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Corso Matteotti 15,
Cremona, CR 26100

La spesa sanitaria pre-Covid 19. Razionalizzazione o razionamento?

a cura del dott. Marco Boni, direttore responsabile di News4market

Spesa sanitaria sotto controllo.  Lo evidenziano i dati del monitoraggio relativo al 2019  e anni pregressi effettuato dalla Ragioneria Generale dello Stato.  Blocchi del turn over, piani di rientro,  investimenti risicati,  acquisti “ al risparmio” di beni e servizi, in nome del contingentamento della spesa pubblica, in ossequio  agli impegni assunti con l’UE, hanno caratterizzato gli ultimi anni di governance del SSN.  Un conto salato, pagato anche con le criticità della fase emergenziale 2020 della pandemia.

Tra il 2009 e il 2018 il personale dipendente del SSN è diminuito di 45.000 unità. Il parco tecnologico è rimasto obsoleto:  nella fase pre-covid oltre il 50% dei ventilatori per la terapia intensiva avevano  più di 10 anni. Nel periodo 2015-2019 il rapporto spesa sanitaria/ PIL  si è mantenuto intorno al 6,5%. Osserviamo che nel 2015 la spesa sanitaria pubblica  nell’UE ammontava al 7,8% del PIL europeo. In otto Stati membri, quelli con cui ci confrontiamo sulle performances  sanitarie,  il rapporto tra spesa sanitaria pubblica e PIL è pari o superiore alla media ponderata dell’UE: Belgio, Danimarca, Germania, Francia, Paesi Bassi, Austria, Svezia e Regno Unito.

Consumi intermedi in frenata

Politiche di spending review e standardizzazione, peraltro non selettive, hanno determinato nel medio periodo un significativo  rallentamento nelle dinamiche di crescita della spesa per consumi intermedi (beni e servizi), pur con una aumenta di incidenza sul paniere totale dei costidi produzione. Nel periodo 2015-2019 i consumi intermedi  sono cresciuti mediamente del 2,2% annuo.  Al netto della componente farmaci in acquisto diretto (che ha dinamiche specifiche, incidenti  anche  sull’andamento della farmaceutica convenzionata territoriale)  l’incremento annuo per consumi intermedi è stato dell’1,8%.  I dati di periodo evidenziano il raffreddamento delle dinamiche incrementali. Dal 2002 al 2006 l’incremento medio annuo è  stato del 8,8%.  Dal 2006 al 2011  del 2,6%. Dal 2011 al 2019 del 1,2%. In particolare, nel 2019 la dinamica di crescita è stata dello 0,3% (anche per effetto della riscossione del pay back farmaceutico relativo a precedenti annualità).

ANALISI DEGLI ANDAMENTI GENERALI

Da oltre un decennio il processo di crescita della spesa sanitaria corrente di CN (contabilità nazionale) è caratterizzato da una decelerazione in larga parte dovuta alla progressiva implementazione del sistema di governance e al quadro normativo di riferimento.

Dopo un’iniziale fase di forte contenimento, negli ultimi anni i tassi di incremento sono sostanzialmente stabili. Dal 2015 al 2019 il tasso di crescita medio annuo è stato pari all’1,2%  implicando un aumento della spesa da poco più di 110 miliardi di euro a quasi 115,5 miliardi di euro. Il tasso di incremento è stato più marcato nell’ultimo biennio rispetto ai due anni precedenti. Nel quinquennio in esame anche il Prodotto Interno Lordo (PIL) ha mostrato una costante crescita anche se con una dinamica opposta rispetto alla quella fatta registrare dalla spesa sanitaria di CN. L’aumento medio annuo dell’1,9% è derivato, infatti, da una maggiore crescita negli anni iniziali rispetto a quella riscontrata nel biennio finale (+2,4% e +1,5%, rispettivamente). L’andamento in controtendenza dei due succitati aggregati ne ha determinato una sostanziale stabilizzazione del rapporto. All’interno dell’orizzonte temporale considerato la spesa sanitaria corrente di CN sul PIL si è, infatti, attestata tra il 6,4% e il 6,6%.

La spesa sanitaria corrente di CN può essere messa in relazione anche con il finanziamento del SSN cui concorre ordinariamente lo Stato . Il confronto tra questi due aggregati è utile a illustrare, in una prospettiva intertemporale, i risultati della governance del settore sanitario in termini di copertura della dinamica della spesa. Dal 2015 al 2019, il finanziamento ordinario del SSN ha evidenziato un andamento simile a quello della spesa sanitaria corrente di CN. A seguito di ciò, il rapporto di quest’ultimo aggregato rispetto al primo ha mostrato una tendenziale invarianza intertemporale collocandosi intorno a 1. Le maggiori differenze tra le due grandezze si sono avute nel 2017, anno in cui il finanziamento è risultato superiore alla spesa di circa 400 milioni di euro, e nel 2019, anno in cui la spesa sanitaria di CN ha superato il finanziamento ordinario di quasi 1.000 milioni di euro.

Analisi degli andamenti per componente di spesa

La spesa sanitaria corrente di CN può suddividersi in quattro diverse componenti: Redditi da lavoro dipendente, Consumi intermedi, Prestazioni sociali in natura corrispondenti a beni e servizi prodotti da produttori market e Altre componenti di spesa. Per una maggiore analiticità, le Prestazioni sociali in natura vengono ulteriormente scomposte in Farmaceutica convenzionata, Assistenza medico-generica da convenzione e Altre prestazioni sociali in natura da privato. Tali ultimi aggregati necessitano, infatti, di un’analisi distinta essendo caratterizzati da peculiarità e andamenti significativamente diversi fra loro. Il contenimento della dinamica di crescita della spesa sanitaria registrato da oltre un decennio ha prodotto riflessi differenziati sulle singole componenti. Alla contrazione della spesa relativa ai redditi da lavoro dipendente e alla farmaceutica convenzionata si è nel corso del tempo associato un aumento degli oneri relativi ai consumi intermedi e alle altre prestazioni sociali in natura da privato.  Negli ultimi anni il processo di rimodulazione dell’incidenza delle singole componenti rispetto all’aggregato complessivo ha, però, subito un sostanziale rallentamento. Le quote percentuali dei singoli fattori di spesa sono ormai caratterizzate da una tendenziale stabilità. L’unica eccezione è rappresentata da consumi intermedi essendo il solo aggregato che, nell’ultimo quinquennio,  ha fatto registrare un aumento del proprio peso relativo superiore a un punto percentuale.

Redditi da lavoro dipendente.

La spesa per i redditi da lavoro dipendente tra il 2015 e il 2019 si è attestata in media intorno ai 35.500 milioni di euro, equivalente ad un incremento annuo dell’1,2% . A tale tasso di crescita non è corrisposta, però, una quota incrementale in ogni singola annualità. La variazione percentuale registrata nel 2016 e nel 2017 risulta, infatti, essere negativa (-0,7% e -0,1%, rispettivamente). Il decremento in questo biennio è sostanzialmente dovuto al parziale blocco del turn over attuato autonomamente dalle Regioni, alla previsione di un limite al riconoscimento di incrementi del trattamento accessorio nonché al mancato perfezionamento dei contratti del personale dirigente e del comparto, avvenuti solo in seguito. La spesa per i redditi da lavoro dipendente è fortemente influenzata dai criteri di contabilizzazione degli oneri per i rinnovi contrattuali. La CN, in accordo con i criteri del Sistema Europeo dei Conti nazionali e regionali (SEC 2010), registra tali costi nell’anno di effettiva sottoscrizione dei contratti, in quanto solo a seguito del loro perfezionamento sorge l’obbligazione giuridica al riconoscimento degli aumenti stipendiali nonché degli eventuali oneri per arretrati. La variazione percentuale nel biennio 2018-2019 è risultata, invece, positiva, fondamentalmente per l’attribuzione degli incrementi contrattuali. In tale periodo hanno trovato applicazione le norme relative ai rinnovi contrattuali per il triennio 2016-2018. Se, infatti, tra il 2016 e il 2017 è stata riconosciuta al personale dipendente del settore sanitario l’anticipazione contrattuale, nel 2018 sono stati attribuiti gli oneri, comprensivi di arretrati, relativi al rinnovo contrattuale del personale del comparto e nel 2019 sono stati assegnati gli aumenti retributivi alla dirigenza sanitaria medica e non medica. Nel quinquennio in esame il peso percentuale dell’aggregato sul totale della spesa sanitaria si è assestato intorno al 31-32%.

