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Corso Matteotti 15,
Cremona, CR 26100

Farmaci e farmacie. La dispensazione dei farmaci fuori dal canale “al pubblico”, tra “distribuzione” “diretta” e “per conto”

Dopo il significativo contributo nella gestione della pandemia Covid 19,  le farmacie chiedono di essere  identificate a tutti gli effetti come presidi sanitari di prossimità, e, in questo ambito, rivendicano la gestione piena della dispensazione dei farmaci.  

Attualmente determinati farmaci , in relazione a determinate  casistiche prescrittive, 

vengono acquistati direttamente dal SSN, anche per usufruire del differenziale di prezzo che si ottiene rispetto al prezzo da rimborsare in regime convenzionale  alle farmacie territoriali. La distribuzione avviene  per il tramite delle strutture sanitarie pubbliche (distribuzione diretta-DD) e/o per il tramite delle farmacie territoriali,  remunerate per il servizio (distribuzione per conto- DPC). 

Sulla base di quanto previsto dal l c.d. Dm 71 – attuativo del PNNR – recentemente approvato dal Consiglio dei Ministri, le farmacie convenzionate con il SSN,  ubicate uniformemente sull’intero territorio nazionale, costituiscono  un elemento fondamentale ed integrante del Servizio sanitario nazionale. In tale ambito vanno inquadrate la dispensazione del farmaco, per i pazienti cronici la possibilità di usufruire di un servizio di accesso personalizzato ai farmaci, la farmacovigilanza, le attività riservate alle farmacie dalla normativa sulla c.d. “Farmacia dei Servizi”.

La sottrazione al canale “retail”  di farmaci,  in larga parte ad alto costo, pesa in modo significativo sul fatturato potenziale  a rimborso  delle farmacie convenzionate, fatturato sui cui incide negativamente anche la diminuzione dei prezzi per effetto della diffusione dei farmaci generici.   Il tutto, secondo le organizzazioni rappresentative delle  farmacie private e di quelle  comunali, metterebbe a rischio la sopravvivenza economica degli esercizi, soprattutto di quelli decentrati, che però rappresentano un presidio sanitario necessario per la tutela della salute.

Peraltro,  l’acquisto diretto dei farmaci da parte delle strutture del SSN si è andato espandendo, dato che i confronti competitivi di mercato comportano sensibili vantaggi di prezzo, e quindi di contenimento della spesa farmaceutica complessiva.

Margini della distribuzione convenzionale

Le Quote di spettanza sul prezzo al pubblico dei farmaci di classe “A” (definiti con contrattazione AIFA e a rimborso del SSN) sono così ripartite: 66,65% Az. Farmaceutica; 29,77% (farmacisti); 2,94% (grossisti);  sul dovuto alle farmacie si applica uno sconto dal 3,75 al 19% in funzione della fascia di prezzo del farmaco.

Prezzo farmaci in acquisto diretto dal SSN

Sconto obbligatorio dal 33% al 50%  sul prezzo di vendita al pubblico, salvo ulteriore sconto di gara.  

Remunerazione della distribuzione per conto

La remunerazione per le farmacie, variabile tra le Regioni,  inizialmente  definita come percentuale sul prezzo, è stata poi più correttamente definita in quota fissa per confezione.

A  livello nazionale il valore tende ad essere direttamente proporzionale alla fascia di prezzo del farmaco. Sicilia, Liguria, Umbria, Toscana, PA di Trento, Puglia e Calabria presentano costi indipendenti dal prezzo del farmaco. Il costo pro capite maggiore si registra in Basilicata (10,79 euro), mentre quello più basso in Emilia Romagna (2,96 euro).

I valori della “diretta”

La spesa per i farmaci acquistati dalle strutture sanitarie pubbliche è stata di circa 13,5 miliardi di euro (222,87 euro pro capite), pressoché stabile sia nella spesa (+0,9%) sia nei consumi (+1,5%) rispetto all’anno precedente.

Significativo l’incremento della distribuzione per conto (+11,6%), a fronte della contrazione della distribuzione diretta, da mettere in relazione con l’ampliamento dei farmaci erogati in farmacia nell’emergenza sanitaria.

Relativamente all’anno 2020,  la spesa per DD e DPC è stata di 8,4 miliardi di euro, con un’incidenza rispettivamente del 75% e 25% circa. con i farmaci di classe H che rappresentano la maggior quota di spesa (50,9% classe H e 48,9% classe A).

Questo significa che la diretta vale oltre 6 miliardi di euro.

Poiché il risparmio sulla convenzionata si aggira sul 50%, la spesa che si avrebbe se tutta la diretta passasse alla convenzionata sarebbe di oltre 12 miliardi di euro (+6 miliardi rispetto ad oggi).

Se anche solo transitassero i farmaci in classe A) (a carico del SSN e dispensabili nel canale retail) pari a circa il 49% si tratterebbe di 3 miliardi di euro in più a carico delle casse regionali.

 Alcune Regioni hanno incluso valori soglia negli Accordi regionali sulla DPC, prevedendo un passaggio diretto dalla DPC alla convenzionata di quei prodotti il cui prezzo non supera  determinate soglie.

