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Corso Matteotti 15,
Cremona, CR 26100

Più concorrenza nell’offerta di servizi sanitari e nel mercato del farmaco per riqualificare il SSN. Lo propone l’antitrust

a cura del dott. Marco Boni, direttore responsabile di News4market

Auspicati dall’AGCM interventi per un rafforzamento del sistema sanitario e della tutela della salute pubblica, in particolare mediante l’adozione di iniziative in grado di aumentare l’offerta di servizi sanitari e quindi la loro efficienza,  e politiche più efficienti di acquisto dei farmaci,  grazie a interventi regolatori.

L’Authority propone ricette di stampo liberista per riqualificare il SSN, ma le  gravi carenze che hanno caratterizzato la gestione della pandemia in ambito nazionale vengono ormai universalmente addebitate alla dequalificazione e sottofinanziamento dell’offerta pubblica, destinata a  coprire anche servizi di prevenzione e assistenziali non appetibili per il particolare “mercato” della salute.

La  segnalazione inviata dall’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato  al presidente del Consiglio dei ministri in merito a “Proposte di riforma concorrenziale, ai fini della Legge annuale per il mercato e la concorrenza anno 2021“  è volta a offrire un contributo per favorire la ripresa economica, attraverso interventi di riforma finalizzati a “dinamizzare” il mercato, eliminando strozzature  e ostacoli che sono di impedimento all’indispensabile sforzo che attende il Paese per superare la pesante crisi determinata anche dall’emergenza pandemica.

Secondo l’AGCM L’eccezionale pressione cui è sottoposto il Servizio Sanitario Nazionale  a causa della pandemia Covid-19 rende necessari interventi volti ad aumentare l’efficienza, in modo da conciliare, per tale via, l’incremento della domanda di cure sanitarie con i vincoli del finanziamento pubblico. Una migliore allocazione delle risorse, evitando sprechi, consente, infatti, di indirizzare la spesa pubblica per la sanità verso la costruzione di un sistema in grado di far fronte ad eventi drammatici e di ampissima portata, come quello in corso, garantendo non solo una risposta adeguata alle esigenze di cura, ma anche elevati livelli di qualità dell’assistenza.

Per garantire una più efficiente allocazione delle risorse pubbliche e una maggiore libertà di scelta degli assistiti in termini di luogo di cura e di medico, si ribadisce la necessità di un intervento che aumenti le condizioni di concorrenza nell’accesso delle strutture private all’erogazione delle prestazioni sanitarie.

Nel settore sanitario, l’apertura alla concorrenza deve, infatti, essere perseguita come strumento che, incentivando la libera scelta di medici, assistiti e terzo pagante, consente l’allocazione efficiente delle risorse, sia sotto il profilo dell’efficacia delle prestazioni sanitarie che sotto quello del rispetto del vincolo di spesa.

OFFERTA DI SERVIZI SANITARI

L’Autorità segnala l’opportunità di adottare iniziative in grado di aumentare l’offerta di servizi sanitari e  la loro efficienza: i) eliminando gli ostacoli che limitano l’accesso dei privati all’esercizio di attività sanitarie non convenzionate con il SSN, attualmente vincolato dalla verifica del fabbisogno regionale di servizi sanitari; ii) riformando il sistema di accreditamento; iii) prevedendo selezioni periodiche regionali ed adeguatamente pubblicizzate; iv) garantendo un’informazione piena sulle performance delle strutture pubbliche e private, per consentire alla domanda una scelta consapevole  tra  le  strutture  disponibili  e   promuovendo, dunque, la     loro     efficienza;

LA GOVERNANCE DEL FARMACO

Relativamente alla governance del farmaco vengono sollecitati interventi per  promuovere “un contesto regolamentare che: 1) faciliti la comparabilità, anche nelle procedure di gara, tra farmaci biologici aventi le stesse indicazioni terapeutiche; 2) permetta di incrementare il potere negoziale della domanda, con particolare riferimento ai farmaci che possono rientrare nella classe C ‘non negoziata’; 3) con riferimento agli obblighi di assortimento dei medicinali da parte dei grossisti, permetta di rimodularli su soglie quantitative flessibili basate sulla domanda espressa dal territorio, in modo consentire forme più efficienti e flessibili di organizzazione imprenditoriale, continuando a garantire la disponibilità di farmaci sul territorio. 4) permetta di rimuovere i vincoli esistenti con riferimento alle procedure di registrazione dei medicinali equivalenti prima della scadenza del brevetto,
5) nonché incentivare la realizzazione di farmaci galenici”.

