ANAC – pubblicato lo schema di bando tipo n. 1/2023 – procedura aperta per l’affidamento di contratti pubblici di servizi e forniture nei settori ordinari sopra le soglie europee con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo

Consultazione sul sito dell’ANAC dello schema di bando tipo per l’affidamento di contratti pubblici di servizi e forniture nei settori ordinari sopra soglia, da aggiudicarsi con il criterio dell’OEPV

Il Nuovo Codice dei Contratti di cui al d.lgs. n. 36/2023 prevede al primo periodo del comma 2 dell’Art. 222 rubricato “Autorità nazionale anticorruzione (ANAC)” che “L’ANAC, attraverso bandi-tipo, capitolati-tipo, contratti-tipo e altri atti amministrativi generali, garantisce la promozione dell’efficienza, della qualità dell’attività delle stazioni appaltanti, cui fornisce supporto anche facilitando lo scambio di informazioni e la omogeneità dei procedimenti amministrativi e favorisce lo sviluppo delle migliori pratiche.”.

Ovviamente si tratta di un “dejà vu” in quanto tale identico periodo è possibile riscontrarlo nell’ancora vigente Codice dei contratti di cui al d.lgs. n. 50/2016 al comma 2 dell’articolo 213.

A seguito dell’adozione del nuovo codice, l’Autorità ha inteso procedere con la massima tempestività all’adozione di uno schema aggiornato di bando tipo al fine di agevolare le stazioni appaltanti nella fase di prima applicazione del nuovo codice. Si è ritenuto, infatti, che l’applicazione delle nuove disposizioni potesse ingenerare difficoltà interpretative e applicative diffuse, con il rischio del rallentamento delle procedure e dell’adozione di comportamenti difformi da parte delle stazioni appaltanti. 
Attesa la particolare rilevanza dell’atto, presso l’ANAC è stato istituito un apposito gruppo di lavoro cui hanno partecipato Consip, Invitalia, rappresentanti dei soggetti aggregatori, Itaca e Fondazione IFEL, che ha collaborato alla stesura del documento.

Al fine di garantire la massima trasparenza e partecipazione ai procedimenti di regolazione si pone in consultazione il disciplinare tipo, assegnando per la presentazione dei contributi il termine di trenta giorni che scadrà inderogabilmente il 22 maggio 2023 alle ore 23.59.

Gli Stakeholder interessati possono far pervenire le proprie osservazioni sul documento posto in consultazione esclusivamente mediante la compilazione del questionario on line.

Va ricordato che l’art. 83, comma 3, del D.Lgs. n. 36/2023, prevede che “Successivamente all’adozione da parte dell’ANAC di bandi tipo, i bandi di gara sono redatti in conformità degli stessi. Le stazioni appaltanti, nella delibera a contrarre, motivano espressamente in ordine alle deroghe al bando-tipo”.

Sanità: DEF e risorse aggiuntive

C’è stato “un forte segnale, nonostante le oggettive difficoltà economiche, investendo per la sanità, da qui al 2025, 8 miliardi e mezzo in più, indicando una decisiva inversione di rotta. E spero che anche nel Def ci siano risorse aggiuntive”. Così il ministro della Salute, Orazio Schillaci, che evidenzia “l’importanza della sanità” e come vi siano state “misure che mostrano rinnovata attenzione alla sanità pubblica, nonché la capacità di intercettare le istanze di coloro che la sanità la devono gestire sul campo”.

Del Def e della sostenibilità finanziaria del Servizio Sanitario Nazionale parla anche Raffaele Donini, assessore regionale alla sanità dell’Emilia-Romagna e coordinatore della commissione salute della Conferenza delle Regioni, rilevando invece che la “sanità pubblica non interessa”, “non è certo una priorità. Lo conferma il Def con cui si è scelto di tirare il freno a mano sul servizio sanitario nazionale, un documento in cui è evidente la proiezione della curva in discesa della percentuale di spesa sanitaria rispetto al Pil: dal 6,7% nel 2023 si scende al 6,3% nel 2024 e al 6,2% sia per il 2025 che per il 2026″.

Secondo Donini “non è possibile non avere alcuna visione riguardo alla sanità che è un asset strategico per il Paese: i tagli effettuati in legge di bilancio e confermati dal Def sono la prova”, che non si capisce “quanto la salute sia un diritto fondamentale ed un bene primario per tutti. L’Italia è già fanalino di coda in Europa per spesa in sanità rispetto al Pil, mi auguro che il governo voglia invertire la marcia al più presto: dopo il Covid si vive un grave disagio e non sono i cittadini a dover pagare o tantomeno medici e personale sanitario che sono stati deificati durante la pandemia”.

Focus: analisi sulla spesa trimestrale in dispositivi medici

Confindustria dispositivi medici

La nuova uscita della pubblicazione Focus. Economia, finanza e politica, aggiornata a dicembre 2023, fa il punto della situazione economica in cui ci troviamo attraverso un’analisi degli indicatori macroeconomici, quali il Pil e le sue componenti, lo spread e il debito pubblico, i prezzi delle materie prime e il mercato del lavoro.

Fra gli indicatori analizzati dal Centro Studi di Confindustria Dispositivi Medici è stato dedicato un approfondimento alla spesa pubblica trimestrale in dispositivi medici.