L’indagine parlamentare

Sulla tematica è stata promossa un’indagine parlamentare conoscitiva (XII Commissione della Camera)  con lo scopo di riconsiderare, sulla base di dati fattuali, distribuzione diretta e per conto.

Costo dei farmaci per il SSN, costi sociali per gli utenti, compliance assistenziale, fatturato delle farmacie  al pubblico, sono gli elementi sul piatto della bilancia.

Il contesto normativo

In principio fu  Il D.L. n. 347/2001, convertito nella Legge n. 405/2001, a dettare  alcune disposizioni per indirizzare le Regioni e le Asl a razionalizzare la spesa farmaceutica, rispetto alla situazione preesistente regolata dalla legge n. 833 del 1978.

In particolare l’art. 8, come modificato dalla Legge n. 405 del 2001, così prevede: “Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, anche con provvedimenti amministrativi, hanno facoltà di: a) stipulare accordi con le associazioni sindacali delle farmacie convenzionate, pubbliche e private, per consentire agli assistiti di rifornirsi delle categorie di medicinali che richiedono un controllo ricorrente del paziente anche presso le farmacie predette con le medesime modalità previste per la distribuzione attraverso le strutture aziendali del Servizio sanitario nazionale, da definirsi in sede di convenzione regionale; b) assicurare l’erogazione diretta da parte delle aziende sanitarie dei medicinali necessari al trattamento dei pazienti in assistenza domiciliare, residenziale e semiresidenziale; c) disporre, al fine di garantire la continuità assistenziale, che la struttura pubblica fornisca direttamente i farmaci, limitatamente al primo ciclo terapeutico completo, sulla base di direttive regionali, per il periodo immediatamente successivo alla dimissione dal ricovero ospedaliero o alla visita specialistica ambulatoriale”.

Tale normativa ha quindi previsto nuove modalità di erogazione dei farmaci, affiancando al precedente canale “tradizionale” della dispensazione del farmaco soltanto attraverso le farmacie (salvo quanto somministrato al paziente durante il ricovero ospedaliero), quello della c.d. distribuzione diretta, “interna” (art. 8 lettere b e c) o c.d. “per conto” (art. 8 lettera a).

Sulla base di tale disposizione, quindi, le Regioni possono decidere, senza necessità di accordi con le associazioni delle farmacie, che alcuni farmaci per l’assistenza farmaceutica diretta ospedaliera anche sul territorio siano dispensati attraverso la distribuzione diretta; oppure che si proceda con la c.d. distribuzione “per conto” (DPC) attraverso le farmacie convenzionale (lett. a), laddove vi sia accordo con le associazioni delle farmacie (si parla in questo caso di distribuzione dei farmaci del PHT “per conto”), atteso che in questo caso le farmacie non esercitano il canale distributivo libero “normale”, ma il farmaco resta distribuito dalle aziende sanitarie indirettamente per il tramite (“per conto” appunto) dalle farmacie convenzionate.

Le misure di cui alle lett. c) e d), inoltre, riguardano tutti i farmaci – non necessariamente quelli del PHT (Prontuario della Distribuzione Diretta ovvero con forme alternative di distribuzione che garantiscono uno specifico monitoraggio dei consumi e la presa in carico e la continuità assistenziale H (Ospedale) – T (Territorio),) –  ma solo se distribuiti nei casi particolari ivi disciplinati e connessi a specifiche situazioni soggettive del paziente (il primo ciclo terapeutico dopo la dimissione, oppure pazienti in regime di assistenza domiciliare o residenziale), nei quali ogni farmaco, anche extra-PHT, può essere erogato direttamente dall’Azienda Sanitaria), nei casi in cui le specialità medicinali siano necessarie al trattamento dei pazienti in assistenza domiciliare, residenziale e semiresidenziale e per il primo ciclo terapeutico successivo al ricovero ospedaliero e alla visita specialistica ambulatoriale (pazienti “complessi”) e con riguardo a qualsiasi farmaco, anche estraneo al PHT, purché necessario per il trattamento di pazienti che si trovano nelle predette situazioni, previo costante monitoraggio del paziente affetto da patologie croniche o soggetto a terapie farmacologiche di media/lunga durata, trattandosi di una sorte di “appendice” in ambito extra ospedaliero.

L’art. 4 comma 3 lettera c) del decreto legge n. 347/2001 ha poi integrato il citato art. 8, consentendo in via residuale la distribuzione diretta senza alcuna particolare condizione, attraverso la previsione della possibilità che tali ulteriori misure relative alla distribuzione diretta riguardino indistintamente i farmaci del PHT ed i farmaci extra-PHT: le Regioni possono, infatti, introdurre “c) altre misure idonee a contenere la spesa, ivi inclusa l’adozione di interventi sui meccanismi di distribuzione dei farmaci”.

I farmaci di classe A/PHT in DPC sono forniti su prescrizione specialistica con piano terapeutico, ad eccezione di alcuni farmaci tra cui le eparine a basso peso molecolare (ATC B01AB antitrombotici). In presenza di un piano terapeutico, tra quelli previsti dalla normativa vigente nazionale o regionale, il Medico di Medicina Generale (MMG) o il Pediatra di Libera Scelta (PLS) hanno facoltà di seguire il paziente nella continuazione della terapia, compilando le successive prescrizioni.