Consumi intermedi.

La spesa per i consumi intermedi tra il 2015 e il 2019 si è attestata in media intorno ai 33.800 milioni di euro, equivalente ad un incremento annuo del 2,2%. La dinamica di crescita di tale fattore di costo è stata caratterizzata da una tendenziale diminuzione nel corso del tempo: dal 4,2% del 2016 si è giunti, infatti, allo 0,3% nel 2019. Nonostante ciò, il peso percentuale dell’aggregato sul totale della spesa sanitaria è salito dal 29% nel 2015 al 30,2% nel 2019. La significativa riduzione della dinamica dell’aggregato sconta le vigenti manovre di contenimento della spesa sanitaria per beni e servizi. In particolare, si segnala:

  • – l’obbligo per le aziende sanitarie di rinegoziare i contratti di fornitura di beni e servizi qualora emergano differenze superiori al 20 per cento tra i prezzi unitari di acquisto e i prezzi di riferimento individuati dall’Osservatorio per i contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture; 
  • – la riduzione, a decorrere dal 2013, del 10 per cento degli importi e delle prestazioni  relative a contratti in essere stipulati dagli ESL per la fornitura di beni e servizi, eccezion fatta per quelli concernenti l’acquisto di farmaci; 
  • – la fissazione di un tetto per la spesa relativa all’acquisto di dispositivi medici, in misura  pari al 4,4% del fabbisogno sanitario standard, con un conseguente meccanismo automatico di recupero in caso di superamento della soglia individuata (c.d. pay-back) ; 
  • – l’individuazione dal 2017 di un tetto per la spesa farmaceutica per acquisti diretti al  6,89% (di cui 0,20% per acquisti diretti di gas medicinali a partire dal 2019) del fabbisogno sanitario standard, con conseguente meccanismo di recupero automatico a carico delle aziende farmaceutiche in caso di sforamento della soglia individuata (c.d. pay-back); 
  • – la messa a disposizione delle regioni, da parte dell’Autorità nazionale anticorruzione  (ANAC), dei prezzi di riferimento di un insieme di beni e servizi, quale strumento di programmazione e controllo della spesa.

L’andamento complessivo dell’aggregato sconta anche la dinamica della componente dei prodotti farmaceutici acquistati direttamente dagli ESL. Quest’ultima registra tassi di crescita sostenuti sia per la continua introduzione di farmaci innovativi ad alto costo sia per effetto delle politiche di incentivazione della distribuzione diretta dei farmaci attuate in diversi Servizi Sanitari Regionali (SSR), con conseguente riallocazione della spesa dalla farmaceutica convenzionata ai prodotti farmaceutici. Al netto della componente dei succitati prodotti farmaceutici, gli altri consumi intermedi hanno, infatti, evidenziato una dinamica più contenuta, con un tasso medio annuo nel periodo 2015-2019 pari all’1,8%.

Farmaceutica convenzionata.

La spesa per la farmaceutica convenzionata tra il 2015 e il 2019 si è attestata in media intorno a un livello di 7.800 milioni di euro a cui è corrisposto un decremento annuo del 2,1% . Tale diminuzione si è manifestata in modo più consistente nel 2016 (-1,8%) e nel 2017 (-5,9%), mentre nell’ultimo biennio la decrescita è stata molto più contenuta (-0,6% e -0,2%, rispettivamente). Il peso percentuale dell’aggregato sul totale della spesa sanitaria è sceso dal 7,5% del 2015 al 6,5% del 2019. Tale risultato scaturisce essenzialmente dagli strumenti di monitoraggio e di governance della spesa per la farmaceutica convenzionata progressivamente introdotti nel tempo. In primo luogo, la previsione di un tetto alla spesa per la farmaceutica territoriale, di cui fa parte la spesa per la farmaceutica in convenzione (fissato all’11,35% dal 2013 al 2016), e di un tetto alla sola spesa farmaceutica convenzionata al 7,96% a decorrere dal 2017, con un meccanismo di recupero automatico (c.d. pay-back) a carico delle aziende farmaceutiche, dei farmacisti e dei grossisti in caso di sforamento di tale soglia. In secondo luogo si ricorda l’operatività del sistema di monitoraggio delle prescrizioni farmaceutiche, attraverso le procedure della ricetta elettronica on-line del Sistema Tessera Sanitaria, gestito dalla RGS. Unitamente a ciò, l’andamento dell’aggregato di spesa è influenzato anche dal potenziamento della distribuzione diretta dei farmaci e della distribuzione per conto, con conseguente redistribuzione dei costi dalla spesa farmaceutica convenzionata e alla spesa per i prodotti farmaceutici, come già rilevato in precedenza.

Assistenza medico-generica da convenzione.

La spesa per l’assistenza medico-generica da convenzione tra il 2015 e il 2019 si è attestata in media intorno a un livello di 6.700 milioni di euro, equivalente ad un incremento annuo dello 0,2%.  Come per i redditi da lavoro dipendente, anche la dinamica delle prestazioni medico-generiche da convenzione è influenzata dalle regole di contabilizzazione del SEC 2010, le quali, come detto, prevedono che gli oneri per il rinnovo delle convenzioni ed eventuali arretrati siano imputati nell’anno di sottoscrizione. A seguito di ciò, nel biennio 2016-2017 l’aggregato in esame ha mostrato una sostanziale invarianza (+0,5% e -0,3%, rispettivamente). Nel 2018, invece, ha evidenziato una variazione positiva del 2,2% attribuibile proprio all’imputazione a costo degli oneri per il rinnovo delle convenzioni per il triennio 2016-2018 che hanno previsto la sola corresponsione degli arretrati 2016-2017 e dell’indennità di vacanza contrattuale (IVC) 2010-2015. La diminuzione registrata nel 2019 può fondamentalmente imputarsi al mancato rinnovo delle convenzioni relative all’annualità 2018 per la tornata 2016-2018 nonché quelle relative all’annualità 2019 per la tornata 2019-202122 . Il peso percentuale dell’aggregato sul totale della spesa sanitaria è sceso dal 6% del 2015 al 5,8% nel 2019.

Altre prestazioni sociali in natura da privato.