Le proposte vengono declinate come segue.

Misure volte ad incrementare la competitività delle gare pubbliche per lacquisto dei farmaci

L’obiettivo fondamentale della riduzione del costo delle cure dei farmaci più costosi, specie quelli biologici utilizzati in ambito ospedaliero, con conseguente aumento dell’accessibilità alle stesse da parte dei pazienti, potrebbe essere più agevolmente raggiunto in presenza di un contesto regolamentare che faciliti l’intercambiabilità tra farmaci e la loro comparabilità a fini terapeutici, contribuendo così all’ampliamento del confronto competitivo tra medicinali differenti in sede di gare pubbliche.

L’art. 15, comma l l -quater, del d.l. 6 luglio 2012, n. 95 convertito con modifiche dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, affronta il tema del rapporto tra farmaci biologici e farmaci biosimilari. La norma stabilisce che “[l]’esistenza di un rapporto di biosimilarità tra un farmaco biosimilare e il suo biologico di riferimento sussiste solo ove accertato dalla European Medicine Agency (EMA) o dall’Agenzia italiana del farmaco, tenuto conto delle rispettive competenze. Non è consentita la sostituibilità automatica tra farmaco biologico di riferimento e un suo biosimilare né tra biosimilari. Nelle procedure pubbliche di acquisto per i farmaci biosimilari non possono essere posti in gara nel medesimo lotto  principi  attivi differenti, anche se aventi le stesse indicazioni terapeutiche”.

L’Autorità ha da sempre ritenuto necessario promuovere le dinamiche competitive nel mercato dei farmaci biologici, dal momento che questi pesano in maniera significativa sulla spesa sanitaria pubblica , in particolare attraverso lo stimolo all’uso dei cd biosimilari, come strumento in grado di ampliare la platea dei pazienti che possono accedere ai farmaci biologici e di contribuire alla sostenibilità dei sistemi sanitari europei1.

L’Autorità ritiene opportuna l’adozione di una disciplina che faccia leva, anche nel caso dei farmaci biosimilari con principi diversi, sul criterio dell’equivalenza terapeutica, la quale deve tuttavia essere declinata tenendo conto delle specificità che caratterizzano questa tipologia di medicinali. In merito all’assimilazione di composti biologici occorre, infatti, tenere a mente che essendo i farmaci biologici dei composti complessi prodotti a partire da un organismo vivente o da esso derivati, non si può parlare di vera e propria “equivalenza” terapeutica, più correttamente riferibile soltanto ai farmaci a sintesi chimica, ma piuttosto di sovrapponibilità. Ciò detto, tuttavia, l’esperienza clinica dimostra che vi sono ipotesi concrete di sovrapponibilità terapeutica tra alcune tipologie di biosimilari. Pertanto, il terzo periodo del comma l l-quater appare eccessivamente e ingiustificatamente restrittivo nel vietare in maniera assoluta la messa gara nel medesimo lotto di farmaci biosimilari con principi attivi differenti, anche se aventi le stesse indicazioni terapeutiche. Come già riconosciuto dalla giurisprudenza amministrativa, infatti, appare possibile contemperare l’obiettivo di tutela della salute dei pazienti con quello di riduzione del costo delle cure attraverso la realizzazione di gare pubbliche per l’acquisto dei farmaci biosimilari che mettano in concorrenza tra loro anche principi attivi differenti, commercializzati per le medesime indicazioni terapeutiche, sulla base di motivate e documentate decisioni sulla sovrapponibilità terapeutica previamente espresse dall’ AIFA ai sensi dell’art. 15, comma 11-ter, del richiamato d.l. 6 luglio 2012, n. 95. Nell’ottica di un incremento della competitività nelle gare pubbliche si ritiene, dunque, che la citata previsione di cui all’art. 15, comma 11-quater vada abrogata in maniera da far confluire il tema dell’equivalenza terapeutica dei farmaci biologici nella disciplina generale di cui all’art. 15, comma l l-ter, del d.l. 6 luglio 2012, n. 95.

In sintesi  si propone di eliminare il divieto assoluto, nelle procedure pubbliche di acquisto per i farmaci biosimilari, di mettere  in gara nel medesimo lotto principi  attivi differenti,  anche  se aventi le stesse indicazioni terapeutiche, laddove l’AIFA si sia espressa nel senso di una loro equivalenza dal punto di vista   terapeutico.