La spesa nel 3° trimestre del 2022 ha raggiunto, dopo una leggera diminuzione, un valore pari a 1.744,25 milioni di euro, con una variazione congiunturale del -7,3% e una tendenziale prossima allo 0%. Tuttavia, i primi nove mesi dell’anno hanno registrato un nuovo record di spesa, pari a 5,5 miliardi di euro, in crescita del 4% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e del 16% rispetto al 2019. Questo aumento di spesa ha già portato alcune regioni a superare il tetto di spesa previsto per il 2022, con altre che corrono il rischio di sforamento entro la fine dell’anno. La componente maggiore della spesa totale è rappresentata dai dispositivi medici generici, che rappresentano oltre il 68% della spesa totale e hanno avuto una variazione congiunturale minore rispetto alle altre componenti. Nel periodo 2015-2022, la spesa in dispositivi medici generici è cresciuta a un tasso medio annuo dell’1,8%, passando da 716,5 a 1.234 milioni di euro. Al contrario, la spesa per dispositivi medici impiantabili attivi è in calo sia rispetto al trimestre precedente che a quello dello stesso periodo dell’anno precedente. Nel periodo 2015-2022, la crescita è stata molto inferiore rispetto ai dispositivi medici generici e alla diagnostica in vitro, solo del 16,7%. La diagnostica in vitro, pur essendo in calo da tre trimestri consecutivi, registra una variazione pressoché nulla rispetto ai primi tre trimestri del 2021, ma in crescita del 35% rispetto al periodo pre-pandemico del 2019. (fonte: Confindustria dispositivi medici)

Inefficacia del nuovo contratto per provvedimenti giurisdizionali. Proroga tecnica e contratto-ponte

Sui rimedi da adottare per non determinare l’interruzione di approvvigionamenti di beni o servizi indispensabili e indifferibili si esprime l’ANAC con il parere n.  12 del 28.3.2023 

didascalia 

la pendenza di contenziosi giudiziari e i loro esiti possono costituire, in riferimento agli appalti di servizi indispensabili ed indifferibili, evenienza atta a rendere lecito il ricorso alla procedura negoziata senza bando ai sensi dell’art. 63, comma 2, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016, (c.d. “contratto -ponte”) previa valutazione caso per caso e «tenendo conto delle modalità e dei tempi di insorgenza del contenzioso giudiziario, del contenuto più o meno controverso del thema decidendum, degli esiti, anche cautelari, dell’intero giudizio» 

La “proroga tecnica” 

Dispone l’art. 106, comma 11 del d.lgs. n. 50/2016 che «La durata del contratto può essere modificata esclusivamente per i contratti in corso di esecuzione se è prevista nel bando e nei documenti di gara una opzione di proroga. La proroga è limitata al tempo strettamente necessario alla conclusione delle procedure necessarie per l’individuazione di un nuovo contraente. In tal caso il contraente è tenuto all’esecuzione delle prestazioni previste nel contratto agli stessi prezzi, patti e condizioni o più favorevoli per la stazione appaltante». 

Il “bando-tipo” ANAC n. 1/2021 

[Facoltativo. Opzione di proroga tecnica di cui all’articolo 106, comma 11, del Codice] “La durata del contratto in corso di esecuzione può essere modificata per il tempo strettamente necessario alla conclusione delle procedure necessarie per l’individuazione del nuovo contraente, avviate prima della scadenza del contratto. In tal caso il contraente è tenuto all’esecuzione delle prestazioni oggetto del contratto agli stessi prezzi, patti e condizioni o più favorevoli per la stazione appaltante.” 

Il “contratto-ponte” 

L’art. 63, comma 2 lett. c), del d.l.vo n. 50/2016 consente l’attivazione di una procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando, tra l’altro, “c) nella misura strettamente necessaria quando, per ragioni di estrema urgenza derivante da eventi imprevedibili dall’amministrazione aggiudicatrice, i termini per le procedure aperte o per le procedure ristrette o per le procedure competitive con negoziazione non possono essere rispettati. Le circostanze invocate a giustificazione del ricorso alla procedura di cui al presente articolo non devono essere in alcun caso imputabili alle amministrazioni aggiudicatrici”; 

– il comma 6 dell’art. 63 precisa che “Le amministrazioni aggiudicatrici individuano gli operatori economici da consultare sulla base di informazioni riguardanti le caratteristiche di qualificazione economica e finanziaria e tecniche e professionali desunte dal mercato, nel rispetto dei principi di trasparenza, concorrenza, rotazione, e selezionano almeno cinque operatori economici, se sussistono in tale numero soggetti idonei. L’amministrazione aggiudicatrice sceglie l’operatore economico che ha offerto le condizioni più vantaggiose, ai sensi dell’articolo 95, previa verifica del possesso dei requisiti di partecipazione previsti per l’affidamento di contratti di uguale importo mediante procedura aperta, ristretta o mediante procedura competitiva con negoziazione”; 

Quesito 
Il quesito proposto all’ANAC riguardava la possibilità per l’amministrazione aggiudicatrice di disporre la proroga di un contratto ai sensi dell’art. 106, comma 11, del D. Leg.vo 50/2016, tenuto conto del provvedimento giurisdizionale che aveva dichiarato l’inefficacia del contratto stesso, disponendone il differimento sino ad una certa data, o, se anteriore, sino alla stipula di un nuovo contratto all’esito della rinnovata procedura di evidenza pubblica. 

Conclusioni ANAC 
L’ANAC conclude che non sembrano sussistere le condizioni per procedere ad una proroga tecnica ai sensi dell’art. 106, comma 11, del D. Leg.vo 50/2016, in presenza della dichiarazione giurisdizionale di inefficacia del contratto d’appalto e del suo differimento. 
In casi come quello descritto, pertanto, ove sussista la necessità di assicurare il servizio pubblico oggetto del pregresso affidamento, nelle more della nuova selezione ordinaria, l’amministrazione potrebbe valutare l’opportunità di procedere mediante stipula di un contratto-ponte (Sent. C. Stato 22/11/2021, n. 7827).  

A mente del citato provvedimento “La sussistenza dei presupposti per ricorrere alla pur eccezionale procedura negoziata senza bando ed il corretto esercizio della discrezionalità amministrativa nella scelta dello strumento più idoneo a garantire la continuità del servizio, nei limiti della sua sindacabilità in sede giurisdizionale, vanno perciò valutati caso per caso, tenendo conto delle modalità e dei tempi di insorgenza del contenzioso giudiziario, del contenuto più o meno controverso del thema decidendum, degli esiti, anche cautelari, dell’intero giudizio.” 

