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Il Consiglio di Stato si è pronunciato sull’artificioso frazionamento dell’appalto e sulla obbligatorietà della programmazione

a cura dell’avvocato Anna Cristina Salzano

Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 5561 del 27 luglio 2021, si è occupata del tema del frazionamento artificioso degli appalti e dell’obbligatorietà dell’utilizzo degli strumenti di programmazione degli acquisti da parte delle stazioni appaltanti.

Il caso all’esame del Consiglio di Stato riguardava una procedura negoziata mediante richiesta di offerta su MEPA indetta dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Prato per l’affidamento del servizio di vigilanza degli uffici giudiziari di Prato, per il periodo dal 4 dicembre 2020 al 3 agosto 2022 (e dunque per venti mesi). Il valore stimato dell’appalto ammontava ad euro 738.528,00, e dunque si attestava immediatamente sotto la soglia comunitaria, che per i servizi di cui all’allegato IX del d.lgs. n. 50 del 2016 è pari ad euro 750.000,00.

Il gestore uscente del predetto servizio, non essendo stato invitato a partecipare alla procedura negoziata in applicazione del principio di rotazione, ed essendo venuto occasionalmente a conoscenza della gara, impugnava gli atti della stessa deducendone l’illegittimità per errato utilizzo della procedura negoziata in luogo di quella aperta, contestando altresì l’immotivata predeterminazione della durata del servizio di vigilanza a venti mesi, laddove solamente dieci giorni in più avrebbero comportato il superamento della soglia comunitaria, con conseguente esclusione del principio di rotazione; il ricorrente deduceva inoltre il difetto di un’adeguata programmazione biennale.

Il TAR Toscana, con la sentenza 23 novembre 2020, n. 1495, respingeva il ricorso affermando che «l’appalto di servizi di vigilanza […] è stato unitariamente considerato dalla Procura di Prato quanto al suo oggetto, mentre, quanto a durata temporale, essa è addirittura superiore a quella del servizio in corso, stabilita in 12 mesi, prorogabili per un massimo di 6 mesi» e che «la stazione appaltante abbia ritenuto, nell’esercizio della propria insindacabile discrezionalità, il periodo mediamente annuale di durata del servizio, quello meglio rispondente alle proprie esigenze»; in tale contesto la sentenza riteneva poi inammissibili per carenza di interesse gli altri motivi di impugnazione, in ragione del fatto che, in applicazione del principio di rotazione di cui all’art. 36 del d.lgs. n. 50 del 2016 e dell’art. 2 del d.l. n. 76 del 2020, alla ricorrente, in quanto gestore uscente, era preclusa la partecipazione alla gara.

Il Consiglio di Stato, con la pronuncia in commento, ha completamente sovvertito la sentenza del TAR Toscana, affermando l’illegittimità dell’operato dell’Amministrazione e accogliendo sia la censura relativa alla violazione dell’art. 21 del d.lgs. n. 50 del 2016 e degli artt. 6 e 7 del d.m. 16 gennaio 2018, per assenza di una programmazione biennale ai fini degli acquisti di beni e servizi, sia la censura sull’artificioso frazionamento temporale dell’appalto.

Nello specifico, secondo il Consiglio di Stato, la violazione dell’obbligo da parte dell’Amministrazione di una programmazione biennale degli acquisti ha acquisito tanto più rilevanza in ragione dell’interrelazione tra assenza di programmazione e frazionamento della durata dell’appalto, affermando altresì che  “Non sussiste una giurisprudenza consolidata sull’efficacia della programmazione degli acquisiti e dunque sulle conseguenze dell’assenza della medesima; è però indubbio che l’art. 21, comma 1, del d.lgs. n. 50 del 2016 ne enuclea una portata obbligatoria, con un’evidente finalità di pianificazione e di trasparenza.

Anche a postularne un’efficacia di mera programmazione, di strumento di pianificazione della spesa, con carattere cogente nei soli confronti dell’amministrazione (in termini Cons. Stato, IV, 18 febbraio 2016, n. 651), non può negarsi l’incidenza della stessa sotto il profilo dell’impiego razionale delle risorse, e dunque, per coerenza, ammettersi che la carenza di programmazione possa riflettersi sulla frammentazione degli affidamenti. Almeno in questi termini il motivo appare dunque fondato, come pure in ragione della mancata indicazione delle ragioni che consentivano (a termini dell’art. 7 del d.m. n. 14 del 2018) di effettuare servizi e forniture non inserite nell’elenco”.

Ad avviso dei Giudici di Palazzo Spada, la durata della procedura negoziata di soli venti mesi, con un importo di appena 11 mila euro al di sotto della soglia comunitaria di cui all’art. 35 del Codice Appalti, è indice del frazionamento artificioso dell’appalto in quanto appare incoerente con la programmazione biennale degli acquisti dell’Amministrazione che non può prevedere nello stesso ambito programmatorio due o più procedure per lo stesso servizio “spezzettate”. D’altra parte – si legge in sentenza – se il bisogno è biennale, la durata del contratto deve essere almeno biennale; in ogni caso, ai sensi dell’art. 35, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016, il frazionamento deve essere correlato a “ragioni oggettive”, che invece non risultavano esternate nella deliberazione a contrarre.

In definitiva, la sentenza evidenzia come “in assenza di motivazione sulle ragioni del frazionamento, l’artificiosità del medesimo può essere dimostrata in via indiziaria; a tale dimostrazione concorre la prefissazione della durata del contratto a venti mesi, implicante il raggiungimento di un importo che “lambisce” la soglia comunitaria, non coerente con la programmazione biennale, e soprattutto con l’affermazione che «i servizi di vigilanza degli Uffici giudiziari sono necessari ed irrinunciabili in quanto funzionali al mantenimento di adeguati livelli di sicurezza pubblica ed all’ordinato svolgimento delle attività giudiziarie», sì da risultare illogica una durata limitata nel tempo, se non con lo scopo di non superare la soglia comunitaria, che appare dunque l’obiettivo, non dichiarato apertis verbis, ma evidentemente strumentale, che domina la determinazione gravata”.

La suddetta pronuncia appare particolarmente interessante soprattutto nel contesto storico attuale in cui le disposizioni normative emergenziali favoriscono, con l’innalzamento delle soglie, il ricorso da parte delle stazioni appaltanti all’utilizzo di procedure dirette o negoziate per l’acquisto di beni e servizi. Se infatti, per un verso, il legislatore spinge sul maggiore utilizzo delle procedure negoziate e degli affidamenti diretti per garantire una maggiore semplificazione degli acquisti delle pubbliche amministrazioni, e come strumenti di ripresa dell’economia, per altro verso sussiste il pericolo di una minore concorrenza in determinati settori e di una possibile incentivazione al frazionamento degli acquisti per non superare le soglie.

In questo contesto la pronuncia in commento fornisce degli spunti interessanti in quanto sottolinea l’importanza della programmazione degli acquisiti della pubblica amministrazione anche come strumento di controllo da parte degli operatori economici dell’operato delle stazioni appaltanti, ed evidenzia come il frazionamento artificioso degli acquisti può essere dimostrato, anche in via indiziaria, sulla base di indici che dimostrino un operato illogico dell’amministrazione.

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