Documento della Conferenza delle Regioni (16 marzo 2022)

Farmaci: distribuzione “diretta” e “per conto”, osservazioni e proposte

L’attuale normativa prevede tre ambiti di setting assistenziale in relazione alle diverse terapie farmacologiche.

Da questo deriva la classificazione dei farmaci effettuata da AIFA e la correlata modalità distributiva

Area H (farmaci classificati H) ovvero della terapia Ospedaliera i cui medicinali sono distribuiti esclusivamente dalla farmacia ospedaliera o al Servizio farmaceutico territoriale di ASL ai pazienti ospedalizzati in regime ordinario o day hospital, in ospedalizzazione domiciliare o in setting ambulatoriali dedicati,

Area H-T (farmaci classificati A-PHT) ovvero della presa in carico e della continuità terapeutica, tra l’Ospedale e il Territorio il cui strumento è il PHT (Prontuario della Distribuzione Diretta) 

Area T (farmaci classificati A) ovvero della cronicità o anche di terapie a breve termine per le situazioni cliniche che non richiedono l’ospedalizzazione, il cui strumento è il PFN (Prontuario Farmaceutico Nazionale) e distribuzione, come da Convenzione, da parte delle farmacie pubbliche e private.

L’erogazione diretta dei farmaci, nelle sue diverse forme organizzative descritte nel DL 347/2001 convertito con legge 405/01, è una modalità di erogazione di farmaci, per la somministrazione al domicilio dell’assistito, acquistati direttamente dal sistema sanitario tramite le procedure ad evidenza pubblica che consentono l’acquisto al prezzo più conveniente a fronte di quantitativi predeterminati derivanti da una idonea programmazione dei fabbisogni. Il Servizio sanitario regionale acquista i farmaci con procedure centralizzate la cui base d’asta è rappresentata o dal prezzo massimo di cessione al SSN (comprensivo delle scontistiche obbligatorie e negoziate) o da un benchmark con le stazioni appaltanti di altre Regioni.

Tale modalità non si limita a ottenere gli sconti di legge ma attiva una reale concorrenza alla scadenza del brevetto, tra originatore e generici o biosimilari con risparmi sul prezzo di acquisto che possono superare il 50%.

La leva economica generata dalla distribuzione diretta risulta vitale per la sostenibilità del sistema e per garantire l’innovazione, ed è coerente con la necessità della continua ricerca dell’equilibrio dei volumi di spesa farmaceutica delle Regioni e consente l’ottimizzazione dell’utilizzo delle risorse economiche pubbliche a beneficio della presa in carico del maggior numero di assistiti.

In base a quanto previsto dalla normativa vigente, la distribuzione diretta può essere organizzata secondo diversi modelli

Il primo consiste nella erogazione del medicinale all’assistito per farmaci classificati in A e classe H attraverso i servizi farmaceutici delle Aziende Sanitarie senza nessun onere aggiuntivo per l’attività professionale erogata dai Farmacisti del SSN e svolta nella complessiva gestione delle funzioni quotidiane.

L’erogazione diretta è una forma di erogazione che consente di assistere con maggiore qualità il paziente in termini di conoscenza complessiva dei farmaci, di farmacovigilanza, di controllo della capacità del paziente di seguire la terapia prescritta e di un rapporto continuo tra il farmacista che eroga e il paziente che ritira il farmaco. Sono diverse le esperienze di letteratura in questo senso. Nella convenzionata e DPC il paziente è libero di recarsi presso qualsiasi farmacia e quindi viene meno – anche per legge – la possibilità di creare un rapporto di continuità dell’erogazione dei farmaci tra una stessa farmacia e uno stesso cittadino.

La distribuzione diretta risulta particolarmente efficace nelle terapie di esclusiva pertinenza specialistica in centri di riferimento individuati dalle Regioni (come previsto dalla normativa AIFA) e che richiedono una verifica della compliance del  paziente e un monitoraggio del profilo di  beneficio/rischio e di sorveglianza epidemiologica  dei nuovi farmaci che viene assicurata dalla “cornice clinico assistenziale della Struttura Sanitaria che gestisce in una ottica complessiva il controllo diagnostico terapeutico, la prescrizione specialistica e l’erogazione” appropriata del farmaco al paziente.

Nell’ambito di un adeguata procedura organizzativa adottata nei vari contesti regionali, non si crea alcun disagio al paziente, ma anzi si realizza una presa in carico congiunta medico-farmacista con un beneficio potenziale, in quanto vengono contestualmente garantite il follow-up clinico da parte dello Specialista e la distribuzione contemporanea e diretta del farmaco da parte dei Farmacista Ospedaliero/di ASL.

La stessa norma prevede un altro modello distributivo che si basa, invece, su un accordo tra Regione/ASL e distributori (grossista e/o farmacia) per distribuzione per conto, DPC, sia per farmaci A-PHT sia per farmaci di fascia A, correlati a specifiche patologie croniche con la possibilità di sviluppare/implementare programmi di educazione, informazione e raccolta dati in farmacie convenzionate con fidelizzate dei singoli pazienti.