Misure volte a contenere il prezzo dei farmaci e ad aumentare il potere negoziale del soggetto pubblico nel processo di contrattazione dei farmaci

I farmaci ad uso umano sono classificati in base al loro regime di rimborsabilità, che distingue i medicinali in commercio in base al soggetto che sopporta la relativa spesa: il SSN o il paziente. I farmaci classificati in fascia C sono a totale carico del paziente e sono distinti tra farmaci con obbligo di prescrizione medica e senza obbligo di prescrizione medica, i quali a loro volta si distinguono in farmaci con accesso alla pubblicità al pubblico (Over the Counter o OTC) e quelli per cui non è consentita la pubblicità (Senza Obbligo di Prescrizione o SOP). In relazione ai farmaci di fascia C con obbligo di prescrizione, l’ AIFA svolge un’azione di monitoraggio sui prezzi, che possono essere aumentati solo ogni due anni (anni dispari) e con incrementi non superiori all’inflazione programmata, mentre il prezzo dei farmaci senza obbligo di prescrizione è stabilito liberamente dal produttore. La fascia C è una classe ampia ed eterogenea, che include anche farmaci che in taluni casi risultano essenziali: ad esempio, come già rilevato dall’Autorità nell’indagine conoscitiva sui vaccini del 2015, molti dei vaccini commercializzati in Italia rientrano tra i farmaci di fascia C, pur essendo tali prodotti prevalentemente destinati al soddisfacimento di una domanda pubblica espressa dalle strutture del SSN e le cui spese sono interamente a carico dello Stato. La fascia C include altresì tutti i medicinali per i quali l’ AIFA non raggiunga un accordo di prezzo con le imprese produttrici, e ciò anche laddove il farmaco sia di potenziale interesse terapeutico per il SSN.             Al riguardo, merita considerare come la sostanziale libertà di determinazione dei prezzi dei farmaci inclusi in classe C afferisca a prodotti che, in virtù delle specifiche dinamiche industriali che caratterizzano questo segmento di mercato, sono talvolta commercializzati in      regime di monopolio, senza alcuna reale alternativa di mercato. Ciò conferisce alle imprese produttrici un potere di mercato esercitabile senza particolari vincoli, grazie alla libertà di prezzo che caratterizza questa classe farmaceutica e all’assenza di un adeguato bilanciamento del potere di mercato da parte della domanda pubblica.

Inoltre, merita considerare come il d.l. 13 settembre 2012 n. 158 (cd. Decreto Balduzzi), convertito con modifiche in legge 8 novembre 2012 n. 189, abbia mutato la disciplina delle procedure di autorizzazione all’immissione in commercio (AIC) e di classificazione dei farmaci, prevedendo che si possa presentare domanda di classificazione e definizione del prezzo solo dopo il rilascio dell’ AIC. In tal modo, detto Decreto ha distinto la fase di autorizzazione alla commercializzazione dalla fase di classificazione del farmaco, che in precedenza costituivano momenti di uno stesso procedimento. Ai sensi dell’art. 12 del Decreto “[ … ] l’azienda farmaceutica interessata può presentare all’AIFA la domanda di classificazione di un medicinale fra i farmaci erogabili dal Servizio sanitario nazionale soltanto dopo aver ottenuto l’autorizzazione all’immissione in commercio dello stesso medicinale”. Lo stesso articolo dispone che i farmaci che abbiano ottenuto l’autorizzazione all’immissione in commercio siano automaticamente classificati in un’apposita sezione, denominata classe C “non negoziata” (Cnn) dedicata ai farmaci non ancora valutati ai fini della rimborsabilità, nelle more della presentazione di una eventuale domanda di diversa classificazione da parte dell’azienda interessata. Tale classe si distingue dalle fasce tradizionali, in quanto si tratta di una classificazione temporanea che trova applicazione in attesa del perfezionamento del procedimento di rimborsabilità. Laddove, poi, la negoziazione del prezzo fallisca, il farmaco viene definitivamente classificato nella classe C e venduto ad un prezzo liberamente fissato dall’impresa, a totale carico del paziente.