La fattispecie della proroga tecnica è trattata nel nuovo Codice all’art.  120.  La proroga tecnica sembrerebbe opzionabile anche se non prevista dal contratto cessante.  

(….) 10. Nel caso in cui nel bando e nei documenti di gara iniziali sia prevista un’opzione di proroga il contraente originario è tenuto a eseguire le prestazioni contrattuali ai prezzi, patti e condizioni stabiliti nel contratto o, se previsto nei documenti di gara, alle condizioni di mercato ove più favorevoli per la stazione appaltante.  

11. In casi eccezionali nei quali risultino oggettivi e insuperabili ritardi nella conclusione della procedura di affidamento del contratto, è consentito, per il tempo strettamente necessario alla conclusione della procedura, prorogare il contratto con l’appaltatore uscente qualora l’interruzione delle prestazioni possa determinare situazioni di pericolo per persone, animali, cose, oppure per l’igiene pubblica, oppure nei casi in cui l’interruzione della prestazione dedotta nella gara determinerebbe un grave danno all’interesse pubblico che è destinata a soddisfare. In tale ipotesi il contraente originario è tenuto all’esecuzione delle prestazioni contrattuali ai prezzi, patti e condizioni previsti nel contratto. 

Si legge nella relazione tecnica che “Si è mantenuta, nel comma 10, la disposizione sull’opzione di proroga, contenuta nel comma 11 dell’art. 106, provvedendo tuttavia a distinguere questa fattispecie – che sostanzialmente rientra nella previsione del comma 1, lett. a) – dalla c.d. proroga tecnica, resa necessaria da eccezionali situazioni collegate alla successione degli affidamenti. Nel testo dell’art. 120 proposto è stato pertanto eliminato dal comma 10, relativo all’opzione di proroga, il riferimento, contenuto nell’art. 106, comma 11, al “tempo strettamente necessario alla conclusione delle procedure necessarie per l’individuazione di un nuovo contraente” ed è stato inserito un apposito comma 11, che disciplina specificamente la c.d. proroga tecnica. Per quest’ultima, è stata esclusa la possibilità per l’amministrazione di applicare prezzi più favorevoli, poiché il gestore uscente “subisce” una proroga che è indipendente dalla sua volontà. L’opzione di proroga può invece prevedere la variabilità dei prezzi (da inserire peraltro in corrispondenti clausole contrattuali) 

Schema di Bando tipo n.1 /2023 

(….) 3.3. MODIFICA DEL CONTRATTO IN FASE DI ESECUZIONE [ [Facoltativo].(….) Opzione di proroga del contratto (…..)  In casi eccezionali, il contratto in corso di esecuzione può prorogato per il tempo strettamente necessario alla conclusione della procedura di individuazione del nuovo contraente se si verificano le condizioni indicate all’art. 120 comma 11, In tal caso il contraente è tenuto all’esecuzione delle prestazioni oggetto del contratto agli stessi prezzi, patti e condizioni previsti nel contratto.  

Il parere dell’ANAC 

Oggetto Servizio di copertura assicurativa RCT/O per le aziende sanitarie ed ospedaliere della …..OMISSIS….. – richiesta di parere. FUNZ CONS 12/2023  

. Il quesito proposto attiene al contratto in oggetto e alla possibilità per l’amministrazione aggiudicatrice, di disporne la proroga ai sensi dell’art. 106, comma 11, del d.lgs. 50/2016, tenuto conto del provvedimento giurisdizionale che ha dichiarato l’inefficacia del contratto stesso, disponendone il differimento «sino al 31 dicembre 2022, o, se anteriore, sino alla stipula di un nuovo contratto all’esito della rinnovata procedura di evidenza pubblica». In relazione a quanto richiesto, sembra opportuno evidenziare in primo luogo e in via generale che vige nell’ordinamento il divieto di proroga e di rinnovo dei contratti pubblici, secondo quanto stabilito dall’art. 23 della legge 18 aprile 2005 n. 62 e ribadito nel d.lgs. 50/2016, il quale dispone all’art. 106, comma 11, che «La durata del contratto può essere modificata esclusivamente per i contratti in corso di esecuzione se è prevista nel bando e nei documenti di gara una opzione di proroga. La proroga è limitata al tempo strettamente necessario alla conclusione delle procedure necessarie per l’individuazione di un nuovo contraente. In tal caso il contraente è tenuto all’esecuzione delle prestazioni previste nel contratto agli stessi prezzi, patti e condizioni o più favorevoli per la stazione appaltante». Il principio del divieto di rinnovo e proroga dei contratti di appalto scaduti, sancito dal citato art. 23 della l. n. 62/2005 «ha valenza generale e preclusiva sulle altre e contrarie disposizioni dell’ordinamento; il predetto divieto esprime un principio generale, attuativo di un vincolo comunitario discendente dal Trattato CE (che, in quanto tale, opera per la generalità dei contratti pubblici) …» (TAR Campania, Napoli n. 1312/2020). La proroga ed il rinnovo si traducono infatti «in una fattispecie di affidamento senza gara, con violazione dei principi comunitari di libera concorrenza e parità di trattamento, enunciati dall’art. 2 comma 1 del d.lgs. 163/2006, oggi art. 30 comma 1 del d.lgs. 50/2016» (Delibera n. 304/2020).  Per ciò che concerne la cd. “proroga tecnica”, preme evidenziare l’orientamento restrittivo dell’Autorità e della giurisprudenza, che ammettono il ricorso a tale istituto solo in via del tutto eccezionale. Più in dettaglio, l’Autorità (ex multis parere AG33/2013 e Comunicato del Presidente dell’Autorità del 4 novembre 2015), dopo aver ribadito che al di fuori dei casi strettamente previsti dalla legge (art. 23, legge n. 62/2005) la proroga dei contratti pubblici costituisce una violazione dei principi enunciati dall’art. 30 del d.lgs. 50/2016, ha sottolineato che la stessa, nella sua accezione tecnica, ha carattere di temporaneità e di strumento atto esclusivamente ad assicurare il passaggio da un regime contrattuale ad un altro. Una volta scaduto un contratto, quindi, l’amministrazione, qualora abbia ancora necessità di avvalersi dello stesso tipo di prestazione, deve effettuare una nuova gara. Tale avviso è stato ribadito e confermato dall’Autorità in numerose pronunce (tra le tante, deliberazioni n. 263/2018, n. 384/2018, n. 536/2020 n. 147/2021, n. 576/2021, n. 591/2021, atto del Pres. 13.4.2022-fasc.336/2021), chiarendo che affinché la proroga “tecnica” possa ritenersi legittimamente disposta, devono ricorrere taluni presupposti: 