I medicinali vengono generalmente acquistati dalle ASL/Regioni ma distribuiti all’assistito, per loro conto, dalle farmacie di comunità.

La distribuzione dei farmaci per conto delle Aziende sanitarie (DPC) è, pertanto, una forma di erogazione diretta che prevede l’aggiunta al costo di acquisto ospedaliero del farmaco, del costo per il servizio svolto dal farmacista di comunità (remunerazione del farmacista) definito da specifici accordi regionali in base agli obblighi di servizio che il farmacista assume in quanto convenzionato con il servizio sanitario nazionale.

Tale forma di erogazione si è sviluppata in modo consistente nell’arco di un decennio ed è ampiamente diffusa nei diversi territori regionali, con elenchi difformi e diverse fasce remunerative, ma con finalità comuni volte a:
– garantire la continuità assistenziale, mediante la creazione di un’area terapeutica tra la terapia intensiva (ospedale) e la cronicità (medicina territoriale);
– agevolare l’accesso ai medicinali da parte di specifiche categorie di farmaci e di pazienti;
– salvaguardare la gestione finanziaria del Servizio Sanitario Nazionale, mediante il contenimento della spesa farmaceutica

Uno dei luoghi da privilegiare per lo sviluppo dell’erogazione diretta garantendo la prossimità è l’ambito della caratterizzazione e sviluppo dell’assistenza territoriale anche secondo le linee progettuali sostenute dal PNRR – Missione 6. Reti di prossimità, strutture di telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale – ed esplicitate nel DM. 71.

La distribuzione diretta da parte delle farmacie delle strutture sanitarie regionali dovrebbe potrebbe inserirsi in tale processo attraverso l’home delivery che potrà prevedere l’erogazione di Farmaci a domicilio del paziente o direttamente presso le Case di Comunità o Ospedali di comunità e si integra quindi in modo coerente con il Nuovo Piano Territoriale del PNRR delle Cure domiciliari e di telemedicina con la creazione degli Ospedali di Comunità e Case della Comunità (MMG-Infermieri-Specialistica) e con la Cabina di Regia rappresentata dalle COT (Centrali Operative Territoriali).

Tra i principali vantaggi della DPC si evidenzia la scontistica analoga a quella della diretta e la prossimità di accesso per il cittadino. Tra gli svantaggi la difficoltà di instaurare un monitoraggio dell’aderenza alla terapia, perché l’assistito può rivolgersi a qualsiasi farmacia per ritirare il farmaco, non necessariamente la stessa, e il fatto che non è una attività obbligatoria delle Farmacie, ma deve essere negoziata attraverso specifici accordi con le Associazioni sindacali. Questo ultimo aspetto va attentamente considerato prima di ipotizzare che la DPC diventi attività sostitutiva della distribuzione diretta: la DPC può essere solo complementare alla distribuzione diretta, perché per sua natura non è una attività che possa essere permanentemente garantita.

Al fine di promuovere una omogeneità di cura su tutto il territorio nazionale, le Regioni propongono di individuare dei criteri tecnico-organizzativi – quali ad esempio l’uso cronico o ricorrente rivolto a patologie che richiedono una più qualificata presa in carico assistenziale; consumi diffusi in modo capillare con volumi tali da consentire di governare al meglio gli aspetti logistici della DPC; entità complessiva dei consumi e della spesa, e spesa a singola confezione tali per cui la realizzazione del vantaggio economico che si realizza con le procedure a evidenza pubblica giustifica l’adozione del diverso sistema distributivo che possano condurre a uniformità della lista dei prodotti erogati in DPC, considerato anche l’avvio della prescrizione dematerializzata in DPC su tutto il territorio nazionale.

Infine, la mancanza di una remunerazione unica su tutto il territorio nazionale rappresenta una criticità che andrebbe superata con una tariffa massima unica nazionale, in analogia a quanto è stato previsto per alcuni servizi in farmacia come la somministrazione di vaccini o l’esecuzione dei test antigenici considerando purtuttavia l’insieme dei servizi svolti dalle farmacie al fine di non esitare – laddove possibile – nella frammentazione della remunerazione dei singoli servizi erogati nell’ambito della farmacia dei servizi e quindi a garanzia della sostenibilità economica del sistema sanitario ipotizzando anche la transizione verso la valorizzazione di un servizio reso dalla farmacia per paziente laddove l’insieme dei servizi erogati sia più esteso o complesso.

L’analisi  di Federfarma (farmacie “al pubblico”) –  Documento  del  2016

Le criticità dei sistemi distributivi attuali Le scelte adottate dalle diverse Regioni e, all’interno di queste, da singole ASL hanno determinato un forte diversificazione delle modalità di erogazione dei farmaci sul territorio. Questa diversificazione dei modelli distributivi applicati a livello territoriale per le diverse categorie di medicinali comporta una serie di disfunzioni.