La descritta disciplina pone dei problemi di carattere concorrenziale che emergono all’atto della negoziazione del prezzo dei farmaci rimborsabili dal SSN (quindi farmaci che ad esito della negoziazione dovrebbero entrare nelle fasce A o H, a seconda del canale di dispensazione). Se, infatti, l’attuale disciplina della classe Cnn consente un più rapido e agevole accesso dei cittadini ai farmaci, che già prima del raggiungimento di un accordo sul prezzo possono essere commercializzati ad un prezzo liberamente stabilito dall’impresa, tuttavia ciò significa che (a) le imprese partecipano alla negoziazione del prezzo quando la domanda del farmaco esiste già e (b) fino a quando non si raggiunge un accordo, il farmaco rimane nella classe Cnn e la domanda (pubblica) paga un prezzo liberamente fissato dall’impresa. Questo prezzo agisce come una sorta di focal point della negoziazione e condiziona la capacità dell’Agenzia di esercitare il proprio potere negoziale in sede di contrattazione del prezzo di un farmaco e di ottenere un significativo sconto. Specularmente esso rafforza la posizione contrattuale (e il conseguente potere di mercato, su cui si possono innestare eventualmente condotte abusive) delle imprese farmaceutiche, creando incentivi distorti e indebite rendite di posizione. Le imprese, infatti, non hanno incentivi a intraprendere e concludere rapidamente la negoziazione, giacché medio tempore i farmaci sono acquistati dal SSN al prezzo da esse liberamente fissato; e anche allorquando la negoziazione – una volta avviata – fallisca, le imprese sono consapevoli, specialmente nel caso di farmaci rilevanti in maniera strutturale per il SSN, che il prodotto continuerà ad essere acquistato allo stesso prezzo, dal cittadino o dalle ASL.

L’Autorità ha svolto un esame comparatistico delle esperienze degli altri Stati membri sul tema e, al fine di porre rimedio a tali distorsioni, ritiene necessario disegnare un meccanismo che ribalti le posizioni dei soggetti partecipanti al tavolo negoziale, incentivando le imprese a concludere la negoziazione in tempi rapidi e liberando il regolatore dalla fretta di concludere l’accordo per garantire la continuità terapeutica ai pazienti e/o dalla prospettiva che un farmaco essenziale venga inserito nella classe C a carico dei cittadini.

In tale ottica, le nuove linee guida dell’ AIFA per la compilazione del dossier a supporto della domanda di rimborsabilità e prezzo di un medicinale pubblicate il 30 dicembre 2020 e in vigore dal 1° marzo 2021, seppur apprezzabili, in quanto suscettibili di incentivare le imprese a non dilungare la durata della procedura di negoziazione, non appaiono in grado di rafforzare sufficientemente il potere di acquisto dal lato della domanda, non eliminando ad esempio il rischio che un farmaco essenziale vanga definitivamente classificato in classe C in caso di fallimento della negoziazione.

In sintesi si propone di correggere le distorsioni concorrenziali che inficiano la negoziazione del prezzo di rimborso dei farmaci da parte del SSN con l’introduzione nell’ordinamento di una previsione normativa che disegni dei meccanismi che rafforzino la posizione negoziale dell’AIFA, incentivando le imprese farmaceutiche ad avviare e concludere rapidamente la contrattazione con esito positivo, e al contempo garantiscano la continuità terapeutica ai pazienti. Ciò potrebbe avvenire, ad esempio, attraverso:

l’introduzione di una classe temporanea nella quale classificare i farmaci in attesa di definizione del prezzo, eventualmente oggetto di un accordo di prezzo temporaneo i cui termini economici potrebbero essere prestabiliti;

l’introduzione nell’ordinamento di un meccanismo di “risoluzione della controversia” tra AIFA e le imprese istanti, in modo da evitare che la procedura di negoziazione sul prezzo di determinati medicinali fallisca e, laddove neanche tale meccanismo conduca ad un esito negoziale positivo, la previsione che tali farmaci siano inseriti in una classe ad hoc specificamente destinata a includere solo ed esclusivamente questi prodotti ( ovvero quelli che non sono rimborsati dal SSN, non perché non siano di per sé meritevoli di rimborso, ma perché non è stato raggiunto un accordo di pre zzo )-.