La spesa per le altre prestazioni da privato ricomprende gli acquisti di assistenza ospedaliere, specialistica, riabilitativa, integrativa, protesica nonché altre tipologie di assistenza erogate da operatori privati accreditati con il SSN. La spesa per le altre prestazioni sociali in natura da privato tra il 2015 e il 2019 si è attestata in media intorno ai 25.100 milioni di euro, corrispondente ad un incremento annuo del 2%.  La dinamica di tale componente di spesa ha evidenziato una crescita contenuta solo nel 2016 (+0,5%) visto che dal 2017 al 2019 gli incrementi annui hanno superato il 2%. Il peso percentuale dell’aggregato sul totale della spesa sanitaria è aumentata dal 22,1% del 2015 al 22,8% nel 2019. Da oltre un decennio, la dinamica di crescita della spesa per altre prestazioni in natura da privato è stata caratterizzata da una tendenziale decelerazione. Tale processo di contenimento è il risultato del miglioramento del sistema di regolazione dei volumi di spesa per le prestazioni sanitarie acquistate da operatori privati accreditati, in particolare nelle regioni sottoposte a piano di rientro. Tale regolazione si è realizzata essenzialmente attraverso la definizione di tetti di spesa e l’attribuzione di budget, con il perfezionamento dei relativi contratti in tempi coerenti con la programmazione regionale. La dinamica dell’aggregato sconta, inoltre, le misure di contenimento della spesa per prestazioni specialistiche e ospedaliere acquistate da operatori privati introdotte con il DL 95/2012 e successive integrazioni nonché gli effetti dei processi di riorganizzazione dell’assistenza sanitaria con particolare riferimento al potenziamento dell’assistenza territoriale.

Altre componenti di spesa.

Le altre componenti di spesa ricomprendono le voci residuali che compongono la spesa sanitaria corrente di CN non considerate negli aggregati analizzati sinora. In particolare, sono incluse le imposte dirette, gli ammortamenti, le contribuzioni diverse, le altre uscite e, con segno opposto, la produzione per uso proprio, la produzione di servizi vendibili e le vendite residuali. La spesa per le altre componenti di spesa tra il 2015 e il 2019 si è attestata in media intorno ai 3.500 milioni di euro, equivalente ad un decremento annuo del 4,3%. Il peso percentuale dell’aggregato sul totale della spesa sanitaria diminuisce dal 3,4% del 2015 al 2,7% nel 2019.

RISULTATI DI CN PER L’ANNO 2019

Nel 2019, la spesa sanitaria corrente di CN è risultata pari a 115.448 milioni di euro, con un tasso di incremento dell’1,4% rispetto al 2018. Con riferimento alle singole componenti di spesa, si evidenzia quanto segue.

Redditi da lavoro dipendente

La spesa è pari a 36.852 milioni di euro, in aumento del 3,1% rispetto al 2018. Tale aumento è principalmente legato agli oneri per il rinnovo contrattuale della dirigenza sanitaria medica e non medica per il triennio 2016-2018 essendo il relativo contratto stato sottoscritto a fine 2019. Sul 2019, oltre all’onere di competenza dell’anno, ricadono anche i costi degli arretrati previsti per gli anni 2016- 2017 e 2018. L’andamento della spesa è comunque influenzato dai perduranti effetti positivi derivanti dagli strumenti di governance del settore sanitario introdotti dagli Accordi Stato-Regioni intervenuti in materia, incentrati principalmente sui seguenti fattori: 

  • – le politiche di gestione delle assunzioni messe in atto autonomamente dalle regioni sulla base dei fabbisogni;
  • – gli automatismi introdotti dalla legislazione vigente in materia di rideterminazione dei· fondi per i contratti integrativi in relazione al personale dipendente cessato.

Consumi intermedi

La spesa è pari a 34.886 milioni di euro, in crescita rispetto al 2018 dello 0,3%. Il contenuto incremento complessivo dell’aggregato è determinato dal contenimento della dinamica di crescita a seguito dell’incasso delle risorse del pay-back sugli sfondamenti del tetto per l’acquisto dei prodotti farmaceutici (fra i prodotti farmaceutici sono ricompresi i farmaci acquistati dagli ESL per essere impiegati all’interno delle strutture ospedaliere o per essere erogati attraverso il canale della distribuzione diretta. Su tale spesa incide fortemente l’acquisto di farmaci innovativi costosi, tra i quali quelli oncologici e quelli per la cura dell’epatite C) verificatesi dal 2013 al 2017 oggetto di specifici interventi legislativi e, come detto, di conseguenti puntuali e definitive regolazioni contabili rispetto a quanto contabilizzato in precedenza dagli enti del SSN, atteso l’ampio periodo di riferimento. L’andamento della spesa per acquisti di beni e servizi beneficia comunque degli effetti prodotti dalle disposizioni vigenti, fra le quali: 

  • – lo sviluppo dei processi di centralizzazione degli acquisti anche tramite l’utilizzo degli  strumenti messi a disposizione da CONSIP e dai soggetti aggregatori operanti a livello regionale; 
  • – la previsione legislativa di messa a disposizione in favore delle regioni, da parte  dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), dei prezzi di riferimento di un insieme di beni e servizi, quale strumento di programmazione e controllo della spesa; 
  • – la fissazione, in ciascuna regione, di un tetto alla spesa per l’acquisto di dispositivi  medici, pari al 4,4% del fabbisogno sanitario regionale standard.

Prestazioni sociali in natura corrispondenti a beni e servizi prodotti da produttori market.

La spesa è pari a 40.584 milioni di euro, in aumento rispetto al 2018 (+1,4%). Con riferimento alle principali componenti dell’aggregato, si registra quanto segue: 

  • la spesa per l’assistenza farmaceutica convenzionata è pari a 7.559 milioni di euro, in  decrescita dello 0,2% rispetto al 2018. Tale risultato conferma la tendenza in riduzione registrata negli ultimi anni, a seguito delle misure di contenimento previste dalla legislazione vigente e, in particolare, della fissazione di un tetto di spesa,  con attivazione del meccanismo automatico del pay-back in caso di superamento del medesimo tetto; 
  • – la spesa per l’assistenza medico-generica da convenzione è pari a 6.696 milioni di euro, inferiore al valore del 2018 (-1,8%) in relazione allo slittamento al 2020 degli oneri relativi al rinnovo delle convenzioni per il 2018 con riferimento al triennio 2016- 2018 e alla presenza sull’anno 2018 degli arretrati relativi agli anni 2016 e 2017 e l’IVC 2010-2015;
  • – la spesa per le altre prestazioni sociali in natura da privato (ospedaliere, specialistiche,  riabilitative, integrative ed altra assistenza) è pari a 26.329 milioni di euro, in aumento del 2,7% rispetto all’anno precedente. La dinamica di tale componente di spesa è soggetta, tra gli altri fattori:
  • – all’effetto delle disposizioni previste dalla normativa vigente sugli importi e sui- volumi di acquisto di prestazioni, erogate da soggetti privati accreditati, per l’assistenza specialistica e ospedaliera  e in particolare per l’alta complessità; 
  • – alla progressiva attuazione delle reti di assistenza territoriale in corso di- implementazione in diverse regioni. Altre componenti di spesa. Il livello di spesa è pari a 3.126 milioni di euro, con un decremento del 5,4% rispetto al 2018.