1) Differenze di trattamento dei cittadini a livello locale I cittadini che risiedono in zone diverse, spesso anche all’interno della stessa Regione ma in ASL diverse, accedono ai medesimi medicinali con modalità differenziate (in farmacia o presso il presidio pubblico)

(……)

4) Disagi e costi sociali La distribuzione diretta, oltre a creare discriminazioni nel trattamento dei cittadini sul territorio, impone rilevanti costi sociali, in quanto costringe i cittadini a recarsi presso la struttura pubblica, aperta in giorni della settimana e orari limitati e lontana magari anche decine e decine di chilometri dall’abitazione del malato. La situazione è particolarmente grave nei piccoli centri, lontani dai presidi pubblici: gli abitanti sono infatti costretti a lunghi e costosi spostamenti per raggiungere il punto di distribuzione per ritirare medicinali che potrebbero comodamente ritirare nella farmacia rurale a due passi da casa.

5) L’applicazione estensiva della diretta accentua i disagi La situazione è resa ancora più critica dal fatto che la distribuzione diretta, in diverse aree del Paese, riguarda sempre più non solo e non tanto medicinali innovativi, che richiedono particolari attenzioni in fase di somministrazione o un monitoraggio costante, quanto piuttosto medicinali di uso comune, destinati al trattamento di patologie croniche. Tale situazione, con specifico riferimento a quanto avviene in Emilia-Romagna, è stata denunciata in modo molto netto anche da Assogenerici con una nota rivolta alla CTS dell’AIFA, in cui ha stigmatizzato il ricorso alla distribuzione diretta anche per farmaci equivalenti di prezzo estremamente ridotto.

6) La perdita di ruolo delle farmacie e dei mmg: particolarmente penalizzate le farmacie rurali La distribuzione diretta dei farmaci, e soprattutto dei farmaci innovativi, determina una rilevante perdita di ruolo professionale dei medici di medicina generale e delle farmacie del territorio. Tale trend si pone in controtendenza rispetto all’esigenza più volte sottolineata nei documenti di programmazione sanitaria di ridurre le attività degli ospedali, potenziando quelle del territorio. Inoltre, la diversificazione delle modalità di prescrizione e dispensazione dei farmaci non consente ai professionisti del territorio, che sono a costante e diretto contatto con il paziente, di avere una visione a 360 gradi delle terapie in atto e di valutarne l’andamento e gli esiti, con risultati negativi in termini di salute. Per quanto riguarda le farmacie, la distribuzione diretta determina anche una perdita di risorse economiche. Tale esito è particolarmente rilevante e grave per le farmacie rurali, il cui equilibrio economico è estremamente precario e i cui titolari continuano ad erogare il servizio a prezzo di enormi difficoltà e disagi anche in centri con poche centinaia di abitanti. Privare le piccole farmacie della possibilità di erogare farmaci di rilevante impatto economico e sociale significa mettere sempre più a rischio la sopravvivenza stessa di tali farmacie, che costituiscono in molte realtà locali l’unico presidio sanitario a disposizione delle persone.

È paradossale che lo Stato paghi gli stessi farmaci a prezzi diversi a seconda che ad acquistare sia la ASL/l’ospedale ovvero la farmacia. Individuare un meccanismo per uniformare i prezzi di acquisto svincolerebbe la scelta di affidare determinati farmaci a un canale distributivo piuttosto che a un altro da considerazioni di carattere economico, valorizzando, invece, le reali esigenze di carattere sanitario e la necessità di garantire controlli specifici da parte delle strutture pubbliche in relazione a particolari tipologie di pazienti o di medicinali.

L’andamento economico del settore La spesa farmaceutica convenzionata è in costante calo da anni ed è tuttora a livelli inferiori a quelli del 2001. Il calo è determinato dalla diffusione dei farmaci equivalenti, che costituiscono ormai il 78% delle prescrizioni SSN e il cui prezzo è in continua diminuzione, e dalla distribuzione diretta dei medicinali di prezzo più alto.

Nel 2008 i farmaci distribuiti dalle farmacie rappresentavano il 62% del totale della spesa farmaceutica SSN e quelli utilizzati in ambito ospedaliero il 38%. Nel 2015 la proporzione è invertita: il farmaci erogati dalle farmacie rappresentano il 40%, quelli erogati da ospedali e ASL il 60% (dati IMS Health). A livello medio europeo la proporzione è rovesciata: oltre il 64% dei farmaci passa per la farmacia e il 36% in ospedali e strutture pubbliche (dati PGUE).

Il calo del prezzo medio dei farmaci erogati in regime convenzionale ha determinato in questi anni un costante calo della remunerazione delle farmacie, anche tenendo conto delle trattenute imposte alle farmacie stesse.

Le varie posizioni  in campo 

(sintetizzate da “Quotidiano Sanità”)

“Serve un ammodernamento della norma sulla distribuzione dei farmaci, per far sì che tutte le terapie prescrivibili dal medico di famiglia siano disponibili sul territorio e contabilizzate come tali”. Lo sostiene Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria.  “I farmaci – ha detto il leader degli industriali – che possono essere prescritti dal Medico di Medicina Generale, quindi, non dovrebbero essere compresi nel PHT e andrebbero distribuiti e contabilizzati in regime convenzionale. Questo dovrebbe essere previsto sia per quelli classificati da subito non specialistici, sia per quelli che da specialistici diventano prescrivibili dai MMG dopo valutazione da parte di AIFA (come, ad esempio, avvenuto con le ultime Note) e con adeguata formazione dei Medici”.

