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Cremona, CR 26100

Farmaci biosimilari. Medici in semi-libertà (prescrittiva)

a cura del dott. Marco Boni, direttore responsabile di News4market

Il medico pubblico è co-responsabile della corretta allocazione delle risorse del SSN

Secondo il  Consiglio di Stato, la libertà prescrittiva va declinata secondo il concetto di appropriatezza prescrittiva: il medico è libero di prescrivere un farmaco più costoso se tale prescrizione è appropriata, nel senso che nessuno dei farmaci a minor costo è idoneo al trattamento in ragione delle condizioni individuali di quel dato paziente.

In materia di farmaci biosimilari a brevetto scaduto , Il Consiglio di Stato, annullando due sentenze del TAR Puglia-Bari  (n. n.1674/2019 e n. 2/2020 ) nega la possibilità di una scelta  prescrittiva che non tenga conto delle esigenze di contenimento della spesa sanitaria e  riafferma la linea “motivazionista”( obbligo del prescrittore di motivare le scelte, se non indirizzate sui prodotti meno costosi)

Il DECRETO-LEGGE 6 luglio 2012, n. 95 convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 135 prevede, tra l’altro, quanto segue:

(….)   Art. 15 (…..)

11-quater.

Al fine di razionalizzare la spesa per l’acquisto di farmaci biologici a brevetto scaduto e per i quali siano presenti sul mercato i relativi farmaci biosimilari, si

applicano le seguenti disposizioni:

    a) le procedure pubbliche di acquisto devono  svolgersi  mediante utilizzo di accordi-quadro con tutti gli operatori economici quando i medicinali sono piu’ di tre a base del medesimo principio  attivo.  A tal fine le centrali  regionali  d’acquisto  predispongono  un  lotto unico  per  la  costituzione  del  quale  si  devono  considerare  lo specifico principio attivo (ATC di V livello), i medesimi dosaggio  e via di somministrazione;(….)

    b) al fine  di  garantire  un’effettiva  razionalizzazione  della spesa  e  nel  contempo  un’ampia  disponibilita’  delle  terapie,  i pazienti devono essere trattati con uno dei primi tre  farmaci  nella graduatoria dell’accordo-quadro, classificati secondo il criterio del minor prezzo  o  dell’offerta  economicamente  piu’  vantaggiosa.  Il medico e’ comunque libero  di  prescrivere  il  farmaco,  tra  quelli inclusi nella procedura di cui alla lettera  a),  ritenuto  idoneo  a garantire la continuita’  terapeutica ai pazienti;

La norma ha quindi previsto per i farmaci biologici a brevetto scaduto una competizione regolata e ad aggiudicazione plurima (graduatoria con tre vincitori).

La querelle che coinvolge la libertà prescrittiva del medico riguarda la modalità di utilizzo della graduatoria, dal punto di vista dei criteri di scelta tra i farmaci “vincitori” e dei soggetti deputati a decidere.

Si può osservare come l’accordo quadro “con più operatori economici senza rilancio competitivo” come previsto dalla Legge richiamata  rappresenti  un “ibrido” procedimentale, venendo innestata  una procedura competitiva in un istituto che prevede la sola rispondenza dei prodotti alle caratteristiche richieste, ed  eventualmente ad altre predefinite condizioni di fornitura. Il presupposto dell’accordo quadro,  nella tipologia della pluri-aggiudicazione, senza rilanci competitivi,  è infatti la pluralità di fabbisogni e di corrispondenti prodotti differenziati.

La “graduatoria” , e ancor più la pratica di attribuire in fase di aggiudicazione quote fisse di fornitura,  snaturano un istituto che concettualmente è volto a rendere disponibili simultaneamente prodotti differenziati (altrimenti non si giustifica l’accordo quadro plurimo senza rilancio competitivo), dovendosi esplicitare preventivamente – recita la norma –  “le condizioni oggettive per determinare quale degli operatori economici parti dell’accordo quadro effettuerà la prestazione (….) sulla base di decisione motivata in relazione alle specifiche esigenze dell’amministrazione”.