SPESA SANITARIA CORRENTE DI CE  – ANALISI DEGLI ANDAMENTI GENERALI

La spesa sanitaria corrente di CE  è passata nel periodo 2002-2019 da 78.977 milioni di euro a 117.338 milioni di euro, con un incremento in valore assoluto pari a 38.361 milioni di euro e un tasso di crescita medio annuo del 2,4%. La dinamica della spesa sanitaria rispetto agli anni precedenti risulta sensibilmente diversa a partire dal 2007. Infatti, dal 2002 al 2006 la spesa sanitaria corrente è cresciuta in valore assoluto di 19.971 milioni di euro, con un incremento medio annuo del 5,8%. Nel quinquennio successivo, l’andamento è stato più contenuto evidenziando un aumento in valore assoluto di 11.466 milioni di euro, a cui è corrisposto un tasso medio annuo del 2,2%. Dal 2011 fino al 2019 il differenziale di crescita della spesa è risultato ancora in diminuzione (6.923 milioni di euro), con un tasso di incremento medio annuo dello 0,8% confermando l’efficacia applicativa delle misure di razionalizzazione della spesa, ivi inclusa l’adozione dei piani di rientro. Tale evidente cesura nella dinamica osservata dalla spesa sanitaria è principalmente il risultato del salto di paradigma avviato dal 2006 rispetto alla legislazione previgente, a seguito della forte responsabilizzazione regionale e del venir meno della regola “dell’aspettativa del ripiano dei disavanzi”, che in precedenza aveva indotto comportamenti opportunistici da parte delle regioni, allentando il vincolo di bilancio e rendendo necessaria una rinegoziazione ex-post della cornice finanziaria. Si segnala, in particolare, l’anno 2004, con il conferimento di 2.000 milioni di euro per il concorso statale al ripianamento dei disavanzi registrati dalle regioni nel periodo 2001-2003 e l’anno 2005, con il conferimento di ulteriori 2.000 milioni di euro per il concorso statale al ripianamento dei disavanzi registrati dalle regioni nel periodo 2002-2004. La situazione di squilibrio economico strutturale appariva particolarmente significativa in alcuni contesti regionali. Infatti, nel 2006, dei circa 6.000 milioni di euro di disavanzo complessivo del settore sanitario, circa 3.800 milioni di euro erano concentrati in tre sole regioni: Lazio, Campania e Sicilia. Al fine di far fronte alla situazione di grave squilibrio economico-finanziario strutturale di alcuni SSR fu introdotto lo strumento innovativo del piano di rientro. Tale strumento si configura come un vero e proprio programma di ristrutturazione industriale finalizzato al conseguimento di una profonda e permanente riorganizzazione del SSR interessato. Ciò avviene attraverso l’individuazione delle aree di importante ritardo o inefficienza, all’origine dello squilibrio economico, a cui è associata la programmazione e l’implementazione di opportune misure di correzione di tali criticità. In questa prospettiva, il piano di rientro si configura come uno strumento che individua e affronta selettivamente le cause che hanno determinato strutturalmente il prodursi dei disavanzi. Con riferimento all’attuazione dello strumento dei piani di rientro dal disavanzo sanitario, si ricorda che nel 2006 le regioni Liguria, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Sicilia e Sardegna hanno predisposto i rispettivi piani di rientro di durata triennale che sono stati perfezionati e definitivamente sottoscritti, insieme al relativo accordo, nel 2007. Alla fine del 2009, anche la Calabria ha sottoscritto il suo piano di rientro. Nell’anno 2010, invece, la Liguria e la Sardegna sono uscite dal novero delle regioni sotto piano di rientro, a conclusione del piano previsto per il triennio 2007-2009. Nel medesimo anno, Piemonte e Puglia hanno sottoscritto e avviato un piano di rientro “leggero”, caratterizzato da un livello d’intervento di minore intensità rispetto a quello previsto per le regioni sottoposte al piano di rientro “ordinario”. Nel corso del 2017 il Piemonte è uscito dal piano di rientro. Gli effetti finanziari dell’implementazione del sistema di governance in ambito sanitario sono ben visibili dall’analisi della dinamica della spesa a livello regionale.  Al fine di garantire una più corretta e puntuale rappresentazione dell’impatto dei piani di rientro sulle dinamiche della spesa delle regioni, nel periodo precedente e successivo all’implementazione degli stessi, è stato necessario operare delle opportune aggregazioni delle regioni, tenendo conto anche del cambiamento dello status di alcune di esse all’interno delle periodizzazioni prese a riferimento nell’analisi. Pertanto, per una valutazione intertemporale della dinamica della spesa sono stati definiti tre gruppi di regioni: le regioni sotto piano di rientro (incluso quello “leggero”), le regioni non sottoposte a piano di rientro e, infine, le Autonomie speciali.

I suddetti tre raggruppamenti sono caratterizzati da un numero di regioni variabile in base ai passaggi annuali da un cluster all’altro tenuto conto della vigenza o meno del piano di rientro. Dal 2002 al 2006 l’aggregazione delle regioni è ipotizzata coincidente con quella del 2007, anno di avvio dei piani di rientro. I confronti intertemporali tra i tre raggruppamenti sono basati sulla spesa media al fine di sterilizzare l’incidenza del diverso numero di regioni presenti annualmente nei cluster. Al contenimento del tasso di crescita della spesa sanitaria complessiva registrato a livello nazionale hanno concorso, in misura significativa, le regioni sottoposte ai piani di rientro. Infatti, queste ultime hanno fatto registrare, nel periodo 2003-2006, un tasso di crescita medio annuo della spesa sanitaria pari al 6,6% che, nel quinquennio successivo si riduceva al 4,1% per diventare sostanzialmente nullo tra il 2012 e il 2019. Sull’intero orizzonte temporale considerato la spesa sanitaria delle regioni non in piano di rientro è passata dal 5,4% del primo quadriennio all’1,3% degli ultimi otto anni. Di contro, le autonomie speciali partite da un tasso di crescita media annua del 4,6% tra il 2003 e il 2006 sono giunte a una variazione media annua di poco superiore allo zero (+0,7%) nell’ultimo periodo.

Analisi degli andamenti per componente di spesa

Quantunque il contenimento della dinamica della spesa complessiva abbia interessato tutte le principali componenti, il contributo maggiore al contenimento della dinamica della spesa è ascrivibile alla spesa per i redditi da lavoro dipendente e alla spesa farmaceutica convenzionata.

Redditi da lavoro dipendente

La spesa per il reddito da lavoro dipendente è passata nel periodo 2002-2019 da 27.618 a 35.236 milioni di euro, tale variazione equivale a un incremento medio annuo dell’1,4%.  Scomponendo l’intero orizzonte temporale considerato nei tre sotto periodi definiti in precedenza è possibile evidenziare come la dinamica della spesa per il reddito da lavoro dipendente mostri una sensibile diminuzione nel corso degli anni. Infatti, se dal 2003 al 2006 l’incremento medio annuo è del 4,9%, nel quinquennio successivo il tasso di crescita si abbassa all’1,6%. Tale tendenza al contenimento è ancora più evidente tra il 2012 e il 2019, anni in cui il tasso di variazione media diventa negativo (-0,3%). Con riferimento all’incidenza della spesa per reddito da lavoro dipendente sulla corrispondente spesa complessiva, si registra una diminuzione che dal 35% del 2002 si attesta al 30% del 2019. Su tale andamento gioca un ruolo notevole il blocco della contrattazione nonché le politiche di contenimento del costo del personale che hanno caratterizzato alcuni degli ultimi anni della serie storica considerata. Con riferimento al primo fattore, le misure introdotte dalla legislazione nazionale hanno, infatti, implicato non solo il blocco delle procedure contrattuali, ma anche il divieto del riconoscimento di incrementi retributivi al di sopra dei livelli fissati per legge. Relativamente al secondo elemento esplicativo, vi è stata per le regioni sotto piano di rientro la conferma, anche parziale, del blocco del turn over, in coerenza con le valutazioni dei fabbisogni del personale ai sensi dell’art.1, co. 541 della L 208/2015 e negli ultimi anni un progressivo incremento delle assunzioni di personale; per le regioni non sottoposte ai piani di rientro l’autonoma attivazione di politiche di riduzione degli organici e negli ultimi anni una ripresa delle assunzioni e stabilizzazioni. L’impatto netto di tali azioni è valutabile anche sulla base dei dati del Conto annuale della RGS: tra il 2009 e il 2018 (ultimo anno disponibile) il SSN ha osservato una riduzione del personale dipendente di oltre 45.000 unità.