 – la proroga deve rivestire carattere eccezionale, utilizzabile solo quando non sia possibile attivare i necessari meccanismi concorrenziali, nei soli e limitati casi in cui vi sia l’effettiva necessità di assicurare precariamente il servizio nelle more del reperimento di un nuovo contraente;  

– la proroga è ammessa solo quando ha carattere temporaneo, rappresentando uno strumento finalizzato esclusivamente ad assicurare il passaggio da un vincolo contrattuale ad un altro; inoltre, la nuova gara deve essere già stata avviata al momento della proroga;  

– l’amministrazione non deve rendersi responsabile di ritardi nell’indizione della procedura di selezione del nuovo affidatario. Infatti la proroga tecnica trova giustificazione solo nei casi in cui, per ragioni obiettivamente non dipendenti dall’amministrazione, vi sia l’effettiva esigenza di assicurare il servizio nelle more del reperimento di un altro contraente;  

– l’opzione di proroga tecnica deve essere stata prevista nell’originario bando di gara e di conseguenza nel contratto. 

 Il legislatore in tema di proroga ha inoltre disposto chiaramente con l’art. 23 della L. 62/2005 che «I contratti per acquisti e forniture di beni e servizi, già scaduti o che vengano a scadere nei sei mesi successivi alla data di entrata in vigore della presente legge, possono essere prorogati per il tempo necessario alla stipula dei nuovi contratti a seguito di espletamento di gare ad evidenza pubblica a condizione che la proroga non superi comunque i sei mesi…». Va ricordato infine che, come previsto dall’art. 106, comma 11, del Codice, in caso di proroga di un contratto pubblico «il contraente è tenuto all’esecuzione delle prestazioni previste nel contratto agli stessi prezzi, patti e condizioni o più favorevoli per la stazione appaltante». Il ricorso alla proroga tecnica, alle condizioni ed entro i limiti sopra indicati, presuppone inoltre che il contratto d’appalto, validamente stipulato all’esito di una procedura di aggiudicazione, sia in corso di esecuzione e in scadenza. Tenuto conto di quanto sopra, con specifico riferimento al quesito proposto dall’Amministrazione richiedente, sulla base degli elementi forniti nell’istanza, può osservarsi che non sembrano sussistere le condizioni per procedere ad una proroga tecnica ai sensi dell’art. 106, comma 11 del Codice, in presenza della dichiarazione giurisdizionale di inefficacia del contratto d’appalto e del suo differimento non oltre il 31 dicembre 2022. In casi come quello descritto, pertanto, ove sussista la necessità di assicurare il servizio pubblico oggetto del pregresso affidamento, nelle more della nuova selezione ordinaria, l’amministrazione potrebbe valutare l’opportunità di procedere mediante stipula di un contratto ponte (in tale senso, TAR Toscana, n. 1667/2021  (….) “l’amministrazione, in esito all’ultimo annullamento d’ufficio, conseguente a pronunce giurisdizionali che avevano evidenziato l’illegittimità della procedura, ha disposto una proroga tecnica dell’affidamento in corso, ma la stessa, secondo quanto statuito dalla Corte dei Conti in sede di controllo, non può andare oltre il 31 dicembre 2021, con la conseguente necessità di provvedere in altro modo (cioè proprio attraverso la procedura negoziata) all’affidamento provvisorio nelle more della conclusione della nuova indetta selezione ordinaria.”).   

. L’art. 63, comma 2, lett. c) d.lgs. n. 50 del 2016 consente, infatti, di ricorrere alla procedura negoziata senza bando «nella misura strettamente necessaria quando, per ragioni di estrema urgenza derivante da eventi imprevedibili dall’amministrazione aggiudicatrice, i termini per le procedure aperte o per le procedure ristrette o per le procedure competitive con negoziazione non possono essere rispettati. Le circostanze invocate a giustificazione del ricorso alla procedura di cui al presente articolo non devono essere in alcun caso imputabili alle amministrazioni aggiudicatrici». Tale procedura semplificata «è utilizzata, come disposto dalla norma, “nella misura strettamente necessaria”, cioè non per addivenire all’affidamento a regime, bensì per stipulare un contratto ponte, di durata temporale limitata, funzionale a consentire l’espletamento della procedura ordinaria secondo le regole di evidenza pubblica comunitaria» (Tar Toscana cit.). Il giudice amministrativo – dopo aver evidenziato la portata eccezionale della procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara, quale si evince dal considerando 50 della direttiva 24/2014/UE e dall’art. 32 della stessa direttiva, testualmente trasposto nell’art. 63, comma 2, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016 – ha aggiunto a quanto sopra che la pendenza di contenziosi giudiziari e i loro esiti possono costituire, in riferimento agli appalti di servizi indispensabili ed indifferibili, evenienza atta a rendere lecito il ricorso alla procedura negoziata senza bando ai sensi dell’art. 63, comma 2, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016, previa valutazione caso per caso e «tenendo conto delle modalità e dei tempi di insorgenza del contenzioso giudiziario, del contenuto più o meno controverso del thema decidendum, degli esiti, anche cautelari, dell’intero giudizio» (Cons. di Stato n. 7827/2021). La predetta norma infatti «consente, di regola, la stipula del c.d. contratto-ponte, in alternativa alla c.d. proroga tecnica, ove sussista la necessità di garantire il servizio nel tempo strettamente necessario all’indizione di una nuova gara o alla stipulazione del contratto con l’aggiudicatario della gara sub iudice (cfr. Cons. Stato, III, 26 aprile 2019, n. 2687), con scelta tra le possibili soluzioni alternative rimessa alla discrezionalità dell’amministrazione aggiudicatrice» (Cons. di Stato n. 7827/2021 cit.). Ai fini del ricorso alla procedura negoziata senza bando, inoltre, come chiaramente stabilito dall’art. 63, comma 6, del d.lgs. 50/2016 «Le amministrazioni aggiudicatrici individuano gli operatori economici da consultare sulla base di informazioni riguardanti le caratteristiche di qualificazione economica e finanziaria e tecniche e professionali desunte dal mercato, nel rispetto dei principi di trasparenza, concorrenza, rotazione, e selezionano almeno cinque operatori economici, se sussistono in tale numero soggetti idonei. L’amministrazione aggiudicatrice sceglie l’operatore economico che ha offerto le condizioni più vantaggiose, ai sensi dell’articolo 95, previa verifica del possesso dei requisiti di partecipazione previsti per l’affidamento di contratti di uguale importo mediante procedura aperta, ristretta o mediante procedura competitiva con negoziazione». Lo svolgimento della procedura negoziata senza bando, richiede pertanto il preliminare confronto competitivo tra gli operatori economici individuati dall’amministrazione aggiudicatrice, secondo il procedimento disciplinato dal citato art. 63, comma 6, del Codice. 

