni
da www.anticorruzione.it
I criteri reputazionali delle imprese
a cura dell’avvocato Stefano Cassamagnaghi.
Il 10 giugno scorso l’ANAC ha pubblicato tre ulteriori bozze di Linee guida – che si aggiungono a quelle già pubblicate in precedenza – invitando gli operatori del mercato a presentare osservazioni.
Tra queste risultano di particolare interesse le Linee guida in materia di criteri reputazionali per la qualificazione delle imprese.
L’art. 83, comma 10, del nuovo Codice appalti ha istituito presso l’ANAC il sistema del Rating di impresa, e relative premialità – penalità, affidando alla stessa Autorità il compito di definire con Linee guida “i requisiti reputazionali e i criteri di valutazione degli stessi, nonché le modalità di rilascio della relativa certificazione”.
Ai sensi del Codice, il sistema di Rating si applicherà “ai soli fini della qualificazione delle imprese”, con ciò dovendosi intendere, secondo l’Autorità – così chiarendo una prima incertezza interpretativa – sia la qualificazione affidata alle SOA per i lavori oltre i 150mila Euro, sia quella affidata alle stazioni appaltanti per i lavori sotto tale soglia, e per i servizi e le forniture.
A livello operativo il Documento di consultazione pubblicato dall’ANAC ipotizza di avviare un periodo sperimentale del Rating di impresa, limitatamente al settore dei lavori di importo superiore a 150mila Euro, coinvolgendo le SOA.
L’Autorità si occupa anzitutto di definire l’algoritmo di calcolo del Rating di impresa, ritenendo preferibile un meccanismo tipo “patente a punti”, che veda tutti gli operatori partire con un punteggio pari a 100 e che porti a una decurtazione di tale punteggio in presenza di elementi di carattere negativo. Tale sistema di calcolo, rispetto a quello della somma ponderata dei vari elementi – sul modello dell’offerta economicamente più vantaggiosa – consente, secondo l’ANAC, di non penalizzare i nuovi operatori che intendano entrare nel mercato degli appalti pubblici.
L’art. 83, comma 10, del Codice elenca una serie di criteri reputazionali basati su “indici qualitativi e quantitativi, oggettivi e misurabili”. Il documento pubblicato dall’ANAC si occupa di ciascuno di tali indici, segnalando preliminarmente la necessità di coordinare il sistema premiante con le cause di esclusione, dal momento che alcune componenti del Rating di impresa sono anche elementi su cui si fondano alcune specifiche cause di esclusione.
Questi, brevemente, gli indici menzionati nel Codice e ripresi dall’ANAC:
1. capacità strutturale: secondo l’Autorità si dovranno prendere in considerazione “indicatori diversi da quelli già utilizzati per la qualificazione” (quindi non, ad esempio, la capacità tecnico-professionale), tra cui il rispetto del D.Lgs. n. 231/2001, il patrimonio netto o il costo del personale sul fatturato;
2. rispetto dei tempi e costi per l’esecuzione: saranno rilevanti i comportamenti complessivi dell’impresa in fase di esecuzione del contratto, tra cui in particolare gli inadempimenti contrattuali incidenti anche sulla qualità della prestazione resa;
3. incidenza del contenzioso: dovendo salvaguardare il diritto costituzionale di difesa, l’ANAC circoscrive questo indice ai casi di esito negativo di giudizi ordinari, amministrativi o arbitrali. D’altro canto, potranno essere valutati positivamente i comportamenti delle imprese che si conformino a pareri di precontenzioso vincolanti;
4. Rating di legalità (rilevato in collaborazione con l’AGCM): in sé è solo facoltativo e limitato alle imprese italiane, al contrario del Rating di impresa che è obbligatorio ed estensibile anche alle imprese straniere. Tale discrasia, secondo l’Autorità, potrà comunque essere superata, dal momento che l’essere il Rating di legalità un elemento del Rating di impresa costituirà un incentivo per le singole imprese a richiedere anche il Rating di legalità. Sul punto la stessa ANAC segnala la possibile e problematica sovrapposizione della valutazione del Rating di legalità ai fini della qualificazione con quella operata all’interno dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
5. regolarità contributiva: saranno rilevanti le irregolarità ulteriori rispetto a quelle (gravi) già sanzionate come causa di esclusione ex art. 80, comma 4, del Codice.