Anche l’analisi dell’andamento della spesa sanitaria per il reddito da lavoro dipendente relativa ai tre raggruppamenti di regioni definiti in precedenza mostra una tendenziale diminuzione. In particolare, il contenimento ha riguardato maggiormente le regioni sottoposte ai piani di rientro. Per queste, infatti, si registra un tasso di variazione media annua del 6% nel periodo 2003-2006 a fronte del 3,5% nel periodo 2007-2011 e di un -1,9% tra il 2012 e il 2019.

Una limitazione della dinamica si è registrata anche nelle regioni non sottoposte ai piani di rientro le quali passano da un incremento medio annuo del 4,2% nel primo periodo, all’1% tra il 2007 e il 2011, per arrivare a un tasso più contenuto nel periodo 2012-2019 (+0,6%). Anche per le autonomie speciali si registra una riduzione della dinamica media della spesa: da un incremento medio annuo del 4,8% nel quadriennio 2003-2006 si passa allo 0,7% tra il 2012 e il 2019. Le precedenti evidenze sono tuttavia influenzate anche dalle dinamiche dei rinnovi contrattuali. Le regioni sotto piano di rientro sono state caratterizzate anche da una maggiore diminuzione del peso percentuale della spesa per reddito da lavoro dipendente sulla corrispondente spesa sanitaria complessiva. Per esse, infatti, si è passati da un’incidenza del 33,6% registrata nel 2002 al 27,4% nel 2019. Andamento similare si è avuto con riferimento alle regioni non sottoposte ai piani di rientro le quali dal 35,5% riscontrato nel primo anno si attestano al 30,7% alla fine della serie storica. In controtendenza si rilevano essere le autonomie speciali le quali evidenziano un leggero aumento tra l’inizio e la fine del periodo considerato (+0,2%). Tale circostanza è in gran parte legata all’autonomia che talune di esse hanno nella contrattazione del personale dipendente che ha visto riconoscimenti contrattuali più generosi che nel resto del Paese.

Prodotti farmaceutici

La spesa per i prodotti farmaceutici, comprensiva sia dei costi per farmaci erogati nel corso dei ricoveri ospedalieri che di quelli per la distribuzione diretta e per conto, è aumentata dal 2002 al 2019 di oltre 8.900 milioni di euro, facendo registrare un importante aumento medio annuo, pari al 9,2%. All’interno dei tre intervalli temporali considerati, i prodotti farmaceutici hanno fatto registrare un costante aumento in valore assoluto, ma una contrazione in termini di variazione media annua. In particolare, il livello di spesa è aumentato di poco più di 2.000 milioni di euro tra il 2002 e il 2006, di oltre 3.150 milioni di euro tra il 2006 e il 2011 e di circa 3.700 milioni di euro tra il 2011 e il 2019. Di contro, le variazioni medie annue nei tre periodi risultano in diminuzione: 15,8%, 11% e 5%, rispettivamente. Il peso percentuale della spesa sanitaria per i prodotti farmaceutici sulla corrispondente spesa complessiva mostra un sensibile innalzamento tra l’inizio e la fine della serie storica considerata visto che dal 3,3% del 2002 si passa al 9,8% del 2019.  Sulla crescita di tale componente ha influito l’introduzione di farmaci innovativi caratterizzati da prezzi elevati e l’incentivazione della distribuzione diretta dei farmaci. Quest’ultima ha comportato una ricomposizione della spesa farmaceutica, con conseguente riduzione dei costi per la farmaceutica convenzionata a favore di un incremento della spesa per i prodotti farmaceutici. Nel corso degli anni, diversi SSR hanno incentivato la distribuzione diretta e per conto dei farmaci. Per quanto riguarda, invece, l’adozione dei costosi farmaci innovativi occorre precisare che questa ha riguardato principalmente la somministrazione di medicinali per la cura dell’epatite C e delle patologie oncologiche.

Il contenimento del tasso di variazione media annua è maggiore nelle regioni sottoposte a piano di rientro per le quali da una variazione media annua del 20,1% del periodo 2003-2006 si passa al 14,6% tra il 2007 e il 2011 per arrivare al 4,8% nell’ultimo periodo. Per le regioni non sottoposte ai piani di rientro da una variazione media annua del 13,7% del periodo 2003-2006 si passa al 9,6% del quinquennio 2007-2011 e si arriva al 5,2% tra il 2012 e il 2019. Tale circostanza è segnaletica dei diversi livelli di governo della spesa farmaceutica presenti nelle regioni fin dall’inizio della serie storica oggetto della presente analisi. Le autonomie speciali, da una dinamica media annua del 13,8% del primo periodo considerato, si sono attestate al 4,6% tra il 2012 e il 2019. Con riferimento al peso percentuale della spesa per i prodotti farmaceutici sulla corrispondente spesa sanitaria complessiva, le regioni sottoposte ai piani di rientro hanno registrato una crescita leggermente maggiore rispetto ai due cluster rimanenti. Nel primo raggruppamento l’incremento registrato tra il primo e l’ultimo anno della serie storica risulta essere del 7,7%, mentre con riferimento ai restanti due gruppi di regioni l’aumento riscontrato si attesta per le regioni non sottoposte ai piani di rientro al 5,8% e per le autonomie speciali al 6,3%.

Consumi intermedi diversi dai prodotti farmaceutici

La spesa per i consumi intermedi al netto dei prodotti farmaceutici è aumentata nel periodo 2002-2019 di oltre 10.000 milioni di euro, corrispondenti ad un tasso di crescita medio annuo del 3,3%. Tale componente di spesa ha evidenziato una tendenza alla diminuzione sia in termini assoluti, sia in termini di variazione media annua. Infatti, se tra il 2002 e il 2006 per i consumi intermedi diversi dai prodotti farmaceutici la spesa è aumentata di 5.405 milioni di euro, tra il 2006 e il 2011 è cresciuta di quasi 2.600 milioni di euro per scendere di circa 2.070 milioni di euro nel periodo 2011-2019. Anche le variazioni medie annue nei tre intervalli mostrano una contrazione continua: dall’8,8% iniziale, si passa al 2,6% per giungere all’1,2% tra il 2012 e il 2019. Di contro, il peso percentuale della spesa sanitaria per i consumi intermedi al netto dei prodotti farmaceutici sulla corrispondente spesa complessiva cresce di tre punti percentuali tra il primo anno della serie storica e l’ultimo.

 La sensibile riduzione del tasso di crescita dell’aggregato nel corso degli ultimi anni è da ricondursi sia alle misure di contenimento della spesa per beni e servizi disposte dalla normativa nazionale, con particolare riferimento a quelle introdotte dal DL 95/2012 e dal DL 78/2015, sia alle politiche di efficientamento attuate autonomamente dalle regioni, anche attraverso l’introduzione di processi di centralizzazione degli acquisti ai sensi dell’art. 9 del DL 66/2014. La tendenziale contrazione della dinamica della spesa si registra anche all’interno dei tre raggruppamenti di regioni identificati. Il tasso di variazione media annua per le regioni sottoposte a piano di rientro evidenzia, infatti, una costante flessione visto che dal 12,2% del periodo 2003-2006 scende al 4,3% tra il 2007 e il 2011 e allo 0,8% nel periodo finale.  Più contenuta è risultata, invece, la contrazione per le regioni non sottoposte a piano di rientro per le quali il tasso medio annuo di crescita iniziale del 7,3% si è ridotto al 2,9% nel secondo intervallo temporale e all’1,3% nell’ultimo.

Tra il 2002 e il 2006 le autonomie speciali presentano lo stesso tasso di crescita media delle regioni non in piano, ma, alla fine del periodo, fanno registrare una variazione media annua sostanzialmente nulla (0,1%). Con riferimento al peso percentuale della spesa per i consumi intermedi diversi dai prodotti farmaceutici sulla corrispondente spesa sanitaria complessiva le regioni sottoposte ai piani di rientro mostrano un incremento dell’incidenza quasi doppio rispetto a quelle non in piano (4,5% contro 2,4%). Le autonomie speciali evidenziano, invece, un peso percentuale che, dopo un’iniziale fase di crescita, è ritornato negli ultimi anni dell’intervallo temporale considerato sugli stessi valori iniziali (circa 21%).