Approvato il nomenclatore tariffario dei nuovi LEA

Schillaci: prestazioni garantite a tutti i cittadini. Dopo sei anni sbloccato il provvedimento in collaborazione con le Regioni

“Dopo sei anni finalmente è stata raggiunta l’intesa in Stato-Regioni sul decreto tariffe che consente la piena efficacia dei nuovi Lea (Livelli Essenziali di Assistenza) varati nel 2017. Un risultato di straordinaria importanza frutto dell’impegno del Governo e della collaborazione proficua con le Regioni. Il Dpcm del 2017, infatti, innova i nomenclatori della specialistica ambulatoriale e dell’assistenza protesica, introducendo prestazioni tecnologicamente avanzate ed escludendo prestazioni obsolete. Prestazioni che finora non è stato possibile erogare su tutto il territorio nazionale proprio in mancanza dell’adozione del decreto tariffe”. È quanto dichiara il ministro della Salute, Orazio Schillaci, dopo l’approvazione in Conferenza Stato-Regioni del decreto del Ministero della Salute, di concerto con il MEF, sulle tariffe dei nuovi Lea in attuazione del Dpcm 12 gennaio 2017.

Il provvedimento aggiorna le tariffe delle prestazioni di specialistica ambulatoriale e dell’assistenza protesica fermi rispettivamente al 1996 e al 1999 e valorizza quelle di nuovo inserimento. Le nuove tariffe entreranno in vigore dal 1° gennaio 2024 per quanto concerne l’assistenza specialistica ambulatoriale e dal 1° aprile 2024 per quanto concerne l’assistenza protesica.
“Tutti i cittadini, superando le disomogeneità assistenziali – aggiunge il ministro – potranno finalmente usufruire in ogni area della Nazione di prestazioni al passo con le acquisizioni medico scientifiche ormai consolidate, con effetti positivi anche in termini di contenimento della mobilità sanitaria”.

L’impugnazione delle clausole immediatamente escludenti

TAR Molise, Sez. I, 27 febbraio 2023, n. 54. 

Il TAR Molise, richiamando il fondamentale precedente in materia rappresentato dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 4 del 2018, ha ribadito la regola generale in base alla quale soltanto colui che ha partecipato alla gara è legittimato ad impugnarne l’aggiudicazione, fatta salva l’ipotesi di impugnazione di clausole cc.dd. “immediatamente escludenti”. 

Queste ultime sono quelle clausole della lex specialis di gara che precludono al concorrente l’utile partecipazione alla competizione. 

Pertanto, in deroga alla regola generale sopra richiamata, deve ritenersi ammissibile l’impugnazione delle suddette clausole anche da parte di coloro che non abbiano partecipato alla gara.  A tal proposito, il TAR afferma che: “In tali ipotesi, […] l’illegittimità delle regole di selezione incide sulla possibilità stessa del concorrente di formulare una corretta e consapevole offerta, e dunque di prendere parte alla competizione: donde l’impossibilità logica di pretendere che in una situazione siffatta l’aspirante presenti comunque una propria offerta per legittimarsi al successivo ricorso[…] L’articolo 120, comma 5°, del cod. proc. amm. ha conferito rango legislativo a tale impostazione, prevedendo l’onere di immediata impugnazione del bando o dell’avviso di gara “in quanto autonomamente lesivo””.

Sanabile con soccorso istruttorio l’omesso pagamento del contributo ANAC

Cons. Stato, Sez. III, 3 febbraio 2023, n. 1175. 

Il Consiglio di Stato, ha stabilito il principio secondo il quale la legge di gara, escludendo la rilevanza del soccorso istruttorio in caso di tardivo pagamento del contributo ANAC, risulta in contrasto con il principio di tassatività delle clausole escludenti di cui all’art. 83, comma 8, del Codice dei Contratti, nonché con l’art. 1, comma 67, della Legge n. 266/2005.

In particolare, nell’ambito di una procedura di gara aperta per l’affidamento della fornitura di dispositivi per accesso vascolare centrale e periferico per aziende sanitarie regionali, suddivisa in 36 lotti, l’operatore economico, non avendo effettuato il pagamento del contributo ANAC in relazione a parte dei lotti, veniva invitato a regolarizzare il pagamento in sede di soccorso istruttorio dalla Stazione Appaltante, la quale assegnava un termine di 15 giorni, successivo alla scadenza per la presentazione delle offerte. 