6. sanzioni per omessa denuncia di richieste estorsive e corruttive: al di là dell’ipotesi di esclusione ex art. 80, comma 5, lett. l), del Codice (omessa denuncia verificatasi e annotata dall’ANAC nel casellario nell’anno antecedente la gara), ai fini del Rating di legalità rileveranno le misure sanzionatorie ulteriori rispetto all’annotazione sul casellario anche in un arco temporale di maggior ampiezza.
Questi, in sintesi, gli elementi indicati dal Codice e ripresi nel documento di consultazione dall’ANAC, la quale aggiunge che si dovrà fare riferimento anche ad altri elementi ai fini del Rating di legalità, tra cui tutti quelli potenzialmente idonei a rappresentare cause di esclusione ex art. 80, comma 5, lett. c) (gravi illeciti professionali).
Costituirà, invece, elemento di valutazione positiva l’adozione di un modello organizzativo idoneo ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001.
Se molti dei dati sopra ricordati sono già in possesso dell’ANAC attraverso il proprio casellario o altre banche dati, talune informazioni dovranno necessariamente essere comunicate dalle imprese (es. adozione di un modello organizzativo ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001).
Quanto alla ponderazione dei diversi indici e alla durata delle penalizzazioni, l’ANAC non entra in dettaglio nel documento di consultazione pubblicato, ma indica come preferibile il criterio dell’aggiornamento periodico (rispetto a quello dell’aggiornamento continuo).
Interessante – ancorché indefinito e potenzialmente distorsivo – quanto affermato dall’ANAC in tema di premialità connesse al Rating di impresa: l’Autorità, infatti, ipotizza che – in caso di appalti di servizi e forniture, o lavori sotto i 150mila Euro – le stazioni appaltanti potrebbero prevedere un sistema di compensazione attraverso il Rating di impresa in ordine alla carenza di requisiti tecnico-organizzativi ed economico-finanziari previsti dal bando.
Altra applicazione del Rating di impresa potrebbe avvenire attraverso il meccanismo della c.d. forcella, come strumento per selezionare i candidati da invitare a particolari procedure, quali quelle ristrette, quelle competitive con negoziazione, il dialogo competitivo, etc.
Così ricostruito brevemente il contenuto del documento pubblicato dall’ANAC, restano alcune perplessità sull’impostazione data dal Codice e dall’Autorità al sistema del Rating di impresa, prime fra tutte le troppe sovrapposizioni con le cause di esclusione, che rischiano di creare cortocircuiti difficilmente risolvibili.
Gli operatori del mercato, attraverso la consultazione avviata, potranno certamente contribuire ad una maggiore definizione del sistema del Rating e delle concrete modalità di applicazione.
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Il responsabile unico del procedimento nel nuovo codice e nelle linee Guida dell’Anac
a cura dell’avvocato Uliana Garoli.
Tra gli innumerevoli compiti attribuiti all’ANAC dal nuovo codice, vi è quello di definire nelle linee guida i compiti specifici del RUP.
Infatti nello schema di linee guida pubblicate il 28 aprile 2016, in attuazione del disposto del comma 5 dell’art. 31 del nuovo codice, l’Authority ha puntualizzato di prefiggersi lo scopo di valorizzare la figura del RUP, in modo da esaltarne il ruolo di Projet Manager, enfatizzando le competenze di pianificazione e gestione dello sviluppo di specifici progetti, con particolare attenzione al coordinamento delle risorse a disposizione, il raggiungimento degli obiettivi nei tempi e nei costi previsti e la qualità della prestazione, fino al controllo dei rischi.
In questa nota si vogliono segnalare alcune tra le novità di maggior rilievo.
Le linee guida specificano che il RUP deve essere individuato e nominato ancor prima del progetto di fattibilità tecnica ed economica. Si deve quindi ritenere che, ove sia prevista una programmazione, il RUP debba essere nominato anche per la specifica fase della programmazione. Ciò costituisce una novità rispetto alla vecchia norma che, tra i ruoli del responsabile, citava solo la progettazione, l’affidamento e l’esecuzione dei contratti pubblici.
