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Sull’emendabilità ex officio dell’offerta economica

a cura dell’avvocato Stefano Cassamagnaghi

Il TAR Lazio, con la recente sentenza n. 7416 del 22 giugno 2021, si è occupato della questione dell’emendabilità dell’offerta economica, individuandone presupposti e i limiti.

Come noto, i limiti di emendabilità dell’offerta economica rinvengono la loro origine nel principio di immodificabilità dell’offerta economica e nel divieto di soccorso istruttorio in relazione all’offerta economica.

L’art. 83, comma 9, D.Lgs. 50/2016 non consente di ricorrere al soccorso istruttorio qualora sussistano incompletezze e/o irregolarità riguardanti l’offerta tecnica e/o l’offerta economica.

In ossequio al principio di immodificabilità dell’offerta economica la giurisprudenza ha sancito che la modifica di elementi strutturali dell’offerta comporta l’esclusione dalla procedura di gara.

Diversamente opinando, secondo la giurisprudenza, si giungerebbe all’inaccettabile conseguenza di consentire un’arbitraria modifica postuma della composizione dell’offerta economica che si porrebbe in contrasto con le esigenze di certezza e serietà dell’offerta, nonché con il principio di par condicio tra i concorrenti (Cons. St., sez. V, 25 luglio 2019 n. 5259; Cons. St., sez. V, 26 giugno 2019 n. 4400)

In tale contesto, la giurisprudenza ha tuttavia chiarito che è possibile emendare ex officio l’errore in cui sia incorso il concorrente nella formulazione dell’offerta economica ove l’errore sia
riconoscibile ictu oculi ed in base a un semplice calcolo aritmetico, senza che sia renda necessaria un’attività interpretativa sull’effettiva volontà dell’offerente (ex multis Cons. Stato 7758/2020).

La sentenza in commento si inserisce nel solco giurisprudenziale appena menzionato, declinando i limiti nell’applicazione della rettifica ex officio dell’errore presente nell’offerta economica.

Nel caso di specie la società ricorrente aveva partecipato ad una procedura aperta relativa alla fornitura di un sistema di calcolo scientifico, in cui si era classificata seconda.

La Commissione giudicatrice aveva riscontrato un’incongruenza tra i valori contenuti nel documento “offerta economica” e quelli indicati nel “modello di offerta economica” .

Secondo la ricorrente l’aggiudicazione sarebbe illegittima in quanto se la Commissione avesse utilizzato i valori presenti nel “modello offerta economica” al posto di quelli indicati nell’ “offerta economica”, questa si sarebbe classificata prima nella graduatoria finale, sicché ha lamentato l’omessa rettifica ex officio  di un errore – i.e. della discrasia tra i valori contenuti nei due moduli dell’offerta economica – che riteneva fosse immediatamente apprezzabile.

Il TAR ha respinto il ricorso.

In particolare, il Collegio ha richiamato la giurisprudenza – granitica- formatasi sul punto, secondo cui l’errore in cui sia incorso un concorrente nella formulazione dell’offerta, specie relativamente alla componente economica di essa, può essere rettificato ex officio dall’Amministrazione e per essa dalla commissione, solo ove sia ictu oculi riconoscibile in base a un semplice calcolo aritmetico e non necessiti di approfondimenti o di attività di interpretazione e ricostruzione della volontà dell’offerente (T.A.R. Lazio – Roma, Sez. III quater, 4 gennaio 2021, n. 62; Consiglio di Stato, Sez. III, 9 dicembre 2020, n. 7758; T.A.R. Toscana, Sez. I, n. 35/2020; Consiglio di Stato, Sez. V, 11 gennaio 2018, n. 113; id., 16 marzo 2016, 1077; TAR Campania, Napoli, sez. I, 1 dicembre 2015, n. 5530).

Secondo la sentenza in commento, nel caso all’esame, non si discute in merito a un errore riconoscibile e pertanto emendabile in base ad una semplice operazione aritmetica correttiva, poiché si è, invece, al cospetto di due difformi dichiarazioni di componenti fondamentali dell’offerta economica.