Venendo così escluso dai lotti sopra menzionati.

Sulla questione il Collegio ha invero ricordato il consolidato indirizzo giurisprudenziale sancito dal comma 67, art 1, della l. 266/2005, il quale consentirebbe di sanare con il soccorso istruttorio il mancato pagamento del contributo ANAC in quanto estraneo al contenuto dell’offerta (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, sez. V, 19 aprile 2018, n. 2386)

Con la conseguenza che a nulla rileverebbe, come nella presente fattispecie, che il pagamento sia avvenuto dopo la scadenza del termine per la presentazione delle offerte.

Tale indirizzo giurisprudenziale, peraltro, risponderebbe alla medesima logica di quello formatosi sull’analoga fattispecie del tardivo versamento del deposito cauzionale o cauzione provvisoria (cfr., ex plurimis, Cons. St., sez. V, 4 maggio 2020, n. 2786). In ragione di quanto sopra, il Consiglio di Stato ha sancito la possibile riammissione ad una procedura selettiva dell’operatore economico in grado di dimostrare la regolarità del pagamento – ancorché tardivo – del contributo ANAC venendo così privilegiata la possibilità di accedere alla competizione pubblica, in ottica di favor partecipationis, a fronte di una sanzione espulsiva che risultava eccessivamente lesiva.

Regolamento sull’esercizio del potere sanzionatorio: in vigore le modifiche approvate dal Consiglio ANAC

Sono in vigore dal 25 marzo scorso le modifiche al Regolamento sull’esercizio del potere sanzionatorio dell’Autorità Nazionale Anticorruzione approvate dal Consiglio dell’Autorità con la delibera n. 95  dell’8 marzo 2023, a seguito dell’avvenuta pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, e disponibili in un nuovo testo unico.

Tra i principali interventi di revisione si evidenzia l’introduzione della espressa sanzionabilità del responsabile unico del procedimento (Rup) che omette o ritarda di segnalare all’Autorità le fattispecie di falsa dichiarazione o falsa documentazione avvenute nelle procedure di gara e negli affidamenti di subappalto nonché di inottemperanza alla richiesta della stazione appaltante o dell’ente aggiudicatore di comprovare il possesso dei requisiti di partecipazione alla procedura di affidamento entro il termine di 60 giorni (raddoppiato rispetto al precedente di 30 giorni). Restano ferme le indicazioni operative relative alla determinazione del dies a quo, contenute nel Comunicato del Presidente del 22 dicembre 2022.

Ulteriori innovazioni sono state apportate in relazione alle modalità di contestazione dell’addebito, allo svolgimento dell’audizione e alla sospensione dei termini del procedimento e alla sua riattivazione. 

Infine, le altre modifiche riguardano lo specifico procedimento sanzionatorio previsto per le violazioni degli obblighi informativi da parte delle stazioni appaltanti che omettono o ritardano l’inserimento dei dati relativi sia alla fase antecedente all’aggiudicazione che a quella di esecuzione del contratto nel sistema SIMOG, che alimenta la banca dati nazionale dei contratti pubblici (BDNCP).

Le disposizioni emendate dalla delibera n. 95 del 8 marzo 2023, sono entrate in vigore il 25 marzo 2023, a seguito della avvenuta pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, serie generale n. 71 del 24 marzo 2023, dell’avviso di pubblicazione della delibera nel sito istituzionale dell’Autorità.

Il payback. Intervista a Massimiliano Boggetti, Presidente di Confindustria Dispositivi Medici

Sulla complicata  questione del payback il presidente di Confindustria Dispositivi Medici Massimiliano Boggetti, spiega a pieno i termini e le ricadute sul comparto e sul Ssn

Un provvedimento molto discusso che, se applicato, rischierebbe di innescare un pericoloso effetto domino per il comparto dei dispositivi medici e un ancor più fosco scenario per i servizi del sistema sanitario nazionale. Tre mesi di tempo, una trattativa serrata, la ricerca di risorse e un dibattito che sta tendendo con il fiato sospeso migliaia di lavoratori della filiera. Questi gli elementi cardine di una questione complicata quale è quella del payback. Per comprenderne a pieno i termini, e le ricadute, ci siamo rivolti al presidente di Confindustria dispositivi medici, Massimiliano Boggetti, al quale abbiamo chiesto di scattarci una fotografia della situazione

Iniziamo dal principio: il payback. Tutti oramai conosciamo i termini della questione. Voi cosa chiedete al governo?
La nostra posizione resta la stessa dal 2015, ossia da quando il payback è stato introdotto. Si tratta di una manovra ingiusta, iniqua e, nel nostro settore specificatamente, del tutto inapplicabile. Pertanto noi ne chiediamo con forza la cancellazione.

Quale, in sintesi, il rischio che corrono le imprese italiane?
I rischi sono molteplici e non riguardano solo il mondo dell’impresa. Per il comparto parliamo di un accorciamento molto forte della filiera, con un rischio chiusura per insolvenza di piccole imprese, principalmente nel settore della distribuzione e fornitura, e un disinvestimento delle multinazionali (siano esse italiane o di capitale estero). Se questo scenario si verificasse, si configurerebbe un rischio maggiorato di mandar deserte le nuove gare di appalto con, a cascata, un impatto negativo sulle forniture stesse agli ospedali. Un concreto rischio si prefigurerebbe anche per la manutenzione delle apparecchiature installate e che oggi vengono mantenute efficienti grazie all’industria italiana. C’è poi naturalmente un rischio ricaduta per il settore occupazionale, da non trascurare. Aggiungo poi altri due pericoli importanti: quello per i medici/operatori sanitari e quello per i pazienti.