Si deve quindi ritenere che la stazione appaltante dovrà nominare un RUP anche per la programmazione dei lavori ed ora anche per l’innovativa programmazione per l’acquisizione di beni e servizi.
Il compito si aggiunge, dunque, a quelli di presidio della procedura e delle fasi di progettazione, affidamento ed esecuzione dei contratti, che hanno sempre caratterizzato l’attività del responsabile unico del procedimento.
Si osserva che, a differenza di quanto previsto dalla vecchia normativa, il comma 3 dell’art. 31 richiama la legge 241/90 non più, come in precedenza, con riferimento alle modalità di nomina del RUP, ma con riferimento ai suoi compiti.
Una delle maggiori novità riguarda l’eliminazione dell’inciso secondo cui il RUP era tenuto ad occuparsi anche degli “affidamenti in economia”. Ora il nuovo modello scelto dal legislatore, prevede una più netta separazione tra appalti sottosoglia, che ammettono procedure semplificate che verranno seguite dal RUP, e appalti sopra soglia che richiedono comunque una guida unitaria da parte del medesimo.
Si deve notare che il comma 10 dell’art. 31 tratta anche delle stazioni appaltanti che non siano pubbliche amministrazioni che sono tenute, allo stesso modo degli enti pubblici, ad individuare uno o più soggetti cui affidare i compiti propri del responsabile del procedimento.
Al responsabile sono attribuiti veri e propri macrocompiti, quelli indicati nel comma 4 dell’art.31, gli stessi già indicati nella precedente normativa, con la novità che nell’attuale codice le funzioni riguardano non solo gli appalti ma anche le concessioni. Infatti, come indicato dalla lettera i), il RUP si dovrà occupare anche di verificare e vigilare sul rispetto delle prescrizioni contrattuali nelle concessioni”.
La maggiore novità che vede il ruolo centrale dell’ANAC nel completamento della normativa di dettaglio, compito normalmente affidato ai regolamenti attuativi, si rivela dunque fondamentale anche nel dettagliare i ruoli e le funzioni del responsabile unico, assegnando all’Authority un vero e proprio ruolo “gerarchico” rispetto alle stazioni appaltanti.
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Dall’ANAC ulteriori linee guida attuative del nuovo Codice dei Contratti Pubblici
L’ANAC ha pubblicato tre nuove linee guida: secondo quanto riportato sul sito ufficiale dell’Autorità Anticorruzione, gli artt. 80, comma 5, lett. c), 83, comma 10, 177, comma 3 e 181, comma 4, del d.lgs. 50/2016 prevedono l’adozione, da parte dell’ANAC, di atti a carattere generale finalizzati a dare attuazione alle disposizioni del Codice e/o ad offrire indicazioni operative e interpretative agli operatori del settore (stazioni appaltanti, imprese esecutrici, organismi di attestazione) nell’ottica di perseguire gli obiettivi di semplificazione e standardizzazione delle procedure, trasparenza ed efficienza dell’azione amministrativa, apertura della concorrenza, garanzia dell’affidabilità degli esecutori, riduzione del contenzioso.
Sulla base delle citate previsioni e considerate le disposizioni transitorie di cui agli artt. 216 e 217 del Codice, l’Autorità, dopo la pubblicazione dei primi documenti di consultazione finalizzati all’emanazione delle Linee guida attuative del Codice dei Contratti pubblici, intende sottoporre a consultazione, ai sensi del Regolamento dell’08/04/2015 recante la disciplina della partecipazione ai procedimenti di regolazione e del Regolamento del 27/11/2013 recante la disciplina dell’analisi di impatto della regolamentazione (AIR) e della verifica dell’impatto della regolamentazione (VIR), ulteriori documenti prodromici alla predisposizione degli atti di propria competenza.
Si tratta di:
- Linee guida per l’indicazione dei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto che possano considerarsi significative per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) del Codice
- Criteri reputazionali per la qualificazione delle imprese
- Linee guida sui sistemi di monitoraggio delle amministrazioni aggiudicatrici sull’attività dell’operatore economico nei contratti di partenariato pubblico privato
Si evidenzia che, attesi i tempi ristretti per l’approvazione degli atti definitivi, è concesso un termine ridotto per la presentazione dei contributi, pari a quindici giorni dalla pubblicazione del documento. Pertanto, il termine per la presentazione delle osservazioni è fissato alle ore 12 del 27 giugno 2016, mediante compilazione dell’apposito modello.