Come invece previsto dalla legge n. 232/2016, la graduatoria viene compilata o sulla base del prezzo, o del rapporto prezzo/qualità, indipendentemente dalla corrispondenza dei diversi prodotti  offerti ai differenziati bisogni che devono essere soddisfatti.   La discrasia è aggravata se si attribuiscono quote di fornitura in funzione della graduatoria, dato che le quote risultano casuali rispetto ai differenziati bisogni che si determineranno in fase di esecuzione del contratto. Infine, non è detto che i tre farmaci “vincitori” coprano tutte le tipologie di fabbisogno.

Il  TAR Lazio, con sentenza n. 4555 del 24/04/2018,  afferma che ..nel caso di Accordi Quadro con scelta clinica, il numero di ordini “assegnati” a ciascun soggetto risultato aggiudicatario non rispecchia necessariamente la graduatoria finale, posto che risulta impossibile determinare a priori la quota effettiva di farmaci che ciascun operatore sarà tenuto a fornire in esecuzione dei singoli Appalti Specifici, per via della previsione che al ricorrere di particolari esigenze cliniche ovvero al fine di garantire la c.d. continuità terapeutica, le singole amministrazioni possono rivolgersi anche a operatori diversi rispetto a quelli risultati vincitori. “

Per ovviare a queste evidenti incongruenze,  si consente lo scorrimento motivato della graduatoria in funzione delle”specifiche esigenze”, ed anche, in alcune procedure, al di fuori della stessa, non solo per garantire la continuità terapeutica.

Questa sorta di “clausola di salvaguardia” prevista negli atti di gara consente di garantire comunque l’accesso dei clinici a tutti i prodotti ammessi all’accordo quadro. Ed è anche la motivazione delle sentenze favorevoli alle stazioni appaltanti in materia di tutela della libertà prescrittiva, anche là dove vengano pre-definiti criteri di scelta, ad esempio il minor prezzo.

Quindi i tre farmaci “vincitori” non corrispondono a specifiche differenziate esigenze cliniche, ma dipendono dal prezzo, o nel caso di “offerta economicamente più vantaggiosa”, dal prezzo e da valutazioni tecniche ricondotte ad un unicum qualitativo, trasversale rispetto ai fabbisogni differenziati,  e definito non dal clinico proscrittore.

In tema di “compromesso” tra tutela della libertà prescrittiva e approccio economicistico, può essere richiamata la regolamentazione della Regione Toscana, adottata con la Deliberazione di Giunta Regionale n. 457 del 1.04.2019 recante “Percorso di approvvigionamento ed utilizzo dei farmaci biologici nella Regione Toscana” che stabilisce l’intercambiabilità tra prodotti biosimilari aventi medesimo principio attivo.

Nel dettaglio, la DGR n. 457/2019, che ha superato il vaglio del Giudice Amministrativo,  ha previsto che:

  • Qualora si presenti sul mercato il biosimilare di un farmaco biologico originator, ESTAR ne bandisce immediatamente una procedura di acquisto secondo la normativa vigente. Inoltre, mette in atto, preventivamente tutte quelle azioni affinché il farmaco aggiudicato della gara venga messo a disposizione dei presidi ospedalieri della Regione Toscana nel più breve tempo possibile.
  • Nelle aziende sanitarie, sia i pazienti naïve che i pazienti in terapia con il farmaco “originator” riceveranno il nuovo farmaco “biosimilare”, se aggiudicatario della procedura pubblica di acquisto, salvo diversa documentata indicazione da parte del medico prescrittore, cui spetta sempre la decisione finale, non essendo consentita la sostituibilità automatica da parte del farmacista.
    Nei casi in cui il medico prescrittore ritenga opportuno continuare ad utilizzare il farmaco “originator” e comunque non aggiudicatario della procedura pubblica di acquisto, dovrà predisporre una sintetica, ma esaustiva relazione che documenti le ragioni cliniche che rendono necessaria la somministrazione del farmaco non aggiudicatario di gara rispetto al farmaco aggiudicatario.

La Deliberazione fornisce indicazioni sul contenuto delle relazioni che il medico prescrittore dovrà redigere nel caso di prescrizione di un medicinale non aggiudicatario.

In particolare, la DGR n. 457/2019 prevede che: “La relazione dovrà essere incentrata principalmente secondo le seguenti motivazioni:

  • il valore terapeutico aggiunto rispetto alle nuove terapie biosimilari già contrattualizzate/aggiudicate;
  • la qualità delle prove, ovvero la robustezza degli studi clinici a supporto della decisione clinica rispetto alle terapie già contrattualizzate/aggiudicate;
  • l’impatto economico della terapia rispetto alle terapie già contrattualizzate/aggiudicate”.