Farmaceutica convenzionata

La spesa per la farmaceutica convenzionata dal 2002 al 2019 è diminuita in valore assoluto di 4.275 milioni di euro, facendo registrare un tasso di riduzione media annua del 2,6%, in controtendenza rispetto all’andamento crescente di tutti i restanti aggregati e in relazione alla riduzione del prezzo medio dei farmaci, alle politiche di contenimento della relativa dinamica messe in atto dallo Stato e dalle singole regioni, anche mediante l’introduzione di strumenti di responsabilizzazione quali le compartecipazioni alla spesa. Infatti solo tra il 2002 e il 2006 la spesa per la farmaceutica convenzionata ha mostrato valori in espansione, seppur modesti: 554 milioni di euro equivalenti a un incremento medio annuo dell’1,2%. In ognuno dei due successivi intervalli considerati, in relazione alle politiche di contenimento attuate, il livello di spesa è sceso di oltre 2.300 milioni di euro, corrispondenti a una contrazione media annua di quasi il 4%. Il peso percentuale della spesa sanitaria per la farmaceutica convenzionata sulla corrispondente spesa complessiva si riduce di oltre la metà scendendo dal 15% del 2002 al 6,4% del 2019. In particolare, sul contenimento dei costi di tale componente ha influito sia la previsione di un tetto alla spesa con il conseguente meccanismo di riequilibrio dell’eventuale sfondamento attraverso il pay-back, sia l’accresciuto controllo sulle prescrizioni farmaceutiche attraverso le procedure relative alla ricetta elettronica on-line gestite mediante il Sistema Tessera Sanitaria.  Con particolare riferimento ai due ultimi intervalli considerati, il trend dell’aggregato ha risentito anche dell’introduzione, sia nelle Regioni sotto piano di rientro che in quelle non sottoposte ai piani di rientro, di misure di compartecipazione del cittadino alla spesa (c.d. ticket). Unitamente a tali fattori hanno concorso anche una più attenta politica di monitoraggio delle prescrizioni farmaceutiche, nonché il già descritto rafforzamento della distribuzione diretta e per conto dei farmaci attuato in diversi SSR. L’azione congiunta di tali cause ha fatto sì che la spesa per la farmaceutica convenzionata da oltre un decennio si sia collocata stabilmente al di sotto del livello registrato nel 2002. Gli andamenti rilevati a livello nazionale trovano riscontro anche nelle dinamiche per i raggruppamenti di regioni considerati (Fig. 1.15). Il tasso di variazione media annua per le regioni sottoposte a piano di rientro ha evidenziato un aumento nel periodo 2003-2006 (+2%) e una diminuzione nei due intervalli temporali successivi (-3% e -3,9%, rispettivamente). In modo analogo, le regioni non in piano di rientro fanno registrare un tasso medio annuo positivo tra il 2003 e il 2006 (+0,5%) e due variazioni negative successivamente (-5,6% e -2,3%, rispettivamente). Anche le autonomie speciali, da un tasso di variazione media annua dell’1% tra il 2002 e il 2006 scendono a -3,9% nel periodo finale. Relativamente al peso della spesa per la farmaceutica convenzionata sulla corrispondente spesa sanitaria complessiva, i tre raggruppamenti di regioni denotano similari diminuzioni dell’incidenza percentuale.

Assistenza medico-generica da convenzione

La spesa per l’assistenza medico-generica da convenzione è aumentata dal 2002 al 2019 di 2.037 milioni di euro, corrispondente a un tasso di crescita medio annuo del 2,2%. Tale componente di spesa ha evidenziato un progressivo contenimento della dinamica di crescita. Infatti, se tra il 2002 e il 2006 la spesa è aumentata di oltre 1.300 milioni di euro, tra il 2006 e il 2011 è cresciuta di quasi 700 milioni di euro, mentre è rimasta sostanzialmente stabile nel periodo 2011-2019 (+14 milioni di euro). Analogo andamento si è registrato con riferimento alle variazioni medie annue le quali nei tre intervalli temporali considerati mostrano una contrazione continua fino al sostanziale azzeramento. Il peso percentuale della spesa sanitaria per l’assistenza medico-generica da convenzione sulla corrispondente spesa complessiva si attesta intorno al 6% con riferimento a ogni singolo anno della serie storica considerata.  La sostanziale stabilità di tale voce di spesa è da ricondursi principalmente al blocco del rinnovo delle convenzioni di medicina di base e al congelamento dei relativi livelli retributivi, in analogia a quanto previsto per il personale dipendente del settore sanitario. Gli andamenti registrati con riferimento ai tre raggruppamenti di regioni considerati ricalcano la stessa dinamica del totale della spesa per l’assistenza medico-generica da convenzione.  In particolare, il tasso di variazione media annua per le regioni sottoposte a piano di rientro ha evidenziato una costante flessione visto che dal 6,6% del periodo 2003-2006 è sceso al 5,1% tra il 2007 e il 2011 e diventa negativo nel periodo 2012-2019 (-0,2%), anche in relazione ad interventi di ridimensionamento di alcuni indennità e trattamenti riconosciuti ai convenzionati che non trovavano riscontro nelle attività richieste e nelle compatibilità finanziare. Più contenuta è risultata, invece, la contrazione per le regioni non sottoposte ai piani di rientro le quali pur partendo da un 6,6% medio annuo mostrano una variazione media annua prossima a zero nel periodo finale (+0,4%). Anche per le autonomie speciali, partite da un tasso di incremento medio annuo del 4,8% tra il 2002 e il 2006, si è arrivati a un tendenziale annullamento della crescita media annua (+0,1%). Relativamente al peso percentuale della spesa per l’assistenza medico-generica da convenzione, sulla corrispondente spesa sanitaria complessiva, solo per le regioni non sottoposte ai piani di rientro si evidenzia una contrazione dell’incidenza percentuale che passa dal 5,7% del 2002 al 5,2% del 2019. Per le regioni in piano di rientro e per le autonomie speciali si registra, invece, una sostanziale stabilità.