Partiamo dal personale medico
Oggi si fa un gran parlare di trattenere i medici e di scongiurare l’esodo delle professionalità verso l’estero o verso il settore privato. Ma è del tutto evidente che il problema non è circoscritto alle sole questioni di stipendio, compensazione dei turni o alle difficoltà di lavorare negli ospedali. È infatti ovvio che un medico, soprattutto se parliamo di un professionista qualificato, non può rimanere a lavorare in strutture ospedaliere pubbliche prive delle migliori tecnologie disponibili. Il payback, è bene evidenziarlo, oltre al problema della continuità di approvvigionamento dei dispositivi, porterebbe anche ad un peggioramento significativo nella qualità innovativa delle tecnologie. E non so immaginare come trattenere un medico in una struttura che lo costringe a lavorare con tecnologia di serie B.

Passiamo ai cittadini.
Un servizio sanitario nazionale così depotenziato, con tecnologie innovative che non sono messe a disposizione degli ospedali pubblici e un parco tecnologico obsoleto (su cui Confindustria dispositivi ha fornito un desolante quadro di dettaglio, ndr), rischia di andare a impattare negativamente sulle fasce più deboli della popolazione, quelle cioè che non possono scegliere di curarsi in strutture private all’avanguardia. Genereremmo così una grave diseguaglianza nell’accesso alla salute.

Scattiamo una fotografia: l’accordo non si trova. Cosa accade in Italia nei prossimi 3 anni?
Si profilerebbe un enorme fallimento. Io ricordo sempre che il servizio sanitario nazionale è la più grande infrastruttura del nostro Paese. Un sistema che ci è stato sempre invidiato da molti Paesi all’estero e che nel corso degli ultimi anni abbiamo progressivamente smontato.

Per anni abbiamo parlato di un ‘made in Italy’ medicale come di una eccellenza da valorizzare. Quale la potenzialità reale del comparto italiano (che rischiamo di perdere)?
Uno dei grandi problemi oggi è l’assenza di politiche atte a valorizzarlo. Non mi riferisco tanto al Governo attuale quanto ad una tendenza che perdura da molti anni. I cittadini si sono fatti ‘anestetizzare’ dal fatto che esiste un servizio sanitario universalistico e disponibile per tutti e non si sono purtroppo resi conto che sì, questo esiste, ma che è sempre meno capace di fornire qualità di cura. Qui vorrei citare un dato interessante: noi siamo tra i popoli più longevi al mondo, dopo il Giappone, ma crolliamo nelle classifiche rispetto alla qualità di gestione dei nostri anziani. Tanto è vero che la qualità di vita degli ultimi anni per i nostri cittadini è la peggiore tra i Paesi più sviluppati.

Appare quindi evidente che questa eccellenza di cui lei parla è andata prosciugandosi nel corso degli anni.
Possiamo però ripartire un punto fermo: quella dei dispositivi medici rappresenta una reale opportunità per il nostro Paese perché incarna, ancora oggi, una grande eccellenza italiana, ricordiamo che il comparto farmaceutico italiano è il primo, o secondo, produttore europeo a seconda degli anni. Abbiamo quindi tutte le carte in regola per fare un’ottima produzione, oltretutto a basso impatto energetico, di altissima competenza e grande qualità. Tutte caratteristiche chiave che consentirebbero al comparto di diventare un motore trainante di sviluppo economico/occupazionale per il Paese e invece il colpo del payback e l’assenza di politiche di sviluppo industriale specifiche, finiscono oggi per limitarne le prospettive.

E questo, lo ricordiamo ancora una volta, ha una ricaduta sulle prestazioni del Ssn?
Certo. Ho più volte ricordato che l’industria rende disponibile l’innovazione su larga scala ai cittadini. Se pensassimo ad un’industria attiva nel campo delle scienze della vita, capace di rendere l’innovazione disponibile per prima, tutti i servizi agli italiani sarebbero più efficienti: gli ospedali sarebbero più moderni e avremmo una maggiore sostenibilità anche a lungo termine perché è innegabile che le ricadute di una ‘cattiva salute’ sono non solo un problema etico e sociale, ma anche economico.

Chiedete un dialogo con il Governo, ieri siete stati ascoltati in Parlamento e vi siete rivolti anche all’Ue. Che tempistiche abbiamo per scongiurare il peggio? E, ci sono altre carte da giocare?
Ieri (giovedì 13 aprile, ndr) siamo stati ascoltati sia al Ministero che in Parlamento, a Commissioni congiunte di Senato e Camera, e quel che abbiamo rappresentato è una situazione su cui occorre intervenire. Peraltro, ad oggi il Governo ha varato una serie di misure (osservatorio sui prezzi e la riforma del codice degli appalti, tra gli altri, ndr) che gli conferiscono molti strumenti atti a gestire la spesa. Io quindi resto cautamente ottimista sul risultato di un confronto costruttivo come quello che stiamo portando avanti. La trama si sta dipanando. Il Governo ha ereditato un problema oggettivo cui ha già messo mano con un primo provvedimento, quello dello sconto. Esiste a mio avviso la lucida consapevolezza da parte dell’attuale Governo che il recupero delle cifre 2015/2018 è assai improbabile alla luce dei ricorsi, degli errori e dei margini di incostituzionalità che si ravvedono nell’impianto normativo stesso. Quanto proposto fino ad oggi, uno sforzo di cui in qualche modo ringraziamo, va letto quindi più come un tentativo di soccorso alle Regioni, che una strada utile a risolvere il problema. Quello che continuiamo a chiedere è quindi la cancellazione del provvedimento per evirare, tra le altre cose, quello che io chiamo “effetto palla di neve”: più il tempo passa più le dimensioni del problema tendono progressivamente, e inesorabilmente, ad aumentare rendendone intrinsecamente più difficile la soluzione. Il passo successivo è la richiesta di apertura di una procedura di infrazione al sistema paese Italia da parte dell’Ue sulla base del fatto che il sistema payback non ha equivalenti nel resto del mondo e solleva, soprattutto in Europa, un problema sulla libera circolazione delle merci e sull’accesso al mercato.

