Indirizzo

Corso Matteotti 15,
Cremona, CR 26100

Procedimento di verifica di anomalia delle offerte: finalità del procedimento e casi di obbligatorietà

a cura dell’avvocato Anna Cristina Salzano

Con la sentenza n. 347 del 16 gennaio 2021 la Sezione III quater del TAR Lazio riepiloga i tratti fondamentali del procedimento di anomalia delle offerte e chiarisce una volta per tutte la finalità di tale verifica e i casi in cui è obbligatoria.

Il ricorso all’esame della Sezione III-quater del TAR Lazio aveva ad oggetto un unico motivo di diritto in cui veniva rilevata l’illegittimità dell’aggiudicazione in quanto la Stazione Appaltante avrebbe dovuto attivare, nei confronti dell’aggiudicataria, il procedimento di verifica facoltativa dell’anomalia (non sussistendo i presupposti concreti e matematici per procedere con la verifica obbligatoria), ciò in base alla asserita non sostenibilità dell’offerta dell’aggiudicataria.

Il TAR Lazio, prima di esaminare la fattispecie specifica e le censure sollevate, ha ritenuto necessario tracciare in sintesi i contorni del procedimento di verifica dell’anomalia e dei casi in cui lo stesso è obbligatorio.

In primo luogo, la sentenza si sofferma sulla finalità del procedimento di verifica di anomalia evidenziando che “detto procedimento è finalizzato ad accertare la complessiva attendibilità e serietà dell’offerta, sulla base di una valutazione, ad opera della stazione appaltante, che ha natura globale e sintetica e che costituisce, in quanto tale, espressione di un tipico potere tecnico-discrezionale riservato, in via di principio insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che per ragioni legate alla eventuale (e soprattutto dimostrata) manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza dell’operato dell’amministrazione, tale da rendere palese l’inattendibilità complessiva dell’offerta, non potendo risolversi in una parcellizzazione delle singole voci di costo ed in una caccia all’errore nella loro indicazione nel corpo dell’offerta (ex plurimis, da ultimo: C di St. n. 5283/2021; C. di St. n. 4867/2021; TAR Roma n. 8097/2021).

La verifica della congruità dell’offerta non ha, dunque, per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell’offerta economica, ma mira ad accertare se in concreto essa, nel suo complesso, sia attendibile e affidabile in relazione alla corretta esecuzione dell’appalto, non risolvendosi in una caccia all’errore”.

In secondo luogo, il Collegio ricorda i casi in cui il procedimento è obbligatorio rilevando che “…, ai fini che occupano, è l’art. 97 comma 3 del d.lgs. 50/2016, che stabilisce che “Quando il criterio di aggiudicazione è quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa la congruità delle offerte è valutata sulle offerte che presentano sia i punti relativi al prezzo, sia la somma dei punti relativi agli altri elementi di valutazione, entrambi pari o superiori ai quattro quinti dei corrispondenti punti massimi previsti dal bando di gara”. Il successivo comma 6 specifica che “La stazione appaltante in ogni caso può valutare la congruità di ogni offerta che, in base ad elementi specifici, appaia anormalmente bassa”.

Dal tenore letterale della norma – per il vero molto chiara – si evince che l’obbligo di verifica della non anomalia dell’offerta scatta solo se sia i punti relativi all’offerta economica che quelli relativi all’offerta tecnica sono entrambi pari o superiori ai quattro quinti dei corrispondenti punti massimi previsti dal bando di gara, mentre negli altri casi sussiste la “facoltà” per la Stazione Appaltante di valutare la congruità di ogni offerta (in tal senso: C. di St. n. 4763/2018).

Sul punto si è espressa reiteratamente – e uniformemente – la giurisprudenza amministrativa, affermando che: “Nelle gare pubbliche d’appalto, in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta o di mancata verifica della stessa, il giudizio della stazione appaltante, cui compete il più ampio margine di apprezzamento, costituisce esplicazione paradigmatica di discrezionalità tecnica, sindacabile solo in caso di manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza; in tal caso, l’obbligo di motivare in modo completo e approfondito sussiste solo nel caso in cui la stazione appaltante esprima un giudizio negativo che faccia venir meno l’aggiudicazione, non richiedendosi, per contro, una motivazione analitica nel caso di esito positivo della verifica di anomalia; di conseguenza incombe sul soggetto, che contesta l’aggiudicazione, l’onere di individuare gli specifici elementi da cui il giudice amministrativo possa evincere che la valutazione tecnico-discrezionale dell’amministrazione sia stata manifestamente irragionevole ovvero sia stata basata su fatti erronei o travisati; ne deriva, da un punto di vista pratico, che il giudice amministrativo può sindacare le valutazioni della Pubblica amministrazione sotto il profilo della logicità, ragionevolezza ed adeguatezza dell’istruttoria, ma non procedere ad una autonoma verifica della congruità dell’offerta e delle singole voci, che costituirebbe un’inammissibile invasione della sfera propria della Pubblica amministrazione e tale sindacato rimane limitato ai casi di macroscopiche illegittimità, quali errori di valutazione gravi ed evidenti oppure valutazioni abnormi o inficiate da errori di fatto” (cfr. TAR Torino n.157/2017. Nello stesso senso ex multis: C. di St. n. 1818/2020; C. di St. n. 4317/2019; TAR Roma n. 8740/2020; TAR Salerno n. 1479/2019)

E’ stato ulteriormente precisato che “l’Amministrazione dispone di una discrezionalità quanto mai ampia in ordine alla scelta se procedere a verifica facoltativa della congruità dell’offerta, il cui esercizio (o mancato esercizio) non necessita di una particolare motivazione e può essere sindacato solo in caso di macroscopica irragionevolezza o di decisivo errore di fatto” (cfr. C. di St. n. 604/2017).

  1. Accertato, quindi, che il legislatore ha limitato l’obbligo di procedere alla verifica di anomalia a quei soli casi in cui ricorre un sospetto di incongruità (quattro/quinti del punteggio massimo previsto dal bando), occorre stabilire se, nella fattispecie de qua, il giudizio – discrezionale – della stazione appaltante di non verificare la congruità dell’offerta dell’aggiudicataria è illegittimo perché manifestamente erroneo e/o irragionevole”.

Nel caso di specie – sostiene il Collegio – non sussistono gli elementi specifici tali da far ritenere l’offerta dell’aggiudicataria anomala e le censure sollevate dalla ricorrente si basano su due sole voci di prezzo/costo senza illustrare invece elementi specifici relativi ad una pretesa incongruità di carattere globale e sintetico dell’offerta.

La sentenza in commento afferma poi, in tema di accesso agli atti, che ove il concorrente abbia omesso di richiedere l’offerta dell’aggiudicatario o degli altri concorrenti in posizione poziore in graduatoria nel termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione e degli atti presupposti, lo stesso, decorso il termine, non può poi presentare istanza di esibizione in giudizio della medesima documentazione (in tal senso: Ad. Pl. 12/2020).

Invero, con la sentenza in commento il TAR, alla luce dei numerosi contenziosi sull’anomalia che imperversano soprattutto su talune tipologie di appalti, ha voluto ancora una volta fare chiarezza su quali siano gli “elementi specifici” in presenza dei quali la Stazione Appaltante esercita la discrezionalità prevista dell’art. 97, comma 3, del Codice Appalti, e quindi valuta la congruità di un’offerta non anomala ex lege, rilevando che il procedimento di anomalia non si debba tramutare in una “caccia all’errore”, ma nella verifica che l’offerta, nel suo complesso, sia attendibile e affidabile in relazione alla corretta esecuzione dell’appalto.

Riproduzione riservata