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L’avvalimento delle certificazioni di qualità: commento alla sentenza del Consiglio di Stato, Sez. IV, 16 gennaio 2023, n. 502

a cura dell’avvocato Anna Cristina Salzano

Con sentenza n. 502 del 16 gennaio 2023 la Sezione IV del Consiglio di Stato ha affrontato il tema dell’avvalimento della certificazione di qualità e della effettività della messa a disposizione messa del complesso aziendale del soggetto al quale è stato riconosciuto il sistema di qualità.

All’esame del Collegio vi era la legittimità del provvedimento di aggiudicazione dell’affidamento del “Sistema informativo per la gestione del servizio di raccolta domiciliare dei rifiuti solidi urbani, gestito da AMIU S.p.a., nella Città di Trani”, per aver l’aggiudicataria dichiarato l’avvalimento in relazione alla certificazione ISO 27001.

La ricorrente (seconda in graduatoria) sosteneva, sulla base di una lettura formalistica della lex specialis di gara, che il possesso della certificazione ISO 27001 venisse richiesto quale condizione minima di partecipazione prevista dal capitolato tecnico con riferimento all’offerta tecnica e non come requisito di partecipazione e pertanto non potesse essere prestato da un’impresa terza.

Inoltre con un secondo ordine di censure la ricorrente rilevava la nullità del contratto di avvalimento per indeterminatezza dell’oggetto non evincendosi dal contratto la messa a disposizione delle risorse da parte dell’ausiliaria. In particolare veniva rilevato che nel contratto non vi sarebbero gli elementi, materiali o immateriali, tipizzati a fondamento della certificazione ISO 27001 (né struttura organizzativo-gestionale, né procedure operative aziendali né altro).

Il Consiglio di Stato con la sentenza in commento ha affermato la legittimità dell’avvalimento da parte dell’aggiudicataria per la certificazione di qualità sulla base della seguente motivazione: “Giurisprudenza prevalente, dopo alcuni contrari avvisi, ne ammette oramai pacificamente l’ammissibilità (ex multis, Cons. Stato, Ad. plen. 4 novembre 2016, n. 23; V, 27 luglio 2017, n. 3710; 17 maggio 2018, n. 2953; III, 8 ottobre 2018, n. 5765; V, 10 settembre 2018, n. 5287; 20 novembre 2018, n. 6551; 18 marzo 2019, n. 1730), in particolare rilevando, come di recente, che “I certificati rilasciati da organismi indipendenti di cui all’art. 87 del Codice dei contratti pubblici sono pur sempre attinenti a capacità tecniche e professionali dell’impresa, così come definite dall’art. 58, paragrafo 4, della direttiva 2014/24/UE (“requisiti per garantire che gli operatori economici possiedono le risorse umane e tecniche e l’esperienza necessarie per eseguire l’appalto con adeguato standard di qualità”), di modo che, ai sensi del successivo art. 63, ben possono essere oggetto di avvalimento” (Cons. Stato, V, 13 settembre 2021, n. 6271)” (Cons. Stato, sez. V, n. 7370 del 2021).

Come questo Consiglio di Stato ha sottolineato (cfr. Cons. Stato, Sez. III, n. 5765 del 2018, Sez. V, n. 2953 del 2018) in linea generale l’istituto dell’avvalimento è stato introdotto nell’ordinamento nazionale in attuazione di puntuali prescrizioni dell’ordinamento U.E. ed esso risulta volto, secondo quanto chiarito dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’U.E., a conseguire l’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza nella misura più ampia possibile.

Si tratta, secondo la Corte, di un obiettivo perseguito dalle direttive a vantaggio non soltanto degli operatori economici, ma parimenti delle amministrazioni aggiudicatrici (in tal senso, sentenza del 23 dicembre 2009 in causa C-305/08, CoNISMa).

L’enucleazione dell’istituto mira inoltre a facilitare l’accesso delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici, cui tende altresì la direttiva 2004/18, come posto in rilievo dal considerando 32 (in tal senso la sentenza del 10 ottobre 2013 in causa C-94/12, SWM Costruzioni).