Ebbene, secondo il TAR, il giudizio circa la prevalenza dell’una dichiarazione rispetto all’altra, divergendo gli indicati valori di gran misura, postula  la ricostruzione dell’effettiva e reale volontà dell’offerente, mediante, quindi, un giudizio non automatico, ma richiedente un’attività interpretativa estranea alle competenze del seggio di gara e dell’Amministrazione appaltante, in quanto attività “dianoetica”, connotata, come qualsivoglia attività esegetica, da immanenti profili di soggettività.

Il Collegio aggiunge che la propugnata immediata riconoscibilità dell’errore dichiarativo sarebbe ontologicamente da escludere a causa dell’obiettivo rilevante contrasto tra i valori dell’offerta, nettamente contrastanti.

A sostegno di tale statuizione il TAR ricorda che l’Adunanza Plenaria, nella ben più limitata evenienza di discordanza tra l’offerta espressa in cifre e quella espressa in lettere ha chiarito che “ … la rettifica, pur astrattamente ammissibile in virtù dei principi di conservazione degli atti giuridici e di massima partecipazione, deve ritenersi consentita in caso di errore materiale facilmente riconoscibile attraverso elementi “diretti ed univoci” tali da configurare un errore materiale o di scritturazione emendabile dalla commissione, ma non anche nel caso in cui sia necessario attingere a fonti di conoscenza estranee all’offerta medesima o ad inammissibili dichiarazioni integrative dell’offerente, non essendo consentito alle commissioni aggiudicatrici la modifica di una delle componenti dell’offerta con sostituzione, anche solo parziale, alla volontà dell’offerente” (Consiglio di Stato, Ad.Plen., 13 novembre 2015, n. 10, su rimessione da parte di Cons. Giust. Amm. 11/5/2015, n.390).

Sulla base di tali considerazioni Il Collegio afferma che “…  stante la marcata divergenza tra le predette voci dell’offerta economica, solo l’offerente sarebbe stato titolato a svolgere una “interpretazione autentica” necessaria a chiarire il macroscopico errore; ma siffatto intervento chiarificatore dell’offerente, postumo all’apertura delle offerte economiche, impatterebbe i principi di immodificabilità dell’offerta e di par condicio competitorum, risultando quindi inammissibile”.

Sotto altro profilo il TAR statuisce che non può essere neanche invocato il soccorso istruttorio di cui all’art.83, comma 9, d.lgs. n. 50/2016, non trattandosi di colmare carenze formali della domanda o lacune documentali di comprova dei requisiti, bensì di sopperire ad un errore nella formulazione dell’offerta, che non risulta immediatamente percepibile, ma richiede un’attività interpretativa.

Ed infatti limite all’esercizio del potere – dovere del soccorso istruttorio va individuato nelle stesse carenze, incompletezze o irregolarità dell’offerta (salvo l’errore agevolmente riconoscibile) le quali non possono essere sanate mediante il soccorso istruttorio, così come chiarito dalla giurisprudenza: “Ai sensi dell’ art. 83, comma 9, d.lgs. n. 50/2016 , le carenze formali possono essere sanate attraverso la procedura del c.d. soccorso istruttorio, con esclusione di quelle afferenti all’offerta economica e all’offerta tecnica” (T.A.R., Lazio – Roma , Sez. I , 4/11/2020, n. 11369; in termini, T.A.R. Veneto, Sez. I, 22/07/2020, n. 649).

In conclusione, la pronuncia citata ricorda la vigenza del principio generale dell’immodificabilità dell’offerta economica, pena la violazione della par condicio competitorum e, per l’effetto, l’impossibilità di ricorrere al soccorso istruttorio per emendare l’offerta economica o l’offerta tecnica, salvo il caso di errore facilmente riconoscibile e che non richiede alcuna attività interpretativa. Nella specie la radicale differenza tra i due valori indicati nei diversi moduli di offerta non consentiva di stabilire quale fosse quello effettivamente “voluto” dal concorrente, considerazione questa che evidentemente vale a meno che uno dei due valori non sia, in ipotesi, frutto di evidenti errori che consentano, sulla base degli elementi presenti nell’offerta, di individuare quello corretto.

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