Altre prestazioni sociali in natura da privato

La spesa per le altre prestazioni sociali in natura da privato accreditato  è aumentata dal 2002 al 2019 di oltre 10.500 milioni di euro, facendo registrare un tasso di crescita medio annuo del 3,4%.  Suddividendo l’intero arco temporale considerato nei tre sotto periodi individuati, si evidenzia un progressivo contenimento della dinamica di crescita per tale componente. Infatti, se nel primo quinquennio la spesa è aumentata di oltre 4.800 milioni di euro, tra il 2006 e il 2011 è cresciuta di quasi 3.400 milioni di euro, mentre ha superato di poco i 2.500 milioni di euro nel periodo 2011-2019. A tali riduzioni corrispondono contrazioni dei tassi di crescita medi annui i quali sono pari al 7,7% tra il 2003 e il 2006, al 3,3% nel quinquennio successivo e all’1,4% negli otto anni finali. Di contro, sull’intero orizzonte temporale considerato, l’incidenza percentuale della spesa sanitaria per le altre prestazioni sociali in natura da privato sulla corrispondente spesa complessiva risulta essere in crescita visto che dal 17,8% del 2002 si arriva al 21,1% del 2019. Il sensibile rallentamento della dinamica della spesa si deve al complesso di provvedimenti introdotti negli ultimi anni. In particolare, vanno ricordate le misure previste dall’art. 15, co. 14 del DL 95/2012, che ha disposto la riduzione degli importi e dei corrispondenti volumi di acquisto di prestazioni specialistiche e ospedaliere da operatori privati in convenzione, in misura pari allo 0,5% per il 2012, all’1% per il 2013 e al 2% a decorrere dal 2014. Inoltre a decorrere dal 2016 le regioni possono derogare alle suddette riduzioni, limitatamente alle sole prestazioni di alta specialità (art. 1, co. 574 della L 208/2015) previa individuazione di misure compensative di pari importo. In aggiunta a ciò, ha positivamente contribuito a una più contenuta dinamica dell’aggregato il rafforzamento dell’attività di programmazione regionale in relazione alla definizione dei fabbisogni di prestazioni da erogarsi attraverso operatori privati accreditati, con la fissazione di tetti di spesa e l’assegnazione di budget alle singole ASL. Nelle diverse regioni, con diversa velocità, sono avvenuti e sono ancora in corso processi di riorganizzazione dell’assistenza sanitaria con particolare riferimento al potenziamento dell’assistenza territoriale. Gli andamenti rilevati a livello nazionale sono compatibili con le dinamiche riscontrabili all’interno dei tre raggruppamenti di regioni considerati.  Il tasso di variazione media annua per le regioni sottoposte ai piani di rientro ha, infatti, evidenziato una costante flessione, visto che è sceso dal 7,9% del periodo 2003-2006 al 5,3% tra il 2007 e il 2011 e all’1,2% nel periodo finale. Più o meno analoga è risultata la contrazione per le regioni non sottoposte a piano di rientro, le quali partendo da un 7,5% medio annuo nel primo quadriennio sono giunte a un tasso dell’1,6% negli ultimi otto anni.

Le autonomie speciali mostrano un tendenziale azzeramento del tasso di crescita medio annuo (+0,9%) nell’ultimo periodo, benché partite da un 6,8% nel periodo 2002-2006. Relativamente al peso della spesa per le altre prestazioni sociali in natura da privato, sulla corrispondente spesa sanitaria complessiva, tutti e tre i raggruppamenti di regioni presentano una crescita dell’incidenza percentuale tra il primo e l’ultimo anno della serie storica: 4,5% per le regioni sotto piano di rientro, 3% per quelle non in piano di rientro e 2,4% per le autonomie speciali.

PROCESSO DI RAZIONALIZZAZIONE DELL’ACQUISTO DI BENI E SERVIZI

L’assetto normativo in materia di controllo e razionalizzazione della spesa sanitaria con riferimento ai beni e servizi e, in particolare, le disposizioni riguardanti la pubblicazione dei prezzi di riferimento in ambito sanitario ha subito, rispetto alle iniziali previsioni contenute nell’art. 17, co. 1, lett. a), del DL 98/2011, considerevoli mutamenti nel corso di poco più di un anno. Il sopracitato articolo stabilisce che: “nelle more del perfezionamento delle attività concernenti la determinazione annuale dei costi standardizzati per tipo di servizio e fornitura da parte dell’Osservatorio dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture di cui all’art. 7 del DLgs 163/2006, e anche al fine di potenziare le attività delle Centrali regionali per gli acquisti, il citato Osservatorio, a partire dal 1° luglio 2012, attraverso la Banca dati nazionale dei contratti pubblici di cui all’art. 61‐bis del DLgs 82/2005, fornisce alle regioni un’elaborazione dei prezzi di riferimento, ivi compresi quelli eventualmente previsti dalle convenzioni Consip, anche ai sensi di quanto disposto all’art. 11, alle condizioni di maggiore efficienza dei beni, ivi compresi i dispositivi medici ed i farmaci per uso ospedaliero, delle prestazioni e dei servizi sanitari e non sanitari individuati dall’Agenzia per i servizi sanitari regionali di cui all’art. 5 del DLgs 266/1993, tra quelli di maggiore impatto in termini di costo a carico del Servizio sanitario nazionale. Ciò, al fine di mettere a disposizione delle regioni ulteriori strumenti operativi di controllo e razionalizzazione della spesa”. In sede di applicazione amministrativa e gestionale della disposizione è stato verificato che la Banca dati nazionale dei contratti pubblici (BDNCP) conteneva informazioni troppo aggregate per consentire un’elaborazione dei prezzi di riferimento dei singoli beni. In tali termini è stato stabilito che in fase di prima applicazione l’Osservatorio provvedesse all’individuazione dei prezzi di riferimento tramite specifici questionari da inviare alle principali aziende sanitarie e centrali regionali per l’acquisto di beni e servizi. L’individuazione del prezzo di riferimento da parte dell’Osservatorio, a seguito di un’analisi accurata dei prezzi rilevati nell’anno 2012, è stato fissato al livello del quinto, decimo, ventesimo o venticinquesimo percentile, in relazione alla numerosità dei prezzi rilevati per ogni bene o servizio. Con il DL 95/2012, e quindi successivamente alla pubblicazione dei prezzi da parte dell’Osservatorio (avvenuta il 1° luglio 2012), il legislatore ha apportato alcune modifiche e integrazioni all’art. 17, co. 1 lett. a) del DL 98/2011 in base alle quali la funzione dei prezzi di riferimento è risultata del tutto innovata. Secondo le nuove previsioni, infatti, i prezzi di riferimento non sono più semplicemente strumenti operativi di controllo e razionalizzazione della spesa, ma anche parametri di riferimento per la rinegoziazione dei contratti in essere. Più in dettaglio, viene previsto che: “qualora sulla base dell’attività di rilevazione di cui al presente comma, nonché sulla base delle analisi effettuate dalle Centrali regionali per gli acquisti anche grazie a strumenti di rilevazione dei prezzi unitari corrisposti dalle Aziende sanitarie per gli acquisti di beni e servizi, emergano differenze significative dei prezzi unitari, le Aziende sanitarie sono tenute a proporre ai fornitori una rinegoziazione dei contratti che abbia l’effetto di ricondurre i prezzi unitari di fornitura ai prezzi di riferimento come sopra individuati, e senza che ciò comporti modifica della durata del contratto. In caso di mancato accordo, entro il termine di 30 giorni dalla trasmissione della proposta, in ordine ai prezzi come sopra proposti, le Aziende sanitarie hanno il diritto di recedere dal contratto senza alcun onere a carico delle stesse, e ciò in deroga all’art. 1671 del codice civile. Ai fini della presente lettera per differenze significative dei prezzi si intendono differenze superiori al 20 per cento rispetto al prezzo di riferimento”.

In tali termini, ai sensi delle vigenti disposizioni, i prezzi individuati dall’Osservatorio rappresentano: 

  • uno strumento di analisi e valutazione da utilizzare da parte delle Aziende sanitarie in sede di acquisto di beni e servizi nel futuro (prezzo di riferimento); 
  • uno strumento per la riconduzione dei contratti in essere ai prezzi di riferimento, qualora si registrino differenze superiori al 20% rispetto al predetto prezzo di riferimento (prezzo imposto).