Attraverso la consultazione, l’Autorità intende acquisire il punto di vista dei soggetti interessati su tutti gli argomenti indicati nei documenti presentati. Si chiede, pertanto, di inviare osservazioni sulle proposte ivi contenute, indicare ulteriori elementi che si ritiene opportuno approfondire nelle linee guida e proporre integrazioni su specifici aspetti.
da www.anticorruzione.it
I chiarimenti dell’ANAC sulla disciplina applicabile nel periodo transitorio
A seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 50/2016 e delle numerose richieste di chiarimenti pervenute, l’ANAC ha predisposto un apposito documento con le FAQ relative alla disciplina applicabile nel periodo transitorio.
Nel comunicato ufficiale, il presidente Raffaele Cantone chiarisce: «Al fine di fornire una risposta tempestiva ed esauriente ai numerosi quesiti pervenuti, garantendo l’unitarietà e l’organicità delle indicazioni operative e interpretative fornite e l’immediata fruibilità delle stesse da parte della generalità degli operatori economici e delle stazioni appaltanti, l’Autorità ha ritenuto di predisporre apposite FAQ e di procedere alla relativa pubblicazione sul proprio sito internet alla sezione “Regolazione contratti” – “Indicazioni sul periodo transitorio”.
Documenti correlati: FAQ sul d.lgs. 50/2016 nel periodo transitorio
Leggi qui i comunicati del presidente Raffaele Cantone
Comunicato del Presidente dell’8 Giugno 2016
Comunicato del Presidente dell’11 maggio 2016
Comunicato del Presidente del 4 maggio 2016
da www.anticorruzione.it
Il nuovo contenzioso sui contratti pubblici
Il nuovo contenzioso sui contratti pubblici (l’art. 204 del Codice degli appalti pubblici e delle concessioni, ovvero il nuovo art. 120 del Codice del processo amministrativo): è questo il tema dell’approfondimento di Giuseppe Severini, Presidente di Sezione del Consiglio di Stato, riportato da www.giustizia-amministrativa.it.
Art. 204. (Ricorsi giurisdizionali)
1. All’articolo 120 del codice del processo amministrativo, di cui all’Allegato 1 al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1 le parole «nonché i connessi provvedimenti dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture» sono sostituite dalle parole «nonché i provvedimenti dell’Autorità nazionale anticorruzione ad essi riferiti»;
b) dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:
«2-bis. Il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni ad essa all’esito della valutazione dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali va impugnato nel termine di trenta giorni, decorrente dalla sua pubblicazione sul profilo del committente della stazione appaltante, ai sensi dell’articolo 29, comma 1, del codice dei contratti pubblici adottato in attuazione della legge 28 gennaio 2016, n. 11. L’omessa impugnazione preclude la facoltà di far valere l’illegittimità derivata dei successivi atti delle procedure di affidamento, anche con ricorso incidentale. E’ altresì inammissibile l’impugnazione della proposta di aggiudicazione, ove disposta, e degli altri atti endoprocedimentali privi di immediata lesività.»;
c) al comma 5, le parole: «Per l’impugnazione» sono sostituite dalle seguenti: «Salvo quanto previsto al comma 6-bis, per l’impugnazione»;
d) dopo il comma 6 è inserito il seguente:
«6-bis. Nei casi previsti al comma 2-bis, il giudizio è definito in una camera di consiglio da tenersi entro trenta giorni dalla scadenza del termine per la costituzione delle parti diverse dal ricorrente. Su richiesta delle parti il ricorso è definito, negli stessi termini, in udienza pubblica. Il decreto di fissazione dell’udienza è comunicato alle parti quindici giorni prima dell’udienza. Le parti possono produrre documenti fino a dieci giorni liberi prima dell’udienza, memorie fino a sei giorni liberi e presentare repliche ai nuovi documenti e alle nuove memorie depositate in vista della camera di consiglio, fino a tre giorni liberi prima. La camera di consiglio o l’udienza possono essere rinviate solo in caso di esigenze istruttorie, per integrare il contraddittorio, per proporre motivi aggiunti o ricorso incidentale. L’ordinanza istruttoria fissa per il deposito dl documenti un termine non superiore a tre giorni decorrenti dalla comunicazione o, se anteriore, notificazione della stessa. La nuova camera di consiglio deve essere fissata non oltre quindici giorni. Non può essere disposta la cancellazione della causa dal ruolo. L’appello deve essere proposto entro trenta giorni dalla comunicazione o, se anteriore, notificazione della sentenza e non trova applicazione il termine lungo decorrente dalla sua pubblicazione»;