 Inoltre, “per riportare nel canale convenzionale prodotti territoriali ora in distribuzione diretta o DPC andrebbe presto avviata una fase di transizione, ordinata e a condizioni sostenibili per spesa farmaceutica, industria e distribuzione. E – nel contempo – andrebbero evitate ulteriori estensioni del PHT a prodotti ad uso territoriale, a livello sia nazionale, sia regionale”.
 
Per quanto riguarda i prodotti specialistici, che non possono essere prescritti dalla Medicina Generale, per Farmindustria “sarebbe poi opportuno creare una lista di farmaci da distribuire in DPC piuttosto che nei centri ospedalieri, in base a caratteristiche scientifiche e cliniche (ad esempio uso consolidato, assunzione in regime domiciliare, come per farmaci orali o orfani, non necessità di visite di follow up particolarmente stringenti)”.
 
“In questo modo – ha precisato Scaccabarozzi – si eviterebbero accessi non necessari in ospedale, ci sarebbe una gestione efficiente di tutte le opzioni distributive a beneficio della facilità di accesso alle cure per i Pazienti, si valorizzerebbero i Medici (sia di Medicina Generale, sia Specialisti) e i Farmacisti, attraverso il ruolo della farmacia dei servizi. Infine, si dovrebbero indirizzare alla distribuzione diretta ospedaliera esclusivamente i farmaci che per somministrazione ed esigenza di controllo richiedono il necessario passaggio nei centri clinici”.

Nello Martini  (ex DG del’AIFA)

Per quanto riguarda la DD, questa nel 2020 ha comportato una spesa di 5,5 miliardi di €, con un costo medio per confezione di 639 €, riferibile in particolare a farmaci oncologici, anti-HIV, farmaci orfani e anticorpi monoclonali. Per tali farmaci andrebbe “consolidata la distribuzione diretta al paziente in concomitanza con l’accesso alla struttura per il monitoraggio clinico al follow-up e dovrebbe essere adottata e promossa la distribuzione domiciliare (Home Delivery) quando non necessita il controllo clinico al follow-up o viene assicurato attraverso procedure di teleconsulto e telemonitoraggio”. “In entrambi i casi – ha precisato Martini – deve essere assicurato il controllo clinico e distributivo tramite la piattaforma AIFA dei Registri di monitoraggio per singolo paziente (scheda di arruolamento paziente, scheda di distribuzione del farmaco, scheda di follow-up, scheda di fine trattamento)”
 
Per quanto concerne i farmaci in DPC (art. 8 L. 405/2001), che nel 2020 hanno determinato una spesa di 2 miliardi di €, con un costo medio per confezione di 40 € riferibile a farmaci impiegati per patologie croniche, per quelli classificati in classe A e prescrivibili dal MMG, la proposta per favorire la assistenza di prossimità, è di riclassificarli nell’ambito della farmaceutica convenzionata, applicando le nuove modalità di remunerazione della farmacia basate sulla attribuzione di una fee (onorario per confezione) e con una percentuale marginale sul prezzo, in modo da mantenere l’equilibrio economico complessivo, senza aggravi rispetto alla situazione esistente”.
 
“La finalità di queste proposte – ha spiegato Martini – è quella di superare le disuguaglianze di accesso e le differenze per i pazienti, attualmente esistenti tra le varie Regioni, che determinano per lo stesso farmaco e per la stessa patologia il ricorso in alcune Regioni alla DD, in altre alla DPC e, in altre ancora, alla convenzionata”. “La DPC – ha concluso – non può rappresentare il futuro delle farmacie aperte al pubblico, in quanto un suo impiego allargato porterebbe a una ulteriore de-professionalizzazione delle farmacie, relegandole ad un ruolo di distribuzione terzista”.
 
FOFI (Federazione degli Ordini dei farmacisti)