In questo quadro regolatorio, dalle prime procedure  applicative della legge n. 232/2016  che si limitavano a riprodurre il testo normativo, si è arrivati nelle gare più recenti alla previsione dell’aggiudicazione preferenziale, nell’ambito dei tre “vincitori” (abbandonando anche il criterio delle “quote”) e alla prefigurazione delle casistiche  per acquisti in deroga, fatta salva comunque la continuità terapeutica.  Si veda in proposito, ad esempio, la procedura Consip  AQ farmaci biologici 2. 

In essa si prevede che:

“le Amministrazioni legittimate potranno affidare uno o più Appalti Specifici, alle medesime condizioni (economiche e tecnico-prestazionali) stabilite nell’Accordo Quadro, senza un nuovo confronto competitivo, ad uno degli operatori economici parti dell’Accordo Quadro, individuato sulla base di decisione motivata in relazione alle proprie specifiche esigenze ai sensi dell’art. 54, comma 4, lett. a), del Codice.

Le Amministrazioni Contraenti dovranno affidare l’Appalto Specifico ai Fornitori “Vincitori” e tra essi, in via prioritaria,al Fornitore “Vincitore” risultato primo nella graduatoria. Le stesse potranno, tuttavia, affidare l’Appalto Specifico ad un Fornitore “Vincitore” diverso dal primo in graduatoria in ragione di particolari esigenze cliniche legate a:

1) Patologia da trattare (a titolo esemplificativo: documentata inefficacia terapeutica di uno specifico prodotto farmaceutico, controindicazione di uno specifico trattamento terapeutico);

2) Caratteristiche dei pazienti (es. età, intolleranze o “ipersensibilità” a specifici eccipienti/conservanti).

Si precisa che le Amministrazioni Contraenti potranno affidare l’Appalto Specifico a tutti i Fornitori “Vincitori” o “Aggiudicatari” dell’Accordo Quadro nel caso in cui il medico prescrittore ritenga necessario garantire la continuità terapeutica.”

Due sentenze in successione (n.1674/2019 e n. 2/2020) , del TAR Puglia – Bari avevano  però  riaperto i giochi,  mettendo  in discussione l’obbligo di motivazione da parte del clinico nella scelta tra i tre “vincitori”,  in quanto non espressamente prevista  e ritenuta contraria al “pluralismo prescrittivo” richiamato dalla legge. Riteneva infatti il Collegio che  “già a livello legislativo nazionale, sia stato posto il punto di equilibrio tra le esigenze di contenimento della spesa sanitaria, attraverso l’utilizzo dei farmaci biosimilari, e la libertà prescrittiva del medico, strumentale al diritto alla salute del paziente, non suscettibile di ulteriore restrizione”.

Risultava quindi  illegittima –  secondo il TAR Puglia-Bari  –  la DGR della Regione Puglia n. 276/2019  nella parte in cui prescrive “prioritariamente” l’utilizzo del farmaco classificato al primo posto, ponendosi in contrasto con la previsione statale di cui all’art. 15, comma 11- quater, lett. b) del decreto-legge n. 95/2012.
Alla lett. b) è sancita la regola in forza della quale i pazienti devono essere trattati con uno dei primi tre farmaci nella graduatoria dell’accordo quadro classificati secondo il criterio del minor prezzo o dell’offerta economicamente più vantaggiosa. È evidente che la disposizione statale non contempla alcuna limitazione in favore del primo classificato a scapito del secondo e del terzo graduato e che l’individuazione del prodotto più adatto è riservata alla libera scelta del medico.

Nel contestare la sentenza di primo grado la Regione Puglia ha rappresentato, innanzitutto, che la norma dell’art. 15, comma 11-quater, lett. b) cit. non precluderebbe alla Regione di adottare le linee guida per i medici specialisti finalizzate ad incentivare l’utilizzo delle scelte terapeutiche a minor costo, tenuto conto che tali disposizioni riguarderebbero solo i nuovi pazienti, per i quali la scelta dello specifico farmaco da prescrivere, tenuto conto dell’equivalenza dei prodotti ed in assenza di controindicazioni (che legittimerebbero una scelta differente), sarebbe del tutto neutra.