e) al comma 7, le parole: «I nuovi» sono sostituite dalle seguenti: «Ad eccezione dei casi previsti al comma 2-bis, i nuovi»;
f) dopo il comma 8-bis, è inserito il seguente:
«8-ter. Nella decisione cautelare, il giudice tiene conto di quanto previsto dagli articoli 121, comma 1, e 122, e delle esigenze imperative connesse a un interesse generale all’esecuzione contrattuali del contratto, dandone conto nella motivazione»;
g) al comma 9 le parole «, ferma restando la possibilità di chiedere l’immediata pubblicazione del dispositivo entro due giorni.» sono sostituite dalle parole «; le parti possono chiedere l’anticipata pubblicazione del dispositivo, che avviene entro due giorni dall’udienza.»; è inserito, dopo il primo periodo del comma 9, il seguente: «Nei casi previsti al comma 6-bis, il tribunale amministrativo regionale deposita la sentenza entro sette giorni dall’udienza, pubblica o in camera di consiglio, di discussione; le parti possono chiedere l’anticipata pubblicazione del dispositivo, che avviene entro due giorni dall’udienza.»;
h) al comma 11, le parole: «Le disposizioni dei commi 3, 6, 8 e 10» sono sostituite dalle seguenti: «Le disposizioni dei commi 2-bis, 3, 6, 6-bis, 8, 8-bis, 8-ter, 9, secondo periodo e 10»;
i) dopo il comma 11 è inserito il seguente:
«11-bis. Nel caso di presentazione di offerte per più lotti l’impugnazione si propone con ricorso cumulativo solo se vengono dedotti identici motivi di ricorso avverso lo stesso atto.».
Documento di gara unico europeo, c’è il sito web dedicato
Documento di gara unico europeo, ora c’è il sito internet dedicato. Collegandosi al link predisposto dalla Commissione europea, è possibile visualizzare tutte le istruzioni per la compilazione del DGUE; un servizio messo a disposizione delle stazioni appaltanti e degli operatori economici, che aiuta a capire come procedere, passo passo, per la redazione del Documento previsto dall’articolo 85 del nuovo Codice degli appalti.
Come illustrato sul sito internet dedicato, il Documento di gara unico europeo è un’autodichiarazione dell’impresa sulla propria situazione finanziaria, sulle proprie capacità e sulla propria idoneità per una procedura di appalto pubblico. È disponibile in tutte le lingue dell’UE e si usa per indicare in via preliminare il soddisfacimento delle condizioni prescritte nelle procedure di appalto pubblico nell’UE. Grazie al DGUE gli offerenti non devono più fornire piene prove documentali e ricorrere ai diversi moduli precedentemente in uso negli appalti UE, il che costituisce una notevole semplificazione dell’accesso agli appalti transfrontalieri. A partire da ottobre 2018 il DGUE è fornito esclusivamente in forma elettronica.
La Commissione europea mette gratuitamente un servizio web a disposizione degli acquirenti, degli offerenti e di altre parti interessate a compilare il DGUE elettronicamente. Il modulo on line può essere compilato, stampato e poi inoltrato all’acquirente con le altre parti dell’offerta. Se la procedura è esperita elettronicamente il DGUE può essere esportato, salvato e presentato elettronicamente. Il DGUE presentato in una procedura di appalto pubblico precedente può essere riutilizzato a condizione che le informazioni siano ancora valide. Gli offerenti possono essere esclusi dalla procedura di appalto o essere perseguiti se nel DGUE sono presentate informazioni gravemente mendaci, omesse o che non possono essere comprovate dai documenti complementari.
dal sito web ufficiale della Commissione Europea