“La Federazione degli Ordini dei farmacisti intende evidenziare l’importanza di un ritorno alla centralità della dispensazione dei medicinali per il tramite delle farmacie aperte al pubblico per la definizione di un nuovo e più efficace sistema di assistenza nell’ottica della continuità ospedale-territorio”, così Maurizio Pace, segretario della Fofi.
“La distribuzione diretta – ha aggiunto Pace – nel tempo, evidenziato difficoltà a causa delle criticità derivanti dalla natura pubblicistica delle aziende sanitarie; dei costi sociali legati alle difficoltà di fornire in modo agevole ai pazienti l’assistenza farmaceutica; dei costi indiretti legati alle spese per il personale addetto alle diverse fasi previste; della distribuzione dei medicinali con modalità estremamente diversificate sul territorio da regione a regione e addirittura tra le singole Asl. Inoltre, le ispezioni dei Nas hanno fatto emergere l’esistenza di strutture ospedaliere con farmaci scaduti o conservati in modo non conforme alle norme”.
 A questo si è aggiunta la situazione di affanno dei servizi farmaceutici ospedalieri e delle Asl, dovuta alla carenza di personale oltre alle pessime condizioni delle strutture pubbliche.Non può, inoltre, essere dimenticato il disagio per i pazienti che sono costretti a recarsi esclusivamente presso le farmacie ospedaliere, che non hanno di certo una dislocazione capillare e posizioni raggiungibili da tutte le fasce di cittadini come le farmacie territoriali. Ed anche la disomogeneità attualmente esistente nel canale distributivo tra regioni determina disuguaglianza di trattamento, mettendo ancorapiù in evidenza i problemi legati alla diversità delle politiche regionali.La proposta della Fofi è, dunque, quella di prevedere la distribuzione dei farmaci distribuiti direttamente dalle strutture ospedaliere e dalle Asl per il tramite delle farmacie di comunità secondo condizioni, modalità di remunerazione e criteri stabiliti nei vigenti accordi convenzionali locali stipulati con le organizzazioni maggiormente rappresentative delle farmacie”.”La distribuzione dei farmaci direttamente dagli ospedali o “per conto” (Dpc) tramite le farmacie vale nel complesso oltre 8 miliardi, rimborsati dal Ssn ed ha diversa eterogeneità sul territorio, con punte del 90% di incidenza sul totale in Emilia Romagna”. Così Francesco Trotta (Ufficio Monitoraggio della spesa farmaceutica e rapporti con le Regioni di Aifa, Agenzia del farmaco (sintesi del “Sole24Ore). “Per renderle comparabili ci si deve concentrare sulla diretta di fascia A – ha precisato Trotta -: su 6,6 miliardi, il valore della spesa per i pazienti cronici vale 4 miliardi. Dai dati di spesa e di consumo c’è dal 2018 al 2021 un aumento da parte delle Regioni dell’uso del canale Dpc e una diminuzione alla diretta di classe A. Uno dei punti che rimane da approfondire nella Dpc è il costo del servizio che appare fortemente eterogeneo tra le Regioni, elemento che andrebbe corretto possibilmente con un unico accordo nazionale, visto che il servizio reso è uguale in tutte le farmacie del territorio. Infine, con il trasferimento dalla Dpc alla convenzionata si avrebbe un raddoppio dei costi”.

In definitiva, nel 2018-2021 la spesa per farmaci erogati in diretta in fascia A è in diminuzione mentre aumenta quella in Dpc e poco più del 35% delle confezioni è dispensato in entrambi i canali.

SIFO (Società Italiana di Farmacia Ospedaliera e dei Servizi Farmaceutici delle Aziende Sanitarie)
Il presidente della Sifo Arturo Cavaliere  ha presentato alcuni studi scientifici nazionali, regionali o di singole Asl, sviluppati a supporto di una scelta appropriata tra Dd-Dpc e Convenzionata, che in alcuni casi sono giunti a proporre autentici tool di calcolo in grado di fornire in maniera chiara ed univoca, in base al costo del farmaco e agli accordi su base regionale, la convenienza reale e dimostrabile delle diverse modalità distributive.

In sintesi Arturo Cavaliere ha sottolineato di fronte alla Commissione che “la continuità assistenziale H-T, il monitoraggio, l’appropriatezza di uso, aderenza e facilità di accesso è maggiormente garantita attraverso l’erogazione di farmaci in DD in particolare per i farmaci soggetti a prescrizione limitativa specialistica (Rnrl o Rrl) Registro Aifa – con accesso ricorrente del paziente alla struttura”. I criteri di selezione di questi farmaci”, ha detto il presidente Sifo, “sono quelli della diagnostica differenziale, della criticità terapeutica, del controllo periodico del paziente presso la struttura specialistica, che determina le condizioni per una maggiore appropriatezza diagnostico-assistenziale, una verifica della compliance del paziente e uno strumento di monitoraggio del profilo di beneficio/rischio e di sorveglianza epidemiologica dei nuovi farmaci”.

“I costi della DD – ha proseguito Cavaliere – sono notevolmente ridotti rispetto alla DPC. Le pubblicazioni scientifiche in cui sono stati analizzati sia i costi diretti sia quelli indiretti stimano un costo medio che è 2 volte minore rispetto alla DPC: tale leva economica generata dalla DD risulta vitale per la sostenibilità del sistema e per garantire l’innovazione terapeutica”.

In particolare, ha proseguito il presidente Sifo, “all’interno della Missione 6 – Reti di prossimità, strutture di telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale – è stata prevista l’attivazione di n. 1.288 Case della Comunità, con centrali operative per le cure domiciliari e la telemedicina. Ebbene: Sifo ha specificamente definito un modello pilota di home delivery che si inserisce perfettamente in questa nuova visione, un modello già pronto a partire con la partecipazione di tre regioni italiane”. Il modello innovativo di home delivery è “gestito dalla Struttura del Centro Prescrittore/Servizio Farmaceutico Ospedaliero (Centro Hub) a cui potrebbero integrarsi altri punti Spoke distributivi sul territorio (Farmacia dei Servizi) e prevede la consegna al domicilio del paziente o direttamente presso le Case di Comunità o Ospedali di Comunità di farmaci erogati in DD (ad altro contenuto tecnologico che non necessitano di un follow-up stringente presso la struttura specialistica). Questo modello, gestito con una rete informatizzata e di logistica specializzata dal Farmacista Ssn, si integra in modo coerente con il Nuovo Piano Territoriale del Pnrr”.