L’appellante ha rilevato che lo stesso legislatore aveva previsto la formazione di una graduatoria tra i tre farmaci biosimilari, sicchè la previsione contenuta nella delibera impugnata non contrasterebbe con il dettato normativo, ma sarebbe del tutto logica e proporzionata tenuto conto della necessità di ridurre la spesa farmaceutica della Regione.

Da quanto sopra esposto discende che la delibera impugnata ha cercato di realizzare il miglior contemperamento degli opposti interessi, salvaguardando – da un lato – l’esigenza di razionalizzazione della spesa sanitaria della Regione, tutelando, nel contempo, il diritto alla salute dei pazienti senza limitare in modo eccessivo e sproporzionato la libertà prescrittiva dei medici, ai quali è stata lasciata la libertà di scegliere il farmaco più appropriato per le condizioni del singolo paziente, onerandolo del solo incombente di giustificare tale scelta.

La delibera impugnata ha seguito la stessa impostazione della norma di riferimento (art. 15, comma 11-quater, del d.l. n. 95/2012): con tale disposizione, infatti, il legislatore ha cercato di trovare un punto di equilibrio tra più interessi pubblici contrapposti, da un lato la necessità di sviluppare un mercato dei biologici competitivo e concorrenziale, necessario alla sostenibilità del sistema sanitario in un contesto di razionalizzazione della spesa pubblica, dall’altro quello di garantire la libertà prescrittiva del medico, il quale deve poter scegliere il farmaco più adatto al tipo di paziente in cura (“…al fine di garantire un’effettiva razionalizzazione della spesa e nel contempo un’ampia disponibilità delle terapie…”).

Nella sentenza impugnata il TAR Puglia ha dichiarato illegittima la delibera regionale ritenendo che la Regione Puglia non avrebbe potuto restringere, per esigenze di contenimento della spesa sanitaria, la libertà prescrittiva del medico, strumentale al diritto alla salute del paziente (cfr. anche TAR Puglia, Sez. II Bari, 18/12/2019 n. 1674). Altri TAR si sono orientati nel medesimo senso (cfr. TAR Sardegna n. 148 del 10 marzo 2020; TAR Marche n. 212 del 14 aprile 2020).

Tale principio non è condiviso dal Consiglio di Stato, che con sentenze n.  1305/2021  e 1309/2021  riforma  i giudicati del TAR Puglia-Bari n. n.1674/2019 e n. 2/2020.

E’ bene ricordare, infatti  –  precisa il C.di S. –  che secondo la giurisprudenza della Corte Costituzionale il diritto alla salute è finanziariamente condizionato (cfr. sentenze n. 355/1993, 267/1998, 509/2000, 248/2011) (cfr. sul punto Cons. Stato, Sez. III, n. 4347/2017); questa Sezione ha già ritenuto che l’art. 32 Cost. non comporta l’obbligo per il SSR di fornire tutti i prodotti esistenti sul mercato per la cura di una determinata patologia: ciò che l’ordinamento garantisce è che la prescrizione sia funzionale alla necessità terapeutica, ma senza che il sistema sanitario sia gravato da oneri aggiuntivi conseguenti alle dinamiche di mercato (Cons. Stato, Sez. III, 30/1/2019 n. 759).

La Corte Costituzionale ha, infatti, delineato una soluzione intermedia del diritto alla salute, affermando che la necessaria discrezionalità del legislatore nel dare attuazione ai princìpi e ai diritti fondamentali deve necessariamente incontrare comunque il noto limite della “riserva del ragionevole e del possibile”. (cfr., Cons. Stato, Sez. III, 14 settembre 2017, n. 4347).

Anche l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha avuto modo di sottolineare che il diritto alla salute di cui all’articolo 32 della Costituzione può essere sottoposto a condizioni che ne armonizzino la protezione con i vincoli finanziari a patto di non scalfirne il nucleo essenziale irriducibile e che la stessa Corte costituzionale, nel valutare le linee fondamentali del sistema sanitario, aveva da tempo sottolineato l’importanza del collegamento tra responsabilità e spesa, evidenziando come l’autonomia dei vari soggetti ed organi operanti nel settore debba essere correlata alle disponibilità finanziarie e non possa prescindere dalla scarsità delle risorse e dalle esigenze di risanamento del bilancio nazionale (Ad. Plen. 12 aprile 2012, n. 4 che richiama Corte Cost., 28 luglio 1995, n. 416).

