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Clausole escludenti: impossibilità di formulare l’offerta e onere della prova

a cura dell’avvocato Maria Ida Tenuta

Con la sentenza n. 5358/2020 il Consiglio di Stato si è occupato della portata di quelle clausole escludenti che impediscono al concorrente di formulare l’offerta.

La questione nasce dalla previsione di un capitolato di gara che, nell’ambito di una fornitura di dispositivi elettromedicali, richiedeva ai concorrenti di fornire l’“ultimo modello presente sul mercato”, clausola ritenuta tale da imporre un onere sproporzionato e ingiustificato, che non avrebbe potuto essere assolto dal concorrente.

Il Consiglio di Stato ha rilevato in primo luogo la tardività dell’impugnazione della clausola considerandola “immediatamente escludente”, ossia tale da non consentire la partecipazione alla gara e quindi da impugnarsi immediatamente. Nel riprendere i principi affermati dall’Adunanza Plenaria n. 4/2018, il Collegio ha rammentato che, in via generale, i bandi di gara e di concorso e le lettere di invito vanno impugnati unitamente agli atti che ne fanno applicazione, ossia all’eventuale provvedimento di esclusione e di aggiudicazione, poiché sono questi ultimi ad individuare il soggetto leso dal provvedimento e a rendere attuale e concreta la lesione della situazione giuridica dell’interessato. Sussiste, invece, un onere di immediata impugnazione delle c.d. clausole immediatamente escludenti in cui, a titolo esemplificativo, vi rientrano: a) clausole impositive, ai fini della partecipazione, di oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della procedura (Cons. Stato n. 5671/2012); b) regole che rendono la partecipazione incongruamente difficoltosa o addirittura impossibile (Cons. Stato, A.P., n. 3/2001); c) disposizioni abnormi o irragionevoli che rendano impossibile il calcolo della convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla gara (Cons. Stato n. 980/2003); d) condizioni negoziali che rendono il rapporto eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente (Cons. Stato n. 6135/2011; Cons. Stato n. 293/2015).

Pur considerando tardiva l’impugnazione, il Consiglio di Stato ha esaminato nel merito la questione e ha osservato che, per essere assoggettata all’onere di impugnazione immediata, la clausola della lex specialis deve essere “oggettivamente e immediatamente escludente nei confronti di tutti gli operatori economici indistintamente, tanto da concretizzare l’astratta impossibilità per qualsiasi operatore “medio” di formulare un’offerta, o comunque un’offerta economicamente sostenibile”.

Sulla base di tale premessa il Collegio ha ritenuto la clausola immediatamente escludente in quanto darebbe luogo a una limitazione insostenibile e irragionevole, tale da valere indistintamente per tutti gli operatori economici.

La sentenza richiama sul punto quell’orientamento giurisprudenziale, particolarmente rigoroso, secondo cui una clausola è immediatamente lesiva solo se non consente a qualsiasi operatore economico “medio” di partecipare alla gara, attribuendo alla previsione della legge di gara un effetto escludente “oggettivo” (Cons. Stato n. 5057/2019; Cons. Stato n. 293/2015; Cons. Stato n. 5671/2012).

Tale principio pone, tuttavia, un problema di prova a carico del concorrente che intenda impugnare la clausola immediatamente lesiva, in quanto richiedere che la clausola sia immediatamente escludente per qualsiasi operatore “medio” potrebbe rendere eccessivamente difficoltoso l’assolvimento dell’onere della prova in capo all’operatore economico che intende – senza partecipare alla gara in quanto impossibilitato proprio dalla clausola – impugnare la lex specialis entro 30 giorni dalla pubblicazione. Si pensi, in particolar modo, all’ipotesi in cui la clausola c.d. escludente impedisca la formulazione di un’offerta congrua per cui l’operatore non può che fornire una prospettazione soggettiva dei costi necessari per la formulazione dell’offerta stessa.

Sul punto è intervenuta, di recente, una interessante pronuncia del Consiglio di Stato che sembra declinare “in chiave soggettiva” tale onere della prova al fine di scongiurare che lo stesso si risolva, in talune ipotesi, in una probatio diabolica. In particolare, nella sentenza n. 2004/2020 si è affermato che sono certamente da considerare immediatamente escludenti quelle clausole che prevedono un importo a base d’asta insufficiente alla copertura dei costi, che risulti quindi non idoneo ad assicurare ad un’impresa un sia pur minimo margine di utilità o, addirittura, tale da imporre l’esecuzione della stessa in perdita.

In tale ipotesi, i Giudici hanno annullato la sentenza di primo grado che aveva considerato inammissibile il ricorso in quanto il ricorrente non avrebbe fornito prova certa e oggettiva dell’incongruità dell’importo posto a base d’asta. Invero, il Consiglio di Stato ha affermato, invece, che il carattere escludente di una tale clausola deve essere necessariamente verificato e apprezzato in concreto, anche in relazione allo specifico punto di vista dell’impresa e della sua specifica organizzazione imprenditoriale.

In conclusione, può affermarsi che se da un lato la clausola escludente deve presentare oggettivi profili di impossibilità a formulare l’offerta, dall’altro tale carattere escludente deve essere necessariamente valutato in concreto, tenendo in considerazione anche il singolo punto di vista dell’impresa ricorrente, al fine di scongiurare che l’assolvimento dell’onere della prova si risolva in probatio diabolica.

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