In conclusione Cavaliere ha auspicato che le scelte politiche in sanità privilegino e garantiscano “l’universalità della assistenza in sanità, prefigurando modelli innovativi per la Sanità Pubblica, consolidando la DD attraverso nuovi punti distributivi di accesso qualificati per i cittadini nelle Case della Salute e negli Ospedali di Comunità previsti dal Pnrr o attivando, quando necessario nuovi canale distributivi, garantendo ai cittadini la completa presa in carico tra Ospedale e Territorio, l’accessibilità reale e facilitata alle cure, mantenendo comunque un controllo specialistico della terapia”. Auspicio che si accompagna anche alla preoccupazione espressa dal presidente Sifo di fronte al tentativo che “lo stato emergenziale possa rendere istituzionali percorsi straordinari in Sanità (proroga dei PT Aifa, possibilità di attivare la Dpc per Farmaci sotto Monitoraggio Aifa…), lontani dal binario scientifico della qualità dei processi a tutela della Salute Pubblica”.

SIFaCT (Società Italiana di Farmacia Clinica e Terapia)

 “A distanza di 20 anni, la distribuzione diretta va oggi ‘riletta’ in un’altra dimensione rispetto al solo intento economico che ne aveva determinato la nascita, sulla base dell’evoluzione in campo farmaceutico e normativo”. Così Francesca Venturini, Presidente di SIFaCT . Ma quali sono gli scenari che determinano la rilettura? “In primis l’introduzione di nuovi e più costosi farmaci biotecnologici, utilizzati soprattutto nelle patologie oncoematologiche e infiammatorie – ha sottolineato – che richiede spesso la necessità di uno stretto monitoraggio multidisciplinare per l’arruolamento, la prescrizione, la dispensazione e il monitoraggio degli esiti, in particolare perché sono stati introdotti specifici Registri Aifa sia per la verifica di appropriatezza d’uso, sia per l’accesso ai cosiddetti Mea (Managed Entry Agreement) per il recupero economico di alcuni trattamenti”.

 Inoltre, ha aggiunto, la Raccomandazione n. 17 del Ministero della Salute, prevede una “Riconciliazione Terapeutica” ad ogni passaggio di cura, soprattutto in pazienti fragili ed in politerapia. Infine, la complessità dei trattamenti per la cura delle malattie rare, spesso prevede un percorso dedicato nella scelta e modalità di accesso al farmaco (usi off-label e applicazione della L. 648/96, richiesta di accesso ad usi compassionevoli, utilizzo di specifici fondi Aifa, etc)”.

Per questo, “la dispensazione del farmaco direttamente eseguito dalla struttura pubblica ha un valore aggiunto, che il farmacista ospedaliero ha orientato verso un ambito maggiormente clinico, con interventi focalizzati sul counselling al paziente, al monitoraggio della sicurezza dei trattamenti, e all’aderenza terapeutica. Infatti, anche la più idonea delle prescrizioni rischia di fallire nei suoi intenti se il paziente non è adeguatamente seguito nel corso di un trattamento complesso”.
 
La specializzazione di 4 anni conseguita dal farmacista che opera nel Ssn, unita alle esperienze maturate in questi ultimi 20 anni, fornisce quindi un servizio di elevata qualità, che “difficilmente può essere sostenuto da una farmacia del territorio, che non conosce la complessità delle azioni sopra descritte, e non è in stretta e continuativa interrelazione con la componente clinica” ha sostenuto Venturini.
Per contro, “la rete delle farmacie ospedaliere e dei servizi farmaceutici territoriali orientate alla farmacia clinica ha sviluppato un approccio per patologia, con farmacisti specialisti che prendono in carico il paziente per tutte le esigenze terapeutiche. Questo, grazie da un lato alla formazione specialistica (corrispondente alle altre specialità mediche), che dà la possibilità di approfondire non solo gli elementi gestionali della farmacia ospedaliera, ma anche la componente clinica, e dall’altro dalla presenza attiva e costante nei team multidisciplinari che seguono il paziente in tutto il suo percorso di cura, fornendo anche continuità all’assistenza.

In conclusione, la Presidente Venturini ha evidenziato come: “escludendo le situazioni di casi di inefficienza locale, possibili sia in un contesto pubblico che privato convenzionato, si può affermare che i quesiti organizzativo-gestionali posti dall’indagine conoscitiva non trovano riscontro nella pratica. Le possibili criticità ipotizzate dalla controparte privata o privata convenzionata hanno già trovato soluzioni nel contesto pubblico, che è in grado di dimostrare con dati l’efficienza dei servizi guidati dai farmacisti del Ssn nelle strutture di supporto ospedaliero.
 
Il valore aggiunto del farmacista specialista del Ssn con orientamento clinico è in grado di migliorare il percorso di cura del paziente. Molte patologie complesse necessitano infatti di una presa in carico continuativa di terapie costose e con un profilo di efficacia e sicurezza che richiedono spesso un approccio multidisciplinare nel quale la figura del farmacista ospedaliero è indispensabile.