La Corte Costituzionale ha precisato, infatti, che “in presenza di una inevitabile limitatezza delle risorse, non è pensabile di poter spendere senza limite, avendo riguardo soltanto ai bisogni, quale ne sia la gravità e l’urgenza. È viceversa la spesa a dover essere commisurata alle effettive disponibilità finanziarie, le quali condizionano la quantità ed il livello delle prestazioni sanitarie, da determinarsi previa valutazione delle priorità e delle compatibilità e tenuto ovviamente conto delle fondamentali esigenze connesse alla tutela del diritto alla salute” (Corte Cost., 23 luglio 1992, n. 356) e che “il diritto ai trattamenti sanitari necessari per la tutela della salute è “garantito ad ogni persona come un diritto costituzionalmente condizionato all’attuazione che il legislatore ne dà attraverso il bilanciamento dell’interesse tutelato da quel diritto con gli altri interessi costituzionalmente protetti” (ex plurimis, sentenze n. 267 del 1998, n. 304 del 1994, n. 218 del 1994). Bilanciamento che, tra l’altro, deve tenere conto dei limiti oggettivi che il legislatore incontra in relazione alle risorse organizzative e finanziarie di cui dispone, restando salvo, in ogni caso, quel “nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana” (sentenze n. 309 del 1999, n. 267 del 1998, n. 247 del 1992), il quale impone di impedire la costituzione di situazioni prive di tutela, che possano appunto pregiudicare l’attuazione di quel diritto” (Corte Cost., 20 novembre 2000, n. 509).

Nel nostro ordinamento, risulta ormai costituzionalizzato il principio del c.d. equilibrio di bilancio, introdotto nell’art. 81 della Costituzione dall’art. 1 della Legge Costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, entrato in vigore il primo gennaio del 2014 (sul punto T.A.R. Milano, sez. I, 14 dicembre 2018, n. 2798; da ultimo, TAR Piemonte, Sez. I, 14 luglio 2020 n. 465). L’art. 81 impone allo Stato di assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio. Il successivo comma 1 dell’art. 119, anch’esso introdotto dalla Legge Costituzionale sopra citata, estende l’obbligo del rispetto della regola dell’equilibrio di bilancio anche ai Comuni, alle Province, alle Città metropolitane e alle Regioni: “I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa, nel rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci, e concorrono ad assicurare l’osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione Europea” (cfr, TAR Piemonte, Sez. I, 14/7/2020 n. 465).

Si delinea così il punto centrale della controversia: premesso che la norma recata dall’art. 15, comma 11-quater cit., pur facendo riferimento ad una graduatoria tra i tre farmaci vincitori si limita a prevedere la prescrivibilità di uno di essi, senza indicare espressamente un ordine di priorità, occorre stabilire se la Regione possa intervenire orientando, per motivi di contenimento della spesa pubblica, la scelta dei medici.

L’argomento utilizzato dal TAR, relativo alla eterogeneità dei farmaci biologici e alla necessaria libertà prescrittiva dei medici non è persuasivo: tale prospettazione  confligge con quanto indicato dall’AIFA nel secondo position paper del marzo 2018 e suffragato dal successivo comunicato del 12/12/2018 con riferimento al principio della intercambiabilità dei farmaci biosimilari.

Del resto, se tali farmaci non fossero intercambiabili nel senso precisato dall’AIFA, non avrebbe neppure senso la disposizione contenuta nello stesso art. 15, comma 11 quater che, alla lettera a), prevede la predisposizione di gare a lotto unico per originator e biosimilari.

In ogni caso, va ribadito che è salvaguardata per i medici la possibilità di prescrivere motivatamente un farmaco diverso da quello meno costoso ove fosse necessario.

Premesso che l’art. 15, comma 11-quater, lett. b) cit. non dà indicazioni sulla scelta del farmaco, occorre verificare se il principio della libertà prescrittiva del medico, più volte sottolineata da questa Sezione (cfr. sul punto, Cons. Stato, Sez. III, 29/9/2017 n. 4546; id. del 5/4/2019 n. 2234), comporti o meno il divieto per la Regione Puglia di introdurre linee guida nella scelta terapeutica, ed entro quali limiti.