Il provvedimento del Governo rimanda a giugno i pagamenti. Ci sono ancora tre mesi per scongiurare il peggio quindi?
Sì. Abbiamo tre mesi per discutere, e lo stiamo facendo. Io sono convinto che il Governo non abbia alcun interesse ad arrivare alle prime pronunce del Tar. Questi mesi quindi saranno fondamentali e non a caso sta avvenendo oggi una intensificazione dei contatti per risolvere il passato e pianificare il futuro così come peraltro ci eravamo ripromessi di fare al termine della pandemia covid, quando immaginavamo addirittura di rafforzare il nostro sistema produttivo di dispositivi medici per non essere più così dipendenti dall’estero e di riconoscere a pieno titolo la salute come valore fondamentale per la crescita del Paese. Penso che questo Governo abbia la grande responsabilità, e soprattutto l’opportunità, di risolvere un problema e fare qualcosa di concreto scongiurando un nuovo colpo all’equità di accesso alle cure.Chiudiamo con un elemento positivo?
Il fatto che sembra sia cambiata la narrazione. Non vedo, come avveniva invece purtroppo in passato, una presa di posizione ideologica sulla questione. Non si parla più di un’industria ricca che genera extra profitti e che pertanto può pagare per tutti. Si è invece pienamente consapevoli del valore e delle difficoltà del comparto (pensi che l’Italia è arrivata ad una spesa di dispositivi medici pro capite a dir poco vergognosa, molto al di sotto della media europea). Non esiste quindi una spesa fuori controllo, ma esiste, questo sì, un problema di definanziamento del settore e di reperimento risorse. Risorse che però, sia chiaro a tutti, non si possono chiedere all’industria. (fonte: Panorama della Sanità)

Tracciabilità dei dispositivi medici: siamo al punto zero

Quanto sono diffusi nel nostro Paese i sistemi di tracciabilità dei dispositivi medici? La ricerca di due ingegneri della Liuc

Due laureati della Liuc – Università Cattaneo in Ingegneria Gestionale, che hanno scelto il percorso in Gestione integrata delle aziende e dei servizi in sanità e oggi, dopo un tirocinio durante gli studi, lavorano entrambi nell’ambito di strutture sanitarie, hanno dedicato la loro tesi di laurea a questo tema, svolgendo una ricerca che mette in luce alcuni elementi di stretta attualità. Andrea Paparelli e Tommaso Toia – questi i loro nomi – hanno svolto la ricerca a partire da una survey di oltre 50 domande, diffusa tra le principali strutture ospedaliere italiane. La ricerca è stata presentata nel corso di un webinar promosso dall’HD LAB – Healthcare Datascience Lab (Emergencies, Technologies and Beyond) della Liuc.

“L’idea – raccontano – è nata dal contatto con Ingesan, l’Associazione Italiana degli Ingegneri in Sanità, che ci ha segnalato la necessità di approfondire il tema, finora molto trattato a livello scientifico ma poco o per nulla mappato, per quanto estremamente “caldo” sia in Italia che a livello europeo. Nel contesto sanitario, infatti, è fondamentale monitorare, gestire e controllare non solo i farmaci, ma anche i dispositivi medici. Lo scopo è quello di ridurre al minimo, o ancora meglio, di azzerare le ripercussioni negative sulla salute pubblica. Ci siamo rivolti in particolare ad alcune specifiche aree delle strutture, ossia direzioni operative, farmacie, controllo di gestione, ingegneria clinica. Su oltre trecento strutture interpellate, abbiamo ottenuto risposta da 30 di loro. Con il supporto di Ingesan e dell’Hd Lab della Liuc, abbiamo approfondito in particolare l’impatto economico dei dispositivi medici sulle diverse realtà, anche in relazione al numero di pazienti delle stesse. Inoltre, abbiamo sondato le modalità di organizzazione e gestione dei dispositivi e i sistemi software alla base della gestione dei materiali”.

Cosa è emerso dunque rispetto alla diffusione dei sistemi di tracciabilità nel panorama italiano? “Siamo purtroppo al punto zero. Nessuna delle strutture che hanno risposto, infatti, ha dichiarato di avere adottato un modello evoluto per la tracciabilità. Anche le realtà più attive hanno infatti scelto sistemi molto basici, di semplice utilizzo, anche per integrarli al meglio con i sistemi aziendali. Di fatto, solamente il 50% delle strutture rispondenti utilizza un software integrato con essi. Uno dei maggiori problemi riguarda il fatto che il 39% delle strutture non ha mai introdotto un sistema di tracciabilità e non ha mai pensato di introdurlo. Inoltre, il 14% dei rispondenti persiste nell’utilizzo del cartaceo, con l’archiviazione, per i singoli prodotti, delle bolle di carico e delle etichette. E’ una questione, dunque, legata soprattutto alla cultura aziendale, ma anche al budget. I vantaggi collegati all’adozione di questi sistemi, però, sono evidenti e vanno dalla sensibile riduzione dell’errore umano a una migliore gestione della rendicontazione, soprattutto per le strutture pubbliche”.

Tra i casi virtuosi rilevati dalla ricerca c’è quello del Policlinico Universitario Fondazione Agostino Gemelli di Roma, che ha adottato con successo la tecnologia RFId per la tracciabilità dei dispositivi, con conseguente miglioramento della sicurezza clinica (+85%) e risparmio monetario sulla gestione delle scorte (-2 milioni di Euro).

La ricerca offre anche un’occasione di riflessione sull’importanza di figure professionali che possano fare la differenza all’interno delle strutture: “Il tema della tracciabilità dei dispositivi – concludono i due laureati Liuc – è uno dei tanti temi chiave di cui si può occupare un ingegnere gestionale all’interno di un’azienda sanitaria: il nostro ruolo, infatti, è sinonimo di innovazione ma anche di una necessaria sinergia tra gli aspetti economici e quelli sanitari”. (fonte: Panorama della Sanità)

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