Misure volte ad alleggerire gli obblighi di assortimento dei medicinali da parte dei grossisti

In un risalente intervento di advocacy  l’Autorità aveva rilevato la portata anticompetitiva della norma che imponeva ai grossisti farmaceutici di detenere almeno il 90% di tutte le specialità medicinali autorizzate in commercio (art. 7 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 538, poi abrogato dal d.lgs. 24 aprile 2006, n. 219, che, all’art. 105, ha comunque riprodotto il medesimo obbligo).

Un successivo intervento normativo (d.l. n. 223/2006 convertito dalla legge. n. 248/2006, cd. Decreto Bersani) ha limitato la portata di tale obbligo ai soli farmaci rimborsati dal SSN, escludendo dunque tutti i farmaci in fascia C .

Nonostante l’ intervento normativo del 2006, tale misura non appare ancora sufficiente a garantire la finalità di contrasto al fenomeno dell’indisponibilità territoriale dei medicinali. L’obbligo normativo di assortimento minimo in misura percentuale fissa implica, infatti, per i distributori all’ingrosso, un livello di rigidità operativa che impedisce forme più efficienti e flessibili di organizzazione imprenditoriale.

L’Autorità ritiene che l’obiettivo della tempestività delle forniture dei medicinali sul territorio possa essere perseguito con modalità basate su tempistiche massime di fornitura (già previste dall’art. 105, comma 3, del d.lgs. 219/2006, il quale impone la fornitura del prodotto farmaceutico entro dodici ore dalla richiesta), invece che sulle dotazioni di magazzino presupposte.

Anche qualora si volesse mantenere un obbligo di dotazione minima, esso potrebbe essere configurato su soglie quantitative commisurate in maniera flessibile sulle esigenze ordinarie del territorio invece che in misura percentuale fissa, con conseguenti minori restrizioni delle dinamiche concorrenziali e consentendo innovazioni di processo e incrementi di efficienza, senza compromettere il primario interesse della salute dei cittadini. In particolare si potrebbe ipotizzare di parametrare l’obbligo in base alla domanda di farmaci a base del medesimo principio attivo anche su base territoriale.  Una rimodulazione di questi obblighi lascerebbe ai grossisti maggiore libertà nelle modalità di esercizio della propria attività, fermo restando che gli obblighi in tema di disponibilità dei medicinali restano comunque assicurati dalle vigenti disposizioni in materia sanzionatoria.

In sintesi  si propone di ripensare gli obblighi di assortimento dei medicinali da parte dei grossisti e di rimodularli su soglie quantitative flessibili che riproducano la domanda espressa dal territorio, in modo da consentire forme più efficienti e flessibili di organizzazione imprenditoriale che continuino a garantire la disponibilità di farmaci sul territorio.

Rimozione dei vincoli alle procedure di registra zione dei medicinali equivalenti prima della scadenza del brevetto (patent linkage)

L’Autorità ha già in passato avuto modo di segnalare che, al fine di eliminare ostacoli all’ingresso sul mercato dei farmaci generici, sarebbe auspicabile l’abrogazione dell’art. 11, comma 1, del d.l. 13 settembre 2012, n. 158, convertito con modificazioni dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, che subordina l’inserimento dei medicinali equivalenti nel Prontuario farmaceutico nazionale da parte di AIFA (ai fini del rimborso a carico del SSN) alla scadenza del brevetto o del certificato di protezione complementare dei medicinali di riferimento (c.d. patent linkage”). Vincolando le procedure di concessione delle autorizzazioni per l’immissione in commercio di farmaci generici alla risoluzione di eventuali dispute inerenti a presunte violazioni della proprietà industriale e commerciale, si può, infatti, determinare un ritardo all’ingresso nel mercato degli stessi, riducendo i vantaggi economici conseguibili dal    SSN. Al contempo, il quadro normativo in essere è suscettibile di favorire condotte ostruzionistiche su base brevettuale da parte delle imprese titolari dei farmaci “originatori”, che potrebbero fare ricorso ad azioni giudiziali al solo fine di ritardare l’entrata dei genericisti sul mercato.

Si propone di abrogare la disposizione di legge, che, in occasione del periodico aggiornamento del prontuario farmaceutico nazionale da parte di AIFA, subordina la rimborsabilità dei farmaci equivalenti alla scadenza del brevetto o del certificato di protezione complementare dei medicinali di riferimento.