Questa Sezione ha affermato che l’obbligo di compilazione di una relazione da parte del medico, che ritenga di dover necessariamente utilizzare un farmaco più costoso, non può considerarsi limitativo della libertà prescrittiva, “tenuto conto che, attraverso tale procedura, comunque giustificata dalla necessità di tenere sotto controllo l‘ammontare della spesa pubblica sanitaria, il medico può comunque disporre l’utilizzazione del farmaco da lui ritenuto maggiormente appropriato al caso di specie. L’Amministrazione non è infatti sempre tenuta a servirsi del farmaco in assoluto più evoluto, o ritenuto migliore, soprattutto se questo è più costoso di altro di pari e sicura efficacia nella terapia nella maggior parte dei casi trattati, ferma restando la possibilità di acquisire anche il primo, se ciò si rivela, per una parte dei pazienti da trattare, realmente necessario (ex plurimis, Cons. Stato, Sez. III, 3.12.2015 n. 5476; id. 14.11.2017 n. 5251)”.

Tale principio, ribadito con la sentenza di questa Sezione n. 3330/2019, è stato confermato di recente da questa Sezione con la sentenza n. 8370 del 28/12/2020 resa proprio con riferimento ai farmaci biosimilari: in tale decisione la Sezione ha ritenuto che “l’obbligo di motivazione da parte del medico, che ritenga di dover necessariamente utilizzare un farmaco più costoso rispetto a quelli in gara non può considerarsi limitativo della libertà prescrittiva, tenuto conto che, attraverso tale motivazione, comunque giustificata dalla necessità di tenere sotto controllo l’ammontare della spesa pubblica sanitaria in virtù della c.d. appropriatezza prescrittiva, il medico può comunque disporre l’utilizzazione del farmaco da lui ritenuto maggiormente appropriato al caso di specie”.

In tale sentenza questa Sezione ha ritenuto che il principio dell’appropriatezza prescrittiva è immanente nel nostro ordinamento sanitario per un razionale contenimento della spesa pubblica e un’equilibrata erogazione delle cure a tutti i cittadini senza inutili dispendi, in quanto anche il medico, nel prescrivere il farmaco nella propria autonomia decisionale e secondo scienza e coscienza, deve essere consapevole delle ripercussioni economiche di una scelta non appropriata sull’organizzazione del Servizio Sanitario nazionale in punto di sostenibilità, laddove il medesimo risultato terapeutico per il paziente possa essere garantito con la prescrizione del farmaco meno costoso.

Correttamente, inoltre, la Regione Puglia ha richiamato la sentenza della Corte dei Conti, Sez. Giur. Sicilia n. 279/2018, secondo cui il medico, in quanto soggetto parte del SSR, è tenuto a concorrere alla razionalizzazione della spesa pubblica e, dunque, è tenuto a rispettare il principio dell’appropriatezza prescrittiva dei farmaci.

Ne consegue che laddove – come nel caso in esame – non viene pregiudicata la libertà prescrittiva del medico, ma gli viene soltanto imposto un onere di motivazione sulla scelta del farmaco da prescrivere, non sussiste la violazione del suo diritto al libero esercizio della professione medica, né tantomeno viene leso il diritto alla salute del paziente.

La Corte Costituzionale nella sentenza n. 169 del 2017 ha richiamato il principio del “carattere personalistico” delle cure sanitarie; il medico deve poter valutare, sulla base delle più aggiornate e accreditate conoscenze tecnico-scientifiche, il singolo caso sottoposto alle sue cure, individuando di volta in volta la terapia ritenuta più idonea ad assicurare la tutela della salute del paziente (in senso conforme, tra le altre, sentenza n. 151 del 2009); nondimeno la libertà terapeutica non viene pregiudicata in presenza di un invito al medico prescrittore di rendere trasparente, ragionevole ed informata la consentita facoltà di discostarsi dai protocolli, anche se la condotta del medico è sottoposta a controlli diretti a verificare l’appropriatezza terapeutica.  Ne consegue che la delibera impugnata si appalesa immune dai vizi dedotti.