Il DL 90/2014 ha soppresso l’Autorità Nazionale sui Contratti Pubblici (AVCP) e ha trasferito le competenze in materia di vigilanza dei contratti pubblici all’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC). Sulla base dell’esperienza maturata con l’indagine campionaria dell’anno 2012, l’ANAC, al fine di garantire il più ampio contraddittorio con tutte le parti interessate, ha ritenuto utile condividere, preventivamente, con i soggetti operanti nel settore della sanità alcune scelte riguardanti una seconda rilevazione per l’aggiornamento dei prezzi di riferimento. In particolare, gli aspetti sui quali si è ritenuto profittevole un confronto con i soggetti interessati sono quelli che richiedono una conoscenza specifica del procurement in ambito sanitario e per i quali il legislatore non fornisce puntuali previsioni rimandando, invece, alla discrezionalità dell’ANAC le valutazioni necessarie per l’adempimento agli obblighi normativi. In base alle valutazioni effettuate dall’ANAC e dall’AGENAS, si è ritenuto che le informazioni richieste con i nuovi questionari fossero idonee sia a rappresentare le molteplici ed eterogenee caratteristiche dei contratti in essere che a consentire tutte le analisi necessarie alla determinazione dei prezzi di riferimento. L’ANAC ha ritenuto, tuttavia, utile acquisire rilievi, suggerimenti, osservazioni da tutti i soggetti che, in virtù della propria esperienza professionale nel settore, hanno fornito il proprio contributo per la buona riuscita della rilevazione. Sulla base dei predetti contributi, sono state effettuate talune modifiche ritenute utili ai modelli di indagine utilizzati per la rilevazione. In fase di prima applicazione, i prezzi di riferimento sono stati determinati sulla base dei dati rilevati dalle stazioni appaltanti che avevano effettuato i maggiori volumi di acquisto in base a quanto risultava nella BDNCP. Coerentemente al dettato normativo, nell’istruttoria della rilevazione dell’anno 2012, l’Osservatorio ha selezionato dalla BDNCP un campione di 66 stazioni appaltanti alle quali sottoporre i questionari per la rilevazione dei dati. Per la seconda rilevazione, partita nell’anno 2014, l’Osservatorio ha individuato i dati per la determinazione dei prezzi di riferimento su una base più ampia, considerando tutti i soggetti operanti in ambito sanitario risultanti dalla BDNCP, ovvero tutte le Aziende sanitarie e le centrali di committenza regionali. In questa nuova indagine, è stato possibile apportare ulteriori miglioramenti in relazione ad alcuni elementi emersi nel corso della rilevazione dall’AGENAS. In particolare, l’Osservatorio ha provveduto ad integrare i precedenti questionari con maggiori elementi di dettaglio al fine di potenziare gli strumenti di analisi a disposizione per il confronto tra i prezzi rilevati. Le risultanze delle rilevazioni dell’anno 2014 sono state pubblicate sul sito dell’ANAC nel corso degli anni 2015, 2016 e 2017. In data 22 marzo 2016 è stato firmato un protocollo d’intesa tra ANAC e ISTAT che prevede, tra l’altro, la collaborazione in tema di costi standard e prezzi di riferimento. In esito a tale collaborazione, sono stati condivisi e pubblicati i documenti tecnici nei quali viene definita in maniera dettagliata la metodologia adottata per la determinazione dei prezzi di riferimento per le singole categorie merceologiche in ambito sanitario. Il DL 95/2012, all’articolo 15, comma 13, lettera d), per gli Enti del SSN ha anche introdotto, per l’acquisto di beni e servizi di importo pari o superiore a 1.000 euro relativi alle categorie merceologiche presenti nella piattaforma Consip, l’obbligo dell’utilizzo degli strumenti di acquisto e negoziazione telematici messi a disposizione dalla stessa Consip, ovvero, se disponibili, dalle centrali di committenza regionali di riferimento. Il rispetto di quanto disposto dalla legge costituisce adempimento ai fini dell’accesso al finanziamento integrativo al SSN alla cui verifica provvede il Tavolo per la verifica degli adempimenti. Un altro adempimento in materia di beni e servizi è definito sempre nel DL 95/2012, all’articolo 15, comma 13, lettera e), e riguarda la verifica della redazione dei bandi di gara e dei contratti di global service e facility management in termini tali da specificare l’esatto ammontare delle singole prestazioni richieste (lavori, servizi, forniture) e la loro incidenza percentuale relativamente all’importo complessivo dell’appalto. Al fine di favorire il processo di centralizzazione degli acquisti, è intervenuto successivamente l’art. 9 del DL 66/2014, che ha istituito, nell’ambito dell’Anagrafe unica delle stazioni appaltanti operante presso l’ANAC, l’elenco dei Soggetti aggregatori, di cui fanno parte Consip ed una centrale di committenza per ogni regione. Tale articolo prevede, inoltre, che con DPCM siano individuate le categorie di beni e di servizi nonché le soglie al superamento delle quali è obbligatorio acquistare tramite Consip o Soggetti aggregatori e che, sempre con DPCM, sia istituito il Tavolo tecnico dei Soggetti aggregatori, coordinato dal Ministero dell’economia e delle finanze. In attuazione della predetta disposizione sono stati emanati:  il DPCM del 14 novembre 2014 di istituzione del Tavolo tecnico dei Soggetti· aggregatori;  il DPCM del 24 dicembre 2015 che ha individuato le categorie di beni e servizi e le· soglie di spesa al di sopra delle quali è obbligatorio acquistare tramite Consip o Soggetti aggregatori e per le quali l’ANAC, salvo i casi di motivata urgenza, non rilascia il codice identificativo gara (CIG) alle stazioni appaltanti che non ricorrano a Consip o ad altro Soggetto aggregatore. Con DPCM del 11 luglio 2018 è stato aggiornato l’elenco delle categorie merceologiche e le relative soglie di spesa. Sebbene tale normativa non sia esclusivamente rivolta al settore sanitario, si rileva in concreto che la maggior parte delle categorie individuate dal citato DPCM sono relative a beni e servizi acquistati dagli enti del SSN, quali: farmaci, vaccini, stent, ausili per incontinenza, protesi d’anca, medicazioni, defibrillatori, pace-maker, aghi e siringhe, servizi di smaltimento di rifiuti sanitari, ecc. L’ANAC ha individuato l’elenco dei Soggetti  aggregatori con delibera n. 58 del 22 luglio 2015, aggiornato prima con delibera n. 125 del 10 febbraio 2016 e, successivamente, con delibera n. 3 del 17 gennaio 2018 e con delibera n. 781 del 4 settembre 2019. Il nuovo Codice dei contratti pubblici (DLgs n. 50/2016), all’articolo 3, comma 1, lett. n), individua il ‹‹soggetto aggregatore» tra le centrali di committenza iscritte nell’elenco ANAC e all’articolo 213, comma 16, conferma l’istituzione dell’Elenco dei soggetti aggregatori nell’ambito dell’Anagrafe unica delle stazioni appaltanti operante presso l’Autorità Nazionale Anticorruzione.

Determinanti della crescita della spesa sanitaria e interventi correttivi

Negli anni precedenti al 2007, la spesa sanitaria è cresciuta a ritmi sostenuti. L’attività di analisi e monitoraggio ha consentito di identificare le principali ragioni che hanno determinato tale dinamica, in relazione ai principali fattori di costo e ai livelli di assistenza. Corrispondentemente, sono stati adottati specifici interventi di contenimento che hanno consentito di conseguire un forte rallentamento della dinamica della spesa nel periodo successivo al 2007.

Beni e servizi   –  Determinanti della crescita

– Mancanza di controllo sugli ordinatori di spesa.

– Mancanza di acquisti centralizzati e/o attraverso commercio elettronico.

– Mancanza di collegamento tra fabbisogno effettivi e quantità acquistate (scorte non controllate, quantità di medicinali/presidi scaduti).

– Inappropriatezza nell’utilizzo delle risorse. –

Interventi correttivi

-Analisi dei fabbisogni

– Prezzi di riferimento ANAC

– Ricorse a forme di unioni di acquisto o gare centralizzate.

– Acquisti tramite Consip e centrali di committenza regionali.

– Rinegoziazione contratti.          

– Riduzione del 10% a regime degli importi e delle correlate prestazioni dei contratti in vigore (DL 95/2012)

– Istituzione dei Soggetti aggregatori.