I farmaci galenici

In base all’art. 3, comma 1, lett. a) e b) del d. lgs. n. 219/2006, si definiscono farmaci galenici:

i medicinali preparati in farmacia in base ad una prescrizione medica destinata ad un determinato paziente, detti “formule magistrali”, disciplinati più compiutamente dall’art. 5 del d.l. 17 febbraio 1998, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 aprile 1998, n. 94164;

i medicinali preparati in farmacia in base alle indicazioni della Farmacopea europea o delle Farmacopee nazionali in vigore negli Stati membri dell’Unione Europea, detti “formule officinali”, e destinati ad essere forniti direttamente in modo indifferenziato ai  clienti di tale farmacia .

In base all’art. 5, comma 2, del D.L. 17 febbraio 1998, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla Legge 8 aprile 1998, n. 94, se sul mercato esiste una specialità medicinale a base di un determinato principio attivo autorizzata al commercio per il trattamento di una determinata patologia, non è consentito al medico prescrivere ad un paziente un preparato magistrale a base del medesimo principio attivo, a meno che la ricetta, per fini della personalizzazione della terapia, non preveda un diverso dosaggio o diversi eccipienti. Tale limitazione non si applica, per contro, ai preparati officinali. Anche l’art. 68 del D.lgs. 10 febbraio 2005, n. 10 (Codice della Proprietà Industriale, “CPI”) contiene delle disposizioni applicabili a tali tipologie di farmaci. La norma, infatti, stabilisce che “La facoltà esclusiva attribuita dal diritto di brevetto non si estende, quale che sia l’oggetto dell’invenzione: [… ] c) alla preparazione estemporanea, e per unità, di medicinali nelle farmacie su ricetta medica, e ai medicinali così preparati, purché non si utilizzino principi attivi realizzati industrialmente”. L’Autorità intende in questa sede ribadire, come ha già fatto in passato, che richiedere che  il farmacista produca da sé le materie prime (e segnatamente i principi attivi) utili alla preparazione del medicinale richiesto, senza poterle acquistare da terzi, induca l’assoggettamento di un’intera categoria professionale a vincoli operativi rilevanti che in generale ne pregiudicano la libertà d’iniziativa economica.

Inoltre, tale obbligo restringe ulteriormente una forma di concorrenza che già di per sé appare molto limitata dall’art. 5, comma 2, del d.l. 17 febbraio 1998, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 aprile 1998, n. 94, che dispone che il singolo farmacista possa allestire dei preparati magistrali sulla base di una ricetta medica che prescriva il farmaco ad uno specifico paziente solo con una formulazione quali-quantitativa diversa da quella del farmaco di produzione industriale immesso in commercio sul territorio nazionale (ovvero, con un diverso dosaggio e/o diversi eccipienti). L’allentamento dell’obbligo per il farmacista allestitore di prodotti galenici di utilizzare di materie prime di origine non industriale, viceversa, incrementerebbe lo spazio di concorrenza esercitabile da parte di questa tipologia di farmaci e attribuirebbe ai pazienti un indubbio beneficio in termini di maggior varietà e più mirata efficacia terapeutica dei prodotti.

Si propone pertanto di eliminare l’obbligo per l’allestitore di preparati galenici di realizzare in via autonoma il principio attivo necessario al preparato, quando il farmaco  prodotto industrialmente risulti altresì coperto da brevetto.

UNIONE EUROPEA E GOVERNANCE DEL FARMACO

Nel ridisegno della governance del farmaco, l’AGCM non tiene conto della  risoluzione del Parlamento, approvata il 17 settembre 2020, (2020/2071(INI)) con la quale l’Unione Europea affronta le criticità che si sono manifestate nella disponibilità di farmaci, a seguito della pandemia Covid 19. Oltre ad una ricostruzione degli scenari produttivi e di mercato, vengono fornite raccomandazioni per un  efficace approccio, auspicabilmente omogeneo in ambito  comunitario,  alle problematiche  emergenti nella “filiera”  farmaco, compresa la fase di acquisizione.

Da considerare nelle gare di fornitura tra i criteri premiali  gli assetti produttivi e le produzioni totalmente interne all’UE, il reinvestimento dei profitti il R&S, l’affidablità ella produzione e la garanzia di continuità di fornitura in condizioni difficili. Ancora, la stipula di accordi quadro multi-fornitore, per ridurre i rischi di rottura di stock. Con anche aggregazioni di acquisto a livello UE.

Si tratta di misure che impattano sulle dinamiche concorrenziali e sul relativo quadro regolatorio, su cui dovrebbero esprimersi anche le competenti Authority.