Trattandosi di obiettivi generali dell’ordinamento eurounitario (e sulla base di generali canoni ermeneutici di matrice U.E.), grava sull’operatore nazionale l’obbligo di interpretare le categorie del diritto nazionale in senso loro conforme (c.d. criterio dell’interpretazione conforme) e di non introdurre in relazione ad essi vincoli e limiti ulteriori e diversi rispetto a quelli che operano in relazione alle analoghe figure del diritto interno (si tratta di un corollario applicativo dei generali principi di parità di trattamento e di non discriminazione che devono assistere le posizioni giuridiche e gli istituti di matrice eurounitaria); in particolare, in assenza di motivate condizioni eccezionali, l’applicazione dei richiamati principi di parità di trattamento e di non discriminazione osta all’introduzione da parte dei legislatori nazionali di vincoli e limiti alla generale possibilità per gli operatori di fare affidamento sulle capacità di altri soggetti (in tal senso la sentenza 7 aprile 2016 in causa C-324/14, Partner Apelski Dariusz).

In tale contesto è stato chiarito che “nelle gare pubbliche la certificazione di qualità, essendo connotata dal precipuo fine di valorizzare gli elementi di eccellenza dell’organizzazione complessiva, è da considerarsi anch’essa requisito di idoneità tecnico organizzativa dell’impresa, da inserirsi tra gli elementi idonei a dimostrarne la capacità tecnico professionale assicurando che l’impresa, cui sarà affidato il servizio o la fornitura, sarà in grado di effettuare la prestazione nel rispetto di un livello minimo di qualità accertato da un organismo a ciò predisposto” (così Cons. Stato, Sez. V, 20 dicembre 2013, n. 6125, vedi anche Sez. V, 6 marzo 2013, n. 1368; Sez. IV, n. 4958 del 2014; Sez. V, n. 3517 del 2015; Sez. V, n. 2953 del 2018).

In caso di avvalimento, quindi, l’impresa ausiliata può senz’altro utilizzare tutti i requisiti afferenti alla capacità economica e tecnica dell’impresa ausiliaria, non esclusa la certificazione di qualità.

Gli argomenti dedotti dall’appellante sono volti a limitare la possibilità di avvalimento nel caso di specie, identificando la certificazione di qualità con i requisiti minimi di partecipazione. Si tratterebbe di soluzione contrastante con i principi appena richiamati di matrice europea, accolti ormai da tempo dal Consiglio di Stato.

I medesimi argomenti non tengono peraltro conto del fatto che la giurisprudenza del giudice amministrativo ha chiarito che benché il bando, il disciplinare di gara e il capitolato speciale d’appalto abbiano ciascuno una propria autonomia ed una propria peculiare funzione nell’economia della procedura, il primo fissando le regole della gara, il secondo disciplinando in particolare il procedimento di gara ed il terzo integrando eventualmente le disposizioni del bando, tutti insieme costituiscono la lex specialis della gara (Cons. Stato, sez. VI, 15 dicembre 2014, n. 6154; id., sez. V, 5 settembre 2011, n. 4981; id. 25 maggio 2010, n. 3311; id. 12 dicembre 2009, n. 7792), in tal modo sottolineandosi il carattere vincolante che (tutte) quelle disposizioni assumono non solo nei confronti dei concorrenti, ma anche dell’amministrazione appaltante, in attuazione dei principi costituzionali fissati dall’art. 97 (v. Cons. Stato, Sez. III, n. 1804 del 2021)”.

 

Inoltre il Collegio – accogliendo l’ulteriore motivo di censura – ha affermato la nullità del contratto di avvalimento depositato dall’aggiudicataria per incompletezza e indeterminatezza dell’oggetto sulla scorta della giurisprudenza amministrativa che in caso di avvalimento della certificazione di qualità ha ritenuto indispensabile che “l’impresa ausiliaria metta a disposizione dell’impresa ausiliata tutta la propria organizzazione aziendale comprensiva di tutti i fattori della produzione e di tutte le risorse che, complessivamente considerate, le hanno consentito di acquisire la certificazione di qualità (cfr. Cons. Stato, sez. V, 13 settembre 2021, n. 6271; Sez. V, 18 marzo 2019, n. 1730; sez. V, 27 luglio 2017, n. 3710), poiché si tratta di avvalimento complessivo o, meglio, avente ad oggetto un requisito “inscindibile” nel senso che la medesima organizzazione aziendale non può essere contemporaneamente utilizzata dall’ausiliata e messa a disposizione dell’ausiliaria”.

 

Il Consiglio di Stato con la sentenza n. 502 del 16 gennaio 2023 ha voluto dunque definire una volta per tutte i limiti dell’utilizzo dell’istituto dell’avvalimento di qualità negli affidamenti pubblici.