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La Ministra De Micheli: “Il modello Genova non è replicabile, no all’abolizione del Codice degli Appalti”

Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Paola De Micheli chiude la porta a una riforma delle regole delle opere pubbliche che preveda l’abolizione del Codice degli Appalti e l’estensione del cosiddetto “Modello Genova” per la realizzazione delle infrastrutture. “Genova è stata una grandissima operazione e di soddisfazione per quella città e per tutto il Paese – ha detto, partecipando a un dibattito online organizzato dalla Fillea-Cgil – mi auguro che non sia replicabile perché è nato da una tragedia”.

Quanto al Codice degli Appalti la ministra ha sottolineato che contiene “già strumenti per fare gare veloci”. Per De Micheli, “dobbiamo arrivare prima che accada una cosa come Genova, dobbiamo provare a mettere un freno a queste infrastrutture vecchie e dove la manutenzione non è stata fatta per tanto tempo”.

“Le opere bloccate? Molte senza progetti o finanziamenti”

Dunque, dal ministro arriva un deciso no a una revisione drastica delle procedure per le infrastrutture. Anche perché non esistono, ha spiegato la ministra, grandi opere bloccate per motivi direttamente imputabili alla Pubblica Amministrazione in senso esteso: “prima dell’emergenza Covid  abbiamo fatto la mappatura delle opere che non erano partite, e abbiamo trovato opere bloccate per motivi politici locali o nazionali; opere bloccate perché da 5 anni le stazioni appaltanti non sono in grado di fare i progetti; per stratificazione di giudizi e sentenze; e infine tante opere che non sono finanziate, sono solo parzialmente finanziate, o addirittura sono state definanziate”.

Prorogato lo stato d’emergenza

Sicuramente, a sentire De Micheli, sono però in vista diverse misure per accelerare i tempi. Del pacchetto non farà parte (oltre allo stop al Codice degli Appalti) l’abolizione del Cipe, che pure verrà riformato, idea espressa personalmente dal premier Giuseppe Conte. E neanche la generalizzazione del ruolo dei commissari straordinari: ”lo abbiamo pensato come strumento del governo per realizzare opere che hanno progetti e contenzioni che si sono stratificati. Il resto si può andare per gare e ordinaria amministrazione”, ha detto la ministra. Si punta invece alla possibilità di ”prorogare lo stato di emergenza fine alla fine dell’anno’’, per semplificare e velocizzare le procedure in base a quanto già consentito dal codice degli appalti. Una proposta approvata anche dal presidente dell’Anac, Francesco Merloni.

L’Anac chiede la riduzione delle stazioni appaltanti

Sempre Merloni chiede invece la digitalizzazione e la riduzione del numero delle stazioni appaltanti, che permetterebbe di gestire le gare e fare le verifiche degli operatori economici in tempi veloci, e controlli successivi a campione per garantire legalità e trasparenza. “Questo sarebbe un presidio vero contro i rischi di irregolarità e infiltrazioni – ha spiegato il numero uno dell’Autorità anticorruzione – l’investimento per 100 stazioni appaltanti non costerebbe più di 600 milioni di euro. Sarebbe una riforma strutturale che va al sodo del problema di evitare il collo di bottiglia della pubblica amministrazione”.

La posizione di sindacati e imprese

Critico sul modello Genova anche Gabriele Buia, presidente dei costruttori dell’Ance. “Non è replicabile – ha detto – lo abbiamo contestato e non ci va bene, perché non si può derogare al codice degli appalti e il commissario serve solo per sbloccare la gara. Noi vogliamo fare le gare e vogliamo la competitività tra le imprese”. Per Buia, potrebbe essere accettato e utilizzato solo nel cratere terremoto nel Centro Italia, dove ci sono ancora macerie.  Della stessa opinione è Alessandro Genovesi, leader del sindacato degli edili della Cgil. ”Siamo tutti orgogliosi del ponte di Genova, ma non è replicabile perché un conto fare è fare un ponte precostruito e di cui non si sono pagati i costi di progettazione. Questo non accade tutti i giorni”. Per il sindacalista, chi parla di contratto europeo e modello Genova “non sa cosa dice, va bene semplificare, ma il Codice italiano è applicabile per efficienza e legalità, e già sta dando risultati. Discutiamo se i commissari servono, ma no allo sceriffo che fa tutto, e no alla guerra santa che non farà aprire un cantiere in più’’.   (fonte: La Stampa)